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Capitolo 1
Green economy: quadro di riferimento
1.1 Introduzione
“Riscaldamento climatico”, inquinamento dell’aria e la gestione dei rifiuti:
rappresentano problemi ambientali che stanno influenzando sempre più l’odierna
vita di tutti noi. A queste problematiche, inoltre, si aggiunge la profonda crisi
economica e finanziaria che il mondo sta vivendo, la più grave dalla Grande
Depressione del ’29.
Siamo in un contesto di crisi multiple, in cui appare sempre più evidente la
forte interconnessione fra economia ed ecologia ed è in questo contesto che si fa
spazio in maniera sempre più prepotente nel linguaggio comune, l’espressione
Green Economy. Questa rappresenta un’idea di economia aperta che affonda le
sue radici nelle scienze economiche, ma anche in quelle sociali ed ambientali.
Trattasi di un termine che indica una ridefinizione dei modelli di business e
una risposta alle problematiche ambientali. E’ un approccio in forte espansione
che al momento sta interessando molti settori dell’economia, ma che sempre più si
addentrerà nella catena del valore economico (ricerca, investimenti
comunicazione, risorse umane e finanza).
L’attuale crisi ha sicuramente accelerato la tendenza ad orientare
l’economia verso modelli di business green. Accelerazione dovuta soprattutto allo
scendere in campo di figure autorevoli a livello mondiale, come il presidente degli
Stati Uniti, Barack Obama e Al Gore, i quali hanno messo sotto i riflettori del
grande pubblico l’idea di sostenibilità o per meglio dire di economia sostenibile.
Il Presidente indica nella green economy l’unica via d’uscita dalla crisi
finanziaria ed economica, sottolineando le necessità di politiche qualitative che
garantiscano al contempo crescita e sostenibilità. L’impegno nel settore da parte
9
di Al Gore si è profuso attraverso l’elaborazione di un lavoro di denuncia sulle
conseguenze dei cambiamenti climatici che gli è valso il premio nobel per la pace
nel 2007.
Negli stessi termini si è espressa a più riprese l’Onu, come dimostra ad
esempio il rapporto “A global Green New Deal” dell’Unep (anno2009) nel quale
si auspica una nuova politica economica verde come antidoto contro la recessione.
L’Unione Europea con la direttiva 20.20.20 ossia, la risoluzione legislativa del
Parlamento europeo del 17 dicembre 2008, indica un pacchetto di quattro direttive
volto principalmente a ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare
al 20% il risparmio energetico e aumentare del 20% il consumo di fonti
rinnovabili, il tutto entro il 2020.
Con questa direttiva si è messa in luce come solo con l’applicazione di un
modello di sviluppo sostenibile si possa garantire la sopravvivenza del Pianeta.
Oggi si fa sempre più strada l’idea che in società mature lo sviluppo debba
essere legato alla salvaguardia ambientale, non solo per il benessere delle future
generazioni, ma anche perché la sostenibilità è una delle chiavi per consentire
all’economia una strada di crescita. In questo quadro sono fondamentali gli
strumenti di risoluzione delle problematiche ambientali che siano in grado di
creare meccanismi di tutela efficaci, come ad esempio gli environmental fee
1
per
la protezione dell’ambiente nei paesi in via di sviluppo (PVS) o i social fee a
favore della tutela dei lavoratori. Questi meccanismi prevedono che i fee,
rappresentino delle tasse pagate dai produttori-esportatori e che confluiscano in
appositi fondi, la cui funzione è quella di costituire una cassa a cui affluire per
l’adeguamento del sistema produttivo a norme sociali, ambientali e di qualità del
lavoro. Perchè questo avvenga è tuttavia necessario che i governi si impegnino a
ridisegnare una politica industriale in chiave verde, capace di creare strumenti che
consentano al mercato di sviluppare le sue potenzialità coniugando competitività
ed eco-compatibilità.
1
Cfr. DARDANELLO F., RELACCI E., “Green Italy: Un’idea di futuro per affrontare la crisi”, a cura
di Unioncamere/seminario del 17 luglio 2010.
