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Il controllo biologico degli insetti dannosi in agricoltura sarà nel prossimo futuro
un elemento di fondamentale importanza nel contenimento dei danni prodotti alle
colture agricole e nel controllo della diffusione di malattie mediate da insetti.
Molti agenti dannosi all’agricoltura ed alla salute umana stanno già sviluppando
gradi crescenti di resistenza ai più comuni insetticidi che, usati in quantità sempre
più massiccia, pongono gravi problemi di inquinamento e di tossicità per l’uomo e
per la fauna selvatica.
Oggi, si sta cercando di sviluppare delle strategie alternative per la protezione
delle colture agricole dagli insetti dannosi e tra gli approcci perseguibili sono
sicuramente di rilievo quelli che si basano sullo studio dei meccanismi endogeni
di difesa della pianta. Tale studio è molto importante perchè da esso possono
scaturire informazioni su nuovi fonti di geni e molecole in grado di esercitare
un’azione di contenimento degli insetti fitofagi.
1.2. Le risposte della pianta agli insetti dannosi in agricoltura
Le piante, essendo degli organismi sessili e non potendo allontanarsi dal pericolo,
sono sottoposte continuamente a delle sfide lanciate dall’ambiente in cui esse
stesse vivono. Invece di agire come una vittima passiva a questo tipo
d’interazione, la pianta identifica gli stimoli esterni, valuta la natura dei pericoli
(in modo da assegnare loro un livello di priorità) e dà vita a delle risposte di difesa
flessibili e dinamiche in modo da tollerare sia assalti persistenti che nuovi attacchi
(Kaloshian e Walling, 2005).
Le piante e gli insetti coesistono, di fatto, da più di cento milioni di anni, e hanno
sviluppato nel corso del tempo una serie di relazioni che influenzano gli organismi
a tutti i livelli. Non sorprende, pertanto, che le strategie messe in atto dalla pianta
per cercare di resistere o evadere gli insetti erbivori siano molte e diverse tra di
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loro. Le difese della pianta contro gli insetti sono state inizialmente viste in
termini di composti che la pianta sintetizza durante il normale corso di crescita e
sviluppo. Questi composti sono accumulati e conservati, così che quando
attaccata, la pianta già presenta i mezzi per dissuadere o uccidere l’insetto
(Gatehouse, 2002). Questa tipo di difesa può essere definita “costitutiva”, in
quanto è sempre presente nella pianta. La difesa costitutiva ha solitamente azione
diretta ed è efficace contro i generalisti (insetti con ampia gamma di specie
vegetali nella loro dieta). Inoltre, le difese costitutive sono rappresentate da
barriere fisiche (ad esempio: pareti lignificate, resine, ispessimenti di callosio e
suberine), e dalla produzione di composti con azione deterrente, anti-deponente e
molecole tossiche che possono agire anche tramite la distruzione delle membrane,
inibendo il trasporto e la trasduzione del segnale o il metabolismo dell’insetto
(Harbourne, 1998; Bennett e Wallsgrove, 1994). Poiché il costo metabolico dei
meccanismi di difesa costitutivi sarebbe troppo alto da sostenere costantemente
nel tempo (Baldwin e Preston, 1999), la pianta ha sviluppato delle risposte di
difesa che sono indotte dall’attività alimentare degli insetti, difese che sono atte
quindi a diminuire le prestazioni del fitofago e la suscettibilità della pianta ma ad
aumentare la sua fitness. Questo tipo di difesa normalmente coinvolge un
induzione sistemica, in quanto la risposta di difesa non si ottiene solo a livello del
sito di danno ma attraverso tutta la pianta, come risultato dell’azione di molecole
segnale che sono in grado di comunicare tra i differenti tessuti della pianta
(Gatehouse, 2002).
