6
I mezzi per una tutela del cliente bancario sono contenuti nel dettato del Testo Unico
bancario (D.lgs n. 385/93) il quale, congiuntamente alla Legge Amato (Legge n. 218/90) ed
alla Legge Antitrust (Legge n. 287/90), ha contribuito a disegnare e modernizzare il settore
creditizio nazionale anche secondo le spinte derivanti dal processo di convergenza degli
ordinamenti europei.
Con questo supporto normativo sono state di fatto abbattute le barriere che fino ad
allora caratterizzavano il mercato del credito e che lo avevano "protetto" dai rischi insiti in
un’economia basata sulla competizione e sul libero mercato.
Gli anni Novanta hanno, in sostanza, introdotto nel DNA delle banche il fattore
concorrenza, che fino ad allora veniva sacrificato in nome della stabilità.
Inevitabilmente, questa mutazione "genetica" nel settore del credito ha avuto
ripercussioni anche per quanto riguarda la vigilanza che le istituzioni sono chiamate a
svolgere nei confronti delle banche, spostandone finalità ed obiettivi in ragione del mutato
contesto e delle nuove caratteristiche del mercato.
Il lavoro che verrà svolto prenderà in considerazione un aspetto critico del rapporto
banche-clienti ovvero il metodo mediante il quale vengono diffusione le informazioni, si
tratterà quindi di riflettere sull’adeguatezza del corpus normativo e sulla chiarezza ed
intelligibilità degli strumenti utilizzati.
Si ritiene però, prima dell’analisi vera e propria della normativa sulla trasparenza
bancaria, esaminare brevemente la struttura del mercato bancario e degli organi di vigilanza
per fotografarne la situazione attuale proprio mentre è in corso, ai più alti livelli della
politica, il dibattito sulla riforma delle autorità di controllo e delle competenze loro
assegnate (Banca d’Italia, Consob, Autorità Antitrust).
Una volta sviluppata questa sezione, si procederà specificamente nello studio della
materia riferita alla trasparenza in ambito bancario, per il quale risulta indispensabile il
7
rinvio al Testo Unico in materia bancaria e creditizia. Al suo interno, è possibile individuare
una serie di articoli che racchiudono la normativa principale di riferimento e che tra l’altro
conferiscono poteri nomativi e di controllo ad organi come la Banca d’Italia, il CICR ed il
Ministro del Tesoro. Sulla scorta di questi poteri sia il CICR, con delibera del 4 marzo
2003, che la Banca d’Italia con le ultime istruzioni del 25 luglio 2003, hanno contribuito ad
un ulteriore innalzamento/diffusione dei valori della trasparenza.
La Banca d’Italia considera, inoltre, le iniziative di autoregolamentazione degli
operatori e le iniziative di categoria (codici di condotta, sistemi di composizione
stragiudiziale delle controversie) efficaci strumenti di integrazione della disciplina, in quanto
contribuiscono a diffondere modelli di comportamento miranti al perfezionamento dei
rapporti con la clientela se hanno come fine una sorta di maggior tutela della parte più
debole del mercato.
L’ultima iniziativa in questo senso, che verrà esaminata sì quale strumento con
grande effetto mediatico ma anche come modello di apertura al dialogo, è il Progetto
PattiChiari. Esso è sviluppato in otto diverse iniziative, riferite ai tre distinti settori dei
Servizi, del Credito e del Risparmio, le quali si propongono di elevare ancora di più i valori
della trasparenza, della chiarezza e della correttezza.
Un’attenzione particolare sarà riservata alle due iniziative del settore del Credito
ovvero ai "Criteri generali di valutazione della capacità di credito delle PMI" ed ai "Tempi
medi di risposta sul credito alle piccole imprese". Come si avrà modo di osservare grazie ad
una ricerca quantitativa sul mondo delle PMI italiane, le realtà imprenditoriali interessate da
questi progetti costituiscono la principale forza motrice del nostro sistema economico.
Forza motrice che, è opinione diffusa, si trovavano spesso in posizione troppo subordinata
rispetto alle decisioni del mondo bancario. Pertanto, le due iniziative sono accolte con
8
favore facendo scoprire il metodo di valutazione del credito da parte delle banche ed
illustrando in maniera chiara e semplice le "regole del gioco".
Infine, si tenterà di sviluppare un lavoro di ricerca empirica, con lo scopo di verificare
l’efficienza di alcuni gruppi bancari, nella risposta alle imprese in diverse aree geografiche
del Paese, utilizzando sia le informazioni che il sito istituzionale del consorzio Patti Chiari
mette a disposizione degli utenti sia interviste sul campo.
