9
L’ istituto giuridico della premeditazione si è nel corso degli anni evo-
luto identificando una modalità della condotta che non ricostruisce ne-
cessariamente un “tipo normativo d’ autore”
2
. La condotta premeditata
può essere infatti posta in essere da soggetti della più diversa estrazione
sociale e culturale, ma soprattutto da soggetti non ipodotati sul piano
morale.
3
Rimane il maggior disvalore di un atto che nelle sue caratteristiche strut-
turali presenta una maggiore pericolosità sociale, cui corrisponde una
maggiore severità retribuitiva.
Vengono quindi superate le posizioni di quanti cercavano una diversa
strutturazione biologica dell’ individuo premeditante, mentre trovano
maggior favore quelle concezioni orientate alla ricerca dell’ identificazi-
one di un atto premeditato, prescindendo dalla ricerca di una specifica
conformazione celebrale che possa identificare soggetti più o meno por-
tati alla sua realizzazione.
“Per dire che è materiale la premeditazione bisogna dire che è materi-
ale il pensiero”
4
.
In effetti la neuropsicologia moderna ha dimostrato che un gran numero
di processi cognitivi ed elaborativi delle informazioni provenienti dall’
esterno o dettate dalla sfera istintuale dell’ individuo (“pensieri”) ha una
precisa sede all’ interno del Sistema Nervoso Centrale (SNC). La surri-
portata affermazione di Carrara illustra il legame che riconnette una im-
postazione scientifica notevolmente evolutasi nel corso dell’ ultimo se-
colo ad una diversa chiave d’ analisi dell’ istituto, che non può prescin-
dere dal considerare l’ atto materialmente nella sua essenza, a discapito
di una concezione della premeditazione come specchio dell’ individuo e
della sue attitudini.
2
Sulla “colpa d’ autore” (taterschuld): Mantovani “Diritto Penale” Parte Generale pagine 295, 558
3
Ancora negli anni ’50 autori di grande rilievo ponevano l’ accento sull’ idoneità dell’ atto premeditato a delin-
eare pienamente la malvagità morale dell’ agente: fra questi De Marsico in “Premeditazione e vizio di mente” in
Archivio penale 1958, pag. 425.
4
Carrara “Principi di diritto criminale” 1888 § 1132
10
Capitolo I
La premeditazione nelle legislazioni penali
1 Codificazioni del XIX secolo
Nelle opere degli autori della dottrina tedesca, collocabili
nell'epoca che la manualistica storiografica maggioritaria definisce
età contemporanea, e nelle rispettive codificazioni, un parallelo con
quello che nell'ordinamento italiano è noto come istituto della "pre-
meditazione" può essere riscontrato solo con una buona dose di ap-
prossimazione. Il diritto tedesco classifica l'istituto come una delle
diverse forme attraverso cui si manifesta il Mord (assassinio), dotato
di elementi qualificativi ulteriori rispetto al Totbershtand (uccisione).
Il primo copre l'area che nel diritto penale italiano è propria del dolo
diretto, il secondo quella del dolo indiretto. Più precisamente, il
Mord è caratterizzato da Uberlegung (riflessione)
1
, oltre che da altri
elementi che di volta in volta (incompatibilmente uno dall'altro) lo
distinguono.
Il codice penale dell'Impero Germanico promulgato nel 1872 affer-
mava all'art. 211 :
"Chi volontariamente uccide un uomo, se ha eseguito la morte
con riflessione (Uberlegung), commette assassinio (Mord) e sarà
punito con la morte".
Scomponendo il periodo per una analisi letterale del testo, emer-
gono vocaboli il cui utilizzo da parte del legislatore tedesco dà
un'importante chiave di lettura, utile soprattutto in un’ottica com-
paratistica:
1
Paoli "Principi di diritto penale" 1929, III, pg.169
11
"...Volontariamente...": il concetto di volontarietà (Wollen)
2
des-
igna uno degli elementi della contrapposizione fra il comportamento
cosciente dell'individuo e il suo comportamento doveroso (Sollen)
3
.
