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ricerca della vittoria (perché in Italia il successo è solo quando si vince) inficia quei
risultati che un’ azienda dovrebbe perseguire ovvero quelli di bilancio.
Le società di calcio sono in crisi profonda
2
, una crisi strutturale e non solo
congiunturale. I provvedimenti tampone per risolvere le crisi servono a poco.
Occorre esaminare in modo sistematico la struttura del mondo del calcio, verificare
quali sono i punti deboli che sono a origine delle gestioni fatte senza alcun rispetto
dei principi di corretta amministrazione. Due sono gli eventi che hanno inciso
negativamente sulla gestione: la trasformazione del calcio da evento sportivo a
business commerciale e l’ingresso nel mondo del calcio dei diritti televisivi e la loro
gestione.
Il calcio dilettantistico non ha mai presentato problemi di gestione di bilancio e se li
ha presentati erano sicuro di entità meno rilevante; il calcio professionistico invece si
perché richiede una struttura professionale come qualsiasi altra imprese con piani
industriali, finanziari e strategici percorribili e invece chi può permetterselo molto
spesso attende l’intervento munifico del magnate di turno che copre le perdite.
Se non quadrano i conti della gestione sportiva e di quella straordinaria relativa alle
prestazioni dei calciatori e al business commerciale correlato all’evento sportivo
sarebbe giusto fermarsi e mettere ordine nei conti e risanare la gestione sotto
l’aspetto economico, patrimoniale e finanziario. Questo per un periodo non è
avvenuto e si è entrati in spirali quasi da non ritorno, mentre ultimamente, e
soprattutto per quelle società non presiedute da presidenti che annualmente staccano
l’assegno per la copertura perdite, qualcosa in questo senso si è mosso anche se una
soluzione della crisi è ancora ben lontana.
Insomma una situazione non propriamente indicata per un azienda che potrebbe
guardare con interesse alla quotazione in borsa dove la tutela dei risparmiatori e la
razionalità della gestione richiede sicuramente ben altro rigore.
Con questo lavoro analizzerò una delle problematiche più sentite dalle società di
calcio, la valutazione dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori sotto tutti i
suoi aspetti con un accenno al decreto salva-calcio del 2003 e alle sue incongruità;
dopodiché analizzerò la capacità di coniugare successi sportivi e razionalità
2
“La crisi delle società di calcio”, Studio Girello.
9
economica nella gestione della società calcistica per poi passare ad uno stadio ancora
superiore cioè la quotazione in borsa analizzando ciò che è richiesto e ciò che ne
consegue. Tutto questo contestualizzato nell’ambito italiano che come vedremo
presenta problemi maggiori rispetto ad altri paesi europei e una minor
diversificazione nell’ambito dei ricavi.
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CAP. 1
FONTI NORMATIVE E CONCETTI CONTABILI
GENERALI
1.1 BREVE ANALISI DEL SETTORE EUROPEO
Secondo la “Annual Review of Football Finance”, studio annuale di Deloitte, società
mondiale di revisione e consulenza, nella stagione 2006/07, i ricavi dei cinque
maggiori campionati europei di calcio hanno superato, per la prima volta, i 7 miliardi
di Euro. Rispetto la stagione precedente, il mercato europeo del calcio è così
cresciuto di oltre un miliardo di Euro, per un valore di 13.6 miliardi di Euro.
Fra i ‘big five’, per la prima volta dalla stagione 2001/2002, le squadre inglesi della
Premier League hanno generato i maggiori ricavi in ciascuna delle tre categorie
considerate (biglietteria, diritti televisivi e merchandising), riportando ricavi record
di 2 miliardi e 300 milioni di euro in totale nella stagione 2006/07. Il gap di ricavi fra
la Premier League inglese e il concorrente più vicino, la Bundesliga tedesca (1.4
miliardi di euro), si è così ulteriormente allargato a quasi 1 miliardo nel 2006/07.
Nella stagione 2006/2007, i ricavi generati sia dalla Bundesliga tedesca sia dalla Liga
spagnola sono aumentati, da un anno all’altro, del 15%, oltrepassando le squadre
italiane di Serie A. Con il rientro della Juventus in Serie A nella stagione 2007/08 si
prevede una lotta serrata a tre per il secondo piazzamento.
