Introduzione
2
La manifestazione tangibile della specializzazione, professionalizzazione
ed organizzazione della criminalità economica moderna è costituita dal
fatto che il reato di corruzione (percepita come vero e proprio flagello per i
mercati mondiali dal Fondo Monetario Internazionale - FMI) non viene
commesso in modo isolato, ma interagisce continuamente con altri reati
della stessa natura: è proprio questo piano criminale organizzato che crea
problemi pratici e di giurisdizione per i molti paesi coinvolti. Talvolta si
presentano sovrapposizioni di giurisdizione tali da bloccare la lotta contro
gli atti criminosi di cui stiamo trattando, poiché nessun paese ha la facoltà
di risolvere unilateralmente questo difficilissimo problema.
Uno studio a livello mondiale del fenomeno consente di meglio
individuare quale sia la fattispecie più calzante per il fatto concreto,
eliminando le definizioni che dallo studio empirico dei fatti stessi risultino
inadeguate. Questo non va però separato da una continua operazione di
rapporto e di raccordo con l'ottica nazionale dei singoli Stati al riguardo
del problema. Il sistema ideale pare, dunque, quello definito da Barry A.
K. Rider e Shishata a doppio binario, ove sono presenti strutture
internazionali che forniscono linee di guida e di coordinamento per i
problemi comuni ai vari Stati e gli Stati stessi che, pur continuando a
conservare il monopolio in materia penale, si preoccupano di integrare i
principi comuni con leggi contro gli aspetti più particolari assunti dal
reato nel loro sistema.
Mireille Delmas Marty, prescindendo da un mero rapporto di
cooperazione e rafforzando la prospettiva dei colleghi statunitensi, ritiene
inoltre necessaria la creazione di un diritto comune di convergenza (punti
di contatto) e di sintesi (punti di attrito). In questa direzione, ad oggi, non
è ancora presente un intervento diretto da parte della comunità europea in
sede penale e questa situazione attribuisce poteri smisurati ad ogni
operatore del diritto, anche se i singoli Stati membri stanno
intraprendendo la via indiretta dell'armonizzazione del diritto stesso. Tale
situazione si rivolge in particolare al giudice nazionale, il quale si ritrova a
dover effettuare un sindacato diffuso sulla costituzionalità-validità
comunitaria della normativa nazionale, essendo competente ad
interpretare in prima persona il diritto comunitario, trattati compresi.
Il possibile sistema di risposta a livello internazionale dovrà quindi tenere
conto del complicato giuoco di variabili in cui la disciplina penale di un
determinato fatto costituisce il portato di strumenti, fonti, effetti e
contenuti distinti, deputati ad interagire l'uno con l'altro. Ciò, a detta di
Mancorda, crea un processo nomodinamico di natura reticolare, così
Introduzione
3
caratterizzato a causa della stretta interconnessione dei suoi elementi,
costituiti dal livello di intervento, dall'efficacia degli strumenti
internazionali penalistici e dai contenuti. Non trascurabile in questo
contesto il lavoro del Perry, il quale dimostra come sia forte il legame tra
gli aspetti geografici del territorio ove si manifesta il fenomeno corruttivo
e le caratteristiche comuni del fenomeno stesso. L'articolazione della
corruzione in regioni più o meno vaste permette, secondo l'autore, di poter
stabilire forti contatti con lo studio della geografia, perché i due settori
presentano aspetti comuni (analisi e rilevamento delle diversità), categorie
concettuali affini (analogia, epigramma, antitesi, delineazione) e
necessitano di un approccio che tenga conto di una panoramica mondiale,
interregionale e regionale. L'autore pone inoltre l'accento sulla
diversificazione della corruzione a livello regionale che poggia
essenzialmente su tre colonne: il fattore individuale, l'organizzazione delle
istituzioni e la situazione contingente in cui si trova il paese preso in
considerazione, nonché sulla necessità dell'analisi di tale lettura che
fornirà, a propria volta, la base per l'impostazione di un nuovo studio che
presenterà risultati diversi a seconda che prenda in esame un breve od un
lungo lasso di tempo.