La volontarietà del comportamento implica il riferimento ad un crite-
rio soggettivo, basato cioè su elementi psicologici, in concreto diffi-
cilmente determinabili, la cui individuazione è lasciata agli operatori
del diritto.
Nel codice penale tedesco il criterio soggettivo era assolutamente
predominante, mentre l'assenza del criterio oggettivo si contrap-
poneva alla definizione usata nello stesso periodo dal codice
francese.
"...Riflessione...": l'aggravante ("Uberlegung") in questo caso
aveva la funzione di delineare una fattispecie ontologicamente
autonoma, in quanto era elemento sufficiente e necessario a qualifi-
care il Mord. La questione è tuttora discussa, e le dottrine italiane che
tendono a separare il delitto premeditato dalle corrispondenti fattis-
pecie semplici fanno appunto riferimento alla scuola tedesca
4
, in cui
la riflessione è elemento qualificante di un diverso reato e non una
semplice circostanza aggravante. La riflessione veniva inoltre con-
siderata da dottrina e giurisprudenza indipendente dall'elemento cro-
nologico
5
, sottolineando in questo modo la preferenza data ad una
impostazione "emotivo unitaria" piuttosto che "razionale analitica"
6
.
"...Assassinio...punito con la morte.": la differenza fra Mord, e
Totbershtand era visibile soprattutto in sede esecutiva: mentre per il
secondo istituto venivano in genere disposte pene di minore entità
2
Ampiamente studiato nell'ambito dell'elaborazione di una teoria generale del diritto dall'austriaco H. Kelsen ne
"La dottrina pura del diritto".
3
Su tale contrapposizione trova il proprio fulcro la c.d. “antigiuridicità” (Rechtswidrigkeit), concetto d'origine
germanica.
4
Paoli, opera citata.
5
"Il legislatore ha mostrato di preoccuparsi della premeditazione al momento dell'esecuzione e non della rifles-
sione precedente" (Berner, "Lehrbuch des deutschen strafrechtes" 1886.)
6
Mantovani, "Diritto penale" parte generale, pg.134
12
(fino ad un massimo di 5 anni di reclusione in regime di lavori for-
zati), per il Mord era tassativamente prevista la pena capitale.
La posizione tedesca, che si limitava ad enunciare ma non a de-
finire, non trovava particolare diffusione. Maggiori consensi trovava
il modello espresso dal codice penale francese del 1810, più rispet-
toso del principio di tassatività. Non è forse una coincidenza casuale
che nel corso degli ultimi due secoli il suddetto codice abbia man-
tenuto sostanzialmente inalterata una estesa definizione della pre-
meditazione:
"La premeditazione consiste nel disegno formato, prima
dell'azione, di attentare ad una persona determinata, che sarà
trovata o incontrata, quand'anche tale disegno fosse dipendente
da qualche circostanza o da qualche condizione".
Il successo di questa definizione seguì appieno la diffusione del
codice francese in Europa. Nella penisola italiana, vari ordinamenti
ne ripresero l’ispirazione. Tra questi il Regno di Sardegna: diversi
passaggi della formula del codice napoleonico furono tradotti e riuti-
lizzati dal codice Sardo del 1859.
La definizione francese richiede un’analisi accurata:
"...Disegno...": Il termine anticipa quella che sarà chiamata in se-
guito la “teoria della macchinazione dell'evento”, ampiamente utiliz-
zata per fondare l’aggravante, pur lasciando trasparire problemi di
confusione fra il piano costitutivo e quello probatorio. L'identificazi-
one premeditazione = disegno esclude il riferimento ad elementi sog-
gettivi.
13
"...Prima dell'azione...": l'elemento cronologico trova in questa
espressione la prima enunciazione legislativa. Con l’elemento cro-
nologico nascono anche le interminabili dispute (che affliggevano la
giurisprudenza italiana e francese) circa la sua quantificabilità. Come
constatabile dall’articolo del codice tedesco riportato, il diritto
tedesco non conosce questo elemento.
"...Attentare...": L'attentare è nell'attuale evolversi dell'istituto,
generalmente visto come elemento probatorio e non costitutivo
7
. Nel
diritto italiano, dove si è scisso dalla premeditazione, costituisce ad-
dirittura una aggravante generica (Art. 61 n.5 c.p.)
