II
l'approvazione della legge di bilancio e l'indizione di nuove elezioni politiche. La
successiva vicenda giudiziaria, in particolare, ha evidenziato l'esistenza di non poche
lacune nell'impianto normativo, rivelando l'assenza di puntuali riferimenti procedurali
per disciplinare il caso - pur astrattamente possibile - di conflitti tra maggioranze
parlamentari e singoli titolari di dicasteri.
Quali ragioni avevano giustificato il permanere, nei decenni di tali "vuoti
normativi"? Un secondo piano d'indagine, parzialmente sviluppato nel presente lavoro,
rinvia, inevitabilmente, alla "costituzione materiale" e alla natura del sistema politico
italiano del cinquantennio repubblicano, caratterizzato da una molteplicità di partiti
fortemente strutturati e dal necessario ricorso a governi di coalizione. In quella
situazione, l'eventuale conflitto fra un ministro, rappresentante di una determinata forza
politica, e il resto della compagine governativa o della maggioranza parlamentare,
avrebbe, normalmente, assunto il carattere di una divergenza tra forze politiche e si
sarebbe risolto con la crisi della coalizione governativa.
Questo, infatti, è quanto generalmente si è verificato in occasione delle crisi di
governo della cosiddetta "prima repubblica". Non si sono, di fatto, registrati casi di
dissenso ad personam, che coinvolgessero esclusivamente un singolo ministro,
separandone l'operato rispetto alla forza politica di appartenenza; e, nell'eventualità di
un contrasto del ministro con il suo stesso partito, sarebbe stato quest'ultimo, con
procedimenti extraparlamentari, a "sfiduciarlo" di fatto, invitandolo alle dimissioni.
Il ricorso formale alla mozione di sfiducia era, dunque, in quel contesto, uno
strumento della dialettica parlamentare dell'opposizione nei confronti della
III
maggioranza, e non invece, come nella vicenda Mancuso, l'espediente adottato per far
prevalere l'indirizzo politico della maggioranza nei confronti di un ministro "apartitico".
Un ulteriore piano di analisi politica riguarda, infine, le prospettive di riforma
istituzionale. Non vi è dubbio che un'eventuale accentuazione del processo di
personalizzazione della leadership degli esecutivi, analogamente a quanto, ad esempio,
si è realizzato nei governi locali con l'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle
province, focalizzerebbe il rapporto fiduciario sul binomio assemblea - presidente del
consiglio, modificando, al contempo, il significato della collegialità del governo.
II. La struttura del presente lavoro è articolata in quattro parti. Nelle prime due, si
esamina la disciplina del rapporto fiduciario e della specifica previsione di mozioni di
sfiducia individuale in chiave comparata. Più dettagliatamente si indaga, attraverso uno
studio condotto dai segretari generali dei parlamenti,
1
se e in quali termini esiste un
prototipo di mozione di sfiducia individuale in alcuni sistemi politici stranieri. Uno
sguardo approfondito alle posizioni della dottrina italiana in tema di mozione di sfiducia
individuale e di responsabilità del ministro, alle critiche mosse alla portata di questo
istituto, ai regolamenti della Camera e del Senato e ai casi di sfiducia ad personam
presentati in Parlamento prima del "caso Mancuso", completano questa sezione.
Nelle due parti successive, l'attenzione è rivolta alla ricostruzione del profilo
politico e della complessa vicenda giudiziaria del "caso Mancuso", conclusa con la
1
L'associazione dei Segretari Generali dei Parlamenti è organo consultivo dell'Unione interparlamentare.
Si è riunita per la prima volta ad Oslo nel 1939 e si compone dei Segretari Generali dei Parlamenti
membri dell'Unione Interparlamentare.
IV
sentenza n.7 del 1996. L'analisi del contesto politico e istituzionale e la puntuale
ricostruzione processuale formano, in particolare, oggetto del capitolo terzo. Nel quarto
capitolo, ci si sofferma, infine, sulle problematiche giuridiche e politico - istituzionali
sollevate dall'epilogo del "caso Mancuso", anche nella prospettiva del dibattito in corso
sulla revisione della costituzione e con riguardo al tema specifico della peculiare
posizione del ministro guardasigilli nell'ordinamento italiano.
