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CAPITOLO I
I PRINCIPI COOPERATIVISTICI E L’ARTICOLO 45 DELLA
COSTITUZIONE ITALIANA
1)La nascita e l’evoluzione dei principi cooperativi
Il movimento cooperativo nasce in Inghilterra verso la fine del 1844 a
Ronchdale, un villaggio della contea del Lancashire con la fondazione
della “Società dei probi pionieri di Ronchdale” costituita da un gruppo di
tessitori disoccupati e in precarie condizioni economiche. Tramite la
formazione di un capitale comune e la creazione di una comunità auto-
organizzata, grazie all’assenza di intermediari,tale società aveva lo scopo
di migliorare le condizioni di vita dei soci. Le linee guida di riferimento
per conoscere e indirizzare il funzionamento delle imprese cooperative
derivano in via diretta dalle enunciazioni di principio stabilite dai “probi
pionieri” di Rochdale
3
, ovviamente nel tempo riviste ed aggiornate
dall’Alleanza Cooperativa Internazionale (ACI), organizzazione che
riunisce le cooperative di tutti i tipi e di tutti i Paesi, riconosciuta
dall’ONU quale organizzazione consultiva avente funzioni di
rappresentanza del movimento cooperativo, le cui deliberazioni
diventano punto di riferimento per l’evoluzione normativa dei diversi
Paesi nei quali la cooperazione è presente.
Questi principi di riferimento sono sette e definiscono le regole di
comportamento e i criteri di appartenenza per l’insieme delle imprese
3
M. MAZZOLENI, Management realizzato:prassi e teorie di un’azienda di
successo,Milano,Franco Angeli Ed., 2005.
11
cooperative, descrivono in modo approssimativo le caratteristiche
4
di
ogni cooperativa e sono:
Adesione aperta e volontaria;
Amministrazione democratica;
Interesse limitato sul capitale e distribuzione dei residui;
Autonomia ed indipendenza;
Educazione cooperativa;
Collaborazione tra le cooperative;
Interesse verso la collettività.
Trattasi del DNA del sistema cooperativo, sono i principi che portano ad
evidenziare i “pilastri” gestionali della cooperazione ossia:
la democrazia, che si esplica attraverso la libera adesione e la
partecipazione economica e decisionale dei soci;
la mutualità, che porta ad offrire ai soci condizioni economiche
ed extraeconomiche utili alla soddisfazione dei loro bisogni;
la solidarietà, che si manifesta attraverso interventi e iniziative
rivolti alla collettività e al territorio di riferimento e che si
indirizzano anche fuori dal contesto di riferimento.
Una sia pur superficiale analisi dei principi indicati, evidenzia l’
importante relazione tra cooperazione e responsabilità sociale d’impresa,
il sistema cooperativo deve essere in grado non solamente di consolidare
il proprio ruolo in diversi mercati, ma deve essere un sistema in grado di
assicurare la permanenza di un presidio del sistema di welfare in
alternativa o in collaborazione a quanto offerto dalle istituzioni
4
M. MAZZOLENI, Responsabilità sociale d’impresa e sistema cooperativo, in Ratiocoop 1
(2011), pp. 4-6.
12
pubbliche, deve essere insomma un attore protagonista nel contesto
sociale
5
,attento alle esigenze della collettività.
La storia della cooperazione in Italia è successiva a quelli di altri paesi
europei, in parte è dovuto alle vicende politiche che portarono al
conseguimento dell’unità dello Stato, ed in parte alla politica economica
del nuovo Stato che ignorò la cooperazione per il primo ventennio. Solo
nel 1882 con il Codice del Commercio (articoli da 219 a 228) la
cooperativa venne presa in considerazione dal nostro legislatore
stabilendo norme per il suo riconoscimento giuridico, norme ispirate alla
società anonima per quanto riguarda il funzionamento, il bilancio e la
liquidazione. Il Codice del Commercio ebbe però il merito di evidenziare
alcuni aspetti peculiari della società cooperativa, il voto pro capite (o
capitario) la liberta di sottoscrizione della quota sociale con previsione di
un limite massimo, la variabilità del capitale sociale
6
.
