3
cinque sentenze emesse dalla Corte di Cassazione e con la decisione della
Corte Costituzionale hanno aperto il “nuovo” corso del danno non
patrimoniale. Grazie al forte apporto di tutti i formanti, dottrinale, legislativo,
e giurisprudenziale, nel corso dei due anni successivi al “scossa tellurica” del
2003, si è realizzato nella struttura del sistema di risarcimento del danno non
patrimoniale un mutamento epocale sia sotto il profilo delle riguardante la
classificazione delle voci destinate ad essere ricondotte nell’area non
patrimoniale del danno sia sotto il versante relativo all’ampliamento dei
margini di risarcibilità riconosciuti ai pregiudizi non suscettibili di valutazione
economica. Infatti le nuove figure di danno non patrimoniale che hanno
trovato riconoscimento nella più recente giurisprudenza, prima fra tutte quella
del “danno esistenziale”, hanno posto in evidenza le incongruenze logiche e
giuridiche di un’“ermeneutica bipolare” dichiaratamente incostituzionale,
inadeguato a fornire una rappresentazione generale e coerente di un sistema di
responsabilità civile comprensivo di ogni forma di danno e ogni forma di
riparazione. E questo dopo che, per tanti anni, il danno non patrimoniale era
stato trascurato dalla dottrina, relegato ai margini e valutato con sostanziale
indifferenza dal legislatore, e ben poco diffuso nella pratica giurisprudenziale.
Ora invece è tornato come protagonista assoluto del “nuovo volto” della
responsabilità civile, esito di un processo indirizzato a riconoscere una
protezione effettiva della persona umana, anche in relazione alle lesioni della
sua sfera della realizzazione. In particolare, attraverso la figura del danno
4
esistenziale si garantisce una tutela a lesioni di posizioni giuridiche soggettive
legate alla realtà quotidiana dell’individuo che da sempre erano rimaste prive
di protezione e un adeguamento del risarcimento sempre più al caso concreto.
La sensazione che si ha dopo l’analisi dei profili strutturali, funzionali e civil-
costituzionali del sistema della responsabilità civile, è che il mutamento che si
è realizzato sia ancora in una fase “sperimentale” e debba ancora assumere i
contorni definitivi, specialmente in riferimento al problema della
quantificazione del risarcimento. Infatti, una volta che si riconosce un
allargamento dei confini dell’area del danno non patrimoniale oltre i
tradizionali ristretti limiti delle incrostazioni dottrinali che lo vedevano
strettamente ancorato al pregiudizio di carattere morale, appare indispensabile
definire quali siano i “nuovi” ambiti da riportare nel concetto di “lesione di
valori inerenti alla persona”, senza però cadere nelle insidie dell’anarchia
giurisprudenziale, la quale rischierebbe di portare a un sistema in cui la
concreta quantificazione del danno avvenga in maniera casuale, con grave
pericolo di lesione del principio inderogabile dell’integrale riparazione del
danno e dell’esigenza di certezza del diritto.
Lo scenario certamente più interessante in cui sta prendendo corpo questa
nuova concezione dal danno non patrimoniale è quello della responsabilità
contrattuale, in particolare quello del danno non patrimoniale da
inadempimento, anche se, ad una prima reazione “l’accostamento del danno
esistenziale all’inadempimento contrattuale sembrerebbe toccare i confini
5
dello scandalo, poiché il contratto, mezzo prediletto dai privati per la
disposizione dei propri patrimoni, luogo ideale di composizione di
contrapposti interessi economici, sembra in quanto tale del tutto estraneo alla
sfera personale dei soggetti in esso coinvolti…” Ma, tali obiezioni non
reggono di fronte all’evoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni, ossia “di
fronte alla storia di tutti i giorni delle aule di tribunale italiane e non solo”
1
1.2 Evoluzione del danno non patrimoniale
Il profondo revirement che si è avuto in questi ultimi anni nell’universo del
sistema della responsabilità civile è la “logica e inevitabile conseguenza della
crisi del tradizionale sistema bipolare” basato sulla dicotomia “danno
patrimoniale / danno non patrimoniale” di fronte “all’eredità problematica”
della tutela effettiva della persona umana nella sua complessa individualità,
cioè al di fuori dei frustranti limiti della rigorosa altenativa tra patrimonialità/
sofferenza d’animo
2
. Infatti il sistema tradizionale bipolare della responsabilità
1
Cfr. BIGOTTA F., Inadempimento contrattuale e danno esistenziale, in Giurisprudenza
Italiana, 2001,.1159-1162.
