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INTRODUZIONE
La libera manifestazione del pensiero fu sancita e riconosciuta
solennemente per la prima volta a partire dalla Dichiarazione francese dei
diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. Si ritiene che, fra tutte le libertà
garantite dalla Costituzione, il diritto a manifestare liberamente il proprio
pensiero sia fondamentale. In effetti, non servirebbe a molto riconoscere e
tutelare una serie di libertà (tra le quali quella personale, di domicilio, di
riunione, di associazione, di religione ed ecc.), se non si riconoscesse al
contempo, e a tutti i cittadini, il diritto di esprimere giudizi e valutazioni.
Principio questo, riconosciuto dalla stessa Corte Costituzionale che, con
una celebre sentenza del 1969 volta a inquadrare il ruolo di tale libertà
nell’istituzione repubblicana, la definì come la “pietra angolare dell’ordine
democratico”.
Nonostante la libertà di espressione sia stata affermata e “scoperta” già
dal pensiero greco, bisogna prendere atto che, tale libertà, ha acquisito
riconoscimento e garanzia giuridica solo con le moderne ideologie liberiste
e costituzional-democratiche.
In Inghilterra, ad esempio, il Bill of rights del 1689 la riconosceva,
limitandosi, però, ad affermare la solo libertà di parola in Parlamento.
Mentre nel 1789, come frutto della rivoluzione francese, l'art. 11 sanciva
che; “la libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti
fondamentali dell’uomo (…) salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà
nei casi determinati dalla legge”. Infine nel 1791 fu approvato negli Stati
Uniti d’America il primo emendamento alla Costituzione il quale, tutt'oggi
stabilisce che: Il Congresso non potrà fare alcuna legge per il
riconoscimento di qualsiasi religione o per proibirne il libero culto; o per
limitare la libertà di parola o di stampa; o il diritto che hanno i cittadini di
riunirsi in forma pacifica o di inoltrare petizioni al Governo per la
riparazione dei torti subiti”. La libertà di espressione, da come si evince da
questi semplici rinvii normativi, fa ormai parte della rosa dei diritti
5
universalmente riconosciuti. E tale affermazione trova conforto e
fondamento nell'art.19 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo
approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948, il quale
sancisce che: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione ed
espressione, incluso il diritto, di non essere molestato per la propria
opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee
attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.
La libertà di espressione è, dunque, un requisito essenziale di ogni regime
politico di matrice liberale. La sua presenza, come la sua assenza, nonché
i limiti eventualmente gravanti sulle diverse forme di manifestazione del
pensiero (come il diritto di cronaca, di critica e soprattutto di satira, vista la
sua peculiare natura particolarmente incisiva e “al limite della legalità” in
particolari settori della società come ad esempio la politica), plasmano il
volto di un regime politico (classificandolo democratico nei paesi dove tale
libertà viene sancita e applicata, totalitario nei casi in cui, tale diritto, anche
se formalmente sancito per legge, venga di fatto sostanzialmente svuotato
di contenuti da altri rifermenti normativi che ne riducano la portata
operativa).
Il proseguo della trattazione verterà su un aspetto peculiare della
manifestazione del pensiero, ovverosia il diritto di satira. La volontà di
voler approfondire l'indagine su tale particolare forma di manifestazione, si
spiega per un triplice ordine d’idee. In primo luogo perché tale diritto si
presenta, secondo parte della dottrina, sotto una duplice veste (essendo
considerata ad un tempo manifestazione della libertà dell'arte, garantita
dall'art. 33 della costituzione, e dall'altra tutelata dall'art. 21 cost. come
particolare forma di espressione del pensiero), in secondo luogo perché
tale diritto (operando in un campo particolarmente insidioso, perché
sempre al confine tra la legalità e l'illecito), meglio si presta a rilevare lo
stato di salute della democrazia all'interno di uno Stato. Ed infine, perché
la satira è forse la massima esplicazione dell'art. 3 della costituzione.
Infatti, esaltando i difetti del personaggio pubblico, ponendolo sullo stesso
piano dell'uomo comune, viene di fatto attuato il principio di uguaglianza.
6
CAPITOLO 1
Caratteristiche, funzioni e limiti della libertà di manifestazione
del pensiero sancita dalla Costituzione.