Il mondo cooperativo di quegli anni di fine secolo era formato
sostanzialmente da due correnti, quella cattolica e quella socialista,
entrambi i movimenti venivano a riconoscere nella cooperazione uno
strumento di elevazione materiale e morale delle masse, soprattutto in
quelle zone agricole dove le condizioni dei contadini erano più misere. I
cattolici individuarono nella cooperazione un’associazione volontaria di
uomini liberi ed uguali, fondata su vincoli di solidarietà umana, capace di
elevare la persona secondo i principi della dottrina sociale cristiana, con
esperienze cooperativistiche nel settore del credito e degli acquisti
collettivi, estese poi al settore distributivo e a quello della produzione. Il
Partito Socialista si interessò alla cooperazione considerandola quale
5
M. MAZZOLENI, Responsabilità sociale d’impresa e sistema cooperativo, in Ratiocoop 1
(2011),p 4.
6
In realtà,l’apprezzamento del legislatore del Codice del 1882 verso le cooperative era del
tutto marginale in quanto indefinita la portata del fenomeno economico-giuridico-sociale
della cooperazione mutualistica. G. CASCARDO, Trasformazione di cooperativa in S.P.A.:La
destinazione del patrimonio,in Cooperative e Consorzi n.7 (2009).
13
base su cui creare spinte rivendicative, sindacali e politiche. Le prime
cooperative avevano quale scopo primario, come si legge nei vari statuti
dei quell’epoca, quello di migliorare la struttura economica e tecnica del
processo produttivo, facendo partecipe dei vantaggi di questi
miglioramenti esclusivamente i soci
7
.
L’idea originaria di fondo della cooperazione è rappresentata infatti
dall’esistenza di un’impresa gestita direttamente dai consumatori o dai
lavoratori al fine di ottenere attraverso il superamento del tradizionale
ruolo intermediario dell’imprenditore,beni o lavoro a condizioni
migliori di quelle offerte dal mercato. La finalità della cooperativa è
dunque quella di soddisfare bisogni materiali dei soci e non meri intenti
speculativi legati all’investimento capitalistico, ecco l’affermarsi nella
gestione dell’impresa, sin dalle origini, di principi alternativi a quelli
delle ordinarie società commerciali.
In generale, quindi,il fenomeno cooperativo in Europa è nato nel contesto
sociale delle lotte di classe,in forte connessione con le organizzazioni
sindacali e di assistenza, per poi emanciparsi assai lentamente verso
condizioni di autonomia con forme giuridiche proprie,fino a rivestire un
ruolo di primo piano nell’economia delle democrazie del Novecento
8
.
I principi di riferimento del sistema cooperativistico, infatti, non si
contrappongono a quelli fondamentali del mercato (le società cooperative
nascono e si sviluppano nel contesto economico delle società
commerciali) anzi ne presuppongono la loro accettazione, sicchè sul
piano economico il ruolo della cooperazione è essenzialmente quello di
incidere sul piano della distribuzione della ricchezza. Questa
collocazione funzionale dell’istituto cooperativo spiega l’affermarsi
progressivo della cooperazione dagli originari settori del consumo e della
7
F. MARTINELLI, Le Società Cooperative, Milano, Il Sole 24 Ore, Pirola Editore, 1995, 27°, p.2.
8
Sistema Leggi d’Italia, UTET Giuridica, Commentario Costituzione art.45, p.21.
14
produzione e lavoro ai più svariati campi sociali ed economici, e spiega
l’allargamento della base sociale della cooperativa dai ceti subalterni ai
ceti medi. La cooperativa quindi, da strumento di salvaguardia e riscatto
delle classi più povere diventa mezzo di tutela di ceti intermedi, con
funzione di razionalizzazione e democratizzazione del mercato. Il
fenomeno cooperativo è portatore di una varietà di forme e di ruoli che
ne rendano difficile la sua riconduzione ad un modello universale,questo
spiega la diffusione del fenomeno e la sua valenza sociale
9
.
2)Il sistema delle fonti, cenni sulla sua evoluzione
Pur nella sua complessità, il sistema delle fonti in materia cooperativa
nel nostro ordinamento, presenta una sua apparente linearità di disciplina
che passa attraverso i principi mutualistici e antispeculativi dell’articolo
45 della Costituzione e per le regole del Codice Civile riformato nel
2003. Il contorno di tale normativa è dato dalle leggi speciali regolanti
aspetti generali del fenomeno e specifiche realtà cooperative, dalle leggi
tributarie, da quelle nazionali e da quelle regionali concernenti la
promozione del settore
10
. Relativamente alla legislazione regionale,
occorre distinguere fra le regioni a statuto speciale che hanno facoltà di
legiferare anche sulla vigilanza e regioni a statuto ordinario che hanno
competenza in materia cooperativa per lo più solo a livello promozionale
e di incentivazione. La complessità del sistema deriva anche dal fatto che
la riforma del Codice Civile del 2003 si è ben guardata dallo stabilire
quali siano le norme abrogate dal nuovo assetto normativo, occorre
inoltre considerare che dagli inizi della regolazione dell’attività delle
cooperative, uno dei problemi fondamentali incontrato dal legislatore
9
IL DIRITTO, Enciclopedia Giuridica del Sole 24 Ore, 2008, Volume 15, p.13.