Ringraziamenti
Per lo svolgimento della ricerca mi sono avvalsa della generosa collaborazione
degli Uffici studi dei due rami del Parlamento. Un doveroso ringraziamento va,
specificamente, al dottor Fabio Arcese, del Servizio studi della Camera dei deputati, e al
dottor Fabio Napolitano, direttore del Servizio studi del Senato della Repubblica.
Un sentito ringraziamento, inoltre, rivolgo al professor Fortunato Cocco, vice segretario
della Camera dei deputati, non soltanto per l'aiuto materiale ricevuto nel corso della mia
ricerca, ma per il debito intellettuale contratto nel corso di Diritto parlamentare che ho
avuto la fortuna di seguire presso l'Università degli studi di Urbino.
Infine, ma non per questo meno importante, ringrazio il professor Antonio Agosta, per
gli interessi e le curiosità culturali che ha saputo trasmettermi nel corso dei miei studi e
nell'ambito del presente lavoro, cui mi sono dedicata.
1
CAPITOLO 1
IL RAPPORTO DI FIDUCIA NEI SISTEMI
POLITICI
1.1 Il rapporto di fiducia in alcuni ordinamenti stranieri
Il rapporto di fiducia è quel legame che deve costantemente intercorrere tra
l'organo titolare del potere legislativo e l'organo titolare del potere esecutivo, nell'ambito
di uno schema funzionale, in cui il secondo è politicamente responsabile nei confronti
del primo, per l'attuazione di un indirizzo politico che, entrambi, concorrono a
determinare.
1
Il legame tra parlamento e governo è, dunque, elemento essenziale e
primario dell'esistenza dell'organo esecutivo, dell'inizio e della continuazione, quindi,
dell'attività d'indirizzo politico del governo. Il parlamento, tuttavia, ha il potere di porre
fine a questo rapporto se, esercitando la funzione di controllo politico sull'attività
dell'esecutivo, non fosse d'accordo col programma governativo attuato.
Quando, e se, il parlamento fa valere in negativo la responsabilità politica in
capo al governo, quest'ultimo è costretto a rassegnare le dimissioni; si determina quindi
la rottura, ovvero si interrompe, quel rapporto fiduciario su cui si era fondata l'intesa
iniziale tra due organi titolari di funzioni politiche diverse. Esiste, tuttavia, la possibilità
1
G. F. Ciaurro, "Fiducia parlamentare", in Enciclopedia giuridica, Roma, 1989
2
di ripristinare il rapporto fiduciario con meccanismi atti a ricostituire un altro esecutivo,
o a fare eleggere dal corpo elettorale una nuova assemblea legislativa.
Identificare la configurazione giuridica del rapporto di fiducia è un'operazione
piuttosto ardua, non agevole - afferma Ciaurro - in quanto il legame fiduciario è una
figura niente affatto riconducibile a quelle classiche del mandato, della delega o della
rappresentanza;
2
per quanto sussista un vero e proprio vincolo tra parlamento e governo,
non si può certo ritenere che i poteri dell'organo esecutivo discendano direttamente dalle
camere rappresentative, proprio perché il governo non è un "mero comitato esecutivo"
3
del parlamento.
Nonostante sia difficile di riconoscere la qualificazione giuridica del rapporto
fiduciario, va accolta la tesi secondo la quale, elemento giuridicamente rilevante per
individuarla è "la natura essenzialmente politica"
4
del legame fiduciario; testimonianza
di quanto affermato è lo spiccato interesse politico al controllo del parlamento
sull'attività del governo, alla responsabilità di quest'ultimo verso il primo ed infine,
valore politico ha, senza dubbio, il patto, in altre parole il vincolo, che impegna i due
organi - parlamento e governo - a porre in essere il programma politico approvato, alla
fine, dalla maggioranza parlamentare. Sulla base di valutazioni puramente politiche,
inoltre, e ad ulteriore conferma della rilevanza appunto politica degli elementi esposti, il
parlamento può interrompere il rapporto fiduciario anche se il governo è adempiente nei
2
Ibidem
3
Ibidem
4
Ibidem
3
confronti del programma politico concordato o, addirittura, continuare ad accordare la
fiducia anche quando il governo non tenga fede alle linee - guida politiche.