SOMMARIO: 1- Art. 21 e considerazioni preliminari 2- Art. 15 e la diversa
ratio della libertà delle comunicazioni riservate e della libertà di
manifestazioni 3- Libertà di manifestazione e regime democratico 4- Il
contenuto del diritto costituzionale sancito dall’art. 21. l’oggetto di tale
tutela e l’inesistenza di materie privilegiate 5- Le diverse forme
dell’esercizio della manifestazione del pensiero 5.1- diritto di cronaca 5.2-
diritto di critica 5.3- diritto di satira 6- Limiti oggettivi e tutela dei beni
costituzionalmente rilevanti 6.1- Il limite del buon costume e della morale
pubblica 6.2- Ordine pubblico 6.3- Tutela della dignità umana, onore e
reputazione 6.4- Diritto all’identità personale 6.5- Diritto all’oblio 6.6- Diritto
alla riservatezza 6.7- Tutela del nome e dell’immagine.
1. Art. 21 e considerazioni preliminari.
Art. 21 << Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero
con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità
giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa
espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la
legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il
tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa
periodica può essere eseguito da ufficiali di pulizia giudiziaria, che devono
7
immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia
all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore
successive, il sequestro si intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti
i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre
manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce
provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.>>
La manifestazione del pensiero si atteggia a fondamentale presupposto
della democrazia, ed è considerata, proprio per la posizione nevralgica
che essa occupa, la pietra angolare del sistema democratico
1
. La libertà
di manifestazione del pensiero consiste nella libertà di esprimere le
proprie idee e di divulgarle ad un numero indeterminato di destinatari.
L'art. 21 cost. non si limita a sancire il diritto di manifestazione del
pensiero, ma estende la sua portata operativa anche alla sua diffusione
con la parola, lo scritto ed ogni altro idoneo mezzo, al fine di garantire una
migliore e diretta circolazione e confronto delle opinioni. Anticipando
quanto si dirà più avanti, la libertà sancita nell'art. 21 cost. non si limita a
tutelare solo l'espressione del pensiero “politico”
2
, ma si estende a tutte
le idee e a tutti gli scopi che essa è in grado di veicolare. Ciò non toglie,
tuttavia, che non vi siano particolari forme del pensiero che trovano,
all'interno della nostra costituzione, una specifica tutela (basti pensare alle
tutele previste per l'esercizio della fede religiosa o quelle sancite dall'art.
33 comma 1° della costituzione).
3
Dal punto di vista storico, l'accento posto dall'art. 21 cost., nella parte in
cui proclama la libertà di manifestazione del proprio pensiero con il solo
1
Corte costituzionale sent. n. 168/1971.
2
Come invece asserisce parte della dottrina che vede in essa una natura meramente funzionale alla
democrazia.
3
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
8
esplicito limite alle manifestazioni contrarie al buon costume (come sancito
dal comma 6° ), rappresenta una novità per il nostro ordinamento italiano.
Difatti, lo statuto Albertino, come molte altre carte di rango costituzionale
4
,
riconosceva la libertà di stampa, ma non riconosceva la libertà di parola.
Quest’anomalia trova spiegazione per il semplice fatto che, al tempo, vi
era la diffusa consapevolezza dell'importanza politica della stampa, come
unico strumento capace di orientare e mutare l'opinione pubblica. Da qui
la conclusione che garantendo e tutelando tale fattispecie del diritto, di
conseguenza ed indirettamente, viene garantita la libertà della “sorella
minore”, ovverosia la libertà di parola
5
. Quest’orientamento, però, perse
ogni fondamento argomentativo, con la promulgazione della Costituzione
del 1948 che attenuò la carica di politicità, ovviamente, sottesa ai diritti di
stampa e di riunione, con una parificazione delle garanzie concernenti il
rapporto stato-cittadino e i rapporti civili tra privati.
E di questo mutato orientamento ne risente anche la disciplina della
stampa. La norma previgente dell'art. 28 dello statuto Albertino (la stampa
sarà libera e la legge ne reprime gli abusi) viene sostituita con una non
poco articolata disciplina che, oltre a sancire l'assoluto divieto di
autorizzazioni e censure
6
, procedimentalizza e restringe, in casi tassativi,
la possibilità di sequestri sulla stampa.
Tirando le fila del discorso, l'articolo 21 cost., ha una vasta e
importantissima portata operativa per aver ad oggetto la tutela della
manifestazione del pensiero, non solo prevedendo procedimenti che
direttamente sono in grado d’incidere sulla suddetta libertà, ma anche e
soprattutto nell'estensione di tale tutela a tutte le forme di espressione che
emergono dalla realtà sociale, come la satira, il diritto di cronaca e di
4
Basti pensare alle costituzioni di molti stati nord Americani tra i quali: la costituzione della
Virginia (1776), quella della north Carolina (sempre del 1776) o della costituzione del
Massachussets (1789).
