7
I. CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL GRUPPO DI
AZIENDE: IL CASO ENEL
1. Il gruppo di imprese
1.1. Concetti di gruppo
L’evoluzione progressiva da sistemi di produzione unitari a forme complesse e articolate, ha
visto la diffusione di aggregati aziendali, ossia di un insieme di attività economiche che
vengono realizzate in una logica unitaria, caratterizzati da diversa formalizzazione delle
relazioni tra le aziende. Se per sopravvivere e migliorare le aziende devono progredire ed
essere autonome, è pur vero che, nell’essere autonoma, le aziende stesse non sono indipendenti
a causa dei continui rapporti con il mondo esterno all’azienda. Necessitano dunque di istituire
rapporti di tipo competitivi e collaborativi con altre aziende
2
. Deve dunque ricercarsi un giusto
mix di autonomia, non solo decisionale ma anche economica, finanziaria e patrimoniale, e la
progressiva crescita di valore anche mediante rapporti di tipo collaborativi, in modo da
perfezionare e armonizzare nel suo complesso il processo produttivo delle varie imprese dedite
ad attività diverse, inserendole così in una rete di relazioni interaziendali
3
.
La diversità di accordi, che si possono configurare e che necessitano di una serie di presupposti
quali la pluralità di aziende indipendenti, l’accodo e la volontà delle parti, può essere ben
compresa attraverso una serie di parametri: il grado di formalizzazione, la durata temporale, il
contenuto specifico dell’accordo, la natura delle attività condivise e il grado di dominanza e di
coordinamento. Sulla base della formalizzazione delle relazioni, aspetto rilevante anche per
una maggiore visibilità verso l’esterno, si possono individuare aggregazioni di tipo informale,
basate su rapporti di tipo contrattuale e su rapporti di tipo patrimoniale
4
.
2
Sorci C.e Falcetta G., I gruppi come strumento di governo delle aziende, Giuffrè, 2008, pag. 2.
3
Riparbelli A., Correlazioni ed interdipendenze tra organismi aziendali, Cursi Pisa, 1962, pag. 10.
4
Mancini D., L’azienda nella “rete di imprese”, Giuffrè, Milano, 1999, pag. 35.
8
Nell’ultima categoria di relazioni rientra la fattispecie dei gruppi di aziende, denominati anche
“aggruppamenti”
5
. Ed è proprio questo aspetto, insieme alla distinzione giuridica delle diverse
unità economiche e l’unicità del soggetto economico che esercita il proprio controllo sulle
unità espletando una direzione unitaria, che caratterizza il gruppo di imprese inteso “in senso
stretto” o gruppo a base patrimoniale o gruppo gerarchico
6
. Obiettivo di fondo di tali
aggregazioni, in alternativa al ricorso delle scelte classiche di “mercato” e di
“internalizzazione”, dovrebbe consistere nel conseguimento di un maggior valore economico
assunto dal nuovo sistema aziendale rispetto alla somma dei valori che le partecipanti
all’aggregazione avrebbero avuto senza porle in essere.
Poiché però la definizione di gruppo non compare espressamente né nei principi contabili
internazionali, né nel testo originario del D.lgs 127/1991 con il quale, recependo la VII
direttiva CEE, è stata introdotta in Italia la disciplina giuridica del bilancio consolidato, la
dottrina aziendalistica ha elaborato altre possibili concezioni di gruppo, più ampie della prima.
Infatti per gruppo si può intendere quella combinazione produttiva che condivide linee di
governo comuni imposte dallo stesso soggetto economico, indipendentemente dalla presenza
di partecipazioni azionarie. Oppure qualsiasi aggregazione aziendale in cui le aziende sono
legate in modo forte e stabile attraverso rapporti sia formali che informali. Questa visione, più
allargata rispetto a quella in senso stretto, di certo caratterizzati da una trasparenza inferiore
rispetto ai primi, è il risultato di analisi precedenti che vedono l’aggregazione come
quell’unione tra aziende che si caratterizza per la presenza di legami inter-aziendali di tipo
organizzativo con carattere permanente e profonde ragioni tecnico-operative, economiche e
finanziarie, dove per rapporto inter-aziendali si intende un legame, più o meno forte, che si
instaura tra un’azienda e un’altra economia in generale
7
, oppure ancora più ampia e generale è
la definizione secondo la quale la configura come una collaborazione economica volontaria o
obbligatoria
8
.
Elementi comuni dunque alle tre definizioni sono la presenza di più aziende formalmente
indipendenti e l’unicità del soggetto economico.