Le prime esperienze di accordo su vasta scala, nel tentativo di contrastare
il fenomeno, risalgono ai primi anni settanta e nascono principalmente
sotto l'auspicio di organizzazioni internazionali già radicate. Tuttavia la
prospettiva unicamente economica sulla quale tali esperienze erano
costruite e la mancanza di vincolatività per gli Stati aderenti degli accordi
di volta in volta intrapresi le destinarono inevitabilmente al fallimento
pratico. L'insegnamento lasciato fu comunque assai prezioso per le
iniziative successive, avendo tracciato la strada che le esperienze citate
indicano come la più sicura: l'avere una definizione base che consenta di
punire la corruzione dei pubblici ufficiali stranieri e di inserire la condotta
corruttiva svolta a livello nazionale in un più ampio contesto ultra
nazionale.
L'antesignano dei tentativi di seconda generazione è stato sicuramente il
'Foreign corruption practice act - FCPA' promulgato dagli Stati Uniti
d'America nel 1977, il quale ha stabilito per la prima volta l'esistenza del
reato di corruzione anche nei confronti dei pubblici ufficiali stranieri e
l'importanza dei codici di condotta in seno alla pubblica amministrazione,
del resto già giudicati come fondamentali anche dalla 'Independent
commission against corruption - ICAC' di Hong Kong. La sua efficacia,
riconosciuta da gran parte della dottrina, è da attribuirsi in buona sostanza
Introduzione
4
alla fase di studio che ha preceduto la stesura dell'atto, volta a valutare nei
suoi molteplici aspetti la struttura del fenomeno corruttivo a livello
internazionale. Forte di tale insegnamento, anche la 'Convenzione
Interamericana' del 1996 (primo esempio di convenzione multilaterale
specificamente consacrata alla disciplina della corruzione anche nei suoi
aspetti internazionali), nella stesura del documento, ha tenuto in forte
considerazione le dissertazioni della comunità scientifica circa la necessità
di uno strumento internazionale che coordini l'azione degli Stati contro il
crimine organizzato e l'importanza della lotta contro la corruzione come
strumento di rafforzamento delle istituzioni democratiche, nonché come
strumento di stabilità e di sviluppo. Dal canto suo, aprendo nuove
prospettive, la conferenza internazionale di Lima del 1997 ha affermato il
ruolo creativo che la società civile può svolgere nel combattere questo
pericoloso fenomeno ed ha messo in luce l'impellente necessità di
dichiarare illecita la deducibilità fiscale degli importi volti alla corruzione
da parte delle imprese commerciali.
Il ruolo crescente della società civile nel contesto della lotta alla criminalità
organizzata è oggi sempre più testimoniato dallo sviluppo delle
organizzazioni non governative, enti a carattere non lucrativo che
raccolgono varie categorie sociali con lo scopo comune di combattere la
corruzione degli uomini per arrivare a quella delle istituzioni; tra esse
spiccano: 'Transparency International - TI', 'Camera di commercio
internazionale - ICC' e 'Support for improvement in governance and
management in central and eastern european countries - SIGMA'
(caratterizzata, quest'ultima, da una operatività mista: pubblico, privato).
Nonostante queste iniziative, sussistono ancora notevoli difficoltà di
coordinamento e di incisività nella lotta alla corruzione, sia a livello
internazionale che a livello nazionale. Ad oggi, sotto il primo profilo
emerge soprattutto la mancanza di una fattispecie comune (con una chiara
delineazione del confine tra fattispecie penale ed amministrativa) e di una
omogeneità della responsabilità penale, fatto che porta al delinearsi di due
questioni: una relativa ai profili di efficacia ed effettività del sistema degli
accordi internazionali (la molteplicità di tali strumenti porta alla nascita di
divergenze interpretative, relative alle persone implicate ed alla
determinazione della illiceità dei comportamenti); l'altra relativa al
pericolo che gli Stati facciano sorgere una legislazione penale interna
caotica e confusa, connotata da serie probabilità di divenire inefficace.
L'individuazione di una fattispecie comune e di un bene giuridico di
rango internazionale (riconosciuto dal diritto interno di tutti i paesi) sono,
Introduzione
5
quindi, presupposti irrinunciabili per una cooperazione internazionale
produttiva ed efficace, senza la quale non è possibile neppure iniziare una
seria lotta al sistema corruzione. Così come resta strumentale
l'individuazione di principi che delineino con chiarezza lo schema delle
responsabilità del pubblico agente, da attribuirsi in dipendenza della
connotazione nazionale, straniera, comunitaria, internazionale di
quest'ultimo.