10
1.2 Una prima definizione del termine Green economy
Per cominciare a dare una prima definizione del termine green economy è
anzitutto necessario delineare a cosa ci si vuole riferire ogni qual volta si utilizza
il concetto green.
Green è stato spesso utilizzato come parametro di riferimento per tutto ciò
che si caratterizzava per un orientamento ambientale, fosse di natura politica
manageriale, di marketing, tecnologica, occupazionale etc. Nell’ottica della
produzione, un elemento di caratterizzazione emerso negli anni è l’orientamento
all’eco-efficienza. Scegliere di utilizzare il termine green economy significa
associare l’aggettivo green ad una dimensione più ampia quale quella
dell’economia.
Green economy significa quindi non solo politiche green da parte delle
istituzioni, gestione green da parte delle imprese, sviluppo delle tecnologie green
da parte del mondo della ricerca, consumatori green oriented, occupazioni green,
ma l’insieme integrato di questi ambiti e attori.
Il perché proprio oggi tematiche ambientali ed energetiche assumano un
ruolo così olistico, è il risultato combinato di due processi: la fase di crisi
finanziaria che stiamo attraversando (iniziata nel 2008 e che continua ad
interessare l’anno in corso, il 2011) ed il riscaldamento climatico globale. La
recente crisi ha posto in evidenza la necessità di cambiare i meccanismi di
funzionamento del sistema economico e di spingerli a favore di una prospettiva
basata su una maggiore sostenibilità di uno sviluppo equo ed equilibrato
considerato che al momento è eccessivamente incentrato su ritorni economici di
breve periodo. Tale riconversione del sistema economico richiede la capacità di
collocare trasformazioni politiche, sociali ed ambientali, all’interno di un sistema
integrato, le cui potenziali evoluzioni contribuiscano a creare una maggiore
competitività basata sull’efficienza.
Queste trasformazioni devono essere in grado prima di tutto di creare un
sistema integrato tra sviluppo economico ed ecosistema, ciò significa porre la
tutela dell’ambiente non come vincolo da rispettare, ma come opportunità di
crescita e di creazione di valore per la società.
11
Per l’Italia questo si tradurrebbe in un rilancio dei punti di forza del sistema
produttivo (vocazione manifatturiera, orientamento alla qualità, creatività, difesa
dell’immagine internazionale del made in Italy, flessibilità, specializzazioni
produttive radicate nei territori). Al fine di valorizzare le potenzialità in una
prospettiva green per superare i punti di debolezza quali carenza di materie prime,
bassa produttività del lavoro, ridotte capacità da impiegare nell’ambito della R&S,
difficoltà a creare sistema.
Nella green economy si tende a sottolineare una riconversione del sistema
energetico rispetto alla sfida del riscaldamento globale: spostare l’utilizzo di fonti
energetiche da quelle fossili (gas, petrolio, carbone), a quelle rinnovabili (solare,
eolica, geotermica e biomassa). In questo ambito, assumono pari rilevanza rispetto
al ciclo dell’energia il quale principalmente viene investito dall’adozione di fonti
energetiche pulite, altri cicli come quello dei rifiuti e della filiera agroindustriale,
destinati a costituire ulteriori ambiti di innovazione e investimento.
Competitivi divengono quindi, quei prodotti e quei servizi che garantiscono
un basso impatto ambientale durante tutte le fasi di vita della produzione del bene
finale.
In questo ambito si assiste ad un’altra integrazione nell’ambito delle filiere
in cui al rapporto biunivoco tra produttore e cliente, si sostituisce una relazione
aperta in cui i diversi protagonisti di tutto il sistema vengono coinvolti. Questa
evoluzione porta al progetto di responsabilità condivisa: progettisti, produttori,
distributori, utenti finali (consumatori) e non ultime le istituzioni, non sono parti
distinte di un percorso lineare, ma soggetti la cui interdipendenza attiva crea una
dinamicità complessa nella relazioni.