2
Per approfondimenti vedi l’amplia dottrina in merito :PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, A. I
nuovi danni e la funzione della responsabilità civile ,in Danno e resp., 2003, II, 461-475;
MONATERI-BONA-OLIVA, // nuovo danno alla persona, Milano, 1999, 456; METAFORA V., Il
danno non patrimoniale e la sua riconduzione nell’alveo dell’art. 2043 c.c.,Editoriale
Scientifica, 2004, Napoli, 327; NAVARRETTA E. I nuovi danni non patrimoniali, Milano,
345; AA.W., Trattato breve dei nuovi danni, a cura di Cendon, Padova, 2001,1, II, III;
FRANZONI. il danno esistenziale come sottospecie del danno alla persona, RCP, 2001, 777;
PONZANELLI, Attenzione: non è danno esistenziale, ma vera e propria pena privata, in
Danno e responsabilità, 2000, 841; PARDOLESI R., Profili di illecito e risarcimento del
danno, Milano, 2005
6
civile fornisce una piena tutela solo alle lesioni della persona che hanno
ripercussioni negative sul patrimonio del danneggiato poiché causa di mancati
guadagni o decurtazioni, ma risulta del tutto inadeguato nel tutelare tutti gli
altri i possibili profili di danno, pregiudizievoli della dimensione personale
dell’individuo, che non possono essere assorbiti, neanche tramite delle
forzature all’ interno dell’ ambito patrimoniale
3
. Il problema di fondo è,
quindi, quello di definire i confini della responsabilità civile, selezionando, tra
i diversi pregiudizi, quelli che possono ritenersi risarcibili sia sotto il profilo
dell’ an respondeatur che quello del quantum respondeatur legislatore a
seconda che vi sia la lesione di una situazione giuridica soggettiva o di un
interesse legittimo
4
.
1.2.1 La prima stagione: il solo danno morale soggettivo da reato
Se il risarcimento delle perdite economiche non ha mai incontrato, perlomeno
in linea di principio, ostacoli nella sua affermazione, invece le sofferenze, i
dolori, i pregiudizi "immateriali" e, più in generale, le alterazioni negative
dell'esistenza hanno assunto rilevanza sotto il profilo risarcitorio solo dopo
3
Cfr. il breve saggio dal titolo Una voce contraria alla risarcibilità del danno esistenziale in
Danno e resp.,2002, .339. Inoltre per una esaustiva e ragionata rassegna di dottrina e
giurisprudenza sulla risarcibilità del danno morale, anche con riferimento all'abrogato codice
del 1865, si rinvia a BONILINI, il danno non patrimoniale, Milano 1983, 114
4
Ricorda L. COVIELLO (v. id., L'art. 185 c.p. e la risarcibilità dei danni morali in materia
civile, in Riv. dir. civ. 1932, 314) che, almeno fino agli inizi del XX secolo, "/a risarcibilità
del danno morale è ammessa dalla dottrina e dalla giurisprudenza con tanta costanza da
rendere quasi inutile una discussione ".
7
una lunga evoluzione, uno slow train coming
5
. Infatti, sin dall'epoca romana e
per tutto il medioevo imperversò il principio, sintetizzato da Gaio, per cui se il
danno alla persona non è traducibile in valori economici perduti, esso non è
neppure risarcibile, poiché "liberum corpus nulla recepit
aestimationem"
6
.Quindi, in tutta Europa, sino alle soglie del XVIII secolo, il
risarcimento dei danni non patrimoniali rimase relegato ai margini estremi del
diritto. Tutto ciò malgrado alcuni giuristi, tra cui in particolare Pufendorf1,
avessero già ampiamente teorizzato la risarcibilità dei danni non patrimoniali
da lesioni personali
7
.