1.2.1. Le difese dirette della pianta
Le difese indotte possono essere classificate in dirette o indirette. Le prime
interferiscono direttamente con il comportamento alimentare, la crescita, lo
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sviluppo e la riproduzione dei fitofagi, le seconde, invece, interferiscono
indirettamente con le popolazioni di fitofagi, esaltando l’azione dei loro nemici
naturali (Walling, 2000). Le difese indotte dirette possono essere inquadrate in due
categorie. Nella prima rientrano le difese di tipo meccanico anche dette
antixenotiche, che derivano dagli adattamenti morfologici del vegetale, come per
esempio la spinosità, la tomentosità e la pubescenza, la presenza di peli
ghiandolari, la durezza tegumentale, la secrezione di lattice, cere, resine etc., da
interpretare come delle vere e proprie barriere strutturali della pianta che possono
ostacolare o addirittura precludere l’accesso alle risorse nutritive necessarie agli
erbivori di cui gli insetti fitofagi e fitomizi sono una rilevante componente
(Solinas, 1993; Tremblay, 2003). Ci sono numerosi esempi dell’induzione di
difese di tipo anatomico in seguito al danno causato dall’insetto. In Salix cinerea,
ad esempio, si osserva un maggiore incremento della densità dei tricomi sulle
foglie in seguito all’attacco del coleottero Phratora vulgatissima (Dalin e
Bjorkman, 2003).
Nella seconda categoria vanno incluse le difese di tipo antibiotiche o
biochimiche, che prevedono la sintesi di nuovi composti che sono tipici di
ciascuna pianta e sono in grado di interferire con i processi digestivi e di
assorbimento dei nutrienti degli insetti fitofagi (Felton e Gatehouse, 1996). Infatti,
queste sostanze sono generalmente raggruppate in base al loro meccanismo
d’azione in antidigestivi e antinutritivi. I primi sono composti che riducono
l’assorbimento dell’alimento ingerito, mentre i secondi influenzano il processo di
alimentazione dell’insetto in quanto alterano la disponibilità fisica e/o le
caratteristiche chimiche dell’ alimento (Duffey e Stout, 1996). Diverse ricerche
hanno rivelato una grande varietà di piccole molecole, derivanti dal metabolismo
secondario, con effetto tossico o antinutrizionale, tra cui terpenoidi, alcaloidi,
tannini, saponine e glucosidi. Tali molecole agiscono in modo sinergico con altre
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difese della pianta. Oltre a queste sostanze con azione tossica la pianta produce in
risposta all’attacco altre proteine di difesa. Tra queste di maggior rilievo sono gli
enzimi Polifenolo Ossidasi (POX) e Lipossigenasi (LOX) che modificano
covalentemente le proteine dell’insetto introdotte con la dieta, attraverso la
formazione di chinoni altamente reattivi che sono in grado di reagire con i gruppi
sulfidrilici delle proteine riducendone la qualità nutritiva, e di perossidi,
rispettivamente (Constabel et al., 1995, Felton et al., 1994). Tra le proteine
antidigestive spiccano gli inibitori di proteasi (PI), che sono indotti in seguito a
ferita e attacco di insetti erbivori (Ryan, 1990). Questi inibitori indeboliscono le
performance dell’insetto in quanto interferiscono con l’attività delle proteasi
digestive presenti nell’intestino, con conseguente carenza di aminoacidi essenziali
disponibili per l’assorbimento e rallentamento della crescita e sviluppo dell’insetto
erbivoro (Zavala et al., 2004). Ad esempio, Royo et al. (1999) hanno dimostrato
che su piante transgeniche di patata, in cui era stata soppressa la sintesi degli
inibitori di proteasi tramite un meccanismo di RNA antisenso, vi era un maggiore
crescita sia del coleottero Leptinotarsa decemlineata che del lepidottero
Spodoptera exigua, dimostrando l’importanza di questi inibitori nei meccanismi di
resistenza ad insetti masticatori.
Molto spesso una netta distinzione tra i sistemi di difesa costitutivi e indotti
decade in quanto i prodotti finali di questi meccanismi di difesa e i loro composti
coincidono o si sovrappongono. Difatti molte proteine con azione tossica prodotte
nelle risposte di difesa indotta vengono accumulate anche per le difese costitutive
in base anche ad un programma di sviluppo della pianta. Un tipico esempio è
rappresentato dagli inibitori di proteasi che sono immaganizzati nei tuberi di
patata oltre ad essere indotte in seguito a ferita (Guarcia-Olmedo et al., 1987).
