Introduzione.
2
comunque decisamente differenti e la relativa gioventù del settore, liberaliz-
zato da poco tempo soprattutto in Europa e ancor di più in Italia, non
permette di dare un giudizio assoluto sulle migliori azioni da intraprendere
e la speranza è di essere riuscito a dare almeno un quadro chiaro delle scelte
strategiche e degli elementi che sembrano più importanti.
Il mercato finanziario è certamente un altro protagonista indiscusso del set-
tore delle telecomunicazioni, in quanto, la maggior parte degli operatori ha
puntato, o punta tuttora ad ottenere risorse finanziarie dagli investitori. Il
fenomeno della cosiddetta Nuova Economia (New Economy) ha travolto i
mercati borsistici di tutto il pianeta, e questo ha influenzato, in maniera de-
cisiva il settore analizzato: dapprima in maniera positiva, con un ottimismo
che ha spinto ad investire pesantemente nel settore, ma poi con esito oppo-
sto quando la disillusione ha riportato tutti con i piedi per terra penalizzan-
do però in questo modo il settore nel complesso. Probabilmente, ancora
oggi, il settore è stato sempre giudicato nel suo complesso dal mercato po-
sitivamente o negativamente, senza un’analisi approfondita di tutti gli ope-
ratori singolarmente, mettendo a rischio così la sopravvivenza di alcuni di
questi che si sono trovati senza il supporto economico che contavano di ot-
tenere da un mercato più “professionale”, non troppo soggetto ad umori
cangianti.
Il quarto capitolo tenta di fare un quadro preciso, con dati e numeri in ab-
bondanza, sulla situazione del settore italiano delle telecomunicazioni. Si
parte dalla storia delle telecomunicazioni nel nostro paese per arrivare ai va-
lori di mercato attuali ed alle previsioni per ciò che concerne lo sviluppo fu-
turo del settore. I dati statistici ufficiali più aggiornati danno l’opportunità
di delineare la grandezza e l’importanza del settore e degli operatori princi-
pali che, al suo interno, si muovono e concorrono per una posizione di
leadership, sia pure regionale.
Introduzione.
3
Proprio da qui prende spunto il quinto capitolo che riguarda un caso speci-
fico nel settore italiano: la prima compagnia regionale del nostro paese,
Lombardiacom. L’idea di analizzare questa compagnia e la sua operatività,
nasce dall’opportunità che mi è stata concessa di svolgere uno stage della
durata di quattro mesi all’interno dell’azienda, che mi ha permesso di avere
un’idea di “come funziona” il settore, dal privilegiato punto di vista di un
operatore. Elaborato principalmente con l’ausilio di dati interni, il capitolo
fa una panoramica precisa dell’attività della compagnia, spiegando in detta-
glio le strategie percorse ed il posizionamento perseguito all’interno del
mercato con offerte di servizi varie e differenziate per segmenti di clienti di-
stinti.
L’ultima parte del capitolo affronta poi, purtroppo in maniera abbastanza
rapida a causa del fatto che gli eventi sono contemporanei al termine della
stesura dell’elaborato, gli ultimi sviluppi del modello di compagnia telefoni-
ca regionale. Questo sembrerebbe destinato a subire almeno una battuta di
arresto visto che è in previsione una sorta di consolidamento delle cosiddet-
te regional.com, anche se, un ruolo fondamentale in questo senso è stato
svolto dalla congiuntura sfavorevole dei mercati finanziari mondiali che di
fatto impediscono un finanziamento tramite questo canale.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
4
1. Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore
delle telecomunicazioni.
1.1 Un quadro generale.
Il settore delle telecomunicazioni, come molti altri settori considerati di
pubblica utilità, è sempre stato caratterizzato dalla presenza del modello e-
conomico di monopolio. Infatti, il monopolio naturale, era l’unica forma di
mercato ammissibile per la gestione di questi settori fino a pochi anni fa,
quando, lo sviluppo tecnologico, ha permesso di considerare la possibilità
di funzionamento del settore anche basandosi sulla concorrenza e la com-
presenza di più operatori. Il modello di monopolio naturale trova la sua
motivazione nella onerosità e nella complessità tecnologica di alcuni settori
considerati di pubblica utilità e quindi irrinunciabili da parte dei cittadini; ne
sono esempi la sanità, la fornitura di energia elettrica, i trasporti.