L’accezione che si vuole dare all’economia verde è non unicamente
imperniata sulle nuove opportunità di business offerte da nuove soluzioni
tecnologiche in risposta a problematiche emergenti (di energia, emissioni gas
serra ed acqua), ma anche nelle possibilità legate ad un sistema economico
evoluto in cui l’offerta delle imprese, si accompagni ad una domanda consapevole
12
dei consumatori, a comportamenti responsabili dei cittadini, a politiche da parte
delle istituzioni che abbiano una visione temporale del lungo periodo
2
.
Altra componente essenziale della conversione economica in chiave verde è
un’integrazione tra locale e globale in cui l’appartenenza ad un territorio, o
meglio, ciò che vi accade venga percepito non come episodio isolato, ma come un
accadimento che possa ripercuotersi anche su scala globale.
Dal punto di vista strettamente produttivo pensare alla green economy
significa porre attenzione tanto sul prodotto, quanto sul processo. Ciò significa
orientare gli effetti di una produzione al minor impatto ambientale, sia
producendo servizi e beni utilizzando tecnologie e materiali che minimizzino
l’impatto sull’ambiente, sia intervenendo sul processo produttivo tramite la
riduzione dell’impiego delle risorse, il tutto a favore di un consumatore più
consapevole.
Per quanto riguarda i processi ci deve essere un orientamento all’eco-
efficienza, sia sul fronte degli input, ovvero la capacità di impiegare meno energia
e meno materia prima a parità di prodotto, sia su quello dell’output, ovvero la
capacità di ridurre le emissioni e la produzione dei rifiuti per unità di prodotto. Per
il concetto precedentemente espresso per input-output, sono da considerare green
quei processi produttivi in grado di produrre uguali o maggiori unità di prodotto o
valore aggiunto, utilizzando minori quantità di materia ed energia in grado di
realizzare la stessa quantità di output, riducendo la pressione sull’atmosfera,
sull’acqua, sul suolo e generando una minore quantità dei rifiuti non reimpiegabili
nel ciclo produttivo.
Il tema dell’efficienza in una prospettiva più ampia valorizza i prodotti.
Rendendo essenziale un approccio integrato al loro ciclo di vita, dalla produzione
al consumo, in una logica di connessione dei vari cicli industriali, generando così
flussi di risorse ed energie in cui nessuno scarto dovrebbe restare inutilizzato.
Sono molte le azioni che possono contribuire alla crescita di un’economia
green e lean. Esse vanno dalla riduzione materica che consiste nel realizzare un
2
Cfr. MAURIELLO D., “IL VALORE DELLA RICONVERSIONE PRODUTTIVA IN CHIAVE ECO-
SOSTENIBILE”, CENTRO STUDI UNIONCAMERE- PORDENONE, CONVEGNO FONDAZIONE SYMBOLA,
12 NOVEMBRE 2010.
13
prodotto con minori quantitativi di materie prime ed energia, al DFD
(progettazione per il disassemblaggio) in cui gli oggetti vengono costruiti in
previsione del fatto che, per essere riciclati, devono essere smontati. A tal fine non
in secondo piano, passa la riconoscibilità dei materiali.
Molti Paesi infatti hanno introdotto una normativa che prevede la
marchiatura dei componenti per una veloce identificazione. Possono poi essere
promosse la monomatericità (ossia l’utilizzo di un solo materiale che consente di
semplificare sia il processo produttivo, sia quello di riciclo a fine vita) così come
la riduzione dimensionale che riduce l’impiego di materiali al fine di ridurre anche
i costi durante il trasporto, nell’ottica di prevenire consumi eccessivi.
Ciò significa anche preoccuparsi di analizzare tramite strumenti quali LCA
(analisi ciclo di vita), che un prodotto classificato green sia accompagnato da un
adeguato processo produttivo classificabile come green.