9
Capitolo primo
Il settore bancario italiano: analisi della struttura e della
concorrenza
1.1 Premessa
Nell’ultimo ventennio la concorrenza nel mondo bancario è mutata profondamente.
Se fino agli anni Ottanta le banche italiane si sono trovate ad operare in un contesto
ambientale fortemente regolamentato, nell’arco di pochi anni il settore è stato pervaso da
forti stimoli alla concorrenza e la «foresta pietrificata», così Amato
1
definiva il sistema
bancario, ha cominciato a germogliare.
La presenza di un livello di concorrenza elevato si traduce, in generale, in una serie di
effetti positivi quali la ricerca dell’efficienza dei processi produttivi, la diffusione delle
informazioni, la trasparenza delle condizioni che generano, conseguentemente, una forma
di tutela degli utenti.
Nella realtà però, escludendo il modello di concorrenza perfetta in quanto
raggiungibile al momento solo per la teoria economica, la presenza di
operatori/competitori non sempre serve ad eludere la formazione di imperfezioni
2
.
In ambito bancario, in considerazione della specificità settoriale, se la concorrenza
tende ad essere una forma di tutela per tutti i fruitori dei servizi, essa deve comunque essere
sottoposta ad una attività di "fine-tuning" delle Autorità in considerazione del tradizionale
obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario.
1
Giuliano Amato, già Presidente del Consiglio, Ministro del Tesoro e Presidente dell’Antitrust.
2
Alessandrini S., La necessità di una politica di tutela del consumatore, in Il Risparmio, n. 2, 1995, p. 425.
10
Si ritiene opportuno, nello svolgimento del lavoro, accennare alle fasi salienti
dell’evoluzione dello scenario competitivo e strutturale, non fosse altro per chiarire i motivi
che hanno portato il legislatore a compiere determinate scelte.
Sarà quindi posta attenzione ai segnali di svolta che hanno visto protagonista la classe
politica ed il mondo bancario, grazie alla produzione di importanti interventi legislativi, che
hanno sublimato gli ideali di liberalizzazione del mercato e tutela della concorrenza
sostenuti fortemente in tutta Europa.
11
1.2 Evoluzione normativa
Negli anni Novanta i mutamenti normativi hanno sfumato la demarcazione tra il
settore bancario, quello assicurativo, quello della gestione del risparmio
3
e
dell’intermediazione in generale, dando vita ad un nuovo modello di banca, cosiddetto,
"universale".
Questo processo di trasformazione è stato favorito dalla crescita della domanda di
servizi finanziari da parte delle famiglie e dalla conseguente risposta delle banche che hanno
ampliato la gamma dei prodotti offerti.
Sull’onda di queste tendenze si sono inserite quelle innovazioni normative che hanno
definitivamente spazzato via ciò che rimaneva di un’epoca ormai passata, dove la concorrenza
veniva sacrificata in nome della stabilità del sistema ma, com’è stato fatto giustamente
notare, «senza concorrenza non vi è alla lunga efficienza; senza efficienza non vi è alla
lunga stabilità nell’industria bancaria e finanziaria
4
».
Anche se già negli anni Settanta si possono cogliere le prime avvisaglie di un sistema
in evoluzione, è soprattutto nel decennio successivo che «si diffondono provvedimenti
finalizzati a correggere le contraddizioni di un sistema impermeabile agli impulsi di
mercato
5
».
Il legislatore italiano, recependo la direttiva comunitaria n. 77/80 di coordinamento
in materia bancaria, riconosce all’attività bancaria carattere di imprenditorialità (d.p.r. n.
350/85).
3
Focarelli D., Panetta F., La trasformazione del sistema bancario italiano e i suoi effetti sui risparmiatori, in
Banche e Banchieri, n. 4, 2002, p. 342.
4
Ciocca P.,Concorrenza e concentrazione nel sistema finanziario italiano, in Banca D’Italia Bollettino Economico,
1999.
5
Gandolfi G., La concorrenza nel settore bancario italiano, Bancaria Editrice,Roma, 2002, p. 18.
12
Nell’arco di pochi anni vengono varate altre due norme profondamente innovative
nell’ambito dell’attività creditizia al punto tale che «forse più che di innovazione si
dovrebbe parlare di riforma
6
».