L’evoluzione sempre più rapida delle tecnologie, e la conseguente minore
onerosità e complessità di gestione delle problematiche inerenti al settore,
fanno sì che le ragioni sottostanti il monopolio naturale vengano meno e le
istituzioni governative nazionali e sovranazionali tendano sempre di più ad
aprire questi mercati alla concorrenza, in modo da permettere ai cittadini
utenti dei servizi di usufruire della maggior efficienza che può derivare da
questa forma di mercato. Oltre al cambiamento,comunque fondamentale, a
livello tecnologico, altre spinte verso la caduta del modello di monopolio
naturale derivano:
Dal cambiamento dei sistemi economici nel loro complesso, nel senso
che oggi il mercato, a differenza del passato, è in grado di farsi carico
della fornitura di certi servizi di pubblica utilità.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
5
Dalla ricchezza del mondo delle imprese che ha risolto problemi che
prima si credeva potessero essere affrontati solo dallo stato;
Dalle idee neo-liberiste scaturite dall’evoluzione della teoria economica
che ha contribuito a rafforzare le tendenze innescate dalla tecnologia
spingendo verso la sottoposizione alle regole di mercato molte attività
sino ad ora ad esse sottratte.
I paesi, dove la liberalizzazione del settore è già stata implementata, in mo-
do più o meno completo, hanno prevalentemente basato il processo di libe-
ralizzazione sulla spinta verso un mercato di tipo concorrenziale piuttosto
che sulla creazione di direttive che lo regolamenti. I regolamenti sono u-
sualmente utilizzati per raggiungere numerosi obiettivi di politica economi-
ca da parte dei governi, come, nel caso del settore delle telecomunicazioni,
il mantenimento di un livello ragionevole di prezzo, il servizio universale, la
qualità e la disponibilità di una struttura tecnologicamente avanzata. Come
abbiamo detto, però, la scelta dei governi si è orientata verso la concorrenza
e la liberalizzazione più che verso la regolamentazione, in quanto, la con-
correnza, di per sé, è in grado molto frequentemente di raggiungere gli stes-
si obiettivi; essa stimola l’innovazione tecnologica, abbassa i prezzi ad un li-
vello appena sufficiente a sostenere gli investimenti necessari per soddisfare
i bisogni dei clienti, mantiene i costi a livelli contenuti e porta ad un utilizzo
più efficiente delle risorse scarse delle aziende.
Il processo che in Italia sta avendo luogo in questi anni, e che proprio in
questo momento sta vivendo le sue fasi più importanti, trova i suoi fonda-
menti negli USA che per primi hanno affrontato il problema nel 1984 con
la disgregazione del Bell System e poi all’interno della comunità europea
con le direttive per i paesi membri che spingono verso una totale liberaliz-
zazione del mercato delle telecomunicazioni.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
6
1.2 I pionieri americani.
Verso la fine del XIX secolo, negli Stati Uniti, si assiste alla nascita del tele-
fono. In un paese ancora innamorato del telegrafo, la nuova invenzione,
brevettata da Alexander Graham Bell nel 1876, non ebbe certo un imme-
diato successo; infatti, la Western Union Telegraph, la più grande compa-
gnia all’epoca operante nel settore dei telegrafi, rifiutò di acquistare i brevet-
ti dell’invenzione di Bell alla cifra di $ 100.000. Questo si rivelò, negli anni
seguenti, un enorme passo falso per la Western Union che, venti anni dopo
questa decisione, ritrovò la Bell in qualità di società concorrente con di-
mensioni adeguate a mettere in discussione la sua posizione dominante nel
settore delle comunicazioni americano.
Negli anni che vanno dal 1876 al 1893 la Bell si trova, quindi, in una posi-
zione di monopolista, creata non da regolamentazioni governative sul setto-
re delle telecomunicazioni, ma dall’esclusiva di utilizzo delle apparecchiatu-
re telefoniche detenuta dalla società grazie ai brevetti. Nonostante questo,
alcune compagnie provarono ugualmente ad entrare nel mercato e la Bell
intraprese e vinse più di seicento azioni legali nei confronti di società che
non rispettavano le leggi sui suoi più di novecento brevetti. La situazione
muta però radicalmente nel 1893, quando il monopolio della Bell, almeno
temporaneamente, viene interrotto dallo scadere dei brevetti e dalla conse-
guente possibilità per tutti i potenziali concorrenti di utilizzare le apparec-
chiature non più esclusive.