5
Cassandro P.E., I gruppi aziendali, Cacucci, Bari, 1959, pag. 37.
6
Marano M., La struttura di gruppo nell’economia dell’impresa, Cedam, Padova, 1998, pagg. 47,48.
7
Cassandro P.E., I Gruppi aziendali, Cacucci Editore, Bari, 1959, pag. 27 e segg.
8
Azzini L., Autonomia e collaborazione tra le aziende, Giuffrè, Milano, 1974, pag. 19.
9
1.2. Pluralità di soggetti giuridici
In merito alla pluralità di “soggetti giuridici” si tratta di titolari di diritti e doveri di fronte alla
legge scaturenti dall’attività aziendale. In caso di mancanza di autonomia giuridica delle
diverse entità si dovrebbe parlare in alternativa di un’unica azienda conglomerale, seppur
diversificata dal punto di vista geografico e/o settoriale, alle cui specifiche divisioni può essere
o meno attribuita una certa autonomia gestionale.
L’autonomia giuridica presuppone anche un’autonomia del soggetto economica, definita anche
“autonomia del volere, nel senso che deriva dalla libertà di azione delle persone che hanno la
responsabilità di raggiungere i fini aziendali, dalla potestà di operare liberamente le scelte di
gestione…secondo le vie ritenute più opportune”
9
. Spesso nella realtà si verifica che,
nonostante l’autonomia giuridica delle diverse entità, i forti legami con la controllante
condizionano inevitabilmente la loro autonomia decisionale. La distinzione giuridica delle
diverse aziende ha rilevanza esterna, in quanto in questo modo esse interagiscono legalmente
sia tra loro stesse che con l’ambiente, non potendo essere occultato il soggetto giuridico e
permettendo la facile e immediata individuazione della società. Si può parlare dunque di
“separazione formale dei patrimoni, dei redditi, degli organici di personale, anche agli effetti
sindacali, delle comunità di lavoro,..”
10
.
Altra questione circa questo aspetto riguarda la natura giuridica delle aziende facenti parte del
gruppo. Gli studiosi non sono tutti d’accordo nel sostenere che le aziende devono essere
società di capitali. È pur vero che il fenomeno dei gruppi di aziende è espressione nella
maggior parte dei casi della grande azienda e dunque delle società di capitali, e in Italia anche
delle imprese familiari di più piccole dimensioni. È la forma della società di capitali che
consente appieno l’autonomia giuridica garantita dalla sua personalità giuridica e che è più
adatta ad essere controllata mediante partecipazioni azionarie. Queste ultime infatti consentono
appieno il controllo effettivo e differenziano nella sostanza il gruppo inteso “in senso stretto”,
sia da quello inteso in senso allargato che dalle altre forme di aggregazioni. Dunque sono le
società di capitali le normali parti costitutive il gruppo
11
. Nonostante ciò i gruppi di imprese
sono anche presenti tra le imprese minori, rappresentate da società di persone o anche società
9
Saraceno P., Il governo delle aziende, Lue, Venezia, 1972.
10
Passaponti B., I gruppi e le altre aggregazioni aziendali, Giuffrè, Milano, 1994, pag. 94 e segg.
11
Cassandro P.E., I Gruppi aziendali, Cacucci Editore, Bari, 1959.
10
individuali, che, secondo l’opinione prevalente, hanno personalità giuridica equivalente alle
società di capitali. Circa le società di persone, la presenza dell’autonomia patrimoniale ma
l’assenza di quella giuridica consentono la loro partecipazione al gruppo. Circa le aziende
individuali, è sicuramente impossibile parlare di partecipazione azionaria, in quanto più
difficoltoso è il loro controllo da parte di un’altra società per lo stretto legame che esiste in
questa forma di società tra l’imprenditore e la combinazione produttiva. Infatti controllare
l’azienda vorrebbe dire controllare l’attività dell’imprenditore più che dell’azienda che in esso
si identifica
12
. Dunque, l’alternativa alla partecipazione azionaria, impossibile perché il
capitale deve essere apportato da un’unica persona, può solo essere costituita da relazioni
informali o contrattuali, basate su rapporti personali, finanziari o di comunanza di interessi,
lontano dunque dal concetto di gruppo come sopra esposto, ma più vicino a forme di
aggregazioni informali o contrattuali.
Può invece essere un’azienda individuale la capogruppo. A conferma dell’opinione diffusa,
l’art. 2361 del Codice Civile disciplina questo aspetto, parlando di “assunzione di
partecipazioni in altre imprese”, senza specificarne la veste giuridica.