D’altra parte è divenuto chiaro che i composti di difesa prodotti dal metabolismo
secondario e attivi per le difese costitutive possono essere parte integrante dei
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meccanismi indotti. Infatti, in Brassica napus si ottiene un incremento nel
contenuto di glucosinolati dopo attacco da parte del coleottero Psylliodes
chrysocephala (Bartlet et al., 1999). La sintesi di nicotina, il principale alcaloide
in tabacco, avviene durante il normale sviluppo della pianta ma può essere anche
indotta dall’attacco di erbivori (Halitschke et al., 2000).
1.2.2. Le difese indirette della pianta
Oltre i sistemi di difesa precedentemente descritti, le piante possono mettere in
atto dei meccanismi di difesa indiretta in cui la pianta limita la dannosità del
fitofago potenziando l’efficacia dell’entomofago, il quale rappresenta il terzo
livello trofico che agisce ad un livello superiore dell’interazione pianta-insetto
fitofago. La pianta instaura col nemico naturale un rapporto mutualistico sia
fornendo rifugio e nutrimento (ad es. nettare extrafiorale) sia, soprattutto,
producendo composti chimici volatili (semiochimici) che facilitano
l’individuazione della pianta attaccata dall’insetto-preda.
1.2.2.1. I composti organici volatili
L’emissione di composti organici volatili (VOC) dai tessuti vegetali occupa un
importante ruolo nell’interazione tra pianta e insetto, sia per il richiamo degli
insetti pronubi che nella protezione dagli attacchi di insetti erbivori. Piante sane
emettono nell’atmosfera molti di questi composti, ma in seguito a ferita, attacco di
patogeni o la presenza di insetti in alimentazione cambia la quantità e la qualità
dei volatili rilasciati (Walling, 2000). Questi ultimi possono agire come segnali sia
per gli insetti fitofagi, i quali sfruttano tali molecole per poter discriminare tra la
pianta ospite e non ospite e per stimare la densità di popolazione di insetti già
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presenti sulla pianta, che per i loro nemici naturali ai quali sono forniti dei segnali
affidabili e sicuri che gli consentono di individuare la pianta infestata dal suo
ospite. Sono diversi i fattori che vanno ad influenzare le categorie di molecole
presenti nelle miscele di VOC. Alcuni dipendono dall’insetto fitofago (tra cui lo
stadio di sviluppo e la specie di fitofago che attacca la pianta) altri relativi alla
pianta (tra cui la specie, il genotipo e l’età) (Dicke, 1999). Inoltre, la sintesi e il
rilascio di VOC in seguito a ferita ha luogo sia localmente che sistematicamente
(Rose et al., 1996). Alcuni di questi composti sono comuni a differenti specie di
pianta, come ad esempio i composti C
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quali aldeidi, alcoli e esteri, denominati
“green leaf volatiles”, i composti C
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e C
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quali terpenoidi e indoli (Parè e
Tumlinson,1999), mentre altri sono prodotti del metabolismo secondario e sono
specifici per ogni pianta. I VOC contribuiscono direttamente alla difesa della
pianta, ma più di ogni altra cosa giocano un ruolo chiave nelle strategie di difesa
indiretta. Nella difesa diretta, i composti volatili possono esercitare un effetto
tossico o repellente; infatti ci sono evidenze che composti volatili prodotti da
tabacco possono impedire l’ovideposizione dei lepidotteri (Kesseler e Baldwin,
2001). Bisogna aggiungere che non è chiaro se tale comportamento sia associato
ad un’azione tossica/repellente esercitata da questi composti, o se l’insetto evita
l’ovideposizione su piante che percepisce come già danneggiate. Sussistono
diverse prove del coinvolgimento dei VOC nei sistemi di difesa indiretta, che è
stato dimostrato per la prima volta da Sabelis e van de Baan (1983) in esperimenti
con l’acaro predatore Phytoseiulius persimilis. Infatti, essi hanno osservato che
questo acaro era attratto da piante di Phaseolus lunatus infestate con Tetranychus
urticale ma non dalle stesse piante non infestate. Un ulteriore esempio è
rappresentato da studi condotti su piante di Brassica spp. infestate da larve di
Pieris brassicae. Tali piante, in seguito alla produzione dei composti volatili,
risultavano attrattive per il parassitode Cortesia rubecola (Geervliet et al., 1994).