Anche se in questa prima fase la green economy sta interessando gli aspetti
legati alle fonti di energia alternative e al cambiamento climatico, in futuro
coinvolgerà sempre più gli aspetti legati a tutta la catena del valore economico,
dalla produzione alla ricerca, dalla finanza alla comunicazione, dalle risorse
umane alla distribuzione.
In conclusione, il framework di riferimento della green economy non può
che essere ampio. Tuttavia, per evitare che l’ampiezza diluisca il significato del
fenomeno è fondamentale evidenziarne le caratteristiche peculiari. Esse sono
ravvisabili in un forte orientamento all’innovazione, il miglioramento effettivo
delle tecniche dei sistemi produttivi in ottica di ciclo di vita integrato del prodotto
ed un coinvolgimento sistemico di tutti gli attori economici.
L’orientamento all’innovazione deve essere visto in una prospettiva di
gradualità. Oggi la green economy non può essere considerata un nuovo
paradigma tecnico-economico, ma deve essere osservata come una serie di
tendenze innovative, le cui radici si sono consolidate nell’ultimo decennio e le cui
potenzialità di sviluppo stanno ancora emergendo. Queste saranno tanto più
evidenti, quanto più si saprà dar concretezza a logiche di sistema in cui istituzioni,
imprese, cittadini-consumatori, generino tra loro azioni di evoluzione
dell’economia nell’ottica della sostenibilità.
14
1.3 Lo sviluppo sostenibile come uno dei fondamenti economici
della green economy
Il concetto di sviluppo sostenibile è stato in questa fase introduttiva
richiamato più volte senza tuttavia, entrare nel merito di cosa si volesse intendere,
né di cosa ciò comportasse in termini economici. Bisogna sottolineare che senza
inquadrare tale termine non si può continuare a delineare la green economy in
quanto è un suo fondamento imprescindibile.
L’idea di sviluppo sostenibile non è un’idea di recente applicazione ai
modelli di economia, ma nasce nel 1987 con la World Commission on
Environment and Devolpment (WCED o Brundtland Commission)
3
, affermando
categoricamente il concetto di sviluppo sostenibile come base per un approccio
integrato di politica economica per i decenni a venire.
La WCED è stata creata dalle Nazioni Unite, in seguito ad una risoluzione
dell’Assemblea Generale nell’autunno del 1985. Si è trattata di una delle serie di
iniziative intraprese dall’ONU.
Ci sono stati anche dei precursori della Commissione Brundtland. La
Strategia di Conservazione Mondiale del 1980 (IUCN- Unione Internazionale per la
Conservazione della natura, dal 1990 la denominazione esatta è WCN- The World
Conservation Union) aveva già avanzato l’idea di sviluppo sostenibile
riconoscendo la sfida dell’integrazione tra sviluppo e ambiente: “Lo sviluppo e la
conservazione sono egualmente necessari per la nostra sopravvivenza e per
l’adempimento delle nostre responsabilità in qualità di amministratori fiduciari
delle risorse naturali per conto delle generazioni a venire”
4
.
Tuttavia la Strategia di Conservazione Mondiale non ebbe successo
nell’integrare economia e ambiente, in quanto non mostrò ciò che la
conservazione avrebbe implicato per la politica economica, o come una politica
economica mal gestita, potesse degradare l’ambiente.
Il messaggio del Rapporto Brundtland consisteva nella possibilità di
realizzare un sentiero di sviluppo per l’economia mondiale che soddisfi i bisogni
3
Cfr. WORLD COMMISSION ON ENVIRONMENT AND DEVELOPMENT, Our common future, Oxford
University press, Oxford, 1987
4
Vedi IUCN, Strategia di Conservazione Mondiale, 1980, p.1
15
delle generazione attuale, senza compromettere le opportunità delle generazioni
future di soddisfare i propri. Quindi la prescrizione è quella di lasciare alle
generazioni future un’eredità di ricchezza, composto da uno stock di tecnologia, di
capitale prodotto dall’uomo e uno di beni ambientali, non inferiore a quello
ereditato dalla generazione attuale.