Solo intorno al settecento alcuni Paesi, tra cui soprattutto l'Inghilterra,
iniziarono ad allargare gli schemi risarcitori ai c.d "non pecuniary loss", pur
restando l'approccio centrato sulle conseguenze economiche delle lesioni
personali. In Italia le corti iniziarono a risarcire il danno morale solo nel XIX
secolo, ma usando un parametro per la liquidazione del danno alla persona
ancora ancorato ad una visione strettamente patrimonialistica del pregiudizio,
come emerge dalla c.d. "regola del calzolaio" coniata nel secolo scorso da
Melchiorre Gioia e emblematica della prassi dell'epoca: "un calzolaio, per
esempio, eseguisce due scarpe e un quarto al giorno; voi avete indebolito la
sua mano che non riesce più a fare che una scarpa; voi gli dovete il valore di
5
Il riferimento è in particolare all’attenta analisi storica della categoria del danno non
patrimoniale svolta da BONA M., MONATERI P.G. Il nuovo danno non patrimoniale, IPSOA
6
Cfr. Digesto 9.4.7. (Gaius, LiberVI).
7
Cfr. PUFENDORF, Ius naturae et gentium, 1744, Francoforte e Lipsia, 3, 1, 8. Sul danno
alla persona nel diritto naturale: KUPlSCH, La responsabilità da atto illecito nel diritto
naturale, in La responsabilità civile da atto illecito nella prospettiva storico-comparatistica,
a cura di VACCA, Torino, 1995, 123
8
una fattura di una scarpa e un quarto moltiplicato per il numero dei giorni
che gli restano di vita,meno i giorni festivi”
8
.
Agli inizi del novecento vi era una netta resistenza all'allargamento dello
schema risarcitorio ai danni non patrimoniali, dovuto a ragioni
sostanzialmente di ordine morale, per cui sarebbe immorale comparare il
dolore con il denaro, a difficoltà di ordine probatorio e alla impossibilità di
stabilire un'equivalenza tra danno e risarcimento.
In questo particolare clima culturale intervenne poi il legislatore del '42 che,
all'art. 2059, riconosce la risarcibilità del danno non patrimoniale,
intendendolo come danno morale soggettivo, (ovvero con il perturbamento
transeunte dello stato d’animo), ma limitatamwente al solo caso in cui il
patema d’animo derivasse da un reato, in base al richiamo dell’ art. 185 c.p. .
Tale concezione, riflesso di un epoca storica che attribuiva al diritto penale un
ruolo gerarchicamente sovraordinato al diritto civile e già anticipata nel
progetto italo - francese del libro delle obbligazioni del 1928, costituiva una
netta cesura con il precedente sistema di responsabilità civile del codice del
1865, il quale, ispirandosi al modello francese, non statuiva nulla sul punto e
lasciava dunque spazio a una risarcibilità illimitata del danno non
patrimoniale. Infatti, l’istituto della riparazione pecuniaria, disciplinato all’art.
1151 c.c. del codice civile del 1865 sanciva che “qualunque fatto dell’uomo
8
Cfr. MELCHIORRE GIOIA, Dell'ingiuria dei danni, del soddisfacimento e relative basi di
stima avanti i Tribunali civili, Lugano, 1840, 167. Inoltre vedi la tesi di FRONSALI, Reato,
Danno, sanzioni, Padova, 1932, comprensibilmente influenzata anche dall’epoca storica:
“Lo Stato ha per primo il diritto e il dovere di proteggere se stesso, mente la protezione
degli individui avviene in quanto utile allo Stato”.
9
che arreca danno ad altri, obbliga quello per colpa del quale è avvenuto a
risarcire il danno” Il problema era che, in base a una tale formulazione, tratta
quasi alla lettera dall’art. 1328 del Code Napoleon, si poteva risarcire
qualsiasi pretesa risarcitoria, anche la più improbabile, basata su pregiudizi
bizzarri o soltanto supposti, e ciò dava luogo a liti insensate e pretestuose . Le
corti di merito, dal canto loro, spinte dalla dottrina,avevano cercato di porre
fine a queste liquidazioni di danni non patrimoniali quasi “impalpabili” e
spesso bagatellari, arrivando però all’estremo opposto, cioè all’ “irrisarcibilità
assoluta”, tramite la negazione ex se della dignità risarcitoria di tali
pregiudizi. Ma anche tale posizione non era sostenibile,poiché era causa di
iniquità e potenti ingiustizie.
