CAPITOLO PRIMO
ELUSIONE FISCALE ED ABUSO DEL DIRITTO
NELL’ORDINAMENTO TRIBUTARIO ITALIANO
PARTE PRIMA
DISTINZIONI E PARALLELISMI
TRA I FENOMENI ELUSIVO, EVASIVO
E DEL LECITO RISPARMIO D’IMPOSTA
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Definizione dei fenomeni tra analogie e differenze. – 3. Le
disposizioni antielusive come riferimento per ravvisare l’elusione fiscale. – 4. La
variabilità temporale del concetto di elusione: l’esperienza britannica.
1. Premessa.
Il diritto tributario si caratterizza attualmente come un insieme di norme e regole
procedurali che coinvolgono perlopiù specifiche fattispecie impositive e ciò fa di questa
materia un terreno fertile per la proliferazione di fenomeni fiscalmente abusivi, come
l’elusione, e contra legem, come l’evasione
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.
L’ordinamento tributario si trova, quindi, in una situazione di forte vulnerabilità
poiché, andando a colpire casistiche particolari, permette che si creino al suo interno
spazi e, per così dire, “scappatoie”
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che consentono al contribuente di mettere in atto
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G. CHINELLATO, Codificazione tributaria e abuso del diritto, Padova, 2007, pp. 165 ss., spiega
che, mentre il comportamento elusivo si sostanzia nell’abuso delle imperfezioni della
legislazione tributaria, l’evasione è un fenomeno caratterizzato dal fatto che si pone sempre
contro la legge.
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L’espressione viene utilizzata anche da R. LUPI, Diritto tributario, Parte generale, ed. VIII,
Milano, 2005, p. 105, per evidenziare che “Il problema dell’elusione nasce quando il
comportamento del privato non può essere contrastato i via interpretativa, altrimenti (…) il
comportamento elusivo fallisce”.
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artifici giuridici che, alla luce dell’attuale normativa, possono risultare, anche solo
apparentemente, leciti e quindi meritevoli di tutela.
È il caso del fenomeno dell’elusione fiscale che si differenzia dagli altri
comportamenti per il fatto che sfrutta queste imperfezioni che caratterizzano
l’ordinamento tributario andando, in tal modo, ad occupare quei vuoti normativi che si
situano tra i fenomeni dell’evasione, da un lato, e del lecito risparmio d’imposta
dall’altro.
2. Definizione dei fenomeni tra analogie e differenze.
L’attitudine alla ricerca di soluzioni di risparmio fiscale è insita nell’essere
umano; infatti, il contribuente che si trova a dover far fronte all’onere tributario cercherà
di mettersi nelle condizioni di poter impegnare il proprio patrimonio nella misura
minore possibile. Per fare ciò, il contribuente si trova a poter scegliere tra tre possibili
soluzioni che si possono distinguere, per grado di liceità, in evasione, elusione e lecito
risparmio d’imposta.
L’evasione fiscale si concretizza in un palese inadempimento dell’obbligazione
tributaria realizzatasi regolarmente
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e il minor pagamento del tributo ottenuto attraverso
un tale comportamento deriva dal fatto che il soggetto passivo, solo dopo che
l’obbligazione è sorta, evita in modo illegale le conseguenze fiscali nate dalla fattispecie
concreta.
Questo fenomeno può generalmente assumere due forme diverse di
occultamento che, se è rivolto alle conseguenze reali nate dalla realizzazione della
fattispecie impositiva, prende il nome di frode fiscale
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; mentre se è rivolto alle merci e
in particolare al loro consumo e circolazione, al fine di evitare imposte e dazi che
gravano su di esse, si parla allora di contrabbando.
In passato la qualificazione di un fatto come evasivo veniva subordinata alla
semplice constatazione che la sua realizzazione avesse violato la norma tributaria,
indipendentemente dal fatto che l’evasore avesse realmente ottenuto un risparmio
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Il comportamento evasivo si può realizzare in modo colposo o in modo doloso. Quest’ultima
forma si può ulteriormente differenziare in semplice e complessa, in base al fatto che il mancato
pagamento volontario sia attuato, o meno, attraverso comportamenti volti ad ingannare il Fisco.
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A. LOVISOLO, voce Evasione ed elusione tributaria, in Enc. Giur. Treccani, vol. XIII, Roma,
1989, p. 7, osserva che “mentre l’evasione può essere intesa sia come fenomeno economico, che
come illecito giuridico, il termine «frode» corrisponde ad un concetto esclusivamente giuridico;
sicché se può configurarsi un’evasione non sanzionata dalla legge, non può ammettersi
un’ipotesi di frode al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge.”.
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fiscale illecito facendo, in tal modo, gravare sull’Amministrazione finanziaria un
pregiudizio patrimoniale. Oggi, invece, con il nuovo sistema penaltributario fissato dal
Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, oltre a considerarsi evasivo qualsiasi fatto
che, impedendo all’Amministrazione finanziaria la regolare riscossione dei tributi,
risulti nei confronti di quest’ultima palesemente offensivo e caratterizzato da un reale
disvalore
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, vengono considerati come reato solo quei casi in cui si verifica un livello
d’evasione d’imposta tale da oltrepassare le soglie minime determinate dal sistema
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.
L’elusione fiscale, invece, consiste nell’errata – o meglio, abusiva – applicazione
di una norma impositiva al fine di ottenere un risparmio fiscale. Il contribuente,
trovandosi di fronte a più percorsi tassati ciascuno in modo diverso, sceglie quello che
gli consente di evitare la tassazione più elevata ovvero quello che prevede la tassazione
meno onerosa, beneficiando dei relativi vantaggi che questo comporta.