Nella classifica, relativa ai ricavi complessivi nel mondo del calcio per le 20
maggiori squadre, realizzata da Deloitte con lo studio “Football Money League”, il
Real Madrid rimane la squadra più ricca seguita dal Manchester United e dall’FC
Barcelona che conquista il terzo posto.
Il Real Madrid e il Manchester United si sono attestate come le prime squadre di
calcio a generare più di 300 milioni di euro in una stagione. Il Real ha goduto di un
incredibile aumento del 20%, che ha portato il ricavo totale a 351 milioni di euro,
mentre i ricavi del Manchester United sono cresciuti fino a raggiungere i 315 milioni
di euro. Nelle prime 20 posizioni della classifica di Deloitte dominano squadre
europee. Sei squadre inglesi sono quest’anno nella Money League, insieme a quattro
11
tedesche e quattro italiane (AC Milan, Internazionale, AS Roma e Juventus), tre
spagnole, due francesi e una scozzese.
TABELLA DELLE 20 SQUADRE CON MAGGIORI RICAVI IN EUROPA.
ANNO 2006/2007
POS. CLUB NAZION
E
PROVENTI
DA GARE
DIRITTI
TV
RICAVI
COMMERCIALI
TOT. RICAVI
1 Real Madrid Spa 82 133 136 351
2 Manchester
Utd
Ing 139 90 86 315
3 Fc Barcelona Spa 89 107 94 290
4 Chelsea Ing 111 88 84 283
5 Arsenal Ing 135 65 64 264
6 Ac Milan Ita 29 154 46 227
7 Bayern
Munich
Ger 55 61 107 223
8 Liverpool Ing 57 78 64 199
9 Internazionale Ita 30 128 37 195
10 As Roma Ita 24 105 29 158
11 Tottenham
Hotspur
Ing 46 50 57 153
12 Juventus Ita 7 93 45 145
13 Olympique
Lione
Fra 22 70 49 141
14 Newcastle
United
Ing 50 38 41 129
15 Hamburg SV Ger 44 36 40 120
16 Schalke 04 Ger 27 34 53 114
17 Celtic Sco 51 35 26 112
18 Valencia Spa 25 56 27 108
19 Olimpique de
Marseille
Fra 19 46 34 99
20 Werder
Bremen
Ger 22 51 24 97
TOTALE 3724
12
La considerazione quindi che emerge dallo studio in ambito europeo, è che il calcio
rimane uno sport in crescita, specialmente ad alti livelli infatti i ricavi complessivi
per le prime 20 squadre sono cresciuti dell’11% fino ad arrivare a 3 miliardi e 700
milioni di euro nel 2006/2007, il tasso di crescita più alto dalla stagione 2002/2003.
Le prime venti squadre ora generano più di tre volte i ricavi complessivi delle
squadre analizzate nella prima edizione del Football Money League, relativa alla
stagione 1996/97.
Da questi dati quindi si evince che il settore calcio forse non sia in crisi profonda o
almeno non in tutti i paesi, ciò rafforza le problematiche e le difficoltà delle società
italiane che in maniera difficoltosa riescono ad accodarsi ai risultati degli altri paesi,
nonostante presentino a livello europeo e mondiale successi sportivi maggiori
rispetto a quelli delle altre società europee.
1.2 ANALISI DELLA DOMANDA DI CALCIO IN
ITALIA
Il fenomeno calcio in Italia da qualche anno a questa parte sembra mostrare chiari
segnali di crisi la cui manifestazione più immediata è lo svuotamento degli stadi, un
fenomeno che colpisce tutte le leghe nazionali professionistiche salvo casi sporadici
e del tutto particolari
3
.
Il rapporto della Siae sul calcio in Italia del novembre 2006 rileva una riduzione della
spesa per assistere a spettacoli calcistici di circa il 12% in totale controtendenza
rispetto altri sport ed attività ricreative alternative.
Sono diverse le cause alle quali viene attribuito il calo di spettatori negli stadi ma
quella considerata più rilevante è stato l’avvento della pay tv del 1993 con la
successiva evoluzione verso una pay per view nel 1996 per non parlare della
successiva evoluzione tecnologica che ha portato la trasmissione delle partite o dei
suoi highlights sul digitale terrestre, via internet e addirittura sui cellulari.