9
Così il legislatore del 1942 aveva pensato di dar
soluzione al problema, assumendo una posizione “mediana”, cioè accogliendo
la risarcibilità dei danni non patrimoniali, ma “soltanto nei casi previsti dalla
legge”. In particolare, il legislatore del ‘42 aveva preso come modello per la
formulazione dell’art. 2059 c.c. il § 253 del BGB ( che concedeva nei casi
previsti dalla legge il risarcimento degli “Immaterialer schaden”), ma non ne
era riuscito a farne una fedele trasposizione, perché aveva omesso di
specificare i casi previsti dalla legge, come invece prevedeva il § 847 del
9
Cfr. ROSSETTI,M.Il danno da lesione della salute. Biologico-Patrimoniale-Morale,
Padova, 2001, 84; MONATERI, «Alle soglie»: la prima vittoria in Cassazione del danno
esistenziale, in Danno e responsabilità, 2000, 836; LIBERATI, La liquidazione del danno
esistenziale, 2004, Padova; FRANZONI M.Il danno esistenziale come sottospecie del danno
alla persona, in Responsabilità civile e previdenza, 788; SCALISI A Il danno esistenziale: la
“svolta” della Suprema Corte di Cassazione “avallata” quasi in simultanea dalla Corte
Costituzionale in La Nuova giurisprudenza civile commentata, 1, pt. 2, 87
10
BGB, in base al quale il danneggiato poteva pretendere non equo risarcimento
del danno non patrimoniale nel caso di lesione del corpo o della salute
10
.
Infatti, pur condividendo l’idea di base dell’ordinamento tedesco che la
“riparazione del danno morale è una autentica pena”, non aveva recepito
l’indicazione tecnica di disciplinare il ristoro della pecunia doloris come un
mero indennizzo, costruendolo invece secondo la logica (privatistica)
compensativa del risarcimento. In conclusione, nell’impianto del codice del
‘42, l’obbligo di risarcire il danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. nei limiti
dell’art. 185 c.p., aveva una “ doppia” funzione: non solo quella riparatoria
tipica della tutela aquiliana, ma soprattutto quella afflittiva consistente nella
prevenzione dell’illecito e nella punizione del reo anche in chiave civilistica
11
,
come emerge dalla ratio legis dell’art. 2059 c.c, specificata nella Relazione
10
"Grazie a questo accidente, la vigente disciplina in tema di danno non patrimoniale ... si
caratterizzerà per la presenza di una norma "monca" (l'art. 2059 c.c.), perché privata del
necessario riferimento di cui al § 847 del : così censura la "disattenzione" del legislatore del
'42 nella trasposizione del combinato disposto dei §§ 253 e 1-447 nel nostro codice civile
PROCIDA MIRABELLI DI LAURO (v. ID., // danno ingiusto dall'ermeneutica "bipolare'' alla
teoria generale e "monocentrica" della responsabilità civile), in Riv. crit. dir. priv. 2003
(parte I, pp. 956; parte II, pp. 219-264) dove. tra l'altro, si osserva – richiamata l'attenzione
sulle peculiarità del sistema italiano della responsabilità civile, frutto di "una imperfetta e.
comunque, compromissoria imitazione di due modelli (quello francese, per quanto riguarda
l'art. 2043 c.c. con l'aggiunta del fondamentale criterio dell'ingiustizia, e quello tedesco in
relazione all'uri. 2059" - che anche in Germania, si è avvertita la necessità "di elaborare in
via ermeneutica ulteriori figure (allgemeine Personlichkeitsrecht, ad esempio), proprio al
fine di proteggere quelle situazioni esistenziali, considerale meritevoli di tutela anche a
livello costituzionale, che non risultassero riconducibili nelle fattispecie legali
specificamente previste.
