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in sostanza da collegamenti fra imprese il cui risultato è il controllo di alcune sulle altre - è
che la fusione è l’unico istituto che, grazie all’effetto estintivo-costitutivo che la
caratterizza, comporta l’estinzione di alcuni (nella fusione per incorporazione) o di tutti
(nella fusione c.d. “propria”) i soggetti che vi prendono parte. E’ cioè l’unica
combinazione che “semplifica” il panorama giuridico e che attua una concentrazione
“economica” anche formale.
Nelle pagine che seguono si analizzerà solo il processo di fusione, anche alla luce delle
recenti modifiche all’istituto introdotte dall’entrata in vigore del nuovo diritto societario.
Il primo capitolo descriverà dapprima l’operazione dandone un inquadramento in generale,
poi passera ad analizzare le motivazioni economiche che stanno alla base delle operazioni
di fusione, cercando di individuare le molteplici finalità che vendono addotte da
imprenditori e managers a giustificazione dell’operazione.
Dopo una completa disamina degli aspetti giuridici della fusione, il secondo capitolo è
stato dedicato, in via preliminare, alla valutazione in generale del di un’azienda, spiegando
quando e perché viene svolta, analizzando la ormai sempre più utilizzata tecnica della due
diligence, per poi entrare nello specifico della fusione e i problemi che possono sorgere
nell’effettuare un’operazione così delicata, analizzando i vari metodi utilizzabili per
ricavare il valore del capitale economico delle aziende coinvolte.
Il terzo capitolo descrive il delicato calcolo del rapporto di cambio, che non rappresenta un
semplice valore monetario, ma l’espressione di una lunga ed attenta analisi che coinvolge
le società e gli organi amministrativi e non solo. Tale rapporto – che costituisce il vero
focus economico dell’operazione di fusione –non è, come si vedrà, una semplice
operazione aritmetica di divisione dei valori di bilancio delle società coinvolte, ma – per le
sue caratteristiche di discrezionalità e negoziabilità tra le parti coinvolte – può
rappresentare motivo di possibili conflitti tra i soci. Da qui le garanzie procedimentali che
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il legislatore ha voluto inserire, quali oneri di motivazione, obblighi di illustrazione e
giustificazione di tale rapporto da parte degli amministratori, i pareri di congruità degli
esperti, il tutto ispirato al principio che maggiori sono le informazioni e i controlli e minori
sono i rischi del manifestarsi di tali conflitti.
Si tratta, in definitiva, non di cercare una assoluta giustizia del rapporto di cambio, ma di
fissare le regole attraverso cui tale rapporto possa essere considerato congruo ed adeguato,
regole improntate alla logicità, trasparenza e completezza del procedimento.
Dal quarto capitolo emergono i documenti contabili necessari nell’operazione, prima e
dopo, comprendendo le rilevazioni contabili operabili dalle aziende coinvolte. Si
esaminerà la funzione di trasparenza e di informativa propria del progetto di fusione e la
possibilità, recentemente introdotta, di procedere a modifiche dello stesso purché le stesse
non incidano sui diritti dei soci o dei terzi. Verrà quindi posta l’attenzione su quali
debbano essere le indicazioni minime contenute in tale progetto, sul significato e sul
contenuto della relazione che l’organo amministrativo deve approntare, in
accompagnamento al progetto, per illustrare e giustificare sotto il profilo giuridico ed
economico, l’operazione di fusione e in particolare la scelta del rapporto di concambio.
Il quinto capitolo infine mette in luce il caso di fusione per incorporazione del Gruppo
Intesa con il Gruppo San Paolo IMI, nella nuova entità Intesa San Paolo, espressione di un
Italia in crescita dal punto di vista economico - finanziario, che anche se in ritardo rispetto
ad altri paesi ha saputo riconoscere nella fusione uno strumento di sviluppo.
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Capitolo 1
La Fusione: Aspetti giuridici
1.1 Caratteristiche dell’operazione
Nel sistema economico moderno, caratterizzato dall’aumento degli scambi e da una
crescente competizione, si assiste a multiformi fenomeni di concentrazione, dai quali si
originano organismi aziendali complessi, in grado di attuare processi produttivi integrati e
di conseguire economie di scala dimensionalmente sempre maggiori.