Sul secondo fronte, ogni paese presenta le proprie peculiarità. l'Italia, ad
esempio, rimane connotata da un alto tasso di corruzione stratificato a
tutti i livelli e causato, secondo Della Porta, dall'alto grado di
politicizzazione dei Giudici che porta, inevitabilmente, ad una collusione
tra magistratura e politica attiva. Combinazione che esclude
automaticamente la partecipazione alla vita pubblica della parte sana della
società civile, determinando una serie di storture nel sistema giustizia che
alimentano a loro volta il proliferare del problema. Gli Stati Uniti, dal
canto loro, pur dimostrando una certa sensibilità nei confronti della
questione a livello federale, difettano, secondo la Ackerman, di una
specifica legislazione dei singoli Stati riferita al controllo dei legislatori
locali, atta ad impedire il fenomeno della così detta legislazione
interessata. In particolare, a causa delle diverse discipline coesistenti,
diviene difficile per l'autorità centrale provare il collegamento locale-
federale che le consenta di intervenire. La Francia, a sua volta, è
caratterizzata da una percezione limitata del problema (percezione grigia),
perché in questo paese la corruzione è spesso percepita come un modo per
accelerare e migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione.
Empiricamente, è connotata da una sintomatologia definita dal Savona
come schizzofrenica: ad un alto livello di corruzione politica,
capillarmente diffusa in tutto il territorio, non ne corrisponde una eguale
in campo amministrativo. Caso particolare il Regno Unito, che presenta,
secondo l'indice di Transparency International, un basso tasso di
corruzione principalmente dovuta, come afferma Savona, ad una
degenerazione del 'lobbing', che trova linfa vitale nelle tradizioni
parlamentari del paese. Tuttavia, la difficoltà con cui è possibile reperire
informazioni inerenti i comportamenti scorretti della burocrazia britannica
e l'assenza di leggi che obblighino i partiti a svelare le fonti di donazione
provenienti dall'estero, fanno nascere il sospetto che la cifra oscura della
corruzione sia ben più alta di quanto supposto. La Spagna, infine, pure
essendo connotata da un tipo di corruzione transattiva di media entità, va
ammirata per la volontà politica e l'impegno costante con cui combatte il
Introduzione
6
fenomeno. Da questo variegato panorama di caratteristiche locali, emerge
evidente come sia indispensabile la predisposizione di regole nazionali
tese all'estensione della competenza penale interna, la quale dovrà mirare
a stabilire una comunicazione tra ordinamenti diversi e trovare una chiave
per l'inserimento dei beni giuridici internazionali all'interno delle singole
legislature, coinvolgendo la società civile attraverso le organizzazioni
spontanee indipendenti dall'autorità centrale che rappresentano un
utilissimo campanello di allarme.
Una possibile soluzione ai problemi fin qui paventati è stata avanzata dal
Langset, che identifica i punti nevralgici da correggere nei seguenti fattori:
- miglioramento del pubblico servizio,
- promozione di una capacità di resistenza al fenomeno da parte del
settore pubblico,
- preparazione di un programma di management che metta a fuoco
l'obiettivo della prevenzione nel riassetto della gestione e della
pianificazione delle spese,
- riforme legislative necessarie a rafforzare la funzione del parlamento
come organo di controllo dell'esecutivo,
- creazione di una legislazione anticorruzione che non lasci spazio alla
confusione interpretativa.
Questi, secondo l'autore, sono gli ingredienti necessari per la messa a
punto di un sistema di integrità che coinvolga tutti i membri della società
civile e del governo, tale da restaurare il ruolo della legge e promuovere la
creazione di un ambiente favorevole ad uno sviluppo indipendente ed
armonico del settore privato. Le condizioni concrete atte al
raggiungimento di un effettivo sistema di prevenzione, continua l'autore,
sono da individuarsi principalmente nella chiara delineazione delle
responsabilità amministrative nel settore pubblico, nello sviluppo della
microimprenditoria indipendente nel settore privato e nell'effettivo uso
dei pubblici poteri per l'esclusivo vantaggio del bene pubblico. Condizioni
alle quali, a nostro avviso, è necessario anche aggiungere l'affrontare con
maggior determinazione il tema inerente l'organizzazione delle procedure
giudiziarie, dando certezze circa i tempi ed i costi che le parti dovranno
affrontare nel caso venga deciso di andare in giudizio, nonché la
consapevolezza di una pena certa ed effettiva per il soccombente, sia esso
una persona fisica che giuridica.