Il primo intervento è la legge n. 218 del 30 luglio 1990, nota ai più come «legge
Amato», con la quale si è consentito agli enti creditizi pubblici di trasformarsi in società per
azioni, con l’obiettivo di favorire l’imprenditorialità e, conseguentemente, la concentrazione
del settore in modo tale da poter far fronte, in prospettiva europea, alla concorrenza
internazionale
7
.
Contemporaneamente, e non solo per il settore finanziario, si è reso inevitabile
l’innesto di una serie di norme onde evitare il proliferare eccessivo di fenomeni di abuso
del mercato lesivi della concorrenza e, quindi, minanti l’efficienza del sistema economico
del paese. Di fondamentale rilevanza, in questo senso, è la legge n. 287 del 10 ottobre 1990
«Norme per la tutela della concorrenza e del mercato», detta anche «legge Antitrust».
La definitiva consacrazione sotto il profilo imprenditoriale dell’attività creditizia,
nonché la definitiva valorizzazione della concorrenza, vengono sancite nel decreto legge n.
481 del 1992
8
e nel successivo e conseguente D.lgs. 385/93 in vigore dal 01/94 «Testo
Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia» (T.U.B.).
Dagli stessi principi guida del T.U.B. (imprenditorialità, concorrenza, apertura
internazionale, efficienza, stabilità e trasparenza
9
) ha tratto ispirazione il D.lgs. 58/98
«Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria» (T.U.I.F.), con il
6
Bianchi T., Leggi Amato e antitrust: quali ripercussioni sul sistema bancario?, in Banche e Banchieri n. 4 ,
1999, p. 229.
7
Ruozi R., La legge Amato e la concentrazione bancaria, in Il Risparmio, n. 3, 1990b.
8
Il decreto legge n. 481 del 1992 recepisce la seconda direttiva comunitaria n. 646/89/Cee relativa al
coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso all’attività
degli enti creditizi e il suo esercizio. Cfr. Fabrizi, 1993.
9
Ciocca P., La nuova finanza in Italia. Una difficile metamorfosi(1980-2000), Bollati Boringhieri, Torino,
2000, p. 120.
13
quale alle banche è concessa la facoltà di operare anche nell’ambito di servizi di
investimento.
Se si considera la necessità di operare in un sistema finanziario più trasparente, nel
quale un ruolo chiave è svolto dall’informazione, si deve riconoscere al maggior tenore
concorrenziale di ogni sistema l’elemento di spinta alla circolazione delle informazioni.
Partendo da questo presupposto si ritiene utile, ai fini del presente lavoro, riassumere
i tratti salienti del percorso esogeno (normativo) ed endogeno (conquista di quote di
mercato da parte dei singoli banchieri) che hanno dato origine alla configurazione del
settore come appare oggi.
14
1.3 Tutela della concorrenza e del mercato: legge 287/90
Si è già sottolineato come il paradigma della concorrenza perfetta sia irrealizzabile in
quanto le condizioni sottostanti sono puramente teoriche. Ciò non vuol dire comunque che
il modello non sia valido ma, anzi, rimane sempre il modello ideale a cui tendere in quanto
si è ben consapevoli del valore economico e sociale della concorrenza, sia in termini di
efficienza per le imprese che in termini di benefici per i consumatori.
Questi valori rimangono alla base di tutti gli interventi normativi in materia che si
prefiggono di ristabilire o facilitare la concorrenza rimuovendo ostacoli amministrativi o
tecnologici e sanzionando quei comportamenti strategici che hanno come finalità quella
della diminuzione di un certo tenore competitivo all’interno del mercato.
Mercato concorrenziale non significa dunque un mercato privo di disciplina e a
riguardo la legge 287/90 ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina generale volta
a garantire il corretto funzionamento del principio concorrenziale all’interno del mercato
nazionale.
Si rende utile a questo punto, ai fini del lavoro un esame più dettagliato di alcuni
importanti articoli contenuti in essa.
Prima di questa legge, l’attività di tutela della concorrenza era regolata anche in Italia
dalla Commissione della Comunità Europea e dalla Corte di Giustizia avvalendosi dello
strumento fornito dagli articoli 85 e 86 (ora 81 e 82) del Trattato di Roma, in materia di
intese e di abuso di posizione dominante, ed in seguito dal regolamento CEE n. 4064/89 in
tema di concentrazioni.