Tra le molteplici forme di integrazione, attraverso le quali tali fenomeni si realizzano,
figura l’istituto della fusione, la quale costituisce a mio parere, l’espressione della massima
aggregazione aziendale.
La fusione è nel nostro sistema economico un’operazione di riorganizzazione e di
ristrutturazione aziendale, vale a dire una di quelle operazioni ad ampio respiro strategico
con le quali si ridefinisce l’assetto dell’impresa.
Con la fusione due società si uniscono per diventare un unico soggetto, sia da un punto di
vista economico sia giuridico; spesso, nella realtà economica attuale, le società che si
fondono fanno già capo ad un soggetto unico economico, costituiscono già
economicamente parlando una sola entità, anche se da un punto di vista giuridico sono due
enti distinti e autonomi.
E’ un’operazione regolata da precise disposizioni di legge, essa può a tal punto attuarsi nei
casi e secondo i modi e i tempi previsti dalle norme.
La fusione è spesso utilizzata nell’ambito dei gruppi, per unificare società giuridicamente
autonome che, nel tempo, si trovano ad assumere il ruolo di mere unità produttive di fatto
integrate sotto il profilo organizzativo e che già rispondono ad un centro unitario di
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responsabilità, situazione esattamente corrispondente al caso che verrà discusso nel quarto
capitolo.
Così come può essere utilizzata, laddove economicamente conveniente, quale alternativa
alla liquidazione al fine di riassorbire, nell’ambito del gruppo, risorse e competenze di
aziende in difficoltà, agevolando i processi di ristrutturazione. Nell’ambito dei gruppi
quotati, poi, la fusione di società non quotate con soci di minoranza permette a questi
ultimi di monetizzare il loro investimento.
Le principale teorie elaborate nel tempo dalla dottrina sulla natura giuridica della fusione si
basano sulla estinzione di almeno una delle società partecipanti all’operazione con
conseguente trasferimento dell’intero patrimonio ad altro soggetto esistente o sorgente,
ovvero sulla semplice modifica dell’atto costitutivo in capo alla nuova società o a quella
incorporante del patrimonio e della titolarità dei rapporti giuridici imputabili alla/e società
fusa/e o incorporata/e.
Secondo la prima teoria definita dell’estinzione-creazione, si assiste ad un fenomeno
successorio a titolo universale comportando l’estinzione delle società fuse o incorporate e
la successione dell’incorporante nei beni, diritti e obblighi dell’incorporata o la
costituzione di una nuova società cui imputare tutte le situazioni giuridiche della società
fusa.
L’altra teoria, definita dell’unione sostiene che con la fusione non si ha estinzione o
creazione di nuovi soggetti ma solo una modifica dell’atto costitutivo avente ad oggetto la
prosecuzione dei rapporti sociali nel nuovo ambito organizzativo deliberato dai soci.
Comunque sia avviene tra società, le quali attuando questa operazione decidono di
proseguire l’attività in forme e strutture diverse da quella originaria.
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Possono partecipare all’operazione (fattore di assoluta novità) anche società sottoposte a
procedure concorsuali, ma non è consentita a società in liquidazione, che abbiano già
iniziato la distribuzione dell’attivo.
Tale preclusione peraltro non si applica alle fusioni cui non partecipano società con
capitale rappresentato da azioni. E’ inoltre pacifico ormai che la fusione è possibile tra
società irregolari e tra società semplici
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.
A tal proposito in ultima analisi è bene ricordare che si dicono fusioni eterogenee quelle
tra società che non hanno omogeneità casuale: per esempio, quelle tra società di capitali e
società cooperative. Ma sono così dette anche fusioni tra società di diverso tipo: tra società
di persone e società di capitali per esempio.
Per quanto riguarda la società cooperativa, mentre già in passato si dubitava della
possibilità che una società lucrativa potesse fondersi in una società cooperativa, era negata
viceversa la possibilità inversa. Quest’ultima opinione si basava sull’esistenza di una
norma che espressamente vietava la trasformazione da società cooperativa i società
ordinaria; divieto che appunto sarebbe stato aggirato, se si fosse consentito ad una società
cooperativa di fondersi in una società lucrativa.
