1. INTRODUZIONE
Nel corso degli ultimi anni il problema della gestione del rischio di credito è stato oggetto di una
sempre più progressiva e più approfondita attenzione da parte del modo bancario e finanziario. In
termini pratici tale attenzione si è tradotta in una crescente diffusione di dati, informazioni relative
al merito creditizio e nuovi strumenti di copertura da tale rischio.
L'ultimo decennio inoltre è stato protagonista di ampie tensioni sui prestiti obbligazionari riferiti ad
aziende e a stati sovrani. Le ultime tensioni infatti si sono sviluppate sui rischi associati ai probabili
default di Paesi le cui finanze pubbliche risultavano pessime e mal gestite. Casi come Grecia,
Irlanda, Portogallo e Cipro hanno recato alle banche e alle istituzioni finanziarie non pochi problemi
di gestione e valutazione del merito creditizio causando in alcuni casi problemi di reperimento di
liquidità per far fronte alle richieste patrimoniali fatte dall' EBA e dagli accordi di Basilea.
In questa ottica di preventiva previsione del rischio di credito pareva logico e opportuno
approfondire il tema Credit Default Swap come metro di valutazione degli investimenti e la
relazione che intercorre tra l'uso di tale strumento e il sentiment del comparto bancario italiano sul
merito creditizio e l'economia reale.
Il lavoro viene svolto dando una prima definizione sul rischio di credito e la gestione dello stesso,
quindi, avendo trovato che una modalità per far fronte a tale rischio è l'utilizzo dei CDS, si passa ad
una descrizione del contratto e del suo funzionamento. La parte centrale del lavoro si basa sulla
analisi della documentazione fornita dalla Banca D'Italia.
In un primo momento verrà esaminata la relazione annuale redatta dalla stessa Banca Centrale,
quindi l'attenzione si sposterà sui working papers, redatti per conto della Banca D'Italia e
riguardanti i Credit Default Swap, e infine l'interesse verrà spostato più approfonditamente sui
comunicati ufficiali relativi all'uso dei prodotti OTC. Un esame attento dei dati riportati in tali
documenti porterà a trarre delle conclusioni riguardanti il sentiment e la fiducia sul merito
creditizio, e quindi sull'economia reale (partendo dal presupposto che più crediti erogati sono
sintomo di fiducia nell'economia e minore copertura su tali crediti erogati implica più fiducia) da
parte del comparto bancario italiano.
Una analisi di tale genere dei contratti CDS presenti nei portafogli delle banche italiane dovrebbe
dare un efficace ed efficiente punto di vista sulla tendenza della fiducia delle banche italiane nel
tempo e magari portare a dare delle conclusioni sulla fiducia data all'economia nel futuro prossimo.
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2. IL RISCHIO DI CREDITO
Negli ultimi anni gli intermediari finanziari hanno sviluppato metodologie di risk-management con
l'obiettivo di identificare, misurare e controllare le varie tipologie di rischio a cui sono esposti. Nel
corso di questi ultimi anni, il problema della gestione del rischio di credito è diventato di
fondamentale importanza. L'ultimo decennio inoltre, è stato testimone dello sviluppo di numerosi
modelli alternativi volti a determinare la quantità di rischio associata ad una esposizione creditizia o
a un portafoglio di esposizioni.
La crisi economica finanziaria che tutt'ora si abbatte sulle economie avanzate del vecchio e del
nuovo continente, trae le sue origini dalla cattiva gestione del rischio di credito. Casi come Lehman
Brothers, AIG, Argentina, Grecia hanno insegnato che monitorare le diverse tipologie di rischio
finanziario, e in particolare il rischio di credito, è di fondamentale importanza.
Da ciò, le istituzioni finanziarie hanno sempre più focalizzato l'attenzione sul rischio di credito
poiché sono emerse nuove opportunità di gestione di tale rischio; infatti hanno assunto particolare
importanza lo sviluppo di operazioni di titolarizzazione degli attivi bancari, la crescita dei mercati
secondari dei prestiti bancari e il formarsi degli strumenti derivati per la gestione del rischio di
credito.
2.1 RISCHIO DI CREDITO : DEFINIZIONE
La crisi economica attuale, che ha avuto inizio nel 2008 in seguito alla crisi dei mutui subprime e
che si è evoluta a oggi in crisi dei debiti sovrani e delle finanze pubbliche, ha fatto si che si ponesse
sul rischio di credito una maggiore attenzione.
Generalmente con il termine rischio di credito, si definisce l'eventualità che un debitore non sia in
grado di onorare gli obblighi di pagamento di interessi e di rimborso di capitale assunti, causando
una perdita per la controparte. Fondamentalmente, il rischio di credito è una componente di tutte le
attività di prestito e, in quanto tale, influenza le decisioni in fatto di investimenti da parte delle
istituzioni finanziarie. In generale viene osservato che più è elevato il rischio di credito, più è
elevato il tasso di interesse richiesto dal concessionario del prestito, come compenso per la
maggiore esposizione a tale rischio.
Il rischio di credito non è confinato alla sola possibilità che la controparte debitrice risulti
insolvente, infatti anche il banale deterioramento del merito creditizio è da considerarsi una
manifestazione del rischio di credito. Infatti una variazione della qualità del merito creditizio si
concretizza in una variazione del valore della posizione. Questo è dato dal fatto che il valore attuale
di una attività finanziaria teoricamente è determinato utilizzando un tasso che incorpora, oltre al
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tasso privo di rischio ( risk free rate) per la scadenza corrispondente, il premio per il rischio che
riflette la probabilità di insolvenza del debitore. Una variazione del merito creditizio conduce
automaticamente a una corrispondente variazione di tale premio e quindi ad una diminuzione o a un
aumento del valore dell'attività.
