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CAPITOLO I
L’AFFITTO D’AZIENDA:
MOTIVAZIONI E VALUTAZIONI
ECONOMICHE
1. Inquadramento dell’operazione.
L’affitto d’azienda rientra nel novero delle operazioni
straordinarie che caratterizzano l’economia delle imprese.
Queste ultime assumono carattere straordinario in quanto
non sono comprese nelle ordinarie operazioni di gestione,
ma sono <<strumenti con cui assicurare lo sviluppo
aziendale ovvero ricercare ridimensionamenti strategici e
flessibilità, ma sempre al fine di migliorare la posizione
competitiva e di creare valore>>
1
. In tale scenario l’affitto
d’azienda si presenta come una operazione del tutto
particolare. Esso è una delle modalità con la quale si attua
la “circolazione” del complesso aziendale ovvero il
trasferimento dello stesso. La “circolazione” dell’azienda
può avvenire tramite negozi che ne modificano la titolarità
(cessioni, conferimenti, donazioni ecc) o per mezzo di
contratti finalizzati al godimento della stessa come
l’usufrutto e, per l’appunto, l’affitto. In sostanza un
trasferimento di un’azienda si attua in tutti i casi in cui muta
il soggetto che si occupa della gestione, ma non sempre ciò
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L. Potito- Le operazioni straordinarie nell’economia delle imprese- G.
Giappichelli Torino, 2009, pag. 3.
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comporta, e l’affitto ne costituisce l’esempio più lampante,
un mutamento della titolarità della proprietà del complesso
aziendale. Avendo inquadrato l’ambito delle operazioni in
cui rientra l’affitto d’azienda non resta che cercare di
fornire una definizione intesa da un punto di vista
economico-aziendale, rimandando gli aspetti propriamente
giuridici del contratto al secondo capitolo. In prima
approssimazione l’affitto d’azienda implica il trasferimento,
limitato nel tempo, del complesso aziendale con una
momentanea dissociazione tra il proprietario dell’azienda e
chi dell’azienda altrui si avvale per l’esercizio dell’impresa.
In altre parole attraverso questa operazione <<il titolare
dell’azienda attribuisce ad un altro soggetto, verso un
corrispettivo e per un periodo di tempo determinato, il
diritto alla gestione della medesima ed a trarne i relativi
frutti
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>>. Individuiamo due soggetti che prendono parte
all’operazione: il locatore-proprietario e l’affittuario-
conduttore ed in più cogliamo dalla definizione, seppur in
maniera approssimativa, i punti salienti del concetto di
affitto d’azienda:
la scissione tra proprietà e godimento dell’impresa;
i diversi profili di rischio delle parti;
la temporaneità dell’operazione.
La prima circostanza che, senza dubbio, merita
considerazione è la già citata dissociazione tra la
proprietà e il godimento del complesso aziendale: la
titolarità dell’impresa permane in capo al proprietario,
mentre l’affittuario acquisisce il diritto al godimento della
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A. Musaio- L’economia dell’azienda in affitto- Giuffrè, 1995, pag. 6.
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stessa ed è tenuto a gestirla sotto la ditta che la
contraddistingue, senza modificarne la destinazione ed in
modo da conservarne l’efficienza dell’organizzazione e
degli impianti, nonché le normali dotazioni di scorte
3
. Per
tutta la durata del contratto, quindi, l’affittuario diviene
“imprenditore a tempo determinato”, mentre il locatore
perde la qualifica di imprenditore nel caso in cui non sia
titolare di altre aziende. Inoltre il proprietario non perde lo
status di imprenditore anche quando oggetto del contratto
non sia l’intera azienda ma un ramo della stessa. E’
quest’ultima, infatti, una prassi abbastanza diffusa nelle
aziende di grandi dimensioni in quanto l’affitto di una sola
parte dell’impresa rappresenta una soluzione abbastanza
agevole, specie se il ramo in questione è un’attività in
perdita o comunque non in grado di generare valore per
l’azienda nel suo complesso. Sulla nozione di ramo
d’azienda è intervenuta più volte la giurisprudenza nel
tempo, a cercare di fornire una definizione maggiormente
chiara
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. In via del tutto approssimativa il ramo d’azienda è
una partizione dell’azienda dotata di autonomia funzionale,
ovvero una entità con connotati propri, autosufficiente,
distinguibile e separabile dal resto del complesso aziendale.
Ebbene con l’affitto di ramo d’azienda il locatore non perde
3
Per una analisi approfondita degli aspetti civilistici del contratto di
affitto d’azienda, su diritti e obblighi delle parti, si rimanda al capitolo
II.
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Si vedano tra le altre: Corte di Cassazione, sentenza n. 5932 del 5
marzo 2008; Corte di Cassazione, Sez Lav., sentenza n. 206 del 2004;
Corte di Cassazione, Sez. Lav., Sentenza n. 19842 del 2003; Corte di
Cassazione, Sez. Lav., sentenza n. 15105 del 2002.
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la qualifica di imprenditore e nemmeno il godimento del
resto della sua azienda, concedendo in locazione solo parte
della stessa per svariati ordini di ragioni.