11
Cfr. ZENCOVICH, La responsabilità civile da reato, 1989, Cedam, Padova, secondo il
quale “pur dovendosi ammettere che nella riparazione del danno non patrimoniale
coesistevano componenti diverse…nelle varie combinazioni di retribuzione e soddisfazione,
deterrenza e promozione, riparazione e riequilibrio, presenti in tutti i tipi di sanzioni civil, la
pena privata non costituisce una categoria a parte, bensì una qualifica da attribuire a quelle
forme di reazione in cui sia presente l’intento punitivo”.
11
Ufficiale del Guardasigilli: “ Circa il c.d. risarcimento dei danni morali, si è
ritenuto di non estendere a tutti la risarcibilità che l’art. 185 c.p. pone solo
per i reati. La resistenza della giurisprudenza a tale estensione può
considerarsi limpida espressione della nostra coscienza giuridica . Questa
avverte che soltanto nel caso di reato è più intensa l’offesa all’ordine
giuridico ed è maggiormente sentito il bisogno di una più energica
repressione anche con carattere preventivo.” Come si evince da tali parole, la
tutela risarcitoria della persona non era tra le preoccupazioni prioritarie del
legislatore del '42, ma il risarcimento del danno non patrimoniale assolveva
più che altro alla funzione di sanzione. Tale originaria funzione sanzionatoria
si è però persa nel corso del tempo fino ad essere del tutto assente nell’attuale
visione della responsabilità civile, finalizzata esclusivamente alla rimozione
del danno ingiusto in termini di restituito in integrum del danneggiato
mediante l’obbligazione risarcitoria posta a carico di un altro soggetto
individuato attraverso molteplici criteri di imputazione. In base a queste
premesse, il danno non patrimoniale, nella sua originale concezione, era una
“sanzione” diversa e ulteriore rispetto alla sanzione penale, irrogata in chiave
affittiva nei confronti del danneggiante per la lesione di interessi o beni,
rispetto ai quali non può utilmente utilizzarsi il principio della restituzione
integrale. E questo perché la pecunia doloris non è comunque mai suscettibile
di integrale risarcimento, ma solo di ristoro sotto forma di indennizzo
pecuniario, sia per l’impossibilità storica di ripristinare la situazione quo ante,
12
sia per l’impossibilità di determinare esattamente l’esborso monetario
equivalente al pregiudizio subito dal danneggiato, il quale riceve solamente
una soddisfazione di tipo consolatorio in chiave satisfattiva e mai
compensativa per le conseguenze dannose dell’illecito subito. Infatti, il danno
civile veniva comunque annesso al danno c.d. criminale, come “due cerchi
che, se in alcuni casi coincidono, in altri casi coincidono solo in parte o non
coincidono punto ”. Di qui, la conclusione che fino agli anni ‘70, il danno non
patrimoniale costituiva una sorta di “sanzione civile indiretta”, cioè una
conseguenza giuridica sfavorevole a “carattere composito”, ovvero punitivo
per il danneggiante, satisfattivo per il danneggiato, e preventivo per la
collettività, come tutt’oggi è l’istituto di common law dei punitive damages
12
.
Lo schema tracciato dal codice civile per i risarcimenti finì per bloccare
l'evoluzione del sistema risarcitorio per lungo tempo, portando l'Italia ad avere
un sistema risarcitorio anomalo e arretrato rispetto ad altri Stati europei, tra cui
in particolare la Francia. La storia successiva del danno non patrimoniale fu
quindi, in larga misura, caratterizzata da molteplici tentativi di superare,
aggirare o espungere l'art. 2059 c.c. A conferma di una tale lettura, vi era pure
il ristretto ambito di applicazione dell’art. 2059 c.c. in confronto con il suo
12
Sul tema si segnala l’opera di PONZANELLI, I punitive damages nell’esperienza
nordamericana,in Rivista critica del diritto privato, 1983, fasc. 1, pp.462. La definizione di
una tale figura è data da Norris, Non-pecuniary losses, 2004,Cambridge University press,
secono il quale “ a jury may inflict what are called exemplary, punitive, or vindictive
damages upon a defendant having in view the enormity of his offence rather than the
measure of copensation to the plaintiff.” In argomento si segnala il contributo, in chiave
comparatistica, di DI BONA DE SARZANA, Funzioni e modelli giurisprudenziali del danno
non patrimoniale, in Danno e responsabilità,2004, fasc. 5, pp.589
13
speculare dell’art. 2043 c.c.. Sotto l’etichetta di danno non patrimoniale l’art.