8
. Nel diritto
francese è pian piano scivolato dal piano costitutivo a quello probato-
rio, anche se la differenza rimane piuttosto labile. I soli seguaci della
teoria della macchinazione lo assumono ad elemento costitutivo.
Questo conferma ulteriormente come il codice francese in questione
ponga l'accento su elementi oggettivi.
"...Quand'anche fosse dipendente da ...condizione": Ammessa a
priori la premeditazione condizionata, addirittura a livello legislativo.
Nel diritto italiano con la scomparsa di una definizione legislativa
dell’istituto, a partire cioè dal codice Zanardelli, la questione rimane
controversa, fino ad esserlo anche nelle storia recente dell'istituto.
L’influsso della codificazione francese si manifestò spontaneamente
e in modo ampio sugli ordinamenti della penisola italiana antecedenti
l’unificazione. Successivamente fu esteso il codice sardo, la cui de-
finizione come si è detto si limitava unicamente a riportare il corris-
pondente articolo francese.
Quello che della enunciazione d’oltralpe si apprezzò fu soprattutto
la sua impostazione esclusivamente oggettivistica.
7
Mantovani,op.citata, pg.334
8
“Aver approfittato di circostanze di tempo, luogo o persona tale da ostacolare la pubblica o privata difesa”.
14
Il codice del regno delle due Sicilie, promulgato nel 1819 arrivava
porre fra i requisiti dell'omicidio premeditato un intervallo di 12h o
una notte.
Così pure il codice Estense del 1856:
"(…) intervallo di 24h (...) omicidio si presume premeditato"
Questa presunzione di premeditazione prescindeva da qualunque
analisi dell'elemento soggettivo. L'elemento cronologico era non solo
necessario, ma sufficiente perché venisse configurata l'aggravante, al
di là di ogni altra circostanza qualificante.
Si è visto come i filoni principali attraverso cui si sviluppa il con-
cetto continentale della premeditazione siano riconducibili al mod-
ello francese e tedesco. Nella realtà quotidiana degli operatori del
diritto la separazione fra le due correnti non era così drastica. La gi-
urisprudenza tendeva a fondere le due correnti, richiedendo elementi
ora di stampo oggettivistico, ora soggettivistico.
Nell'ordinamento italiano post-unitario veniva ampiamente utiliz-
zata un’analisi psicologica del reo, finendo spesso con l’uscire dai
margini delineati dalla legislazione positiva dell’epoca: la Corte di
Cassazione di Palermo nel 1871 riteneva la "premeditazione" consis-
tere in un "animo pacato e freddamente perseverante"
9
.
9
Carmignani nel 1822 aveva dato una definizione destinata ad essere ampiamente utilizzata dalla giurisprudenza
:"Occidendi propositum… frigido pacatoque animo susceptum”(“Iuris criminalis elementia” 1822).
15
2 Il codice penale Zanardelli
Nel 1889, il governo presieduto da Crispi promulgava il nuovo
codice penale recante la sottoscrizione del ministro della giustizia
Zanardelli. Al momento di redigere il codice, destinato a sostituire il
codice sardo del 1859, la dottrina prendeva spunto dall’esempio pro-
posto da due tipi di legislazioni inquadrabili nelle influenze culturali
che più delle altre si facevano sentire
10
:quella orientata verso
l’influsso francese usava la parola "Disegno", e altri elementi ogget-
tivi, mentre quella influenzata dalla scuola tedesca faceva ricorso ad
elementi psicologici.
Questa dialettica rimaneva inalterata nel corso dei lavori e veniva
superata solo dal fatto che il codice ometteva una definizione.
Il progetto del codice presentato nel 1868 affermava:
"Vi è premeditazione allorché prima del fatto il reo ha formato
e freddamente maturato il disegno di uccidere, benché la persona
da uccidersi fosse indeterminata, o il fatto avesse a dipendersi da
qualche circostanza o da qualche condizione".
In seguito veniva rigettata l'ipotesi della premeditazione condizi-
onata, e soppressa la dizione "Freddamente preparata", riportando
così la rotta sulla scia del vecchio codice.