10
IL DIRITTO, Enciclopedia Giuridica del Sole 24 Ore, 2008, Volume 15, p.14.
15
fu la necessità di contrastare i fenomeni di diffusione di false
cooperative
11
.
Come precedentemente accennato, il modello di società cooperativa
descritto nel codice del commercio del 1882, rimandava semplicemente
ad una schema di società a capitale variabile, costituita in una qualunque
delle forme consentite di società commerciali, senza peculiarità di
disciplina, fatta eccezione per poche regole, prevedendosi il
riconoscimento di talune agevolazioni fiscali,mentre con separati
provvedimenti normativi verrà introdotta la vigilanza governativa sugli
enti corporativi
12
.
Il codice civile del 1942 (articoli da 2511 a 2548) riordina la materia,
riconoscendo alla società cooperativa una autonoma configurazione
ricalcata sulla schema della società per azioni ma con la previsione di
due tipologie alternative di responsabilità sussidiaria dei soci, una
illimitata e l’altra limitata.
Prima della riforma delle norme del Codice Civile avvenuta nel 2003,
altra norma di riferimento è stata il D.Lgs. C.p.S. 14 Dicembre 1947,
n.1577 (Provvedimenti per la cooperazione) e sue modificazioni, la
cosiddetta Legge Basevi, che ha disciplinato fino al 2003 non solo la
cooperativa agevolata ma anche per certi aspetti tutto il fenomeno, tale
normativa oggi sembra sopravvivere solo per la parte relativa ai consorzi
tra cooperative
13
. La legge Basevi è incentrata essenzialmente sulla
regolamentazione organica della vigilanza degli enti cooperativi,
11
A tal proposito, Sent. n.205 del 26 febbraio 2008 (ud. del 18 dicembre 2007) della Comm.
trib. reg. di Roma, Sez. IV, la cui massima si riporta: ”La società cooperativa costituita al solo
scopo di fruire di regimi tributari di favore,di imputare costi fittizi nei confronti di altri soggetti
e di eludere la disciplina del rapporto d’impiego dei lavoratori non è ammessa ai relativi
benefici rappresentando mera costruzione giuridica artificiosa oltre a strumento di elusione
del divieto di intermediazione di manodopera”.
12
Sistema Leggi d’Italia, UTET Giuridica, Commentario Costituzione art.45.
13
Vi sono però ancora norme vigenti (ad esempio l’art.14 del D.P.R. n.601/1973) che fanno
riferimento alla legge Basevi.
16
contiene anche rilevanti disposizioni di dettaglio per la costituzione delle
società cooperative, nonché la individuazione (art.26) dei requisiti
mutualistici necessari per l’applicabilità delle agevolazioni tributarie (già
individuati nel R.D. n. 3269/23).
Con la legge Basevi, pertanto, si ribadisce e si marca la distinzione tra
due tipologie di società cooperative, quelle agevolate, per le quali è
richiesto il rispetto dei requisiti di mutualità indicati dalla Legge, e quelle
non agevolate in quanto prive dei requisiti di mutualità ex lege
14
.
Successivamente la legge 127/1971, poi il D.P.R. 601/1973 e la legge
n.904/1977, hanno ulteriormente potenziato l’importanza dei requisiti
mutualistici all’interno degli statuti sociali, prevedendo la concessione
di rilevanti benefici fiscali alle cooperative che avessero ospitato in tali
documenti il disposto dell’art.26 della legge Basevi. In particolare è stata
prevista la detassazione degli utili destinati a riserva indivisibile, e il
divieto tassativo di trasformare le società cooperative in società
lucrative
15
.
La Costituzione non introduce un modello di società cooperativa
autonomo o comunque distinto, la norma costituzionale è stata calata sul
modello esistente, quello dell’art.2511 e seguenti del codice civile nel
testo all’epoca vigente, limitandosi a prevedere per il legislatore
ordinario il dovere di incentivare e favorire la diffusione delle imprese
cooperative.