Ora viceversa è ammessa la trasformazione di una società cooperativa a mutualità non
prevalente in società di capitali e pertanto per questo tipo di cooperativa non c’è più alcun
ostacolo alla suddetta forma di fusione.
Per il medesimo motivo, si ritiene che essendosi oggi consentito la trasformazione tra
società ed enti diversi sia tra di essi possibile anche la fusione, benché il legislatore non lo
abbia espressamente previsto.
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Sul punto, CIVERRA, Fusione e scissione, pp. 19-22 e, in particolare per la situazione prima della riforma, SERRA,
Trasformazione e fusione, p. 344 e ss., nonché SPOLIDORO, Ambito di applicazione, in SERRA-SPOLIDORO,
Fusioni e scissioni.
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1.2 Motivazioni economiche generali
Si afferma di frequente che la fusione fra imprese si distingue da un semplice acquisto di
azienda perché a differenza di quest’ultimo non implica un esborso di mezzi liquidi.
Ciò può esser vero in tutti quei casi in cui le ragioni di convenienza dell’aggregazione con
altre imprese s’impongono con tutta la loro urgenza e la scarsa liquidità disponibile non
consente acquisizioni da regolare in contanti, ovvero le risorse liquide esistono ma sono
destinate ad altre iniziative altrettanto indifferibili e importanti nelle quali si è
contemporaneamente impegnati.
Molte altre volte,invece accade che la fusione costituisce solo il secondo tempo di
un’operazione di acquisto programmata e realizzata in più fasi.
Si verifica spesso che una società dapprima ottiene il controllo parziale o totale di un’altra
società (anche a mezzo di un’OPA) e successivamente procede alla sua incorporazione,
evidenziando così che il reale obiettivo dell’acquisto è il realizzo di una forte integrazione
fra le imprese di cui si è ottenuto il controllo.
Ed è proprio una integrazione stretta e definitiva che caratterizza l’operazione di fusione,
che le assegna finalità sue proprie, diverse da una semplice assunzione del controllo di
un’impresa; ma che a differenza di questa, tuttavia, può suscitare problematiche spesso di
significativo rilievo.
Proprio quando tali problematiche si stimano non semplici, si può invece decidere di non
procedere, dopo un acquisto, a fondere le aziende.
Ciò tuttavia può anche avvenire perché s’intende così salvaguardare meglio il patrimonio
genetico, l’identità, l’immagine delle singole aziende, naturalmente quando a tali elementi
si riconosce una decisiva rilevanza. O altresì perché si mira ad allargare e arricchire la
sfera degli interessi e degli investimenti, ma salvaguardando la flessibilità complessiva
assegnando specifiche responsabilità strategiche e gestionali alle singole imprese. O infine
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perché il mantenimento delle diverse aziende sotto soggetti giuridici distinti può favorire
accordi con altre imprese, senza che tali accordi si estendano all’intero complesso di
attività gestite.
Molte delle finalità economiche ispiratrici delle decisioni di acquisto di aziende e sulle
quali mi sono prima soffermato, valgono per giustificare l’attuazione di fusioni; ma, vi
possono inoltre essere motivazioni di natura prevalentemente organizzativa, in particolare
quando queste operazioni si decidono nell’ambito di un gruppo.
E non mancano, come facilmente si intuisce anche obiettivi extra economici.
In linea di principio si può affermare che una fusione per ritrovare fondate giustificazioni
sotto l’aspetto economico, dovrebbe avere come esito finale il conseguimento di un
beneficio economico, misurabile come maggior valore assunto del nuovo sistema aziendale
creato, rispetto alla somma dei valori che le partecipanti all’operazione avrebbero avuto
restando autonome.
Il conseguimento di un maggior valore complessivo è legato al successo delle strategie di
crescita che con la fusione si cerca di attuare. Se l’operazione ha fondate radici
economiche e viene ben gestita nella successiva fase dell’integrazione, fattori quali:
l’aumento di dimensioni, l’acquisizione e l’utilizzo in comune di risorse e conoscenze e la
possibilità che in questo modo si crea di sviluppare nuove capacità e competenze,
assicurano ai sistemi aziendali condizioni di notevole rilevanza per creare valore.