Nel progetto de Falco del 1873 appariva la frase :
" (…) Il colpevole ne cerca i mezzi o ne apparecchia l'esecuzi-
one"
che delineava una confusione fra il piano degli elementi probatori e
quello degli elementi costitutivi. Questa definizione era emersa in
passato nel codice sardo (e naturalmente in quello francese) con l'in-
serimento, fra gli elementi costitutivi, dell'attentato.
10
Nel 1889 la politica estera è caratterizzata dalla convenzione militare segreta con la Germania e dall’inizio
della cosiddetta “guerra commerciale” con la Francia.
16
Nel 1874, con il progetto Vigliani, il su riportato riferimento scom-
pare, e al participio "formato" viene sostituito il participio "fermato":
dal dibattito dottrinale concernente l’utilizzo di uno di questi due par-
ticipi emerge la teoria c.d. Ideologica. Elemento costitutivo dell'ag-
gravante è il sorgere nella psiche dell'agente dell'idea del reato, e il
suo “fermarsi” nel tempo antecedente l'azione.
La Commissione Mancini, incaricata dei lavori al progetto del 1875,
propose nuovamente una definizione:
"L'omicidio è premeditato quando il colpevole ha prima del-
l'azione, formato il disegno di uccidere e deliberatamente ne ha
preparato l'esecuzione, benché la persona da uccidersi fosse
indeterminata, o il fatto avesse a dipendersi da qualche cir-
costanza o da qualche condizione".
Nell'ambito di questi lavori, Mancini espresse l'opinione che la dif-
ficoltà di una definizione non ne inficiasse l'utilità, soprattutto nell'
ottica di un eventuale ricorso alle corti supreme per violazione di
legge, impossibile nell'assenza di una definizione legislativa. L'opin-
ione venne smentita dai progetti Zanardelli del 1882, Savelli del
1883 e Pessina del 1885.
Il codice definitivo del 1889 enunciava all'art. 366:
"si applica la pena dell'ergastolo se il delitto sia commesso:
I(...)
II: con premeditazione
III(...)".
Si finì quindi con l’evitare qualsiasi tipo di definizione, anche in
ragione della confusione in cui continuava a dibattersi la dottrina.
17
3 La premeditazione nei maggiori ordina-
menti europei del XX secolo
La struttura fondamentale del codice penale tedesco attual-
mente in vigore rimane quella del già visto codice penale dell'Impero
Germanico del 1872. In realtà all’interno di questa struttura istituti e
pene si evolvono attraverso una serie continua di riforme.
Fino al 1925, la premeditazione rimane categoria qualificante del
"Mord". Il termine potrebbe essere tradotto probabilmente con "as-
sassinio", escludendo il significato di "omicidio su mandato", proprio
della lingua italiana e assente nel vocabolo tedesco. L'istituto del
Mord si qualifica come di maggiore gravità rispetto al Totbershtand.
Un problema che nel corso degli anni si pone è se l'elemento di dis-
tinzione fra i due debba essere sempre la Uberlegung, come nel c.p.
del 1872. La dottrina tedesca critica il concetto: per alcuni
11
l'estendersi temporalmente della riflessione può risultare come
prova contraria della malvagità del soggetto agente, e quindi da in-
tendersi piuttosto come attenuante. La stessa dottrina individua poi la
riflessione sussistere in corrispondenza di un piano premeditato ("Mit
voberdacther plan"). Il termine "voberdacht" sostituirà infatti "uber-
legung" nel progetto del 1911, in quanto più consono a qualificare il
"Mord". Nel progetto del 1925 entrambe le definizioni scompaiono:
l'art. 221 affermava:
"Chi uccide un uomo viene punito con la morte".
Il Mord risultava quindi l'istituto principale dal quale veniva poi ri-
cavato il Totbershtand superando la presunzione di dolo intenzion-
ale, attraverso la definizione dell'art.222 :
11
Holtzendroff
18
"Chi per impeto d'ira o in stato di scusabile eccitazione si lascia
trascinare ad una uccisione viene punito con la reclusione".