Nel periodo che va dal 1894 al 1913, la concorrenza cresce in maniera velo-
cissima e diffusa e i concorrenti indipendenti iniziano a diventare numerosi
a partire dalle aree non servite fino a quel momento dalla Bell o da quelle
dove il servizio offerto non era di qualità. Già alla fine del 1894 erano pre-
senti più di ottanta concorrenti che rappresentavano il 5% del mercato e, al
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
7
passaggio di secolo, il numero era salito a oltre tremila, raggiungendo nel
1907 il 51% del mercato. I prezzi calarono in misura importante ed i citta-
dini si trovavano a poter scegliere tra diversi operatori.
I concorrenti aumentarono vertiginosamente nonostante le azioni della
AT&T, società del gruppo Bell operante nel settore delle comunicazioni a
lunga distanza, messe in pratica al fine di limitarne la possibilità di operare;
infatti la AT&T rifiutava di interconnettere gli operatori indipendenti e por-
tava avanti numerose acquisizioni di società di piccole dimensioni, con il ri-
sultato di creare un sistema frammentato i cui utenti, allacciati a diversi ope-
ratori, erano impossibilitati a comunicare tra di loro. In questo modo, anche
le società che resistevano alla Bell, non erano comunque in grado di compe-
tere nell’area della lunga distanza e non avevano le risorse per costruire una
propria infrastruttura competitiva.
Lo sviluppo era stato velocissimo e lo storico industriale Gerald W. Brock
1
commenta così questo periodo:
“Dopo diciassette anni di monopolio, gli Stati Uniti avevano un sistema te-
lefonico limitato con 270.000 telefoni concentrati nei centri cittadini, e il
servizio era generalmente indisponibile nelle aree esterne e periferiche. Do-
po tredici anni di concorrenza, gli Stati Uniti avevano un esteso sistema con
sei milioni di telefoni, divisi in maniera quasi paritaria tra la Bell e gli indi-
pendenti, e il servizio era disponibile praticamente dovunque.”
La rapida crescita, conseguente alla concorrenza, pone dei dubbi sul model-
lo di monopolio naturale del settore delle telecomunicazioni. Sembra così
che, l’unica ragione del monopolio della AT&T prima di questo periodo,
fossero i brevetti che proteggevano le apparecchiature telefoniche e non,
1
Brock G. W. The telecommunications industry: the dynamics of market structure. Cambridge,
Harvard University Press, 1981.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
8
come i sostenitori della teoria del monopolio naturale affermavano, supe-
riori economie di scala.
Della stessa opinione J. Maurice Clarks
2
, che concludeva nel suo famoso
“Studies in the Economics of Overhead Costs” del 1923:
“Le compagnie telefoniche non danno segno di economie dovute a crescita
di dimensioni, ma il contrario.”
Quindi, la giustificazione più importante alla base della volontà di regola-
mentare il settore telefonico, cioè che esso sia un monopolio naturale con
costi rapidamente decrescenti all’aumentare delle dimensioni, non era asso-
lutamente realistica né applicabile durante questo periodo, anche se i fatti
successivi sarebbero stati guidati dalla convinzione contraria. Le economie
di scala non sono l’unica implicazione del monopolio naturale, che dovreb-
be essere caratterizzato anche da alte barriere all’ingresso nel mercato; il
proliferare di nuovi concorrenti in questo periodo però sembra dimostrare
che, nonostante gli alti costi associati all’attività nel settore telefonico, fosse
possibile entrare nel mercato in maniera relativamente facile in questi anni e
le barriere all’ingresso non fossero così alte da impedire l’ingresso di nuovi
operatori.
Il periodo della concorrenza negli Stati Uniti termina praticamente con
l’acquisizione sistematica, da parte della Bell, di molti concorrenti e con la
crescente regolamentazione portata avanti dal governo. In modo curioso,
questo periodo viene rievocato sia dagli attuali sostenitori del monopolio, i
quali puntano il dito contro gli abusi effettuati dai nuovi entranti, sia dai so-
stenitori della concorrenza che fanno notare invece la rapida espansione e la
caduta dei prezzi.
2
Clark, J. M. The Economics of Overhead Costs. Chicago, University of Chicago Press, 1923.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
9
New York nel periodo dello sviluppo della rete telefonica. Fonte: archivio fotografico
dell’università della Virginia.