Con tali fattori si possono ottenere notevoli riduzioni di costi realizzando economie di
scala e d economie di raggio d’azione, rafforzamento del mercato, con una più efficace
penetrazione e un incremento delle quote possedute, maggiore razionalità nell’utilizzo
delle risorse e delle capacità disponibili e in definitiva competitività più elevata e
redditività crescente.
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Speso non sono presenti immediate finalità di crescita, ma con una fusione si cerca di
riprendere posizioni perdute, di eliminare carenze operative o squilibri che si sono
manifestati nelle strutture aziendali, o che si tengono di mira obiettivi di sopravvivenza nel
medio e lungo termine, in particolare quando sul mercato cominciano ad agire concorrenti
dotati di forza contrattuale decisamente maggiore e meglio attrezzati.
Motivi puramente finanziari possono altresì sussistere, se la fusione ha per scopo di
incorporare imprese presso cui è presente una forte liquidità o nelle quali è agevole
generarla facendola scaturire da latenti plusvalenze di cui esse sono dotate.
Finalità parimenti di natura prevalentemente finanziaria si hanno di mira quando
l’integrazione risponde all’esigenza di creare complessi in grado di reperire maggiori
risorse finanziarie e di aumentare le capacità di credito o di migliorare le condizioni a cui
ottenerlo, accrescendo attraverso l’operazione l’immagine e l’affidabilità dei sistemi
aziendali posseduti.
Possono ancora intervenire ragioni di altra natura per esempio ad interessi personali di
azionisti di maggioranza che intendono diversificare il proprio investimento e solo per
questo decidono di attuare fusioni con imprese appartenenti d latri settori, o alla volontà di
dirigenti che si attendono dalla fusione semplicemente un aumento del loro prestigio o dei
loro compensi.
Un tempo si effettuavano molte fusioni esclusivamente per conseguire un vantaggio fiscale
ma con le norme ora vigenti non è più possibile o è assai difficile.
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1.3 Differenze rispetto agli istituti affini
L’impiego di tale strumento giuridico consente di realizzare strette integrazioni tra due o
più aziende, ed è per questo che presenta una certa contiguità con altre operazioni che
rispetto alla stessa sono alternative per il raggiungimento di determinati obiettivi e in
relazione alle quali è opportuno individuare i caratteri distintivi.
Ritengo interessante mettere in evidenza le similitudine e le differenze con le altre
operazioni straordinarie effettuabili a livello societario, consentite dalla legge.
Una prima operazione solitamente avvicinata alla fusione nel trattamento giuridico è la
scissione. Questa operazione che ha ricevuto pieno riconoscimento e disciplina giuridica
solo con il d. lgs. 16 gennaio 1991, n. 22 è l’operazione inversa alla fusione: mentre con la
fusione due o più società si uniscono, qui una società si divide per dar vita a più società.
La disciplina della scissione è simmetrica rispetto a quella della fusione, come se le due
operazioni fossero l’una lo specchio dell’altra; essa è contenuta negli articoli da 2506 a
2506-quater c.c. ed è collocata subito dopo quella della fusione.
La scissione può essere totale, in tal caso la società originaria si estingue, oppure parziale,
nel qual caso solo una arte del patrimonio viene trasferita ad un’altra società, preesistente o
nuova.
Mentre da un punto di vista giuridico ci sono notevoli similitudini tra le due operazioni da
un punto di vista economico la differenza è enorme.
Un’altra operazione che appartiene alla categoria delle operazioni di riordino aziendale è
lo scorporo o scorporazione di azienda.
Con questa operazione che presenta maggiori similitudini con la scissione, un’azienda o un
ramo d’azienda appartenenti ad una società vengono conferiti in una società terza,
ottenendo in cambio una quota di partecipazione al capitale sociale.
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A differenza della scissione, che comporta anch’essa, almeno nel caso della scissione
parziale il distacco di una parte d’azienda la quota ricevuta in cambio viene assegnata alla
società scorporante e non ai soci della stessa.