Porre enfasi sul connotato tipico dell’affitto d’azienda
costituito dal distacco tra proprietà e godimento ci porta
inevitabilmente a dover analizzare il mutamento del profilo
del rischio delle due parti contraenti, che è il secondo
aspetto che rileva analizzare per inquadrare l’operazione. Il
locatore trasforma la struttura rischio‐rendimento che
connotava l’investimento iniziale nella propria attività
economica, assumendo due aspettative:
il rendimento periodico dell’investimento stesso,
contrattualmente certo, ma nella sostanza connesso
alla redditività prospettica dell’azienda trasferita;
il mantenimento del valore economico dell’azienda
trasferita in gestione a terzi per la durata del
contratto.
Facciamo chiarezza. In merito al primo punto ricordiamo
che il locatore concede in gestione la propria azienda (o un
ramo) contro pagamento di un canone periodico, per cui
egli passa dallo status di imprenditore a quello di
investitore, ricevendo una remunerazione rappresentata dal
canone d’affitto che si sostituisce al risultato economico
dell’azienda che di per sé è di natura più incerta e aleatoria.
Il profilo di rischio subisce, quindi, un cambiamento: esso
originariamente, sotto l’aspetto reddituale, era riconducibile
al rischio proprio della gestione d’impresa, mentre ora è
collegato alla possibilità di inadempimento da parte
dell’affittuario riguardo al pagamento del canone
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prestabilito
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. Come accennato, però, il rischio di
inadempimento è di fatto concretamente legato
all’andamento della gestione indipendentemente dalla
tipologia di canone prescelto. Infatti, come sostenuto da
Musaio
6
, il canone d’affitto può essere di tre tipi: fisso,
variabile e semivariabile. Negli ultimi due casi il canone o
una parte di esso è in qualche modo legato (per esempio in
proporzione o in percentuale) al reddito conseguito e perciò
dipende direttamente dal grado di economicità dell’azienda
affittata. In caso di canone fisso, invece, solo
apparentemente l’affittuario perde qualsiasi legame col
rischio di gestione e ciò in virtù del fatto che il canone fisso
potrebbe essere non coperto a causa di un flusso di ricavi
non sufficiente, per cui l’ipotesi della remunerazione fissa
non rende il locatore immune dal rischio di gestione
dell’impresa, anche se, possiamo dire, lo sopporta in
maniera più attenuata o meglio ne è investito solo
indirettamente, viste le tutele giuridiche previste in caso di
inadempimento contrattuale.
In merito al secondo punto il collegamento è con un altro
tipo di rischio a cui fa fronte il locatore, ovvero quello
patrimoniale o, per essere più precisi, quello legato ad
eventuali variazioni del valore del capitale economico
dell’impresa. Quest’ultimo può differire dal valore
patrimoniale in quanto il capitale economico comprende
anche assets intangibili e riassume in un valore univoco le
capacità presenti e prospettiche dell’impresa di generare
redditi. Qualora il capitale economico sia superiore al
valore del patrimonio dell’impresa, che tiene conto solo
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R. Perrotta- L’affitto d’azienda. La disciplina fiscale del conferimento-
Giuffrè, 2007 (Collana: Le operazioni di gestione straordinaria), pag. 2.
6
A. Musaio- L’economia dell’azienda in affitto- op. cit., pag. 17 e ss.
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degli elementi patrimoniali per loro natura tangibili, si parla
di avviamento (per la differenza) ed è proprio questo che il
locatore ha interesse a salvaguardare per tutta la durata del
contratto. Esso, infatti, potrebbe essere intaccato da scelte
di gestione errate effettuate dall’affittuario, il quale dispone,
col contratto in esame, del potere gestorio. Nonostante il
legislatore abbia in qualche modo pensato alla salvaguardia
dell’integrità patrimoniale con un’apposita norma
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che
dispone che le differenze di inventario all’inizio e al
termine dell’affitto debbano essere regolate in denaro, ciò
non toglie che l’affittuario rimane pur sempre un
imprenditore “a tempo determinato” e tendenzialmente non
baserà le proprie decisioni in un’ottica di medio e lungo
periodo. Rappresenta questo il maggiore paradosso che
caratterizza una operazione di affitto d’azienda in quanto,
come sostenuto da Perrotta, <<vi è un conflitto implicito tra
la temporaneità della gestione ad opera dell’affittuario e la
natura dell’impresa, istituto destinato a perdurare nel
tempo. Non è difficile immaginare, ad esempio, che
l’affittuario tenderà a procrastinare il più possibile
l’effettuazione di investimenti strategici- quali ricerca e
sviluppo, formazione del personale, pubblicità,…-
fondamentali per il mantenimento e lo sviluppo della
posizione competitiva dell’azienda, ma con ritorni solo nel
medio e lungo termine, ovvero lo sviluppo di nuovi prodotti
o l’inserimento in nuovi mercati pur considerati strategici,
mentre cercherà di sfruttare il più possibile i vantaggi
7
Ci riferiamo in particolare all’art. 2561 c.c. che dispone la
corresponsione di un conguaglio in denaro da parte di una delle due
parti contraenti in caso di differenze di inventario e, quindi, di
differenze patrimoniali. Dell’interpretazione di detta norma si parlerà
diffusamente nel capitolo II.