Anche lo studio condotto dal PUMA (OECD public Management) nel 1996
ha messo in luce la necessità di un approccio olistico al problema, in cui
ciascun settore del sistema paese non sia considerato a se stante bensì
Introduzione
7
connotato come componente essenziale e collegata di un vero e proprio
organismo ed individuando nelle tre fondamentali funzioni di controllo,
direzione e guida le colonne portanti per la creazione di un'etica delle
infrastrutture pubbliche. Relativamente al settore finanziario, le
raccomandazioni OCSE dello stesso 1996, ciascuna riferita ad un settore
distinto ma complementare all'altra, hanno a loro volta individuato nella
revisione del sistema legale di ogni paese, nel rafforzamento della
cooperazione internazionale tra Stati, nello sviluppo della cooperazione
nel sistema finanziario privato ed, infine, nello stimolo alla cooperazione
dei paesi così detti 'off shore' le direttrici per il raggiungimento di un
qualsivoglia risultato concreto nella lotta contro il riciclaggio di denaro
sporco. In campo normativo, infine, la convenzione OCSE del 1997 mira
ad introdurre una equivalenza funzionale tra le misure prese dalle parti,
senza però esigere l'uniformità o una modifica dei principi fondamentali
del sistema giuridico di una parte; essa si propone, in sintesi, una
moderata armonizzazione delle fattispecie incriminatrici interne, mediante
la predisposizione di una tavola minima di elementi costitutivi del reato e
di regole compatibili sul piano dell'applicazione della legge penale nello
spazio.
Sul versante comunitario, l'impegno dell'Unione Europea verso il
problema è stato sentito, in origine, unicamente come strumentale alla
difesa dei propri interessi finanziari; fino a quando il Consiglio Europeo
ha riconosciuto la necessità di una azione globale contro la corruzione, da
svilupparsi intorno a linee guida così riassumibili: buon governo,
trasparenza e sistema giudiziario indipendente. Hanno così preso l'avvio
programmi di collaborazione intergovernativa come il PHARE ed
l'OCTOPUS (destinati al rafforzamento del sistema stato nei paesi in crisi
istituzionale o in transizione da un sistema totalitario ad un sistema
democratico) e, sul piano normativo, si è assistito alla produzione della
convenzione UE del 1999, promossa dallo stesso consiglio, che racchiude
in se un bel numero di importanti previsioni normative che assicurano,
rispetto al passato, una migliore e più facile persecuzione delle offese ivi
definite. In particolare, provvede alla rimozione delle eccezioni di offesa
politica in relazione ai reati di corruzione e facilita il trasferimento di
informazioni, rimuovendo così gran parte degli ostacoli alla repressione
internazionale di reati di tal fatta.
Nel loro complesso, gli sforzi prodotti negli anni dall'Unione hanno
raggiunto qualche risultato apprezzabile in tre aree di azione: la prima
costituita dalla protezione delle professioni vulnerabili all'influenza del
Introduzione
8
crimine, la seconda riguardante la repressione della corruzione nel settore
privato e la terza costituita dalla gestione degli appalti, sul cui tema è
rimarchevole la comunicazione sul pubblico appalto del marzo 1998, che
analizza l'uso degli impegni programmatici contro la corruzione e la
tecnica dell'isolamento dei candidati che abbiano effettuato violazioni alla
legislazione nazionale e sociale in tema di appalto.
Per quanto concerne poi l'attività di repressione, questa è demandata a
due delle maggiori istituzioni dell'Unione: la Commissione Europea ed il
Consiglio D'Europa, ai quali si affiancano organi specifici come la CIG
(conferenza intergovernativa), la SIGMA (che coadiuva il programma
PHARE nell'est europeo), il GRECO (gruppo degli Stati contro la
corruzione, divenuto operativo nel maggio 1999) e l'OLAF (Ufficio
europeo per la lotta antifrode).