3
Il primo significativo tentativo di regolamentazione del settore, si individua
nello Sherman Act, una legge antitrust del 1890. Fino a questo momento,
infatti, l’attività del governo era praticamente inesistente ad esclusione della
protezione dei brevetti. Sebbene le regole indicate dalla legge fossero appli-
cabili nei confronti di tutti i partecipanti al mercato, era chiaro che fossero
in modo particolare dedicate alla Bell; infatti, l’obiettivo primario della leg-
ge, era quello di impedire che la Bell continuasse la sua campagna di acqui-
sizione di piccole società concorrenti nel tentativo di ottenere il controllo
totale del mercato. Più in generale, la legge voleva livellare il campo di gioco
e migliorare la qualità di beni e servizi offerti dalle imprese, impedendo che
3
: http://etext.lib.virginia.edu/images/modeng/public/CasTe128.jpg e
http://etext.lib.virginia.edu/images/modeng/public/CasTe132.jpg.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
10
le grandi società si comportassero in modo da ottenere monopoli e aprendo
così il mercato alla concorrenza. Malgrado le buone intenzioni alla base del-
la legge, questa non riuscì a raggiungere tutti gli obiettivi che si era prefissa-
ta; in effetti, si rivelò un troppo semplice piano per interrompere i monopo-
li delle grandi imprese, e le debolezze insite nella legge stessa sono così de-
scritte dal Presidente della Corte Stone
4
:
“I veti dello Sherman Act non furono posti in termini di assoluta precisione
e chiarezza e la stessa legge non li definisce con esattezza. In conseguenza
della indeterminatezza del linguaggio, peraltro forse non inconsapevole, i
tribunali sono stati lasciati liberi di interpretare il contenuto della legge e nel
fare questo non è opportuno che essi intendano le indicazioni legislative al-
la luce della storia del testo stesso e delle motivazioni e scopi, non esenti da
vizi che sono alla base della legge”.
Non vi erano dubbi che tutti volessero bandire il monopolio e spingere la
concorrenza, ma tutti sapevano anche che questa legge lasciava molte con-
siderazioni da fare per il futuro e molti punti ancora da approfondire. In
questo senso si può dire che lo Sherman Act fu il primo di una lunga serie
di passi verso la regolamentazione effettiva del mercato delle telecomunica-
zioni. Negli anni successivi la AT&T iniziò, con maggior determinazione a
partire dal 1907 in concomitanza con l’insediamento di T. N. Vail come
presidente, a perseguire l’obiettivo della eliminazione dei suoi concorrenti,
ponendo l’accento dalla concorrenza al consolidamento. Vail credeva nella
superiorità di un unico sistema telefonico e adottò uno slogan che rifletteva
queste convinzioni: “Un’unica linea di condotta, un unico sistema, un servi-
zio universale”. Nella relazione annuale AT&T del 1910 Vail affermava:
“Un’efficace e aggressiva concorrenza, la regolamentazione e il controllo
4
Stone, Chief Justice, come riportato in “http://cct.georgetown.edu/curriculum/505-
98/students/neville/sherman.htm”.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
11
sono incompatibili e non si possono avere nello stesso momento”. Questo
portò ad una campagna massiccia di acquisizioni con la quale si arrivò addi-
rittura a prendere il controllo della Western Union, leader nei telegrafi, che
rifiutò di acquistare i brevetti di Bell. Il governo, d’altra parte, giudicò que-
ste operazioni contrarie alle leggi antitrust e fece sapere che un’inchiesta in
proposito era stata aperta nei confronti della compagnia di Vail: sembrava
fossero finiti i giorni della proprietà privata delle compagnie telefoniche. I
proponenti una nazionalizzazione del servizio facevano infatti notare che le
tariffe erano più alte negli Stati Uniti rispetto all’Europa, dove i governi
tendevano a gestire le telecomunicazioni e che il servizio statunitense era
più povero ed il governo avrebbe potuto operare nel mercato in modo più
efficiente e meno costoso non avendo come unico fine l’ottenimento di un
utile. Sostenevano inoltre che il servizio sarebbe stato fornito senza pro-
blemi anche alle aree meno profittevoli e l’eliminazione della concorrenza
avrebbe eliminato anche le duplicazioni di impianti e servizi.