Partendo dall’assunto che ambiente ed economia interagiscono
necessariamente, ragion per cui i sistemi economici hanno un impatto ambientale
nella misura in cui ne utilizzano le risorse, producono prodotti di scarto, cambiano
funzioni estetiche dell’ambiente naturale, la nuova sfida di allora come quella
odierna è alterare i regolamenti dei sistemi economici in maniera tale da
salvaguardare l’ambiente circostante.
Lo sviluppo sostenibile è realizzabile se si riescono a cambiare le modalità
tramite cui si persegue il progresso economico. I problemi ambientali devono
diventare parte integrante della politica economica a livello macro e
microeconomico. L’ambiente deve essere considerato quale input di grande valore
per il sistema produttivo.
Tra le implicazioni che portano il raggiungimento di uno sviluppo
sostenibile ci sono i cambiamenti nei modelli di consumo verso prodotti meno
dannosi per l’ambiente e i cambiamenti nei modelli di investimento a favore di un
aumento del capitale ambientale. Ciò implica la progettazione di un sistema
economico e sociale, in grado di creare redditi reali la cui crescita rappresenti un
aumento della qualità della vita e del benessere sociale.
Gli strumenti per conseguire lo sviluppo sostenibile possono essere riassunti
come segue
5
:
- valore dell’ambiente: lo sviluppo sostenibile implica un’enfasi sul
valore degli ambienti naturali, artificiali e culturali. Questo profilo
sorge o perché la qualità dell’ambiente è considerata un fattore di
crescente importanza che contribuisce al conseguimento degli obiettivi
di sviluppo tradizionali, quali l’aumento dei redditi reali, o perché la
5
Cfr. PEARCE D., MARKANDYA A., BARBIER E., Progetto per una economia verde, Il
Mulino/Contemporanea 43, Bologna, 1991, pag.10-14.
16
qualità dell’ambiente è parte del più ampio obiettivo di sviluppo
consistente nel miglioramento della qualità della vita;
- estensione dell’orizzonte temporale: lo sviluppo sostenibile implica
un’attenzione temporale sia per l’orizzonte di breve-medio termine (5-
10 anni), sia per il futuro a più lungo termine che implica la
considerazione di più epoche generazionali;
- equità: lo sviluppo sostenibile pone enfasi anche sul provvedere ai
bisogni dei meno avvantaggiati della società, equità intra-
generazionale e su un trattamento equo delle generazioni future, equità
inter-generazionale.
I concetti chiave dello sviluppo sostenibile possono essere pertanto
sintetizzati in tre parole: ambiente, futuro ed equità. Questi tre concetti sono quelli
secondo i quali le generazioni future, dovrebbero essere compensate per le
riduzioni nelle dotazioni di risorse causate dalle azioni delle generazioni presenti.
La logica sottostante a questa proposizione è semplice, se una generazione
lascia alla generazione successiva una ricchezza minore, ha peggiorato le
condizioni per il futuro. Ragion per cui, la logica dello sviluppo sostenibile vuole
che si adottino politiche in grado di lasciare o quantomeno di riuscire a transitare
la ricchezza prodotta da un ambito temporale presente, ad uno futuro.
17
1.4 Le principali politiche Europee a favore di uno sviluppo
sostenibile: dal Protocollo di Kyoto alla conferenza di
Copenhagen.
Nell’ultimo decennio il dibattito sui cambiamenti climatici
6
ha impegnato
governi, organizzazioni internazionali, comunità scientifica e opinione pubblica
alla ricerca di soluzioni volte ad arrestare il continuo degrado delle risorse naturali
senza per questo, compromettere lo sviluppo economico. Ed è proprio nel corso di
questo ultimo decennio che l’Unione Europea ha posto al centro dei suoi
programmi d’azione interventi volti alla lotta dei cambiamenti climatici e tutela
delle risorse ambientali.