1.3. La questione del soggetto economico
Con riferimento a questo aspetto possiamo primariamente considerare due definizione di
soggetto economico: una più teorica, secondo la quale il soggetto economico è rappresentato
da coloro nell’interesse dei quali viene svolta l’attività aziendale. Si potrebbe verificare in
questo caso il rischio che si costituisca un soggetto economico “improprio”, rappresentato da
“persone che esercitano per propri fini prerogative e conseguono attese spettanti ai membri del
soggetto economico”
13
. Secondo un’altra definizione secondo la quale il soggetto economico è
la persona o il gruppo di persone nelle quali è concentrato il dominio sull’intero aggregato o
che “di fatto ha ed esercita il supremo potere volitivo nell’azienda”
14
, l’individuazione dello
stesso è più agevole e pratica in quanto è costituito da quei soci con diritto di voto che,
direttamente tramite le loro scelte e indirettamente tramite gli amministratori nominati da loro,
12
Passaponti B., I gruppi e le altre aggregazioni aziendali, Giuffrè, Milano, 1994, pag. 101.
13
Masini C., Lavoro e risparmio, Utet, Torino, 1970, pag. 42.
14
Onida P., Economia d’azienda, Utet, Torino, 1965, pag. 37.
11
decidono della gestione della società capogruppo e delle società controllate
15
. È chiaro che più
ampio è lo sviluppo dimensionale del gruppo e maggiore la diversificazione geografica e\o
settoriale, più il soggetto economico svolgerà un ruolo formale ed essenzialmente di
coordinazione delle diverse entità. L’unicità del soggetto economico, fondamentale nel gruppo,
è invece assente nelle aggregazioni informali e contrattuali dove il soggetto economico non
coincide e dove spesso gli accordi e i contratti riguardano specifici interessi o affari. Non è
presente in questi una direzione e gestione complessiva e unitaria che orienta tutte le aziende
secondo un interesse comune
16
. La presenza del soggetto economico deve però tradursi
nell’effettivo esercizio del controllo sulle diverse società, attraverso una logica unitaria che,
superando l’autonomia giuridica delle singole entità, gestisca il gruppo come un’unica azienda
conglomerale, di certo di valore superiore rispetto a singole entità gestite autonomamente.
Esso “deve prendere le decisioni che ritiene più opportune per il buon andamento del gruppo
… ed ottenendo una sostanziale unitarietà di indirizzo”
17
. In capo al soggetto economico si
individua così il centro di comando o “polo attrattivo”
18
che ha il potere di coordinamento e
direzione unitaria, maggiore nei gruppi economici rispetto a quelli finanziari. Il potere di
coordinamento consiste in una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo volti ad
incidere sulle scelte strategiche ed operative dell’impresa, mentre l’attività di coordinamento è
la sinergia tra le diverse società del gruppo nel quadro di una politica strategica complessiva.
Esse, insieme alle diverse forme di controllo, concorrono a determinare la formazione di un
gruppo di imprese
19
. Se da un lato la direzione e il coordinamento sono l’effetto dell’attuazione
del controllo, almeno per effetto di un’influenza dominante sulle società del gruppo, dall’altro
costituiscono un parametro per verificare l’unitarietà del gruppo e l’effettività del controllo che
altrimenti sarebbe solo potenziale
20
. Si giustifica così la necessità di un controllo non solo
potenziale ma anche effettivo e sostanziale, per effetto di attività di direzione e coordinamento,
indipendentemente dalla fonte del potere, considerando rilevante non la mera possibilità di
15
Per maggiori dettagli si veda Coronella S., Aggregati e gruppi di aziende, Rirea, Roma, 2010, pag. 102.
16
Passaponti B., I gruppi e le altre aggregazioni aziendali, Giuffrè, Milano, 1994, pag. 103.
17
Terzani S., Il bilancio consolidato, Cedam, Padova, 1992, pag. 6.
18
D’Amico E., Economia dei gruppi aziendali, Cedam, Padova, 2006, pag. 5.
19
Per un’analisi più dettagliata dell’attività di controllo e di coordinamento si veda Mancini D., L’azienda nella
“rete di imprese”, Giuffrè, Milano, 1999, pag. 50.
20
Iannello B., Gruppi di imprese Disciplina civilistica, contabile e profili penali, Wolters Kluwer Italia, Milano,
2008.