L’art. 1 della legge Antitrust funge, infatti, da collegamento tra la normativa
comunitaria e quella nazionale. Tale articolo sottolinea come le disposizioni contenute nella
287/90 si applichino alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle concentrazioni che
non ricadono nell’ambito di applicazione della normativa comunitaria, riferendo le
15
fattispecie sopraccitate al mercato nazionale. Se ne deduce come la competenza della
normativa antitrust sia di natura nazionale e dunque residuale rispetto a quella
comunitaria
10
.
Gli articoli dal n. 2 al n. 6 contenuti nel titolo I dettano la disciplina sostanziale della
normativa individuando tre possibili abusi del mercato: le intese, l’abuso di posizione dominante,
le operazioni di concentrazione. Per quanto riguarda lo specifico ambito operativo, per i primi
due comportamenti (intese ed abuso di posizione dominante) l’Antitrust garante opera da
investigatore ed in via autonoma. Per il terzo (concentrazioni), invece, le società
protagoniste, sotto determinate condizioni, sono obbligate alla notifica all’Autorità garante
stessa.
- Le intese -
L’articolo 2 vieta le «intese restrittive della concorrenza». Esso infatti ribadisce:
«Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire,
restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del
mercato nazionale o in una sua parte rilevante»
Al concetto di intesa il legislatore riconduce «gli accordi e/o le pratiche concordati tra
imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o
regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari».
In sede attuativa le Autorità antitrust hanno ritenuto opportuno chiarire e precisare
ulteriormente il significato di intesa.
Si debbono comprendere tra le intese sia quelle di tipo verticale che quelle orizzontali.
Le prime operanti allorquando il processo produttivo di un’azienda coinvolta in un’intesa si
10
Morana D., La tutela della concorrenza e del mercato: origini, portata e profili applicativi della legge n.
287/90, in Economia e diritto del Terziario, n. 1, 1994, p. 338.
16
colloca a monte rispetto a quello dell’altra impresa. Le seconde invece riguardano imprese
operanti nello stesso mercato.
Nella fattispecie di intesa non vengono inoltre fatti rientrare quelli che sono i
possibili accordi tra le imprese appartenenti allo stesso gruppo societario. Infatti il gruppo,
secondo l’Autorità garante, si configura come «una singola unità economica all’interno della
quale le società affiliate, pur avendo personalità giuridica distinta, non dispongono di una
effettiva autonomia ma applicano in sostanza le direttive impartite dalla società madre»
11
.
Ciò premesso, vale la pena di ricordare di come le attività collusive non vengono
vietate sic et simpliter ma vengono valutate come lesive della concorrenza solo quando
provocano svantaggi ingiustificati (art. 2, comma 2, lettera d).
La legge si concentra quindi su quegli accordi attraverso i quali le imprese decidono
di «regolare i rispettivi comportamenti mediante una volontaria limitazione della libertà
d’azione sul mercato, a prescindere dai connotati formali e dalla natura degli impegni
assunti»
12
.
Si può affermare, dunque, che non esiste un modello standard definito a priori su cui
valutare quantitativamente e qualitativamente l’esistenza di una lesione della concorrenza
ma, piuttosto, occorre appurare di volta in volta la presenza di un livello di competizione
commisurato nel mercato preso in considerazione.
Come precisato nel testo della legge le intese vietate «sono nulle ad ogni effetto» (art.
2, comma 3), a meno che «diano luogo a miglioramenti nelle condizioni di offerta sul
mercato i quali abbiano effetti tali da comportare un sostanziale beneficio per i
consumatori e che siano individuati anche tenendo conto della necessità di assicurare alle
imprese la necessaria concorrenzialità sul piano internazionale e connessi in particolare con
l'aumento della produzione o con il miglioramento qualitativo della produzione stessa o
11
Autorità Garante della concorrenza e del mercato, Relazione annuale, aprile, 1991.
12
Autorità Garante della concorrenza e del mercato, Relazione annuale, aprile, 1992.
17
della distribuzione ovvero con il progresso tecnico o tecnologico» (art. 4 comma 1). In
questo caso l’Autorità garante può derogare al divieto e autorizzare, per un periodo limitato
di tempo, l’intesa o le intese vietate ai sensi dell’art. 2.
- L’abuso di posizione dominante -
L’art. 3 vieta «l'abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante
all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante».
L’abuso di posizione dominante, come lo ha definito Saja
13
, può essere inteso come
«il distorto funzionamento di una situazione di superiore capacità economica, che non
viene impiegata secondo la sua intrinseca essenza per ricavarne effetti fisiologici, ma è
utilizzata per recare nocumento ad altri soggetti, ostacolando o comunque sensibilmente
comprimendo la loro libertà di partecipazione».