L’elusione, quindi, può essere sì annoverata fra le tipologie di risparmio fiscale,
ma tale risparmio, non essendo conforme alla ratio delle norme tributarie ma solo alla
lettera ed essendo previsti strumenti ad esso contrastanti, non può essere considerato
lecito. Pertanto l’elusione fiscale può coincidere con il lecito risparmio d’imposta nel
solo caso in cui non siano previsti strumenti che, qualificandola come tale, siano ad essa
contrastanti (le cosiddette norme antielusive). In altre parole, il contribuente che elude
consegue dei vantaggi che, laddove le operazioni attuate fossero state coerenti con la
norma violata, non gli sarebbero spettati.
Ponendo, invece, a confronto l’elusione con l’evasione fiscale appaiono subìto
evidenti le differenze che distinguono l’una dall’altra.
Pur essendo accomunati da una volontarietà a monte da parte del contribuente
che pone in essere tali comportamenti, si può tuttavia affermare che con l’evasione
viene generalmente occultato il presupposto d’imposta rendendo tale fenomeno illecito
e l’illiceità di un tale comportamento trova fondamento anche nel fatto che vengono
violate norme fiscali in modo aperto e diretto.
Mentre l’evasore si sottrae alle conseguenze fiscali che derivano dal presupposto
d’imposta che ha messo precedentemente in atto, l’elusore pone in essere una fattispecie
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L’articolo 6 del citato Decreto non considera come punibili gli atti (definiti dagli articoli 2, 3 e
4) compiuti a titolo di tentativo.
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Il summenzionato Decreto, all’articolo 7, secondo comma,stabilisce che “non danno luogo a
fatti punibili (…) le valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in
misura inferiore al dieci per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale
non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità (previste nel primo
comma, lettere a e b degli articoli 3 e 4)”.
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parallela che gli consente un trattamento fiscale più favorevole rispetto a quello di cui
realmente dovrebbe usufruire e compie tutto ciò senza ricorrere al nascondimento o alla
simulazione di materia imponibile o di particolari atti. In altre parole, il contribuente che
elude dà luogo ad uno squilibrio fra qualificazione giuridica e contenuto economico
degli atti posti in essere e, rispettando formalmente le norme, agisce apertamente, al
contrario di quanto viene compiuto da chi evade.
La dottrina
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ritiene che un fatto può essere considerato fiscalmente elusivo
quando il procedimento posto in essere a fondamento del fenomeno risulta, in seguito
ad una valutazione di ciò che in quella determinata circostanza sarebbe stato solito
attendersi, atipico rispetto alla consuetudine degli affari giuridici (elemento oggettivo) e
adatto a far ottenere al contribuente una diminuzione o l’esenzione dell’imposta
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Inoltre, occorre che il soggetto passivo non sia motivato da valide ragioni economiche
(elemento soggettivo) ma che vi sia da parte sua, invece, l’intento esclusivo o prevalente
di evitare la tassazione prevista dalla norma elusa (elemento teleologico)
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per ottenere
un risparmio fiscale che, per poter essere considerato elusivo, deve risultare chiaramente
identificabile rispetto al risultato che quest’ultima garantirebbe.
Anche la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla qualificazione di un
fenomeno come fiscalmente elusivo, e in particolare lo ha fatto con la sentenza 29 luglio
2004, n. 14515, che si può così brevemente sintetizzare.
La sentenza, applicando l’articolo 10 della Legge n. 408/1990, norma antielusiva
precedente l’articolo 37-bis oggi vigente
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, riconduce una valutazione in fatto
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F. TESAURO, Istituzioni di Diritto Tributario, Parte Generale, ed. IX, Torino, 2006, pp. 258,
259 e 260, basandosi sul pensiero di A. HENSEL, Diritto Tributario, trad. it., Milano, 1956, ha
elaborato una schematizzazione dei requisiti che caratterizzano il fenomeno elusivo.
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Il risparmio fiscale, ovviamente, non deve essere diminuito dalla maggiore gravosità richiesta
dall’attuazione del procedimento in questione.
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Sia per la prova della sussistenza dell’elemento soggettivo, che per quella della sussistenza
dell’elemento oggettivo, è necessario che l’Amministrazione finanziaria proceda a una analisi
caso per caso per valutare le reali motivazioni che hanno indotto il contribuente a deviare dalla
via normale.
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Cass., n. 14515/2004: “L’articolo 37-bis (“disposizioni antielusive”) è stato inserito nel
D.P.R. n. 600/1973 dall’articolo 7, comma 1, D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358 ed, ai sensi
dell’articolo 9 comma 5, la disposizione si applica agli atti, fatti e procedimenti posti in essere
dopo l’entrata in vigore di detto Decreto (8 novembre 1997). Da quest’ultima data cessa di
avere applicazione, per tali fattispecie, l’articolo 10, L. 29 settembre 1990, n. 408, contenente
disposizioni antielusive. Ma per il principio di temporalità è proprio quest’ultima norma che si
rende applicabile alla specie in esame. L’articolo 10 consente all’Amministrazione finanziaria
di “disconoscere i vantaggi tributari” che si possono conseguire con una serie, al quanto ampia,
di operazioni - tra le quali, le generiche cessioni di crediti e valori - allorquando queste siano
state poste in essere “senza valide ragioni economiche allo scopo esclusivo di ottenere