Resosi conto del rischio che la compagnia venisse smembrata, Vail decise di
proporre un accordo al governo cercando di pacificare la situazione; nel
1913 fu raggiunto un accordo tra governo e AT&T con il “Kingsbury
Commitment”. La AT&T si impegnava a disinvestire la quota di controllo
nella Western Union, a non acquisire altri concorrenti e a concedere
l’interconnessione agli attuali competitori. Questo accordo sembrò essere a
favore della concorrenza e quasi altruistica sembrò la mossa della società. I
legislatori, però, intesero il patto non tanto con il fine di impedire qualsiasi
acquisizione alla AT&T, ma richiesero solamente che, per ogni acquisizione
fatta dalla AT&T, ce ne fosse una operata da una società indipendente; que-
sto fece sì che l’accordo, anziché spingere verso una maggiore concorrenza,
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
12
portasse all’esistenza di una molteplicità di monopoli geograficamente limi-
tati. Brock
5
nota che:
“Questo provvedimento permise alla Bell e agli indipendenti di scambiare
tra loro utenti al fine di creare monopoli geografici. Se un’unica compagnia
serve una specifica area geografica, non ha senso aspettarsi una competi-
zione basata sui prezzi”.
Il risultato di ottenere l’interconnessione per gli indipendenti, anche se ap-
pariva loro favorevole, permise alla AT&T di mantenere un grande control-
lo sul mercato; ancora Brock
4
afferma che:
“L’interconnessione ridusse la possibilità della Bell di eliminare i concorren-
ti dal mercato, ma d’altra parte eliminò l’incentivo per gli indipendenti a co-
struire un sistema di comunicazioni a lunga distanza competitivo con quello
della AT&T”. Kellogg, Thorne e Huber
6
concludono:
“La soluzione del governo, in definitiva, non fu l’energica e dinamica coabi-
tazione che caratterizza la concorrenza; i mercati furono accuratamente de-
limitati: uno per la compagnia monopolista nei telegrafi, uno per ognuna
delle compagnie monopoliste a livello locale, uno per il monopolio sulle
comunicazioni a lunga distanza della Bell. Il Kingsbury Commitment fu una
soluzione solo per il governo che, in questo momento, giudicava migliore
piuttosto che l’esistenza di un monopolio unico, la coesistenza di differenti
monopoli, sebbene tra questi non ci fosse la minima concorrenza”.
Nel lungo periodo, quindi, la AT&T ebbe grandi ricavi e recuperò gran par-
te delle quote di mercato perse prima del Kingsbury Commitment, un risul-
tato opposto a quello teoricamente ricercato dal governo.
Nonostante i timori di molti che la AT&T divenisse un vero monopolista,
emersero numerose opinioni, e furono intraprese diverse azioni da parte del
5
G. W. Brock, Op. Cit.
6
Kellogg M. K., Thorne J., Huber P. W., Federal Telecommunications Law. Boston, Little
Brown, 1992.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
13
governo, che testimoniavano l’orientamento verso un unico sistema ed un
unico operatore nel mercato. Numerosi giudici di stato iniziarono a sposare
questa tesi e molti uffici federali cominciarono a rifiutare l’autorizzazione a
costruire nuove linee in aree già servite da altri operatori, e incoraggiarono il
consolidamento al fine di un più efficiente servizio.
Nel frattempo, all’interno del Congresso, si diffondeva sempre più la volon-
tà di nazionalizzare il settore telefonico e, il nuovo responsabile del sistema
postale, Albert Sidney Burleson, colse l’opportunità e nominò una commis-
sione speciale affinché questa esaminasse la possibilità di una nazionalizza-
zione. Il rapporto
7
conclusivo all’indagine fu redatto nel 1914 e, già dalle
prime righe, vi si poteva scorgere una ormai familiare convinzione:
“Gli artefici della Costituzione hanno previsto che il Congresso abbia il po-
tere di creare uffici postali…”
La relazione prosegue affermando che, le operazioni del governo relative a
telegrafo e telefono rientrano “…nella possibilità da parte del Governo di
gestire i pubblici servizi che sono inclusi negli articoli della Costituzione ri-
guardanti il sistema postale…”. Riguardo alla attuale attività, svolta dal set-
tore privato, nel settore delle comunicazioni statunitense la relazione di
Burleson asserisce che “…telefono e telegrafo sono inevitabilmente mono-
poli e, quando affidati al controllo dei privati, non possono offrire il mas-
simo servizio al minimo costo a tutta la popolazione.”