Con la cessione d’azienda si ha un trasferimento dell’azienda posseduta da una società, la
quale rimane in vita con la stessa struttura giuridica preesistente, privata però dell’azienda
ceduta.
Il conferimento di azienda è un’operazione molto simile alla cessione si distingue per il
fatto che il trasferimento dell’azienda viene fatto a fronte dell’acquisizione di una quota
societaria nella società che riceve il conferimento.
Un istituto giuridico che ha preso piede negli ultimi anni nell’ambito delle operazioni di
riorganizzazione aziendale è quello della costituzione di impresa comune.
Questa costituisce nella creazione di un’azienda posseduta alla pari da due società che
apportano proprie attività e risorse per gestire in modo autonomo e separato determinate
attività funzionali agli obiettivi strategici di entrambe.
Nell’ambito delle intese strategiche con altre imprese, è sconfinata la casistica delle
operazioni realizzabili al fine di conseguire obiettivi, quali quelli prima elencati,
realizzabili con la fusione.
Si tratta di accordi che per lo più non prevedono cambiamenti strutturali nelle società
partecipanti, salvo il decentramento di attività settoriali delle stesse o di funzioni gestibili
più economicamente all’esterno.
A motivo di ciò non possono essere confrontate con la fusione che tra tutte le operazioni
citate è quella che comporta le modifiche strutturali più ampie, al punto da poter
stravolgere completamente l’assetto delle società partecipanti, soprattutto se si realizza con
la forma della fusione per unione.
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Bisogna dire che la fusione quando non ha natura di operazione di acquisizione,
difficilmente può essere vista come alternativa alle altre operazioni citate, e quindi spesso
rappresenta una scelta obbligata per le società partecipanti.
Nel caso opposto, con essa l’impresa tende ad espandere le proprie dimensioni al fine di
perseguire il duplice obiettivo di consolidamento della quota di mercato detenuta e di
conseguimento di economie nei costi.
Ma la politica aziendale rivolta all’espansione pone il problema della valutazione della
convenienza comparata delle forme attraverso cui può essere effettuata. Le alternative che
si presentano al riguardo sono:
- realizzare nuova capacità produttiva, adattando le preesistenti strutture aziendali
alla nuova dimensione raggiunta(espansione interna)
- acquisire imprese esistenti e funzionanti che consentano di perseguire gli obiettivi
prefissati attraverso l’integrazione nelle proprie strutture aziendali (espansione
esterna).
L’acquisizione di aziende può manifestarsi strumento particolarmente conveniente di
espansione ogniqualvolta il soggetto attivo riesce a conseguire, in modo disgiunto o
congiunto, i seguenti vantaggi:
- Acquisizione di strutture produttive ad un costo inferiore a quello di riproduzione
- Acquisizione di nuovi clienti, di nuovi canali distributivi, di nuovi rapporti
commerciali con fornitori ecc.
- Possibilità di espansione in nuovi settori produttivi e in nuovi mercati evitando il
“costo di entrata” che può costituire, in alcuni casi un onere assai elevato
- Espansione del medesimo settore in cui l’impresa già opera, o in un nuovi settori
produttivi, ad un livello di rischio minore in quanto i risultati previsti sono meno certi.
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Tali fattori determinano una tendenziale convenienza all’adozione di una politica di
espansione basata sulla “acquisizione”, maggiore rispetto a quello che presuppone un
processo di sviluppo interno. Tale forma si pone come valida alternativa alla fusione.
Il fine perseguibile è lo stesso nelle due forme, in quanto entrambe determinano il sorgere
di un complesso economico unitario di accresciute dimensioni ed intervengono a
modificare la struttura economico-finanziaria, nell’intento di migliorare l’efficienza
economica della complessa gestione.
Anche se sotto il profilo dei tempi tecnici occorrenti è più vantaggiosa l’acquisizione
perché più rapida rispetto all’operazione di fusione. Ma dal suo canto la fusione per la sua
realizzazione non richiede data la natura del suo corrispettivo ingenti mezzi liquidi
necessari invece per l’acquisizione.