12
esercitare un’influenza dominante su una o più società, ma l’esercizio effettivo di tale
influenza
21
.
1.4. Le diverse possibilità di controllo secondo la disciplina civilista e
secondo i principi contabili internazionali
La necessità di esercitare una certa attività di controllo è sempre stata oggetto di studio in
dottrina, passando da una concezione ristretta che vede il controllo come la verifica del rispetto
delle procedure, a visioni progressivamente più ampie che distinguono un controllo di gestione
tradizionale, uno strategico e uno organizzativo. Il primo è considerato come “l’attività di
guida svolta dai management … per assicurarsi l’acquisizione e l’impiego delle risorse in
modo efficace al fine di conseguire gli obiettivi prestabiliti”
22
, il secondo riguarda il
monitoraggio e la verifica del comportamento strategico dell’azienda
23
, il terzo si concretizza
negli strumenti volti ad influenzare il comportamento dei soggetti che operano all’interno
dell’organizzazione
24
. Il problema di definire il controllo e le modalità di esercizio ha dato
avvio ad un recente dibattito, nell’ambito dei gruppi, rappresentato dalla possibilità di
esercitare il controllo sulle società del gruppo, inteso come la possibilità di condizionare il
funzionamento e le decisioni prese dall’assemblea, con strumenti diversi dalla partecipazione
azionaria della capogruppo, influenzando così in modo differente le normative dei Paesi: negli
Stati Uniti e nel Regno Unito ad esempio prevale il concetto di controllo di diritto, mentre in
Germania quello di fatto
25
.
Il primo, detto anche legale, si configura quando la società controllante detiene la maggiorana
dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di un’altra società controllata, detenuto
direttamente o indirettamente attraverso altre società controllate.
Il secondo si può manifestare o quando una società dispone di voti sufficienti per determinare
il risultato delle deliberazioni adottate dall’assemblea ordinaria di un’altra società, o quando la
21
Pavone La Rosa A., Nuovi profili della disciplina dei gruppi societari, Riv. Soc., 2003.
22
Brunetti G., Il controllo di gestione in condizioni ambientali perturbate, Franco Angeli, Milano, 1989, pag. 11.
23
Paolini A., Il controllo strategico Uno schema di analisi, Giuffrè, Milano, 1993, pag 120.
24
Santesso E e Ferrarese P., Controllo di gestione: limiti e prospettive di sviluppo, Torino, Isedi, 1990, pag. 9.
25
Per maggiori dettagli si veda: Colucci E. e Riccomagno F., Il bilancio d’esercizio e il bilancio consolidato,
Cedam, Padova, 2002, pag. 380 e Prencipe A. e Tettamanzi P., Bilancio consolidato Tecniche di redazione e di
analisi secondo i nuovi principi internazionali, Egea, Milano, 2009.
13
controllante è in grado di esercitare un’influenza “dominante” sulla controllata in virtù di
particolari vincoli contrattuali. In questo caso si può parlare di controllo economico, quel
controllo cioè basato sulla realtà economica delle relazioni tra imprese. È evidente come il
controllo di diritto e quello di fatto, indipendentemente dall’ipotesi di controllo maggioritario o
minoritario, rappresentano forme di controllo partecipativo (o equity), mentre il controllo
contrattuale risulta di tipo non partecipativo (o non equity)
26
. Mentre nel primo caso il
controllo è diretto e l’aggregazione aziendale poggia su basi solide e concrete, nel secondo
caso sono le relazioni informali e contrattuali a “imporre” ai soci le decisioni da prendere e che
indirettamente esercitano il controllo per il tramite di tali vincoli che rendono le aggregazioni
più fragili e meno stabili di quelle su base patrimoniale. Non è però detto che il controllo
tramite legami contrattuali non possa portare al consolidamento; infatti “devono dichiararsi
legittimi i componenti del capitale quei beni che l’azienda possa rivolgere liberamente ai suoi
fini ancor non appartengono al suo soggetto giuridico in forza di un diritto di proprietà”
27
. Nel
caso ad esempio del contratto di dominio, inammissibile nell’ordinamento italiano ma
fortemente affermato in quello tedesco, si intravede un esercizio effettivo e profondo del
controllo da parte della dominate ed un’integrazione economica ben più permanente di quella
che si può attivare in presenza di una partecipazione di maggioranza in un gruppo di tipo
finanziario.