Concludendo, notiamo come, malgrado i numerosi passi avanti compiuti
in questi ultimi tempi, rimanga comunque ancora vivo il problema
concernente la costruzione di un quadro sistematico della struttura della
fattispecie risultante dalle varie convenzioni ratificate dai singoli Stati
membri. In particolare, analizzando il quadro della situazione italiana, ci
rendiamo conto come la fattispecie, cui il legislatore deve adeguarsi, derivi
dalla combinazione delle opzioni tecnico-giuridiche adottate nei vari testi
convenzionali, impedendo di fatto un'analisi della tassatività della
fattispecie stessa. Anche se ciò non impedisce al legislatore nazionale di
dare uno sguardo di insieme alla struttura del modello (estratto
dall'analisi comparata delle convenzioni ratificate) al quale la norma si
dovrà adeguare.
Essendoci resi conto, nella stesura dell'elaborato, di quanto dannose e
perverse siano per l'intero sistema economico mondiale le prassi
corruttive, auspichiamo che i legislatori ed i giuristi internazionali trovino
la forza di abbattere al più presto le frontiere tra gli Stati, non solo a livello
giuridico ma anche di dottrina, finalizzato all'obiettivo ultimo di una
effettiva repressione del crimine internazionale.
Capitolo Primo
La corruzione internazionale nei suoi
aspetti generali.
Sommario
1.1. Cenni sulla teoria del crimine internazionale.
1.2. La corruzione internazionale come "evoluzione" della
corruzione nazionale.
1.3. L’elemento di “estraneità” della corruzione
internazionale.
1.4. La rilevanza della corruzione internazionale da un
punto di vista empirico.
1.5. Un aspetto tipico della corruzione internazionale nelle
società avanzate: la corruzione nel mondo economico
ed il riciclaggio del denaro sporco.
CAPITOLO PRIMO
10
1.1. Cenni sulla teoria del crimine internazionale.
I primi studi riferiti ai reati di corruzione, sotto il profilo della loro
internazionalità, appaiono sul finire degli anni settanta in dipendenza
dell’aprirsi del fenomeno ad una panoramica mondiale. Sono proprio gli
studi del Lombois
1
a riconoscere per la prima volta nella corruzione un
“topos” del diritto penale internazionale, in quanto consente di analizzare
quando un’attività, ritenuta penalmente rilevante in più ordinamenti
giuridici, appartenga alla giurisdizione del paese ove sia scoperta, secondo
il principio di universalità o extra territorialità
2
assoluta (l’autore pone
l’esempio della scoperta di un trasporto illegale di decorazioni in Francia e
se questo comporti il perseguimento, per il reato di corruzione, dei soli
funzionari francesi o di tutti i funzionari implicati, qualunque sia la loro
nazionalità). Consente inoltre di interrogarsi sul momento in cui operi il
criterio di competenza personale attiva (secondo il quale ad ogni autore di
reato commesso all’estero si deve applicare la legge dello Stato a cui
l’autore appartiene) o il principio della difesa (in base al quale si applica la
legge dello Stato a cui appartengono gli interessi offesi); l’esempio sopra
citato presentava la problematica sfumatura di decorazioni provenienti da
una pluralità di paesi stranieri.
Per meglio comprendere queste asserzioni, va detto che esse fanno parte
del complesso problema della differenziazione del ‘diritto penale
internazionale’ dal ‘diritto internazionale penale’. Secondo l’autore, il
‘droit penal extranational’ ha per oggetto le regole predisposte
dall’ordinamento nazionale al fine di determinare la propria competenza
legislativa e giurisdizionale, per quelle situazioni che fuoriescano dalla
sfera repressiva interna (coincidenti con quelle che tradizionalmente
vengono annoverate nell’area della disciplina penale dello spazio).
Appartengono all’area del ‘droit penal extranational’ quelle ‘Infractions
internes’ intese come comportamenti che la legge ha deciso di incriminare,
senza esservi tenuta in forza di un obbligo internazionale, quando nella
commissione del fatto si inserisca un cd. elemento di estraneità (come ad
es. la nazionalità degli autori) rispetto al diritto meramente interno.
Per quanto concerne il diritto internazionale penale in senso proprio,
questo ha per oggetto tutte quelle norme di diritto internazionale che,
formalmente, identificano il carattere illecito di talune condotte, le quali, in
1
C. Lombois, Droit penal international; Parigi 1979, 2° ed., pag. 12-15.
2
F. Mantovani, Diritto Penale; Padova 1992, pag. 913.
CAPITOLO PRIMO
11
conseguenza a ciò, assumono il rango di ‘infractions extranationales’, di
qui l’uso per tale disciplina dell’appellativo di diritto delle ‘infractions
internationales’.