2059 c.c. disciplinava solo le ipotesi residuali di danno risarcibile
tassativamente previste dalla legge non rientranti nell’area ben più estesa del
danno patrimoniale
13
, coerentemente con la natura bipolare dell’intero sistema
della responsabilità civile “..la tutela risarcitoria a carattere satisfattorio-
punitivo, che.. rientra nell’alveo dell’art. 2059 c.c. e la tutela compensativa
che… coincide con l’area di applicabilità dell’art. 2043 c.c.”
14
La ragione
della diversa estensione dei due articoli è data proprio dall’importanza
fondamentale data al requisito della patrimonialità del pregiudizio come
parametro per la liquidazione del danno alla persona: poiché le conseguenze
lesive avevano rilievo, fatte salve le ipotesi di reato (ma per il solo pretium
doloris-sanzione), unicamente sotto il profilo dei riflessi di carattere
economico, il quantum veniva individuato avendo a riferimento il reddito
effettivo, virtuale o figurativo della vittima. In sintesi, centrale nel sistema
13
Nota CASTRONUOVO, Dal danno alla salute al danno alla persona, in Riv.crit.dir.priv.,
1996, pp.248, secondo cui “l’art. 2043 c.c. e l’art. 2059 c.c. non si trovano sullo stesso
piano normativo, non sono cioè due fattispecie di responsabilità riguardanti l’una il danno
patrimoniale e l’altra il danno non patrimoniale….l’art. 2043 c.c., è, infatti, disciplina di
una fattispecie completa in tutti i suoi elementi, l’art. 2059 c.c. si appunta di un solo
elemento della fattispecie, quel danno conseguente a una lesione che non sia suscettibile di
una valutazione economica , prevedendone un risarcimento limitato alle ipotesi tipiche…”
ed ancora ribadisce CASTRONUOVO “l’art. 2059 c.c. non è il pendant dell’art. 2043 c.c.,
bensì dell’art. 1223 c.c.; esso non disciplina la lesione di un bene tutelato, ma la perdita non
matrimonialmente apprezzabile della lesione di un interesse patrimoniale o non
patrimoniale..”.
14
Così testualmente MARELLA, La riparazione del danno in forma specifica,Padova, 1999,
p. 254. Aderisce a questa impostazione PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I “nuovi” danni e le
funzioni della responsabilità civile, in Danno e Responsabilità, 2003, fasc. 4, pp. 461-475;
su questa linea di pensiero si pone anche SCALISI Il danno esistenziale: la “svolta” della
Suprema Corte di Cassazione “avallata” quasi in simultanea dalla Corte Costituzionale in
La Nuova giurisprudenza civile commentata, 2001, fasc. 1, pt. 2, pp. 58
14
risarcitorio di allora era la capacità lavorativa del soggetto, con una visione
dunque decisamente ristretta del concetto "valore uomo". Comunque, il ruolo
fondamentale della patrimonialità ai fini della risarcibilità del danno è stato
sottolineato anche da una certa parte della dottrina moderna, secondo la quale
la “nuova interpretazione costituzionalmente orientata” dell’art. 2059 c.c.
reintrodurrebbe, in un ottica solidaristica, un limite alla risarcibilità del danno
non patrimoniale identificato non più nel fatto di reato, ma nella patrimonialità
del pregiudizio: “il profilo non patrimoniale del fatto illecito non può venire
in considerazione se non nei limiti dell’art. 2059 c.c.. Gli aspetti non
patrimoniali che non sono sanzionati da questa norma ricadono, nel quadro
della codificazione civile, nel dovere di solidarietà, rimanendone
corrispondentemente assorbiti ”
15
.
1.2.2. La seconda stagione: il “trionfo” del danno biologico
Il modello risarcitorio bipolare, che, secondo la logica “mercantile” che
impronta di sé il codice del ’42, relega in una posizione marginale i pregiudizi
15
In argomento, si rinvia all’originale contributo di DONATI . Danno non patrimoniale e
solidarietà: i limiti di ammissibilità della riparazione del danno non patrimoniale nella
giurisprudenza dei supremi Collegi, 2004, p.42ss..Rimarchevole è nella ricostruzione di
DONATI l’impiego della categoria della solidarietà, peraltro non nuovo in materia, essendo
alla base della nota tesi di Rodotà, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, e, di
recente, della elaborazione teorica di NAVARRETTA, Diritti inviolabili e risarcimento del
danno, Torino, 1996.