L'elisione dell'elemento qualificante veniva sottolineata nei "Mo-
tiven" che accompagnavano il progetto:
" Tanto il Mord che il totbershtand presuppongono (…) che l'autore
uccida volontariamente altrui: la caratteristica distintiva consiste in-
fatti nella deliberazione: commette Mord chi agisce con riflessione,
commette totbershtand chi ha agito senza riflessione". L'istituto
veniva ridotto così al rango di categoria interpretativa extralegisla-
tiva. E così rimane fino ad oggi. Nell'attuale versione del codice si
afferma all’ art. 211:
"L'assassinio è punito con l'ergastolo"
Nel leggere quest'ultima norma non bisogna trascurare quanto la
Corte Costituzionale tedesca ha affermato nel 1977, definendo la le-
gittimità costituzionale dell'ergastolo solo in quanto espressione di
una "extrema ratio". L'applicazione dell'istituto viene subordinata
perciò ad una effettiva gravità del reato, rimettendone al giudice la
valutazione, anche laddove , come per il reato dell’art. 211, è prevista
edittalmente.
12
Non è certo che la giurisprudenza tedesca si ritrovi ad utilizzare es-
clusivamente l'antica categoria della "uberlegung" per valutare la
gravità del reato e, conseguentemente l'utilizzabilità dell'istituto
dell'ergastolo. In questa previsione non si può andare oltre il connet-
tere la premeditazione al generico dolo intenzionale, e valutare che il
diritto tedesco, pur non conoscendo una definizione legislativa del
dolo, utilizza gli elementi soggettivi come qualificanti sia l'antigi-
uridicità che la colpevolezza ("teoria della doppia misura"), oltre a
graduare il disvalore dell'elemento interiore a seconda che si presenti
come intenzionale diretto, eventuale.
12
Mainvald : "Evoluzione del diritto penale tedesco" p .24.
19
Seguendo la linea della suddetta affermazione contenuta nei "mo-
tiven", sembrerebbero potersi delineare due ipotesi: nella prima la
premeditazione appare come costante oltre la quale un ipotetico in-
dice del dolo permetta l'applicazione di pene maggiori ed eventual-
mente dell'ergastolo. Nella seconda la premeditazione si somma al
dolo, in quanto indice costituito da elementi da questo autonomi,
qualificando il reato come "Mord".
Anche il codice penale francese rimane formalmente lo stesso nel
corso del XX secolo. In questo caso però l'istituto della premeditazi-
one rimane inalterato. Così l’art. 298 continua a definire la premedi-
tazione come
"disegno precedente l'azione (...)".
La pena capitale, prevista nell’art. 302 viene irrogata nei casi di as-
sassinio, parricidio, avvelenamento.
La dottrina e la giurisprudenza inglese, stante la totale assenza di
una legislazione in materia, conoscono quattro figura di omicidio:
Justified (giustificato, ovvero in presenza di attenuanti); Excused (in
presenza di misadventure-stato di necessità, e self defence-legittima
difesa); Manslaughter (omicidio involontario o volontario dovuto a
dolo d'impeto); Murder (volontario).
Requisito essenziale (ma, come si dirà, processualmente oggetto di
una presunzione d'esistenza e di una conseguente inversione
dell’onere della prova) perché ci sia Murder è la "Malice afore-
thougt” , letteralmente "malizia pre-pensata". Nonostante le ap-
parenze ingannevoli dovute alla somiglianza terminologica la pre-
meditazione può corrispondere solo approssimativamente a questa
categoria. Si tratta più che altro di una linea di discriminazione
basata sull'intenzionalità dell'evento.
20
E' importante notare come l'omicidio si presuma murder, salvo che
la difesa dimostri l'involontarietà o la scusabilità.
Partendo dal presupposto, assolutamente discutibile, che la pre-
meditazione sia un grado del dolo e volendo trovare un parallelo nel
diritto inglese bisogna analizzare la cosiddetta "classical teory" degli
atteggiamenti psicologici fondamentali cui, sempre con un buon
grado di approssimazione, si possono connettere i diversi livelli del
dolo. Questi atteggiamenti psicologici sono :
1) Intention 2) Reckleness 3) Neglicence 4) Blameless inadver-
tence.