Lo stesso articolo si limita poi ad esemplificare le principali pratiche attraverso le
quali può sorgere lo sfruttamento abusivo di tale posizione
14
. Sarà poi compito dell’Autorità
verificare se effettivamente la situazione in esame sia da considerare lesiva della
concorrenza. Appunto per questo l’individuazione dei comportamenti vietati necessità di
un doppio controllo ovvero, in primis, è necessario provare l’esistenza di una posizione
dominante
15
, di seguito occorre accertare la configurazione di un abuso di tale posizione.
13
Saja, già presidente dell’Autorità garante.
14
Tali comportamenti nel testo della legge sono così definiti:
- imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali
ingiustificatamente gravose;
- impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il
progresso tecnologico, a danno dei consumatori;
- applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per
prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
- subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni
supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con
l'oggetto dei contratti stessi.
15
Tali indizi possono essere costituiti ad esempio dalla quota di mercato detenuta dall’impresa in relazione
allo specifico mercato rilevante; dall’osservazione del comportamento tenuto dalle imprese in reazione
all’effettiva possibilità di scelta dei fornitori e degli utilizzatori del prodotto, dalla presenza o meno di barriere
all’entrata e dalla dinamica della domanda e dell’offerta dei prodotti.
18
Una volta accertato l’abuso le imprese responsabili vengono diffidate dal proseguire
tali comportamenti e, nel caso, vengono imposte sanzioni adeguate così come disposto
anche per le intese.
- Le operazioni di concentrazione -
In merito alle operazioni di concentrazione esse vengono vietate nel caso in cui da
queste derivi «(…)la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul
mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la
concorrenza(…)» (art. 6 comma 1).
Anche in questo caso l’Autorità antitrust deve effettuare una doppia valutazione. In
primo luogo deve verificare se, come conseguenza della concentrazione, si sia determinata
la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante, e, in secondo luogo, deve
valutare se tale posizione elimini o riduca in modo sostanziale e durevole la concorrenza sul
mercato nazionale.
La legge antitrust (art. 5)
16
prevede che l’operazione di concentrazione si realizza:
- quando due o più imprese procedono a fusione;
- quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa
ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente od indirettamente, sia
mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o
qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;
- quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una
nuova società, alla costituzione di un'impresa comune.
16
Ampliando il concetto di fusione preso dal codice civile che all’art. 2501 c. 1 riporta:« la fusione di due o
più società può eseguirsi mediante la costituzione di una nuova società, o mediante l’incorporazione di una
società in una o più altre».
19
Anche per le operazioni di concentrazione si possono identificare differenti categorie
le quali assumono diversa rilevanza ai fini dell’intervento antitrust.
Tali tipologie sono:
- le concentrazioni orizzontali, caratterizzate dal fatto di essere realizzate tra
imprese operanti in mercati affini sia in senso geografico che merceologico.
- le concentrazioni verticali, poste in essere da imprese collocate su diversi livelli
della catena produttiva
- le concentrazioni conglomerali, poste in essere da imprese che operano in campi
di attività economiche diverse e non connesse.
La concentrazioni orizzontali, in genere, risultano di più semplice valutazione sia
perché le imprese sono attive sullo stesso mercato, sia perché la realizzazione di una tale
operazione, comportando la scomparsa di un’impresa dal mercato, potrebbe determinare
una compromissione del meccanismo concorrenziale nell’ipotesi in cui la struttura del
mercato sia già di per sé concentrata.
Il verificarsi di concentrazioni verticali può produrre effetti di duplice natura. Da un
lato, poiché spesso un’integrazione dà luogo ad una riduzione dei costi, si potrebbe
assistere ad un miglioramento in termini di efficienza delle imprese coinvolte con ritorni
benefici sia per i mercati interessati sia quindi per gli utenti finali; d’altro canto,
l’acquisizione di una impresa già operante sul mercato, a valle o a monte del processo
produttivo, potrebbe implicare l’innalzamento di consistenti barriere all’entrata andando a
compromettere la concorrenza potenziale.
Da ultima la concentrazione conglomerale, la quale distinguendosi per l’assenza di una
relazione diretta tra i mercati in cui operano le imprese interessate implica per l’Autorità
antitrust un impegno notevole per poter valutare gli effetti concorrenziali da essa derivanti.