5
In tal senso Racioppi e Brunelli: commento allo statuto del Regno.
9
critica. Tra queste indispensabili forme di diritto, merita particolare
attenzione, a mio parere, il diritto di satira (considerato da molti come il
migliore indicatore del grado di libertà di pensiero e di opinioni raggiunto
da un Paese). Infatti, molte riviste satiriche si sono esercitate, per più di un
secolo, mettendo in ridicolo debolezze e vizi italici nell'intento di renderli il
più possibile manifesti, sempre sospesi tra il dubbio se attaccare il potente
di turno o anche i suoi compagni di partito, se seguire le regole del buon
gusto, oppure impugnare la clava della volgarità.
Nell'esperienza Italiana, un grande filone della sua storia novecentesca, fu
frutto di retaggi anticlericali iniziati verso la seconda metà dell'ottocento.
Ad esempio, molte testate satiriche
7
utilizzavano argomenti, al fine di
sbeffeggiare la Chiesa Romana, che trovavano fondamento nella cultura
popolare. Gli argomenti più blasonati erano: la sete di potere degli alti
prelati o dell'istituzione ecclesiastica in generale, l'avidità di denaro, la
simonia
8
. Tuttavia, durante il ventesimo secolo, la satira anticlericale
comincia a perdere d’importanza, sia per la solidità del nuovo stato
unitario, che aveva reso obiettivamente impossibile un ritorno del potere
temporale del papato, sia l'abolizione ufficiale del non expedit nel 1919
9
.
E infine, la firma dei patti lateranensi del 1929, che istituzionalizzò
definitivamente i buoni rapporti tra Stato-Chiesa ponendo cosi fine alla
questione Romana. Tutti questi eventi, combinati con l'ascesa del
6
Fenomeno che durante il ventennio fascista era consueto e pacificamente accettato.
7
Tra queste vi troviamo il Pasquino di Torino, l'uomo di pietra, Lo spirito folletto e Don
Pirloncino, tutti di Milano, la Rana di Bologna, ecc.
8
Tale termine era utilizzato nel medioevo per indicare la compravendita di cariche ecclesiastiche,
assoluzioni di peccati e indulgenze.
9
Una disposizione della Santa Sede con la quale, per la prima volta nel 1868, si consigliò ai
cattolici italiani di non partecipare alle elezioni nel Paese e, di conseguenza, di non partecipare alla
vita politica italiana.
10
fascismo, resero ancor più stringenti le possibilità di qualsiasi tipo di
sberleffo e di satira nei confronti della Chiesa. Ciò non vuol dire che la
satira uscì dalla scena delle comunicazioni di massa o dalle
manifestazioni del pensiero. Più semplicemente, l'oggetto di tale tipo di
comunicazione, si spostò su altri versanti, come ad esempio la politica
internazionale, assumendo, tra l’altro, forti coloriture nazionalistiche e
patriottiche con lo scoppio della grande guerra
10
. Dopo la grande guerra,
e a seguito del rinnovato ed euforico clima culturale, sorsero nuovi
periodici satirici, tutti accomunati da una vocazione schiettamente
antifascista (soprattutto dopo il sanguinoso delitto Matteotti). Gli effetti, o
meglio dire le reazioni di tali movimenti culturali non tardarono ad arrivare.
Le reazioni del regime furono graduali, estrinsecandosi inizialmente in
meri atti di devastazione delle redazioni e delle tipografie, finendo
successivamente (anche a seguito delle leggi liberticide del 1925), con lo
stravolgimento totale del concetto di libertà di stampa, cosi come lo
conosciamo noi, che fu definitivamente soppresso. I bersagli preferiti di
queste riviste, nei casi in cui non ricadevano nella mannaia della censura,
raffiguravano un Mussolini supermascellato, identificandolo alle volte
come scimmia e altre volte come un lupo. Neanche il Re fu esente dalla
satira, raffigurato per la maggior parte delle volte come una vittima
consenziente della dittatura in camicia nera. La satira del tempo non
risparmiò neanche l'opposizione, dipingendo, ad esempio, l'oramai
anziano Giolitti come fautore di un’opposizione lassista e “all'acqua di
rose” che, di fronte alle sopraffazioni fasciste, si trincerò dietro il neutro
consiglio di “portare pazienza”.