In questo contesto, la disciplina di corruzione, poiché all’epoca della
pubblicazione del libro era carente di un riconoscimento nelle fonti
internazionali (anche a causa di una mancata percezione della vastità del
fenomeno), viene ritenuta dallo studioso un’infrazione meramente interna,
appartenente all’area del diritto penale internazionale.
In questa ipotesi ricostruttiva, il riconoscimento delle categorie di diritto
penale internazionale e diritto internazionale penale è meno facile di
quello che apparentemente possa sembrare. Infatti, all’interno del diritto
internazionale penale sono individuabili altri due tipi di sanzioni
3
:
- le infrazioni cd. internazionali per natura: devono presentare il
carattere di “internazionalità” sia per la natura del reato commesso, sia
per la materia facente parte dell’ordine pubblico internazionale.
- Le infrazioni internazionali per il solo modo di incriminazione: dove è
presente una connotazione internazionale solo di tipo formale, poiché
per questo tipo di infrazioni esiste una norma internazionale benché il
bene giuridico protetto non abbia carattere propriamente
internazionale. L’esistenza di una norma internazionale si giustifica, in
questo caso, per l’esistenza empirica di illeciti internazionali, difficili
da combattere col solo diritto nazionale.
Da questa ultima distinzione si ricava come una stessa condotta illecita
subisca un ”mutamento di etichetta” a seconda della sorte della propria
disciplina, in quanto oggetto del diritto penale internazionale e del diritto
internazionale penale sono, pur sempre, i “reati con vocazione ad essere
internazionali” ed elemento distintivo delle due forme di diritto, il solo
requisito del riconoscimento formale in fonti internazionali.
Tuttavia, la costruzione del Lombois viene criticata sin dai suoi esordi
dalla maggioranza della dottrina, in quanto finisce per attribuire all’illecito
una “internazionalità troppo larga”, ponendo sullo stesso piano
l’incriminazione proveniente dal diritto interno e l’astratta previsione di
norme internazionali. Si osserva come la competenza ad elevare a reato un
determinato comportamento è di regola dei singoli Stati, poiché nella
storia solo eccezionalmente si è avuto un diritto internazionale con
fattispecie presidiate da autonome sanzioni penali
4
. Da ciò si fa derivare
come l’esistenza di un testo di fonte internazionale, che attribuisca
3
C.Lombois, cit. Droit pen. int., pag. 35.
4
Così: M. Massé, R. Koering Joulin, A. Heuet.
CAPITOLO PRIMO
12
carattere illecito alla condotta, non sia da considerarsi decisiva sul piano
penalistico per l’attribuzione della caratteristica dell’internazionalità.
Nel 1979, con la pubblicazione del progetto di ‘code penal international’
da parte della ‘association international de droit penal’, viene messo in
atto un altro tentativo di individuazione delle due categorie. Le
‘infractions internationales’ sono individuate sulla base di un duplice
requisito: sul piano sostanziale l’illecito deve presentare un elemento
transnazionale, sul piano formale si esige la previa conclusione di
convenzioni o l’esistenza di progetti considerati di imminente
approvazione.
Anche in questo progetto sono presenti alcune incongruenze: il
presupposto formale nega la ‘ratio’ di codificazione dello ‘ius conditum’
che, invece, secondo i lavori preparatori dovrebbe animare il ‘code’,
mentre il presupposto sostanziale, individuabile nella corruzione attiva
del funzionario straniero, non ha a suo supporto una norma
internazionale diretta a sanzionarne la commissione, bensì solo una mera
“probabile codificazione”. Si ritiene, infatti, che l’esempio del ‘Foreign
Practice Act’, emanato nel 1976 dagli USA ed unico ordinamento a
prevedere siffatta ipotesi, abbia dato una spinta “propulsiva” agli altri
Stati affinché si dotino di tale strumento.
L’obiettivo viene nuovamente fallito dall’associazione internazionale di
diritto penale quando, in occasione di un seminario dedicato
specificatamente agli ‘international crimes’, non prescindendo dal
requisito formale del riconoscimento internazionale, amplia la visione
prospettata dal precedente progetto di codice senza peraltro identificare il
requisito sostanziale del riconoscimento. Evidenzia però, come altri
requisiti necessari per l’individuazione della categoria:
- la “portata internazionale” dell’interesse protetto, sia perché facente
parte del patrimonio della comunità internazionale, sia perché comune
a più Stati in seguito alle modalità di realizzazione del fatto;
- la “previsione di sanzioni” penali elaborate e concordate da parte della
comunità internazionale.