3
“La domanda calcio in Italia: serie A 1962-2006, Marco Di Domizio, Rivista di diritto ed economia dello sport,
volume 3, 2007.
13
Un’altra causa spesso tirata in ballo cita l’eccessivo costo dei biglietti ma se si va a
confrontarne il prezzo con quello di altri paesi europei si capisce che probabilmente
non è questo il problema maggiore: in altri paesi gli stadi sono pieni e i biglietti
hanno lo stesso costo se non addirittura maggiore; forse il problema va allora
ricercato nello spettacolo offerto e nel luogo ove questo viene rappresentato. Entra
quindi in ballo la ridotta credibilità circa il regolare svolgimento dei campionati
testimoniata dal sempre più frequente intervento della giustizia sportiva e ordinaria e
dalla mancanza di turnover di team competitivi in grado di ampliare la fascia di
squadre vincenti. Non ultima è la questione impianti, vetusti e scomodi in Italia e
poco adatti alla fruizione dell’evento; punto di forza e generatore di ricavi in molti
altri paesi.
1.3 FONTI LEGISALTIVE E FEDERALI
1.3.1 SITUAZIONE FINO AL 1996
Le norme che disciplinano attualmente la redazione dei bilanci delle società di calcio
provengono da una molteplice serie di fonti che spesso ingenerano problemi di
interpretazione e di conflittualità tra ordinamenti: si tratta di NORME
LEGISLATIVE e di NORME FEDERALI.
La più importante delle leggi che hanno regolamentato il settore è stata la legge 23
marzo 1981, n. 91 con la quale le società avevano l’obbligo di costituirsi in forma di
SpA o di Srl per poter stipulare contratti con atleti professionistici; in un altro comma
si escludeva il fine di lucro per le società sportive prevedendo che gli utili realizzati
non potessero essere distribuiti tra i soci, ma dovessero essere reinvestiti nell’attività
sportiva.
L’organizzazione dell’intero settore sportivo italiano è affidata al Comitato Olimpico
Nazionale Italiano (CONI) con legge 16 febbraio 1942 n. 426 e successive
modifiche. Il CONI ha il compito di regolamentare e controllare le federazioni
sportive nazionali delle diverse discipline. Le società calcistiche sono soggette quindi
14
alla potestà regolamentare e al controllo tecnico, legislativo e contabile della
Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e della Lega Nazionale Professionisti
(LNP) ma limitatamente alle società di Serie A e B. A livello giuridico non è ancora
chiaro se la FIGC si deve considerare un ente pubblico o privato: a sostegno della
prima ipotesi si potrebbe dire che la federazione è un’estensione del CONI e quindi
un’entità pubblica; mentre a sostegno della seconda ipotesi si può affermare che la
federazione è l’ente che rappresenta le società di calcio che sono società private e
quindi non può che essere un ente di carattere privatistico.
La FIGC si è poi dotata di norme interne attraverso le Norme Organizzative Interne
della FIGC (NOIF) di cui è importante far notare la parte dedicata ai controlli sulla
gestione economico-finanziaria delle leghe e delle società professionistiche dove si
evidenzia il ruolo di controllo della Federazione per assicurare l’equilibrio
economico-finanziario del settore calcio; le norme istituiscono infatti un organo
destinato ad esercitare tale controllo e a proporre alla FIGC eventuali sanzioni in
caso di violazione: stiamo parlando della Commissione di Vigilanza Società di
Calcio (Co.vi.soc.). Il controllo amministrativo viene svolto attraverso l’esame dei
bilanci di esercizio e delle situazioni finanziarie trimestrali da redigersi secondo
modelli base, la Co.vi.soc può richiedere documenti e dati alle società ed
eventualmente convocare amministratori e sindaci delle stesse. Tra gli allegati alla
fine sono presenti alcuni di questi documenti.
La Lega Calcio gode di autonomia organizzativa e amministrativa nella gestione
dell’attività agonistica e dei campionati di Serie A e B, controlla il rispetto della
normativa sportiva da parte delle società e coordina il trasferimento dei giocatori,
agendo come camera di compensazione per i pagamenti e come garante per il
versamento dei prezzi concordati per la cessione. La normativa prevede l’obbligo di
versare l’indennità di preparazione e promozione per il trasferimento di atleti
professionisti nell’ambito della circolazione comunitaria.