Le due componenti principali del rischio di credito sono quindi:
– il rischio di default
– il rischio di deterioramento del merito creditizio
Il verificarsi dell'evento “default”, che rappresenta il rischio di perdita conseguente all'insolvenza
del debitore, determina una perdita immediata nel valore di mercato della posizione.
Tale perdita può essere totale o parziale, in funzione che siano o meno previste delle garanzie
collaterali o un tasso di recupero ( recovery rate).
Il deteriorarsi del merito creditizio del debitore, invece, agisce in modo diverso sul valore
dell'investimento: il declassamento infatti può determinare o una perdita immediata registrata sul
valore di mercato dell'investimento oppure il valore contabile della posizione rimane invariato e la
perdita si realizza solo nel momento in cui avviene il default.
Poiché attualmente il rischio di credito viene percepito soprattutto sui titoli di debito emessi da stati
sovrani, è doveroso richiamare anche una componente principale del rischio di credito, il rischio
Paese. La definizione più precisa di rischio paese è quella data da Meldrum (2000), che scompone il
rischio Paese in sei elementi che influenzano il rendimento atteso dell'investimento:
A) il rischio Sovrano, che riguarda la capacità del debitore sovrano di onorare i propri debiti;
B) il rischio Politico, che si riferisce agli eventi di natura non economica derivanti da conflitti,
mutamenti istituzionali e instabilità politica;
C) il rischio Economico, che include i fattori che influiscono sui tassi di crescita;
D) il rischio di Trasferimento, che concerne la possibilità di avere restrizioni sui movimenti di
capitali;
E) il rischio di Cambio;
F) il rischio di Posizione, che concerne gli effetti di contagio che possono giungere dai paesi
confinanti.
Essenziale e di primaria importanza per la nostra argomentazione sarà il rischio Sovrano,
incrementato in questi mesi nell'area euro e avente origine dal peggioramento dei conti pubblici di
molti Paesi dell'euro-zona. Infatti tale situazione, in cui il peggioramento delle finanze pubbliche è
diventato tema di grande importanza, ha comportato un aumento di premi per il rischio legati ai
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titoli pubblici e un rialzo delle quotazioni dei premi sui Credit Default Swap sovrani a partire dal
primo trimestre del 2010.
2.2 V ALUTAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO DI CREDITO
Nel caso dei prestiti bancari, la valutazione del merito di credito è invece rappresentata dalla classe
che la stessa banca erogatrice, dopo una attenta indagine, assegna al soggetto richiedente il prestito
e all'operazione stessa di prestito.
Nel settore obbligazionario un metro di valutazione del rischio di credito è costituito dal rating
assegnato all'emittente debito e ai sui titoli dalle agenzie di valutazione del debito, le cosiddette
agenzie di rating. Il rating è infatti è la valutazione del profilo di rischio riferita ad una controparte o
ad un investimento; viene espresso in maniera sintetica attraverso un punteggio sulla base di una
scala di valutazione variabile di agenzia in agenzia e accompagnato da una analisi che ne spiega le
motivazioni sottostanti.
Per esprimere tali giudizi le maggiori agenzie di rating in primis effettuano una analisi di bilancio e
in particolare i flussi di cassa e la liquidità, con l'obiettivo di valutare la capacità dell'emittente di
onorare il pagamento del debito contratto; in un secondo momento viene analizzato lo stesso rischio
Paese e gli elementi facenti parte della descrizione data da Meldrum.
Una ulteriore misura del rischio di credito è rappresentata dal premio per il rischio (credit spread),
ovvero dal differenziale di rendimento dei titoli rischiosi rispetto ai titoli obbligazionari considerati
privi di rischio. Posto in via generale che i titoli a breve termine emessi dal Tesoro statunitense e i
titoli emessi dal tesoro tedesco sono considerati risk-free (infatti è quasi nulla la probabilità che i
due paesi non adempiano ai propri obblighi contrattuali), viene definito il concetto di premio per il
rischio di credito, ovvero la differenza tra tasso di interesse quotato e quello di un titolo di Stato
risk-free con caratteristiche analoghe in termini di scadenza, liquidità, imposizione fiscale e altre.
Le istituzioni finanziarie, tenendo conto di queste unità di misura del rischio di credito, si cautelano
attraverso una precisa valutazione della solvibilità e dell'affidabilità degli emittenti di debito oppure
attraverso prestiti che richiedono garanzie o costituendo più semplicemente fondi di svalutazione
crediti. Le istituzioni finanziarie previdentemente infatti distinguono il tasso di perdita atteso e il
tasso di perdita inatteso. Il tasso di perdita atteso non è altro che il valore medio della distribuzione
dei tassi di perdita e non è da considerarsi un vero rischio per l'esposizione creditizia in quanto è
atteso ed è già riflesso in termini di spread sulle condizioni di prezzo applicate dal mercato ad un
emittente di passività finanziarie; un eventuale perdita effettiva lascerebbe il rendimento atteso, a
livello di portafoglio, inalterato in quanto la probabilità di perdita era già scontata e coperta da un
opportuno fondo rischi.
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