Altra legge fondamentale in materia è stata la Legge 31 Gennaio 1992
n.59 (Nuove norme in materia di società cooperative) ancora in vigore
sicuramente per quanto concerne la disciplina dei fondi mutualistici e per
la parte sui soci sovventori e sulle azioni di partecipazione cooperativa.
14
Sistema Leggi d’Italia,UTET Giuridica, Commentario Costituzione art.45, p.12.
15
B. PAGAMICI, Società Cooperative, Napoli, Gruppo editoriale Esselibri-Simone, 2005, 1°,
p.62.
17
Con tale Legge il legislatore ha concluso l’era della cosiddetta
“normazione ricapitalizzatrice” volta a ricapitalizzare le cooperative,
(iniziata con la Legge n.127/1971 con la quale il legislatore elevò per la
prima volta il limite massimo ai conferimenti dei soci) e venne data
esecuzione al principio dell’integrazione cooperativa con l’introduzione
dell’obbligo di collaborazione tra le cooperative e della diffusione dei
principi cooperativi. Gli obiettivi del Legislatore del 1992 erano di
favorire l’autofinanziamento tramite l’elevazione del limite massimo
della quota sottoscrivibile dal socio, l’introduzione della categoria dei
soci sovventori e degli azionisti di partecipazione cooperativa, e di
promuovere la mutualità solidaristica o esterna attraverso l’obbligo di
destinare il 3% degli utili annuali ai fondi mutualistici per la promozione
e lo sviluppo della cooperazione, al fine di dotare di consistenti mezzi
finanziari le Centrali cooperative
16
. L’istituzione di questi fondi mirava a
rafforzare il movimento cooperativo nel suo insieme in quanto finalizzati
all’espletamento di funzioni di interesse generale. La legge citata, infine,
ha completato l’assetto normativo in tema dei requisiti mutualistici
propedeutici all’ottenimento dei benefici fiscali, prevedendo:
-la possibilità di destinare parte degli utili ad incremento gratuito del
capitale sottoscritto e versato (pur nei limiti massimi,fissati dalla legge,
della quota che ciascun socio può possedere);
-l’ammissibilità del rimborso del sovrapprezzo versato dal socio al
momento dell’entrata nella cooperativa, in sede di recesso, esclusione,
morte o liquidazione della società;
-la devoluzione ai fondi mutualistici del patrimonio residuo delle
cooperative in liquidazione.
16
BUONOCORE, La legge 31 gennaio 1992, n.59 e la mutualità degli anni a venire, in Rivista
notariato, I, 1992, p.711.
18
Il Decreto Legislativo n.6/2003 ha modificato in più punti il codice
civile, disponendo in via generale l’applicazione alle società cooperative
delle norme relative alle società per azioni (art.2519, primo comma)
salva la eventuale scelta per il modello della società a responsabilità
limitata (art.2519, secondo comma), prevedendo peraltro la
soppressione della società cooperativa a responsabilità illimitata. Con
tale normativa inoltre viene enfatizzata la distinzione tra due tipologie di
società cooperative, quelle a mutualità prevalente (art.2512-2514 c.c.) e
le altre, le prime ammesse ai benefici fiscali di incentivazione e le
seconde escluse.
La riforma societaria ad opera del D.Lgs.17 gennaio 2003 n.6, ha subito
importanti modifiche con la Legge 23 Luglio 2009 n.99, in genere,
attraverso le varie modifiche della disciplina positiva dell’impresa
cooperativa si sono progressivamente specificati gli elementi distintivi
rispetto alle altre società commerciali.
A livello generale norme fondamentali sono anche la Legge n.142 del 03
aprile 2001 sul socio lavoratore e il D.Lgs. 2 Agosto 2002, n.220, sul
riordino della vigilanza, occorre inoltre tenere conto della normativa
fiscale e delle numerose circolari emanate dall’Agenzia delle Entrate. Per
quanto riguarda le agevolazioni fiscali in materia di imposte dirette per le
società cooperative esse sono contenute nel titolo terzo del
D.P.R.601/1973 e nell’articolo 12 della Legge n.904/1977. Come avrò
modo di illustrate nel proseguo del presente lavoro sono state apportate
importanti modifiche al sistema di tassazione delle società cooperative,
con l’articolo 6 del D.L. n.63/2002 e successivamente con la Legge
Finanziaria 2005 (Legge n.311/2004) e da ultimo con la Legge 14
settembre 2011 n.148, di conversione del D.L.13 Agosto 2011 n.138.