15
conseguenti alla lesione dei valori della persona non suscettibili di lesione
economica, è stata nel corso del tempo messo in discussione
16
.
L’interpretazione restrittiva dell’art. 2059 c.c., basata sul collegamento con
l’art.185 c.p., aveva subito iniziato a vacillare di fronte all’entrata in vigore
della Costituzione del 1948 in base alla quale hanno una importanza centrale
l’individuo e la sua realizzazione personale. Infatti, di fronte al nuovo
ordinamento democratico, la norma in questione era insufficiente ad
apprestare un’adeguata tutela alla vittima dell’illecito. Essa infatti :
a)non consentiva il risarcimento nei casi in cui la colpa dell’offensore era
stata presunta ex lege, piuttosto che accertata in concreto, poiché in questi casi
mancava il positivo accertamento del fatto reato, dal quale soltanto poteva
scaturire il diritto alla riparazione del danno non patrimoniale;
b) non consentiva il risarcimento nel caso in cui il fatto illecito,
commesso con colpa, integrava gli estremi di un delitto punibile solo a titolo
di dolo (ad esempio il caso di una illegittima levata del protesto, con
conseguente lesione colposa dell’onore e della reputazione della persona
illegittimamente protestata.)
c) in assenza di reato, il risarcimento della lesione di beni personali,
quale l’onore e la salute, esigeva l’accertamento di una perdita patrimoniale,
16
Interessanti notazioni sul punto in RAMACCIONI G., La palingenesi dell’art. 2059 c.c.:
dove conduce il nuovo diritto vivente?, in Danno e Responsabilità, 2004, pp.1065ss, il quale
osserva con argomentazioni convincenti che “il rapporto regola- eccezione che si è andato
costruendo intorno al binomio (danno patrimoniale - danno non patrimoniale) sembra
inevitabilmente creare forme di discriminazione selettiva delle poste di danno, oltre che a
perpetuare il dogma della patrimonialità del danno risarcibile”
16
che in fatto poteva anche mancare, inducendo così la giurisprudenza alla
creazione di redditi fittizi o presunti; sicché, a parità di lesioni, si procedeva a
diverse liquidazioni, qualora i danneggiati provenissero da ambienti sociali
differenti per reddito e per cultura .
Agli inizi, si era cercato di superare la lettura eccessivamente tipizzante
dell’art. 2059 c.c. tramite vari espedienti, attraverso i quali, pervenire a
liquidare comunque delle somme di denaro alla vittima di pregiudizi non
patrimoniali, pur in assenza di reato e di una effettiva e concreta contrazione
del reddito. Infatti, nelle sentenze, le corti di merito, spesso, avevano adottato
delle fictiones juris, in base alle quali per affermare l’esistenza di un danno
reddituale presunto, bastava che fosse dimostrata l’esistenza di lesioni
personali di una certa entità: un esempio di ciò è l’adozione del concetto di
capacità lavorativa generica o la creazione di nuove figure di danno, quali il
danno alla vita di relazione, il danno estetico, il danno alla capacità lavorativa
generica e il danno alla vita sessuale
17
.Particolarmente importante fu la
categoria del danno alla vita di relazione, voce risarcitoria proposta dalla
giurisprudenza sin dai primi decenni del novecento e ripresa dalla dottrina
negli anni quaranta Nell'ambito di questa figura fu ricondotta gradualmente
qualsiasi ripercussione negativa sulle attività extracontrattuali del soggetto,
risarcibile a prescindere dalla dimostrazione di un'effettiva incidenza delle
lesioni sulla sfera patrimoniale della vittima. La Cassazione giunse a sancire la
17
Cfr. ROSSETTI, M. Il diritto all’onore ,in CENDON,p. Trattato breve dei nuovi danni ,
Cedam, Padova, vol.I, p. 595-630