La satira prese veramente vigore una volta finita la seconda guerra
mondiale e con la caduta del regime fascista. I periodici del tempo,
affilavano la loro arguzia traendo spunti dal riciclaggio degli ex fascisti
nelle istituzioni, dal disagio dei reduci, dal mercato nero e dai facili e
sospetti guadagni dei nuovi ricchi. La satira assunse sempre più tratti
10
Tra le testate che meritano menzione, vi troviamo il “420”, settimanale anti tedesco fondato a
Firenze nel 1914.
11
politicizzati, con la nascita di veri e propri schieramenti sia di destra sia di
sinistra
11
. Negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, le caricature e la satira si
spostarono sempre più nei rotocalchi, perdendo cosi quell’autonomia che
si atteggia come un postulato essenziale per l'indipendenza intellettuale.
Inoltre, pure il boom e il benessere economico tolsero smalto alle matite
più graffianti e incisive, perdendo così notevole portata evocativa.
Tuttavia, la satira assunse nuovamente vigore e forza comunicativa, solo
dopo gli scandali esplosi a seguito di mani pulite, che, mi si perdoni il
gioco di parole, ripulì in pochi mesi buona parte della classe politica
italiana. Inoltre, utilizzando i nuovi mezzi offerti dalle tecnologie, oltre alla
consueta televisione e la radio, nacquero nuovi bacini informativi. Grazie
all'avvento di internet, sono oramai diverse decine di migliaia i siti web che
comunicano ai loro utenti contenuti di stampo satirico
12
.
A prescindere dai mezzi comunicativi utilizzati, tuttavia, sembra esistere
un filo conduttore che lega il presente con il passato, e cioè la vignetta o
l'articolo satirico continueranno a essere i segni più evidenti di uno stato
d’insofferenza capace di parlare al potere più di quanto possano fare
centinaia e centinaia di studi e dotte indagini sociologiche.
11
Tra i più rilevanti dei due schieramenti vi troviamo: il Pettirosso (nato nel 1944, intraprese
un’intensa campagna antimonarchica), l'uomo che ride (schierato su posizioni di destra e
palesemente anticomunista). In questo fervore di forte rinascita politica, riprese vigore anche la
tradizione satirica anticlericale, scatenata non appena si prefigurò la potente alleanza tra cattolici,
clero e borghesia.
12
Uno dei primi portali che prese piede nella rete fu il sito “da clarence” o siti come “Giuda” con
l’intento di continuare la vetusta tradizione della satira di sinistra anti-papalina.
12
2. Art. 15 e la diversa ratio della libertà delle comunicazioni
riservate e della libertà di manifestazioni
L'art. 15 della costituzione implicitamente sancisce una distinzione
all'interno del dianzi proclamato diritto della libertà di espressione del
pensiero.
Infatti, ai sensi del suddetto art.15 cost., la libertà e la segretezza della
corrispondenza, e di ogni altra forma di comunicazione, sono inviolabili e,
proseguendo al comma successivo, le eventuali limitazioni possono
avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria e con le
garanzie stabilite dalla legge.
La libertà di espressione, quindi, viene riconosciuta e tutelata sotto un
duplice aspetto. L'art.15 cost. tutela la libertà della corrispondenza e di
ogni altra forma di comunicazione, e l'art. 21 cost., invece, sancisce la
libertà di manifestare il proprio pensiero con la parola, con lo scritto e con
ogni altro mezzo di comunicazione. A una preliminare e distratta lettura,
sembrerebbe esistere una sostanziale coincidenza di principio, nonché di
contenuti, tra l'art 21 cost. e l'art 15 cost.
Tale impressione, tuttavia, viene del tutto smentita dalle differenti ratio di
tali libertà. Infatti, mentre l'art.15 cost. tutela la libertà di espressione nella
sua forma essenzialmente “riservata”, l'art. 21 cost., invece, tutela le
manifestazioni c.d. “pubbliche”.
La libertà di comunicazione e la libertà di manifestazione del pensiero si
distinguono tra loro, soltanto per la diversa modalità utilizzata per far
giungere al destinatario il proprio pensiero. In effetti, mentre le espressioni
del pensiero tutelate dall'art.15 cost., in quanto coperte da segretezza,
devono necessariamente indirizzarsi a destinatari previamente individuati
e non fungibili, le espressioni tutelate e disciplinate dall'art. 21 cost.,
invece, essendo per loro stessa natura manifestazioni (quindi pubbliche),
sono inconciliabili con la segretezza.