1.4 Le fasi della procedura
Con la riforma dell’istituto realizzata per mezzo del d.lgs. del16 gennaio 1991 n. 22,
l’operazione di fusione viene ad assumere in iter complessivo caratterizzato da tempi di
realizzazione determinati dalla legge.
Questo iter procedurale può essere suddiviso in tre fasi:
- Fase preparatoria
- Fase della deliberazione assembleare
- Fase attuativa
La fase preparatoria, nel corso della quale avvengono le trattative fra le società
partecipanti all’operazione per determinare le caratteristiche della società risultante
dall’aggregazione e di conseguenza le modifiche all’atto costitutivo dell’incorporante, o
nel caso della fusione per unione, la stesura dell’intero atto costitutivo della nuova società,
nonché le trattative per determinare il rapporto di cambio fra le azioni/quote, culmina con
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la stesura del progetto che è il documento redatto congiuntamente dagli organi
amministrativi delle società partecipanti alla fusione contenete tutti gli elementi
fondamentali che caratterizzano l’operazione.
In questa fase sono protagonisti gli amministratori delle società mentre i soci rimangono al
di fuori delle trattative.
Una volta depositato il progetto si apre una fase preordinata alla deliberazione
dell’assemblea delle società stesse.
A questo riguardo, devono essere depositati unitamente al progetto di fusione tutti i
documenti previsti dalla normativa, affinché i soci possano deliberare in modo
consapevole.
Quando la fusione è stata deliberata da tutte le società, se non vi è l’opposizione di
creditori, si può finalmente attuare la fusione e lo si fa stipulando per atto pubblico l’atto di
fusione.
Si tratta di un atto che ha una funzione solamente formale, che produce effetti giuridici ma
che non contiene nuove statuizioni riguardanti la fusione.
Il Testo Unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia all’art. 57, assoggetta le fusioni
cui partecipano banche all’autorizzazione della Banca d’Italia, che ne valuta l’impatto
sulla loro situazione tecnica e sulla loro struttura organizzativa. L’avvio dell’ordinario
procedimento previsto dalla fusione è naturalmente subordinato a tale autorizzazione.
Questa regola, che rende ad assicurare una regolare e prudente attuazione dell’operazione,
consente poi di prevedere che per le banche, l’ordinario periodo disponibile per l’azione di
opposizione da parte dei creditori sia ridotto a 15 giorni.
Naturalmente l’autorizzazione richiede che venga presentata una relazione contenente
l’illustrazione degli obiettivi che si intendono conseguire con l’’operazione e dei relativi
vantaggi e costi.
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Per la banca risultante dalla fusione, inoltre, occorre fornire informazioni sulla situazione
tecnica, sulla struttura organizzativa, sulle procedure informatico-contabili e sul personale,
nonché indicare le eventuali modifiche statutarie comportate dall’operazione.
1.5 La riforma societaria
La disciplina giuridica dell’operazione di fusione è contenuta nella Sezione II, Capo VIII ,
titolo V, libro V del codice civile, intitolata Della fusione delle società; si tratta di una
disciplina introdotta dal decreto legislativo del 16 gennaio 1991, n. 22 che recentemente ha
subito delle consistenti modifiche a seguito dell’attuazione della riforma del diritto
societario, realizzata con il d. lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 entrato in vigore il 1° gennaio
2004.
Il decreto in questione è stato emanato in attuazione della legge delega 3 ottobre 2001, n.
366 la quale in materia di operazioni di trasformazione, fusione e scissione aveva posto i
seguenti obiettivi:
1. semplificare e precisare il procedimento, nel rispetto, per quanto concerne le
società di capitali, delle direttive comunitarie;
2. disciplinare possibilità, condizioni e limiti delle trasformazioni e delle fusioni
eterogenee;
3. disciplinare i criteri di formazione del primo bilancio successivo alle operazioni di
fusione e scissione;
4. introdurre disposizioni dirette a semplificare a favorire la trasformazione delle
società di persone in società di capitali.
La legge delega, nell’individuare le linee guida della riforma, ne lascia intravedere gli
obiettivi nella semplificazione dei procedimenti.