Esistono modi e forme diverse di concedere la fiducia nei vari ordinamenti
politici. A volte, come nel caso del sistema britannico, il consenso parlamentare è
implicito, in altri casi il voto d'investitura preliminare è obbligatorio. Ciò accade, ad
esempio, negli ordinamenti in cui il governo si forma con l'opera di mediazione, tra i
vari gruppi parlamentari, del capo dello stato. Può inoltre accadere che esista
coincidenza temporale tra l'investitura del governo e l'instaurazione del rapporto
fiduciario col parlamento, oppure che la nomina del governo sia il passo successivo alla
concessione della fiducia, o, infine, che il governo nominato dal presidente della
repubblica debba presentarsi alle camere per ottenere la fiducia, come, per esempio,
accade nel sistema italiano.
Il rapporto fiduciario è di certo la caratteristica più significativa della forma di
governo parlamentare. L'esistenza o no del vincolo fiduciario è uno dei criteri che
permette, infatti, di rintracciare e distinguere due importanti forme di governo: quella
parlamentare e quella presidenziale. Nel sistema politico presidenziale, precisamente e
al contrario di quello parlamentare, non è prevista una relazione di natura fiduciaria che
unisca governo e maggioranza parlamentare.
L'ordinamento politico straniero che, più di tutti, ha accolto lo schema della
forma di governo parlamentare classica, è quello della Gran Bretagna. E' un sistema,
quello inglese che, nato nel XVIII secolo, è giunto, nel susseguirsi di tappe storiche e
4
istituzionali di un certo spessore, al punto in cui il fulcro della sua struttura politica è
rappresentata dal primo ministro e dal suo gabinetto.
L'organizzazione del sistema istituzionale e governativo inglese non si
presentava con la configurazione appena descritta ab origine, quando, in realtà, vigeva
una concezione dualistica del rapporto parlamento - governo che determinava un
sostanziale equilibrio tra potere legislativo ed esecutivo; questa specie di contrappeso
risultava dalla funzione di controllo che i due organi esercitavano, reciprocamente, l'uno
nei confronti dell'altro.
Occorre premettere che l'ordinamento britannico non fa riferimento ad una carta
costituzionale con principi scritti, data l'inesistenza della stessa. Non vi sono, allora,
leggi che disciplinano formazione e struttura dell'esecutivo inglese; rilevano, invece,
norme consuetudinarie e convenzionali, e, "in posizione non inferiore stanno la prassi e
le regole di correttezza costituzionale".
5
Nonostante l'assenza di una disciplina
codificata, è principio convenzionale che il governo debba godere della fiducia della
camera dei Comuni. Questa assemblea elettiva, insieme alla camera ereditaria o non
elettiva dei Lords,
6
costituisce il parlamento nel sistema bipartitico inglese. La camera
dei comuni assume un ruolo funzionale decisivo nell'istituire il legame fiduciario col
governo, anche perché, afferma Lucifredi con un'espressione particolarmente felice, la
5
P. G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato. Il sistema britannico, Milano, Giuffrè,
1988, vol.2, p.2
6
Per un approfondimento dei profili del bicameralismo in Gran Bretagna cfr.: "Le camere Alte. Aspetti
del bicameralismo nei paesi dell'Unione Europea e negli Stati Uniti d'America", in Quaderni di
documentazione a cura del Servizio studi del Senato della Repubblica, Roma, 1997, n. 30, pp. 103-110
5
camera dei Lords non fa crisi;
7
è poi una norma convenzionale a sancire la scelta del
primo ministro fra i membri della camera elettiva.
Il primo ministro, figura portante del sistema politico inglese al punto da far
parlare di "governo del primo ministro", è nominato dal sovrano; il potere di nomina è
uno dei pochi rimasti ancora in capo alla corona, dotata ormai, più che altro, di
prerogative. La regina è vincolata a designare all'ufficio di primo ministro il leader del
partito vincitore delle elezioni, in altri termini il leader del partito di maggioranza, che,
quindi, provvederà a formare il governo. Appena investito delle sue funzioni, il primo
ministro propone al monarca i nomi di coloro che saranno poi suoi ministri e che a lui
direttamente risponderanno; la loro nomina, dunque, sarà a cura del monarca, ma la
scelta sostanziale è in capo al primo ministro. Il governo del primo ministro, pertanto, è
composto di persone a lui vincolate da un vero e proprio rapporto fiduciario; forte di
questo legame il primo ministro può provocare le dimissioni e la conseguente
sostituzione dei suoi funzionari, quando e se la fiducia iniziale viene a mancare.