Quanto al primo punto, i crimini correlati vengono distinti in:
- ‘crimes’
5
internazionali ‘strictu senso’ (all’interno dei quali sono
individuati i ‘crimina ius gentium’): intesi come gli atti che mettono in
pericolo o ledono gli interessi più alti della pluralità degli Stati,
5
Il termine è intraducibile, in quanto non comprensivo della distinzione tra delitto e
contravvenzione. Il dizionario giuridico Merriam Webster afferma che il ‘crime’ rappresenta una
condotta illecita punita con una specifica sanzione.
CAPITOLO PRIMO
13
sanzionati dalla comunità internazionale in conformità alle regole di
diritto internazionale generalmente accettate, in maniera tale che
queste norme fondino direttamente la responsabilità penale;
- ‘crimes’ internazionali in senso lato: definiti come atti che mettono in
pericolo gli interessi degli ordinamenti giuridici interni ma che
tuttavia, per il modo in cui sono commessi e si manifestano, arrecano
pregiudizio in maniera identica ad una pluralità di Stati, per cui, al fine
di prevenire e reprimere in maniera più efficace tali illeciti, appare
necessaria la cooperazione internazionale.
Quanto al secondo punto, si afferma che gli ‘international crimes’ si
distinguono dai ‘delicts’ a causa della “penalità della sanzione”: mentre i
‘crimes’ sono sanzioni applicabili agli individui, i secondi sono
comportamenti illeciti commessi dagli Stati e puniti con sanzioni non
penali.
Pur restando valide le critiche esposte rispetto al progetto del 1979,
tuttavia i lavori sono apprezzabili per la presa di coscienza
dell’importanza di una diretta applicazione della sanzione penale in
campo internazionale e per aver saputo procedere in modo sistematico
alla controversa partizione delle due forme di diritto;
Analizzando tutto quanto sopra esposto, pensiamo di notare come si apra
una nuova, coraggiosa prospettiva: non viene più utilizzata, quale criterio
di partizione, la “nazionalità” del diritto, bensì ciò intorno a cui qualunque
diritto ruota, ovvero l’interesse giuridico protetto.
Viene inoltre da chiedersi se vi sia una rilevanza nella distinzione tra
diritto penale internazionale e diritto internazionale penale sul piano dello
stretto diritto penale interno. L’adozione di norme pattizie, sul piano
internazionale, non consente di giungere a risultati direttamente incisivi
sul fronte penalistico nazionale poiché non influisce in ordine alla
disciplina del fatto, fino al momento in cui non intervenga una disciplina
di adeguamento, e ciò a causa del principio di legalità nella sua
componente della riserva di legge. Quanto detto, porta a ritenere che la
responsabilità penale possa sorgere solo da un atto normativo di fonte
interna, con la sola eccezione delle giurisdizioni internazionali chiamate
ad applicare norme di fonte internazionale, la cui violazione è
direttamente presidiata da sanzioni penali. Quest’ultimo assunto dunque,
fa venire meno la ‘ratio’ della seconda categoria di sanzioni, all’interno del
diritto internazionale penale, individuata dal Lombois.
Poste queste premesse, potremmo apparentemente attenderci una risposta
negativa alla domanda originaria circa la rilevanza della distinzione delle
CAPITOLO PRIMO
14
due forme di diritto sul piano dello stretto diritto interno, ma, al contrario,
l’importanza della distinzione si coglie in più aspetti:
Il confliggere della norma di diritto penale interno con quella di altri
sistemi nazionali: in questo caso diventa necessaria una configurazione
dogmatica, al fine di coordinare le norme interne tra sistemi nazionali,
di instaurare sistemi di cooperazione più stretti ed efficienti, di
indicare la via dell’incriminazione agli Stati che non vi abbiano già
provveduto.