Le due posizioni riflettono una differente concezione del gruppo: la prima predilige
considerazioni di ordine giuridico- formale e che individuano essenzialmente i vincoli tra le
varie società nel concetto di proprietà e di diritto, la seconda propende per una visione
sostanziale dei suddetti legami
28
. È forse per tutte queste ragioni che la dottrina prevalente
preferisce le relazioni del primo tipo e dunque la definizione maggiormente adottata è quella di
gruppo “in senso stretto”.
Il controllo deve inoltre risultare, oltre che effettivo, anche duraturo. L’eventuale inclusione di
società possedute in via transitoria, legate alla capogruppo tramite vincoli instabili e non
gestite con una logica unitaria, inciderebbe negativamente sulla possibilità di effettuare
comparazioni temporali tra i bilanci consolidati redatti nei diversi anni. Se da un lato la durata
della detenzione delle quote non influisce sull’effettivo esercizio del controllo, dall’altro una
26
Sorci C. e Faldetta G., I gruppi come strumento di governo delle aziende, Giuffrè, Milano, 2008, pag. 17.
27
Amodeo D., Ragioneria generale delle imprese, Giannini, Napoli, 1983, pag. 74.
28
Per maggiori dettagli si veda Pizzo M., L’area di consolidamento nei bilanci di gruppo, Cedam, Padova, 1989,
pag. 60.
14
prospettiva di breve termine e dunque di natura speculativa non consente un controllo di tipo
strategico ma finalizzato solo ad una successiva alienazione
29
. Qualora poi le sussidiarie
inizialmente detenute in via transitoria divenissero, alla luce di nuove scelte strategiche,
elementi di rilievo nella gestione del gruppo e dunque inserite nella gestione unitaria del
gruppo, l’inclusione nell’area di consolidamento sarebbe inevitabile.
È sulla base della definizione del controllo della capogruppo sulle controllate che viene
definita l’area di consolidamento, il “perimetro entro cui ricondurre le unità economiche
componenti il complesso economico di gruppo … l’oggetto di osservazione volto a individuare
l’area entro cui si sviluppa la gestione aziendale di cui il bilancio consolidato è espressione di
sintesi”
30
. Sono lo IAS 27 dei Principi Contabili Internazionali dello IASB e il D.lgs. 127/1991
che definiscono le imprese controllate e dunque l’area di consolidamento, anche se presentano
significative differenze. Innanzi tutto sono diverse le definizioni di controllo che il legislatore
italiano accoglie, fattispecie riconducibili al controllo di diritto, controllo contrattuale e di
fatto. Rientra in queste fattispecie anche il caso in cui, anche se si detenga voti inferiori alla
maggioranza, si è in grado di determinare un’influenza dominante in assemblea. La normativa
italiana poi non consente il consolidamento di imprese in assenza di vincoli di partecipazione,
escludendo le società a destinazione specifica o società veicolo (SPE, Special Purpose Entities)
che invece lo IAS 27 permette anche in assenza di rapporti azionari. Inoltre non considera i
diritti di voto potenziali, ossia quelli derivanti da warrents, opzioni call, strumenti di debito o
di capitale. Altre differenze si possono constatare circa il caso di esclusione obbligatoria e i
quattro casi di esclusione facoltativa. Nell’impossibilità di stabilire delle percentuali fisse in
molti casi si è rilevato che, specialmente nei gruppi di notevoli dimensioni, in cui è
riscontrabile una grande polverizzazione del capitale sociale, è sufficiente una percentuale del
20-30 % del capitale azionario per ottenere il controllo, anche se non duraturo
31
.
Dunque diverse concezioni di gruppo, come principio originario ispiratore, nonché di
controllo, consentono una diversa delimitazione dell’area di consolidamento. Ciò si ripercuote
anche sulle differenti scelte metodologiche in sede di redazione del bilancio consolidato
3233
.
29
Sorci C. e Faldetta G., I gruppi come strumento di governo delle aziende, Giuffrè, Milano, 2008, pag. 286.
30
Andrei P., Il bilancio consolidato nei gruppi internazionali, Giuffrè, Milano, 1994, pag.41.
31
Terzani S., Il bilancio consolidato, Cedam, Padova, 1992, pag. 9.
32
Terzani S., Il bilancio consolidato, Cedam, Padova, 1992, pag. 52.
33
I temi delle società incluse nell’area di consolidamento e delle teorie alla base della redazione del consolidato
verranno trattate brevemente nel capitolo 3.