La facoltà del capo di governo di proporre alla regina i nomi dei funzionari,
candidati a far parte della nuova squadra di governo, è il cosiddetto potere di patronage;
non tutti i membri scelti dal primo ministro e che formano il governo entreranno a far
parte del gabinetto. In Gran Bretagna esiste, infatti, una differenza sostanziale tra il
Government, che è appunto il governo in senso ampio e lato, e il Cabinet,
8
che è il
7
P. G. Lucifredi, op. cit., p.63
8
Il Cabinet fu inizialmente, denominato Cabala. Il nome attribuitogli aveva una valenza dispregiativa: le
critiche più vivaci si appuntavano sul suo modo di lavoro, totalmente segreto, che favoriva la sensazione
che gli affari dello stato fossero decisi in "conciliabolo" da una ristretta cerchia di privilegiati.
6
luogo in cui si stabilisce l'indirizzo politico, si coordina l'attività dei ministri e si
delibera.
È importante sottolineare che i componenti del gabinetto sono uniti
vicendevolmente dal vincolo della solidarietà ministeriale che si traduce nell'impegno a
rispettare le decisioni adottate, e nel fatto che, vigendo la responsabilità collettiva di
fronte al parlamento, un ministro eventualmente dissenziente non può far altro che
dimettersi. La rilevanza del Cabinet nella vita politica britannica, è evidenziata
dall'esistenza del governo ombra (Shadow Cabinet) costituito dal partito
all'opposizione; esso elabora la propria politica generale e la propria tattica
parlamentare, tendenzialmente contrapposta ai partiti di maggioranza, ma anche il
partito dell'opposizione è una componente del governo, il che permette un continuo e
costante confronto tra lo schieramento al governo e l'opposizione, appunto. Dal
momento che è il primo ministro a presiedere il gabinetto si può individuare una
sostanziale identità di persona tra il capo del governo, il presidente di gabinetto e il
leader del partito di maggioranza.
Secondo la logica politica, è estremamente difficile che il partito al potere, in
altre parole quello che vincendo le elezioni ha conquistato la maggioranza dei seggi alla
camera dei comuni, sconfessi il suo sostegno al governo, perché il risultato sarebbe un
generalizzato discredito. Tuttavia episodi simili, per quanto improbabili, non sono
impossibili se solo si fa riferimento alle dimissioni del governo Eden nel 1957, e se si
ricorda il famoso "caso Profumo" che provocò, nel 1963, il ritiro di Mc Millan dalla vita
politica inglese.
7
Un'osservazione conclusiva si aggiunge a queste note d'insieme sull'ordinamento
britannico: non esistono in Gran Bretagna, a differenza che in Italia, ingegni
costituzionali quali la mozione di sfiducia, votata in parlamento e diretta al governo
ovvero al primo ministro. Se all'interno di un partito esistono forti contrasti con colui
che è candidato ad assumere il ruolo di capo del governo, si procede, molto linearmente,
alla sua detronizzazione interna. Il cambio al vertice avviene, cioè, all'interno del
partito, così che le dimissioni del leader di partito appariranno, invece, del tutto
volontarie. Risale, comunque, al 1924 il primo episodio di destituzione, in sede
parlamentare, del primo ministro Mc Donald.
Al termine dell'analisi sul sistema inglese si deve riconoscere l'importanza
estrema ricoperta dal primo ministro; è opportuno, dunque, completare lo schema
essenzialmente descritto, con una breve, ma rilevante, parentesi di natura storica: la
presidenza del gabinetto, quale potere del primo ministro, affonda le proprie radici
nell'anno 1721. Quando Giorgio I di Hannover fu incoronato re nel 1714, la sua poca
attitudine con la lingua inglese non gli permise di presiedere le sedute del gabinetto. Per
prassi, la presidenza di quest'organo fu assunta, per la prima volta, dal 1721 al 1741, da
Sir Robert Walpole che godeva, nell'esercizio di questa funzione, della fiducia del
monarca e dei suoi colleghi ministri; con l'incoronazione di Giorgio III, si tentò il
ripristino di un governo personale, ma il tentativo fallì ed anzi emerse la figura di
William Pitt il giovane che rafforzò, con la sua personalità, l'organo governativo appena
sorto.