Vail, a difesa della AT&T, si oppose strenuamente alle proposte di naziona-
lizzazione e dichiarò che il sistema telefonico americano era superiore a
qualsiasi altro nel mondo perché era stato sviluppato da privati.
“Ci opponiamo alla nazionalizzazione perché sappiamo che nessun sistema
gestito da un governo nel mondo è in grado di dare un servizio così eco-
7
Burleson, A. S. Government Ownership of Electrical Means of Communications. United States
Postmaster General. Whashington D. C., Government Printing Office, 1914.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
14
nomico ed efficiente come quello che la popolazione statunitense sta rice-
vendo da tutte le sue compagnie telefoniche. Non crediamo che il nostro
Governo possa costituire l’eccezione a questa regola”.
8
Nella stessa relazione, Vail, evocò lo spettro di protezioni e abusi del mon-
do politico e, allo stesso tempo, accusò il Governo di portare avanti un ten-
tativo di creare un monopolio:
“La gestione e la proprietà del sistema da parte del Governo distruggerebbe
l’iniziativa individuale; si creerebbe un monopolio e se ne aumenterebbero e
rafforzerebbero i vizi dandone il controllo a responsabili che dovrebbero
rispondere della propria condotta a loro stessi”.
La posizione di Vail, era supportata dalla stampa nazionale, che era
d’accordo con il suo convincimento che il sistema telefonico statunitense
fosse il migliore del mondo:
“Non sarà fatto perché non può essere fatto: E’ immorale e antieconomico.
Non può portare niente di nuovo né di buono.” (New York Times, 1913).
“E’ pressoché incredibile che il Governo voglia entrare in competizione
con il sistema telefonico.” (Harpers Weekly, 1913).
Il neo presidente Wilson, scettico sulle posizioni del responsabile del servi-
zio postale Burleson e dei componenti del Congresso favorevoli alla nazio-
nalizzazione, soprattutto dopo avere saputo che il costo dell’acquisizione di
entrambi i sistemi (telefonico e telegrafico) sarebbe stato di due miliardi di
dollari, approvò il Kingsbury Commitment, e lo indicò come un esempio
da seguire nel nuovo rapporto instauratosi tra il Governo e l’industria priva-
ta, rifiutandosi di considerare nuovamente la faccenda.
La problematica ritornò prepotentemente d’attualità con l’inizio della guerra
mondiale; la recente nazionalizzazione delle ferrovie sembrava avere mutato
8
Vail, T. Annual Report. American National Telephone and Telegraph Company, Annual
Report. New York, American Telephone & Telegraph Archives, 1913.
Il cammino legislativo verso la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.
15
le opinioni della stampa nazionale, e, Burleson ed i suoi sostenitori al Con-
gresso, tornarono alla carica forti di questo nuovo sostegno.
Telefoni e telegrafi erano così strettamente associati all’idea di commercio e
di trasporti, che sembrava illogico nazionalizzare un sistema, come le ferro-
vie, e non nazionalizzare gli altri sistemi che controllavano le spedizioni dei
beni.
Gradualmente, la posizione degli organi informativi, si mosse verso la con-
vinzione che la gestione da parte del Governo del sistema potesse essere
più efficiente e meno costosa:
“Una a una, separeremo le poche cose che appartengono alla gente dalla
proprietà di pochi monopolisti.” (New Orleans Item, 1918.)
“Ci sono alcuni ruoli che, un Governo come il nostro, che gestisce grandi
unità con il solo fine del servizio ai cittadini, è in grado di svolgere meglio
rispetto ai singoli… I momenti di difficoltà fanno capire quali cose il Go-
verno può fare meglio. I cittadini devono tenere stretta la gestione degli e-
lementi che li riguardano in modo vitale, come sempre è successo per poste
e autostrade.” (Cleveland Press, 1918).
La AT&T continuò ad insistere per il mantenimento della proprietà privata
del sistema e, nel frattempo, collaborò strettamente con la Marina militare e
l’esercito anche per dare una dimostrazione delle grandi qualità tecniche e
manageriali. Ma ormai l’idea di un sistema gestito dal Governo si faceva
sempre più forte.
Il Congresso, impegnato duramente dalla guerra in corso, non affrontò
immediatamente il problema, e si dovette attendere sino al luglio 1918 per
una decisione in merito.