19
Non meno intricata appare la disciplina cooperativa di settore non
risultando spesso chiaro il suo rapporto con la norma codicistica
17
.
Il quadro delle fonti in materia cooperativa si è arricchito a livello
comunitario del Regolamento della Commissione Europea n.1435/2003
con il quale sono state varate le norme che disciplinano la società
cooperativa europea (la SCE)
18
, con lo scopo di dar vita a un nuovo
soggetto giuridico a livello transnazionale, con personalità giuridica di
diritto comunitario, destinato ad affiancarsi alle cooperative operanti in
ambito nazionali. In questo modo le cooperative che svolgono la loro
attività in diversi stati dell’Unione, hanno facoltà di scegliere se adottare
tale forma, senza doversi dotare di una complessa reti di filiali. La sede
sociale della SCE dovrà trovarsi in uno stato membro, più precisamente
nello stato in cui si trova l’amministrazione centrale della cooperativa
e,per quanto riguarda la fiscalità, la concorrenza, la proprietà intellettuale
e l’insolvenza, rimangono ferme le disposizioni previste dai singoli
stati
19
. Per ciò che concerne la modalità di costituzione, tre sono quelle
previste dal legislatore:
1. costituzione da almeno 5 persone fisiche, o fisiche e giuridiche, o
da almeno 2 persone giuridiche;
17
IL DIRITTO, Enciclopedia Giuridica del Sole 24 Ore, 2008, Volume 15, p.14.
18
R. MOSCONI, Le società Cooperative, Verona, Gruppo Euroconference SPA, 2011 1°, p.277.
Alla stregua delle cooperative operanti secondo le varie legislazioni nazionali nei vari paesi
membri dell’unione, la società cooperativa europea si propone quale scopo mutualistico ”il
soddisfacimento dei bisogni/e o la promozione delle attività economiche e sociali dei propri
soci,in particolare mediante la conclusione di accordi con questi ultimi per la fornitura di beni
o di servizi o l’esecuzione di lavori nell’ambito dell’attività che la SCE esercita o fa esercitare.
La SCE può avere per oggetto il soddisfacimento dei bisogni dei propri soci, promuovendone la
partecipazione ad attività economiche” ricordando che, se non esiste una esplicita deroga al
riguardo all’interno dello statuto sociale, non possono partecipare alle attività sociali soggetti
diversi dai soci.
19
A. SARTI, Il regime tributario delle società cooperative e la sua compatibilità con il divieto
comunitario degli aiuti di Stato, in Rassegna Tributaria n.3 (2006), scrive:Da ciò si evince che la
SCE è un modello giuridico introdotto a livello europeo, finalizzato a rendere uniformi le
scelte nazionali in merito alla disciplina delle società cooperative, ma che preserva in
determinate materie (fra cui la fiscalità) le singole specificità nazionali.
20
2. fusione di due o più cooperative esistenti, di cui almeno due
provenienti da stati diversi;
3. trasformazione di una cooperativa esistente che possieda da due
anni almeno un ente o una filiale in un altro stato membro.
Riporto la nozione di cooperazione comune ai vari stati membri:
20
“Si può considerare lo scopo mutualistico come quello che consiste nel
fornire ai soci bene e servizi e occasioni di lavoro a condizioni più
favorevoli di quelle offerte dal mercato con l’eliminazione di qualsiasi
figura di intermediario, mentre le società lucrative hanno come fine la
ripartizione degli utili tra i soci,le società cooperative di regola non
distribuiscono utili, ma offrono vantaggi ai loro soci consistenti a
seconda dei casi, in un risparmio d’imposta o in aumento di
retribuzione”.
3)L’art.45 della Costituzione Italiana
L’impresa cooperativa trova riconoscimento nel primo comma dell’art.45
della Carta Costituzionale che recita: “La Repubblica riconosce la
funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza
fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce
l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni
controlli, il carattere e le finalità”
Il consenso politico unanime dei Costituenti di dedicare un’apposita
norma per la disciplina del lavoro associato in cooperativa, non fece
registrare discussioni particolarmente lunghe anche se le varie correnti
politiche e culturali rappresentate, non mancarono di soffermarsi
sull’analisi delle peculiarità della cooperazione e sul significato
20
Sia il Regolamento Comunitario sulla SCE che la Direttiva 72/2003 (è la Direttiva sulla
partecipazione dei lavoratori alle decisioni della SCE,recepita dall’Italia con il D.Lgs. 6 febbraio
2007,n.48) che lo integra, prendono le mosse dalla nozione di cooperazione comune ai vari
Stati membri.