I primi due gradi costituiscono lo "State of Mind" (o "Mens Rea").
La suddetta approssimazione con la graduazione del dolo studiata
dalla dottrina italiana è dovuta al fatto che, ad esempio, nell' intention
vengono indiscriminatamente inseriti i più diversi stati psicologici
quali desiderio, paura delle conseguenze, chiaramente non collocabili
fra gli elementi del dolo, inteso come intenzione lesiva. Ciò è anche
dovuto all'attitudine del diritto penale anglosassone a confondere gli
elementi probatori con quelli definitori
13
.
Autorevole dottrina bipartisce ulteriormente l' intention. Sotto il
profilo della condotta, l' intention è il desiderio che da un movimento
fisico (o da una omissione) derivi una conseguenza, o la consa-
pevolezza che la conseguenza è praticamente certa. Sotto il profilo
dell'evento, l' intention è il movimento consapevole (o inattività) ac-
compagnato dalla conoscenza delle circostanze
14
. Un diverso tipo di
bipartizione
15
distingue: Direct/Oblique intention. Nella direct inten-
tion le conseguenze non sono solo un risultato previsto, ma un mezzo
o un fine, parte della ragione per cui l'agente ha operato in un certo
modo. Nell' oblique intention la conseguenza è voluta ma non desid-
erata ( le due figure corrispondono al dolo intenzionale e al dolo di-
retto nell'ordinamento italiano).
13
Vinciguerra "Introduzione al diritto penale inglese"
14
G. Williams "textbook of criminal law" p123
15
J. Bentham "Introduction to the principles of moral and legislation" 1789
21
La reckleness è una situazione psicologica intermedia con la colpa
(neglicence). I suoi rapporti di confine con questa si pongono come
nel nostro ordinamento i rapporti fra dolo eventuale e colpa cosci-
ente.
4 La premeditazione nel diritto statunitense
Il diritto d'oltreoceano riprende sostanzialmente la divisione adot-
tata dal common law fra Murder e Manslaughter, con una peculiarità
introdotta da uno "statute" della Pennsylvania del 1794: la fattispecie
del Murder viene differenziata in due gradi ("degrees") ponendo
come primo e più elevato grado l'omicidio accompagnato da "delib-
erazione e premeditazione". Il motivo di questa bipartizione con-
sisteva originariamente nell'individuare i requisiti della applicabilità
della pena di morte. Successivamente questa cessò di essere auto-
matica per diventare istituto affidato alla discrezionalità giudiziale
16
.
Attualmente seguono l'esempio della Pennsylvania quasi tutti gli
stati dell'unione.
Tra questi: Arizona ("…with premeditation…"), Arkansas ("with
premeditation and deliberate purpose"), Minnesota ("with premedi-
tation"), Virgin Island's ("wilful, deliberate and premeditated kill-
ing"), Ohio ("calculation and design"). In tutti questi codici vengono
affiancate alla premeditazione altre circostanze, quali lo scopo di rap-
ina, : nell'ordinamento italiano questa circostanza qualifica il reato
come a dolo indiretto, non essendo intenzione principale dell'agente
causare la morte. Nell'ordinamento statunitense invece concorre a de-
lineare un reato della massima gravità. I rapporti con la massima in-
tensità del dolo sembrano essere quindi del tutto occasionali. Il Cali-
fornia penal code, ad esempio, dopo aver elencato gli elementi del
16
Oggi sostanzialmente le decisioni giurisprudenziali hanno rinunciato ad accertare l'esistenza della premedi-
tazione, limitandosi a constatare se il reato sia intenzionale o meno, e limitando l'ipotesi dell'applicazione della
pena di morte ad alcune categorie di reati (omicidio di poliziotti, tradimento in ambito militare, omicidio di mi-
norenni dovuto a motivi sessuali…).
Così Johnson in "Criminal law" pg416.
22
murder (art. 188. "aforethougt" esplicita: intenzione espressa; im-
plicita: circostanze che dimostrano un intento malevolo) individua gli
elementi del "First Degree"(art 189: oltre a quello dovuto all'uso di
mezzi esplosivi, veleno, agguato, tortura, commesso con premedi-
tazione e deliberazione, è omicidio del massimo grado quello com-
messo a scopo di incendio, rapina, furto, furto con scasso, ect.).