15
1.5. Possibili classificazioni dei gruppi
Sono tante e variegate le classificazioni che possono essere adattate ai gruppi di imprese, anche
se spesso nella realtà può risultare difficile includere un determinato gruppo in una specifica
categoria, a causa delle differenti possibili combinazioni di caratteristiche che esso può
assumere
34
. Quelle principali che possono aiutare a comprendere meglio il fenomeno
riguardano:
- l’integrazione strategica del gruppo, che vede la distinzione in gruppo economico, quando
esso è caratterizzato da un disegno imprenditoriale e da una direzione unitaria del complesso di
imprese che lo compongono, e gruppo finanziario, quando il controllo non sempre si traduce
nel coordinamento di gruppo inteso come una singola unità economica, ma bensì come
semplice espressione di processi di sviluppo per via conglomerale
35
. La differenza tra le due
tipologie riguarda implicitamente il ruolo del soggetto economico che, in presenza di
complementarità operativa, ha la possibilità di imprimere al gruppo una direzione unitaria
complessiva, mentre nel caso di attività completamente diverse riesce ad effettuare un
semplice coordinamento tra le varie unità, dovuto unicamente ai legami tra capogruppo e
controllata,
- l’attività della capogruppo alla base del gruppo, configurandola come holding pura nel caso si
occupi unicamente di funzioni di pianificazione, finanza e controllo e dunque si configura
come una cassaforte di partecipazioni e come holding mista quando, alle funzioni di
pianificazione, finanza e controllo, si affianca l’attività produttiva o quantomeno operativa.
- la configurazione del controllo, distinguendo i gruppi a struttura semplice caratterizzati da
partecipazioni di controllo dirette, gruppi a struttura complessa caratterizzati dalla presenza
simultanea di partecipazioni dirette e indirette attraverso società sottogruppo o subholding,
gruppi a catena caratterizzati da partecipazioni incrociate tra le società del gruppo
36
.
34
Per una descrizione esaustiva si veda Coronella S., Aggregati e gruppi di aziende, Rirea, Roma, 2010, pag. 147 e
segg. e Zattoni A., Economia e governo dei gruppi aziendali, Egea, Milano, 2000, pag. 52 e segg.
35
Marano M., La struttura di gruppo nell’economia dell’impresa, Cedam, Padova, 1998, pag. 60.
36
Prencipe A. e Tettamanzi P., Bilancio consolidato Tecniche di redazione e di analisi secondo i nuovi principi
internazionali, Egea, Milano, 2009.
16
La formazione dei gruppi di aziende è un fenomeno articolato e variegato, non solo nelle sue
concrete manifestazioni, ma anche nelle cause
37
che sono riconducibili a variabili economiche,
quelle cioè che rendono “conveniente” la scelta di aggregazione di più attività
precedentemente distinte per l’ottenimento di maggiori dimensioni con i benefici di economie
di scala, variabili di tipo personale, quelle che riguardano l’ampia varietà di fattori decisionali
che esulano dai vantaggi di ordine economico e che, proprio per questo, sono più difficilmente
individuabili (motivazioni di dominio, riduzione competitività, semplice ambizione,…),
variabili di tipo istituzionale, quelle riconducibili a influenze di carattere normativo e di
regolamentazione dei mercati che tendono ad incentivare i processi aggregativi. In altri termini
i gruppo è preferito ad un’unica grande aziende che, spinta da un processo espansionistico
volto alla diversificazione delle attività svolte, incontra una serie di ostacoli o limiti
38
costituiti
dalle forze di mercato (crescenti oneri distributivi, organizzazione commerciale complessa e
spesso macchinosa, difficoltà di trovare nuovi sbocchi,..), dalle forze dell’ambiente
(contenimento dello Stato e di altre organizzazioni o gruppi sociali) e dalle forze interne
(capacità di adeguamento delle strutture e dell’organizzazione e problemi organizzativi in
seguito all’accumulo di esperienze, conoscenze, forze produttive,…).
2. La Corporate Governance nei gruppi aziendali
Il controllo, inteso come possesso delle quote di partecipazioni del capitale di rischio in altre
aziende, è necessario in un’ottica di Corporate Governance, in quanto il successo aziendale
dipende anche dalla tipologia di assetto proprietario e dal funzionamento degli organi sociali, e
dunque il controllo consente di definire determinati legami finanziari e strutture di gruppo.
37
Classificazione ad opera di Montrone A., Il bilancio consolidato Un quadro alla luce dei nuovi principi contabili
internazionali, FranncoAngeli, Milano, 2010, pag. 174 e segg.
38
Passaponti B., I gruppi e le altre aggregazioni aziendali, Giuffrè, Milano, 1994, pag.11.