21
economico, sociale, culturale ed etico del fenomeno cooperativo. Queste
differenze determinarono le difficoltà dei Costituenti nel fornire una
definizione normativa univoca della cooperativa, pertanto nella seduta
del 14.05.1947 si chiarì che l’obiettivo dell’Assemblea non avrebbe
dovuto essere quello di inserire nel testo costituzionale una definizione
dell’impresa cooperativa, bensì la sola, ancorchè chiara, statuizione dei
caratteri, degli scopi e delle finalità della stessa. Tra questi, emersero in
particolare il riconoscimento della funzione sociale e la vigilanza, quali
compiti fondamentali di spettanza della Repubblica
21
.
I due aspetti della mutualità e dell’assenza di fini di speculazione privata,
indicati nell’art.45 della Cost., non sono elementi di demarcazione tra le
cooperative meritevoli di riconoscimento e tutela costituzionale e le altre,
bensì sono fattori costitutivi dell’unico concetto di impresa cooperativa
riconosciuta dall’ordinamento, ossia quello contemplato dalla
Costituzione
22
. Tutte le società cooperative (ovviamente non mi riferisco
alle c.d. cooperative “false”) sono da considerarsi costituzionalmente
riconosciute, in quanto è riconosciuta la loro funzione sociale.
La funzione sociale della cooperativa si caratterizza per la centralità
dell’elemento personale a fronte di una minore rilevanza dell’elemento
patrimoniale, i soci di tali società sono legati da un patto societario
finalizzato essenzialmente all’esercizio congiunto dell’attività d’impresa
mediante la messa in comune della forza lavoro, (intesa anche come
accesso all’attività lavorativa retribuita di persone di minore
qualificazione lavorativa o ridotta capacità contrattuale sul mercato del
lavoro) e non finalizzato prioritariamente ad ottenere una remunerazione
del capitale impiegato.
21
Sistema Leggi d’Italia, UTET Giuridica,Commentario Costituzione art.45, p.5.
22
Sistema Leggi d’Italia, UTET Giuridica,Commentario Costituzione art.45, p.6.
22
La cooperazione deve tendere alla socializzazione in quanto sostituisce al
profitto individuale quello della collettività, è indubbio infatti che l’esser
parte attiva di un’impresa cooperativa, l’avere una visione reale ed
obiettiva dei complessi problemi aziendali, solidarizzare per far fronte a
necessità comuni, comporta una maturazione delle persone più di quanto
si realizza con una educazione puramente teorica
23
.
L’art.45 Cost. dà rilevanza all’impresa cooperativa garantendo una
copertura costituzionale finalizzata soprattutto alla sua incentivazione e
protezione, finalità non espressamente previste per le altre forme
d’impresa, quindi la disciplina dell’art.45 Cost., rappresenta un plus
rispetto alla disciplina generale di cui all’art.41 della Cost., che permane
come cornice normativa generale per ogni attività che presupponga una
organizzazione aziendale finalizzata allo svolgimento di attività
economica. Mentre l’art.45 Cost. contiene un riconoscimento esplicito
della funzione sociale dell’impresa cooperativa, ”l’utilità
sociale”dell’art.41 della Cost., costituisce un limite per ogni iniziativa
economica, stabilendosi altresì che i “fini sociali” possono legittimare il
legislatore ad imporre eventualmente indirizzi e coordinamento ad ogni
soggetto economico. La conseguenza è che risulterebbe in violazione
della Carta Costituzionale ogni eventuale norma che limitasse o, come
caso estremo, sopprimesse le imprese cooperative
24
.
Dalla lettura del testo costituzionale emerge che i due elementi distintivi
della cooperazione sono il carattere di mutualità e l’assenza di fini di
speculazione privata, entrambi gli elementi saranno oggetto di analisi
del presente lavoro.
23
F. MARTINELLI, Le società cooperative, Milano, Pirola Editore, 1989, 25°, p.20.
24
Sistema Leggi d’Italia, UTET Giuridica, Commentario Costituzione art.45, pp 8-9.