Sempre in base ad una presunta identità premeditazione/ massima
intensità del dolo, questa non dovrebbe corrispondere almeno in teo-
ria all'omicidio di primo grado, essendo in tale fattispecie ricomprese
ipotesi di dolo indiretto, che di certo non rappresenta l'apice del dolo.
Dal 1662 in poi il diritto statunitense come quello inglese utilizza la
presunzione di intenzionalità, difficilmente conciliabile con quella di
innocenza contenuta nella Costituzione federale, salvo limitarla al
secondo grado. Occorre infatti un accertamento giudiziale per riscon-
trare gli elementi qualificatori del primo grado.
In cosa consiste questo accertamento? "In primo luogo, l'omicidio
deve essere intenzionale"
17
.
Questo intento si deve essere formato nella mente dell'agente, un
po’ di tempo prima della realizzazione dell'offesa, "delineando una
persona più malvagia di quella che uccide per un'eccitazione istanta-
nea".
Nell'elaborazione propria di alcune correnti dottrinali e giurispru-
denziali, questo lasso temporale è tanto breve da apparire quasi ine-
sistente: "nessun periodo temporale è troppo corto perché un uomo
malvagio realizzi nella propria mente uno schema dell'omicidio", " "è
sufficiente che un pensiero si concateni ad un altro"
18
.
Così, nella sentenza "People v. Caruso"
19
, del 1927, veniva ri-
conosciuta la premeditazione, e quindi l'omicidio di primo grado,
nella quasi totale assenza di un elemento temporale: un padre, itali-
ano ed analfabeta, uccide il medico ritenuto responsabile della morte
del proprio figlio, durante una colluttazione svoltasi quando la vit-
17
Kemper "Criminal justice system". L'intenzionalità, come si desume dalla nota precedente, ha finito con
l'essere il principale, a volte unico, oggetto dell'accertamento giudiziale.
18
Giudice Rush, in "Commonwealth v. Smith"
19
Corte di appello di New York, 1927, pubblicata nell'opera di Jhonson, cit., p.399
23
tima si reca a casa dell'accusato, senza essere a conoscenza dell'acca-
duto. Nessuno spazio temporale in cui possa formarsi uno schema del
reato che ci si accinge a realizzare.
Pur essendo maggioritaria, in giurisprudenza l'opinione non è asso-
lutamente predominante
20
. In molte giurisdizioni, la decisione spesso
dipende dalla reazione della giuria riguardo il grado di "cool thougt"
(freddezza d'animo) mostrata dall'accusato.
Da un punto d'analisi meno mirato all'introspezione psicologica,
l'uso di un'arma idonea viene in altri casi ritenuto sufficiente ad ac-
certare la premeditazione.
Si osserva in realtà come conti non l'uso di armi astrattamente of-
fensive, quanto la concreta offensività dell'azione. Così anche
un'arma impropria può essere usata, ciò non escludendo che il primo
grado possa essere desunto anche da altri elementi probatori. Questi
possono anche non consistere in circostanze concrete: In "People v.
Anderson" del 1968, l'ipotesi di omicidio di primo grado proposta
dall'accusa veniva rigettata dalla Corte sulla base del fatto che le
prove non dimostravano l'esistenza di un motivo per l'omicidio, a
partire dal cui realizzarsi potesse delinearsi l'elaborazione di un piano
d'azione.
Parte della dottrina ritiene necessaria l'esistenza di un intervallo
temporale adeguato perché l'autore del reato possa raffigurasi le do-
mande "Shall I kill?" (premeditazione), "What about the conse-
guences
21
?" (deliberazione)
22
.
20
A riguardo si vedano le sentenze "Leyva v. State" e "People v. Sneed" 1973
21
“Devo uccidere?”, “Quali le conseguenze?”
22
Bailey-Rothblatt "Crimes and violences", p. 432 ; Lafave "Criminal law" p.237 ;
Wharton's "Criminal law", p.186.