15
1.3.2 CASO BOSMAN
Il 15 ottobre 1995 un’incredibile spinta all’innovazione normativa del settore fu data
dalla storica sentenza Bosman
4
. Il giocatore, Bosman appunto, sostenne che come
cittadino dell’Unione Europea aveva diritto di libertà e di movimento all’interno dei
confini europei (art. 48 del Trattato di Roma), ma il sistema dei trasferimenti in atto
ostacolava l’esercizio di questo diritto; la Corte di Giustizia darà ragione al giocatore
prevedendo quindi che ogni calciatore comunitario a fine contratto sarà libero di
trasferirsi in un club appartenente a qualsiasi paese dell’Unione Europea senza che la
nuova società debba pagare un’indennità alla società precedente. Altro punto toccato
dalla sentenza è sul numero limitato di calciatori di altri stati membri che si potevano
schierare, viene tolto il limite perché anche questo contrario ai principi del Trattato di
Roma.
1.3.3 ABOLIZIONE DEL VINCOLO
Prima della sentenza Bosman i calciatori erano vincolati alle proprie società di
appartenenza e questi non potevano in alcun modo e per nessun motivo trasferirsi
senza l’assenso della società di appartenenza.
In Italia il vincolo è stato oggetto di numerose discussioni, attacchi (Associazione
Italiana Calciatori) e di strenue difese soprattutto dai presidenti delle società aderenti
alla LNP e successivamente sostenuti anche dalle FIGC.
I favorevoli al vincolo evidenziavano i possibili effetti negativi della sua abolizione:
- rischio di concentrare i giocatori migliori nelle società a più alto potenziale
economico;
- riduzione incertezza dei risultati ed interesse al campionato;
- graduale scomparsa dei vivai;
4
Il business del calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari, Alessandro Baroncelli, Umberto Lago, Stefan
Szymanski, 2004.
16
- riduzione sensibile delle rose dei calciatori;
Quindi si riteneva che il vincolo costituisse, visto anche l’indubbio contenuto
patrimoniale, una funzione essenziale ed insostituibile per le società. C’è da dire
anche che le società tendevano ad aumentare i loro organici perché anche i giocatori
che non trovavano sistemazione venivano iscritti con il loro valore presunto e quindi,
in questa maniera, si poteva mascherare deficit appariscenti.
Parere opposto della AIC che sostenendo che le società di calcio erano imprese
normali considerava il vincolo come una limitazione illegittima della libertà dei
calciatori.
Tali discussioni produssero comunque i suoi effetti con l’approvazione della legge
già citata in precedenza: la 91/1981
5
entrata in vigore però nel 1986.
Con tale norma l’atleta professionista venne qualificato come lavoratore dipendente
e non costituiva più patrimonio sostanziale per le società; l’atleta era infatti libero di
stipulare un nuovo contratto, della durata massima di 5 anni, previo versamento dalla
nuova alla vecchia società di un’indennità di preparazione e promozione determinata
in base ad una serie di parametri.
1.3.4 SITUAZIONE DAL 1996
La prima conseguenza della sentenza Bosman è stata l’eliminazione dell’obbligo di
versare l’indennità di preparazione e promozione per gli atleti professionisti in
ambito di circolazione comunitaria che resta in vigore solo nel caso distipulazione
del primo contratto da professionista.
La legge 91/1981 viene modificata con la legge 18 novembre 1996, n 586
comportando un importante trasformazione cioè l’eliminazione della preclusione, per
le società sportive professionistiche, della distribuzione ai soci dell’utile d’esercizio
realizzato per il perseguimento esclusivo dell’attività sportiva (obbligo del 10% re-
investito nelle scuole giovanili) e del residuo attivo della liquidazione, rendendole
5
La legge 91/1981 è suddivisa in quattro capi, di cui il primo (artt. da 1 a 9) dedicato allo sport professionistico,
il secondo (artt. da 10 a 14) alle società sportive e alle Federazioni sportive nazionali, il terzo, composto dal solo
art. 15, alle disposizioni tributarie, l’ultimo (artt. da 16 a 18) alle disposizioni transitorie e finali.