8
Fonte: P. Biscaretti Di Ruffia, Introduzione al diritto costituzionale comparato, p.183
Il sistema politico tedesco rientra a pieno titolo tra quelli che hanno accolto la
forma di governo parlamentare; pur pesando il rapporto di fiducia tra il governo e la
maggioranza parlamentare, questo ordinamento è contraddistinto dalla tensione,
costante, a rafforzare le funzioni del potere esecutivo. L'obiettivo in questione è stato
raggiunto nel tempo razionalizzando, per quanto possibile, gli istituti che sottendono
9
all'instaurazione del rapporto di fiducia e quelli che disciplinano la nomina del
cancelliere e dei suoi ministri. La struttura e le attribuzioni del governo federale tedesco
sono regolati negli articoli 62-69 della Legge Fondamentale.
Con riferimento all'indagine centrale di questo lavoro, è opportuno puntualizzare
che i due organi tra cui si determina il vincolo della fiducia sono la dieta federale, o
Bundestag, e il cancelliere che è alla guida del governo federale. Così come nel sistema
inglese la figura del primo ministro è fortemente caratterizzante dello stesso, in
Germania, il cancelliere è, certamente, personaggio politico in posizione determinante e
incisiva, al punto che la forma di governo tedesca è anche detta Kantzlerdemocratie
(democrazia del cancelliere). Tornando a considerare il rapporto di fiducia, esso si
instaura al momento dell'elezione del cancelliere da parte del Bundestag; il carattere
personale della fiducia, che intercorre in modo diretto con la persona del cancelliere,
rende quest'ultimo depositario del centralissimo vincolo fiduciario.
L'articolo 63 della Grundgesetz (legge fondamentale) disciplina accuratamente
la nomina del cancelliere; è questa la prima fase della formazione del governo federale.
E' il presidente federale che propone al Bundestag un candidato; nel formulare la sua
proposta il presidente deve tenere presente la volontà dei leaders dei partiti del
Bundestag. Non a caso il neo - proposto, per essere eletto, deve raggiungere la
maggioranza assoluta dei voti. Il comma III dell'articolo 63 disciplina il caso in cui il
cancelliere proposto non sia eletto e, quindi, non raggiunga la maggioranza prevista: "Se
il proposto non viene eletto, il Bundestag può, entro quattordici giorni successivi alla
votazione, eleggere un Cancelliere federale a maggioranza dei suoi membri". Il
10
Bundestag, tuttavia, ha un'ulteriore, quanto residuale, possibilità: se trascorrono i
quattordici giorni di cui sopra, sceglie come cancelliere colui che abbia ottenuto il
maggior numero di voti. A questo punto la decisione finale è pur sempre del presidente
federale il quale, o entro sette giorni procede alla nomina, oppure, se il cancelliere non
ha ottenuto la maggioranza, scioglie il Bundestag.
Si può, senza dubbio, dedurre che la Legge fondamentale tedesca ha previsto un
meccanismo che induce il Bundestag a scegliere in tempi rapidi il cancelliere, pena il
suo scioglimento; la necessità di svolgere l'iter di nomina in tempi brevi, è confermato
anche dal fatto che nella votazione ed elezione del premier tedesco, non si ricorre ad
alcun dibattito. Non può, a tal proposito, sfuggire la diversità col sistema italiano, in cui
la fiducia si concede solo al termine di un lungo dibattito, sulla base delle linee
programmatiche esposte dal presidente del consiglio dei ministri, a nome e per conto
dell'intera squadra governativa.
Tornando alle considerazioni sul sistema tedesco: il Bundespräsident (presidente
della repubblica), nomina il cancelliere attraverso un decreto per il quale non è prevista
la controfirma ministeriale. Per inciso è opportuno sottolineare che, salvo alcune
eccezioni, tutti gli atti del capo dello stato sono soggetti alla controfirma ministeriale. Il
governo può dirsi completamente formato quando il cancelliere, così come previsto
nell'articolo 64, propone al Bundespräsident la nomina dei ministri. È sempre e
comunque il cancelliere a stabilire, del tutto autonomamente, e nei limiti della sua
maggioranza parlamentare, la composizione del consiglio dei ministri, dal momento che
l'atto di nomina o di revoca da parte del presidente della repubblica è dovuto.