Ripercorrendo la storia dell’Unione Europea, l’esigenza di una costruzione
di politiche ambientali, nasce a partire dal 1972, anno in cui in occasione del
vertice di Parigi, tra i Capi di Stato e di governo, si riconobbe l’esigenza di
istituire regole comuni per la tutela dell’ambiente, in un ambito di espansione
economica e miglioramento della qualità della vita. Il risultato è stato nello stesso
anno, di avvio di Programmi d’Azione Ambientali dell’Unione Europea, che
hanno contribuito ad integrare gli aspetti economici con quelli ambientali in tutte
le politiche comunitarie
7
.
Nel 1987 l’Atto Unico Europeo ha inserito nel Trattato comunitario un vero
e proprio Titolo dedicato all’ambiente, conferendo una base giuridica formale alla
politica ambientale, come segno di un coinvolgimento di tutti gli Stati membri. Da
quel momento la politica ambientale dell’UE si fonda sull’articolo 174 del
Trattato che sancisce “la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità
dell’ambiente, la protezione della salute umana, l’utilizzazione naturale ed
accorata delle risorse naturali, la promozione sul piano internazionale di misure
destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale e mondiale” .
6
Quando si parla di cambiamenti climatici, ci si riferisce in linea con la dottrina prevalente,
(Ministero dell’ambiente 2001), al rapporto tra gas serra e le alterazioni climatiche, imputabile
stata confermata dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che
utilizza il termine mutamenti climatici per indicare solo quelli causati dall’azione umana.
7
Cfr. BIRASCHI P., EBANO M. R., “La lotta ai cambiamenti climatici. Problemi e prospettive in
chiave europea”, collana Note Tematiche, Ministero dell’Economia e delle Finanze, 2010, pag.11-
17.
18
E’ stato necessario arrivare al Trattato di Maastricht del ’92 perchè fosse
riconosciuto il principio dell’integrazione dei temi ambientali nelle politiche di
implementazione di sviluppo economico, al fine di perseguire una crescita
sostenibile nel rispetto dell’ambiente.
Dopo queste prime fasi di stabilizzazione normativa, l’impegno comunitario
si concretizza nel Quinto Programma di Azione in materia ambientale, relativo al
periodo 1999-2000, intitolato “Per uno sviluppo durevole e sostenibile”. In tale
programma si pone in evidenza la necessità di strumenti di mercato che
modifichino i comportamenti dannosi per l’ambiente. Partendo da tale impegno
numerosi Paesi membri, hanno introdotto misure di tassazione e sanzione per
favorire la preservazione ambientale. Inoltre, il Programma d’Azione
focalizzandosi sui cinque principali settori economici (industria, trasporto, energia
e agricoltura), ha avviato una collaborazione basata sulla condivisione delle
responsabilità tra i governi e la collettività. Contestualmente l’UE si è dotata di
meccanismi di supporto per la politica ambientale, in particolare l’Agenzia
Europea dell’ambiente (AEA), istituita con regolamento (CEE) n.1210/90 del
Consiglio operativa dal ’94 con sede a Copenaghen. Si tratta di un organismo
indipendente con l’obiettivo di proteggere politiche e azioni a favore del
miglioramento ambientale, registrando, raccogliendo ed analizzando i dati sullo
stato dell’ambiente, fornendo così agli Stati membri gli strumenti necessari per
dotarsi di oculate politiche ambientali.
Con il Trattato di Amsterdam del 1997 si introduce ufficialmente come
obiettivo prioritario dell’UE lo sviluppo sostenibile. Esso prevede nell’ambito del
mercato interno, dei trasporti e dell’energia l’applicazione di politiche volte ad
una maggiore tutela ambientale.
Nel 2000 la strategia di Lisbona ha esplicitamente previsto accanto alla
dimensione economica e sociale dell’UE quella ambientale, qualificandola come
terzo pilastro per il raggiungimento di obiettivi di competitività e crescita. Con
questo nuovo approccio l’UE si prefiggeva i seguenti obiettivi:
- far fronte ai cambiamenti climatici tramite la ratifica del protocollo di
Kyoto (2002) e progredendo nella realizzazione dei suoi obiettivi;