L’appartenere di una determinata fattispecie all’una o all’altra
categoria: permette di coglierne la sua portata quantitativa, in quanto il
tendenziale superamento dei confini nazionali, nella perpetrazione di
un reato, costituisce un presupposto imprescindibile per l’adozione di
disposizioni internazionali, con efficacia mediata sui sistemi penali
interni. La stessa esistenza di norme pattizie, che obblighino il
legislatore dello Stato firmatario ad una armonizzazione del diritto e
quindi ad una, seppur indiretta, compressione della sovranità
nazionale, indica una maggiore complessità del comportamento
criminale nello svolgimento di una determinata attività, mentre finché
si rimane sul piano nazionale (seppur con attitudine
all’internazionalità) si coglie un semplice aumento del fenomeno.
Dall’osservazione precedente scaturisce il fattore dell’importanza
sistematica della distinzione tra diritto penale internazionale e diritto
internazionale penale: permette di separare, seppure soltanto
dogmaticamente, le condotte con rilevanza puramente interna da
quelle con attitudine a diventare internazionale e di costituire un utile
spunto per evitare, nella costruzione di nuove norme, la problematica
evidenziata al punto precedente.
L’assenza di una struttura concettuale organizzata: che consenta di
individuare l’applicazione di un diritto nazionale piuttosto ché di un
altro o di procedere ad una distinzione tra bene giuridico nazionale e
bene giuridico proprio di una comunità di Stati, difficilmente potrebbe
consentire l’identificazione di una fattispecie poliedrica e complessa
(siamo in presenza di un reato che valica più frontiere) quale è la
corruzione internazionale, sia di procedere ad una valutazione della
sua portata e, conseguentemente, approntare una efficace repressione.
Gli sforzi per trovare un limite definito alle due categorie non hanno
ancora oggi dato esito positivo, in quanto anche la originariamente ben
definita categoria dei ‘crimina ex iure gentium’ ha cominciato ad allargarsi
ed a divenire meno definita.
CAPITOLO PRIMO
15
I ‘crimina ex iure gentium’, come afferma Lattanzi, sono crimini
individuali contro il diritto internazionale (quindi appartenenti al diritto
internazionale penale) lesivi della persona umana, per i quali esiste una
unanime riprovazione da parte della comunità internazionale, rispetto ai
quali si ritiene operi una norma di diritto internazionale generale,
raggruppabili tradizionalmente in crimini contro la pace e crimini contro
l’umanità. Questa prima circoscrizione é progressivamente divenuta
sempre più evanescente, con una conseguente perdita di legittimazione ed
il rischio, come osserva il Lattanzi, di una scarsa praticabilità della
giustizia. Tale problema, in particolare, si è presentato a seguito della
creazione di tribunali competenti a giudicare i crimini commessi nella ex
Iugoslavia e nel Ruanda e soprattutto, nella prospettiva della istituzione di
una corte penale internazionale. Per ovviare a questo, si è dovuto
procedere alla esclusione dal novero dei ‘crimina ex iure gentium’ dei
‘Treaty Crimes’ (ad es. i crimini contro il personale dell’ONU ed il
terrorismo), che figuravano, in un primo progetto, tra le disposizioni
sostanziali applicabili dalla corte, ed alla limitazione delle fattispecie
penali internazionalmente rilevanti al solo nucleo originario.
La corruzione, ad oggi, pur non facendo parte dei ‘crimina’ va annoverata
nella più lata categoria dei crimini internazionali; per il principio di
legalità cui abbiamo precedentemente accennato, ciò non provoca dirette
conseguenze sul piano interno fino al momento dell’adeguamento alla
disciplina pattizia.
La dottrina dominante è concorde nell’affermare un atteggiamento quanto
meno “prudente” rispetto all’ipotesi di una immediata rilevanza
penalistica, attribuita alle norme di rango internazionale: ciò, come
osserva Quadri, finisce per attribuire allo Stato la qualità di organo della
comunità internazionale, conferendogli così un potere proprio di questa.
Come afferma il Glaser, porta a trasporre sul piano internazionale le
categorie dogmatiche del piano interno. Mantovani, dal canto suo, in
accordo con Quadri, Manacorda e Glaser, pur ponendo l’accento sulla
difficoltà nel reperimento di una netta definizione, afferma che il diritto
penale internazionale indica il complesso di norme di diritto interno, con
cui ogni Stato risolve i problemi che ad esso si pongono, per il fatto di
coesistere con altri Stati sovrani nella superiore comunità internazionale;
aggiunge poi che tale definizione si spiega in ragione dell’elemento cd. di
“estraneità” presente nei fatti considerati.