Nel capitolo sei si discute la parte sperimentale relativa alla produzione di film di
ITO. Viene innanzitutto individuato il miglior precursore e metodo di deposizione. In
seguito l’attenzione Ł focalizzata sul trattamento termico indispensabile per ottenere le
caratteristiche ottiche/ elettriche proprie di questi film. Ciascuna fase della ricerca Ł
accompagnata dalle opportune analisi di caratterizzazione come misure di resistenza,
difrattografia a raggi x, FT-IR, microscopia ottica ed elettronica a scansione, EDAX.
CAPITOLO I
TECNOLOGIE DI DEPOSIZIONE E CENNI SUL METODO SOL-GEL
1.1 Introduzione
I filtri ottici basati sul rivestimento di un determinato substrato, possono essere
realizzati utilizzando una grande variet di tecnologie. Parecchie di queste hanno trovato
uno sbocco nei processi di produzione commerciali, altre sono ancora allo stadio di
sperimentazione. In questo capitolo verranno affrontati due metodi di deposizione
utilizzati correntemente per produrre filtri ottici commerciali, lo sputtering e
l’evaporazione sotto vuoto, al fine di poterli confrontare con il metodo sol-gel e le
tecniche di rivestimento ad esso collegate (spinning e dipping).
1.2 Evaporazione sotto vuoto (vacuum evaporation). Ref. [1]
Il primo film sottile per applicazioni ottiche Ł stato realizzato evaporando il materiale di
rivestimento riscaldandolo con una resistenza. Da allora questo processo ha subito una
notevole evoluzione tecnologica tanto da essere tuttora utilizzato.
Una quantit prefissata di materiale da evaporare (detto carica o source) Ł introdotta in
un crogiolo di materiale refrattario e qui riscaldata per conduzione o irraggiamento da
una resistenza elettrica, dopo che nell’ambiente Ł stato realizzato il vuoto (fino a 10
-9
atmosfere). Il primo caso si ottiene ponendo un filamento di tungsteno in prossimit
della carica, nel secondo il materiale viene posto in un crogiolo di metallo refrattario.
Questo viene attraversato da corrente elettrica riscaldando pure il suo contenuto.
L’azione congiunta di vuoto e temperatura fa aumentare velocemente la tensione di
vapore del materiale, portandolo a sublimazione. Gli atomi o le molecole cos generate
abbandonano la carica e condensano sulle superfici piø fredde della camera, ovvero sul
substrato da rivestire e le zone vicine.
Di massima importanza Ł il grado di vuoto che si riesce a realizzare all’interno della
camera. Attualmente i migliori risultati vengono ottenuti accoppiando pompe
meccaniche con pompe a diffusione.
L’evoluzione tecnologica di cui si Ł detto, riguarda pure la ricerca di una via piø
efficiente per riscaldare la carica: ci si Ł ottenuto sfruttando fasci laser e di elettroni.
Quest’ultimo metodo sembra essere quello che ha trovato il piø largo consenso tra gli
2sperimentatori. Gli elettroni, prodotti da un filamento percorso da elevata corrente
(l’ordine Ł degli ampere) e voltaggio (da 5 a 15 KV), sono focalizzati sulla superficie
della carica, contenuta in un recipiente metallico (generalmente di rame) raffreddato ad
acqua. Rispetto all’uso della resistenza, questa tecnica ha il grande vantaggio di
concentrare l’energia su un’area molto ridotta, rendendo piø efficace il riscaldamento.
Inoltre solo in questo modo Ł possibile evaporare quei materiali il cui punto di fusione Ł
piø elevato del tungsteno: solo con l’avvento del riscaldamento elettronico si Ł potuto
commercializzare film di ossido di zirconio, tantalio, silicio, titanio e alluminio.
Una variazione molto importante dell’evaporazione sotto vuoto Ł la reactive
evaporation, caratterizzata dalla presenza di quantit dosate di gas in grado di reagire
con il materiale evaporato: nella maggior parte dei casi tale gas Ł ossigeno, la cui
pressione parziale Ł una delle variabili principali di processo.
1.3 Lo "sputtering"
Nella maggior parte dei casi l’alternativa alla tecnica precedente Ł costituita dallo
sputtering. In questo caso il materiale da depositare non viene evaporato ma viene
estratto dalla carica bombardandola con argon od altri ioni o atomi. Nel gergo tecnico
dello sputtering la carica viene definita target. La collisione degli atomi di argon con la
superficie del bersaglio estrae gli atomi o le molecole che vanno a depositarsi sul vicino
substrato. Per evitare l’evaporazione del materiale, dato che la collisione Ł molto
energetica, si utilizza un sistema di raffreddamento ad acqua al di sotto del target. La
figura 1.1 illustra schematicamente un sistema di evaporazione sotto vuoto ed uno di
sputtering evidenziando i rapporti dimensionali.
PoichØ la superficie del target non raggiunge le elevate temperature caratteristiche del
metodo precedente, Ł possibile avvicinare notevolmente il substrato senza che vi sia il
pericolo che questo si deformi. A causa di ci non Ł piø necessario raggiungere elevati
gradi di vuoto dato che il cammino degli atomi Ł molto minore, come Ł illustrato in
figura 1.2.
Il target possiede una estensione molto superiore alla carica dell’evaporazione sotto
vuoto (che pu essere considerata una sorgente puntiforme), in questo modo si riesce ad
ottenere dei film con uno spessore piø omogeneo.
Una variazione della tecnica di sputtering avviene nel caso in cui il target sia costituito
da un materiale conduttore. In questo caso l’applicazione di una corrente continua
favorisce l’accelerazione degli ioni argon: tale sistema viene indicato come diodo a
corrente continua. Nel caso in cui il materiale non sia conduttore si utilizza invece
3corrente alternata con una frequenza attorno a 13 MHz. Il voltaggio utilizzato Ł variabile
tra le centinaia e parecchie migliaia di watt.
’
Fig. 1.1 Schema di camera di sputtering e di evaporazione sotto vuoto,[1], approssimativamente nella
stessa scala. Si evidenzia come la quantit e dimensione dei substrati utilizzati sia uguale in entrambi i
metodi, mentre le dimensioni geometriche della camera di sputtering siano piø ridotte rispetto a quella di
evaporazione sotto vuoto.
Fig. 1.2 Libero cammino medio in funzione della pressione. Sono evidenziati gli intervalli operativi
dell’evaporazione e dello sputtering.
41.4 Il metodo sol-gel Ref. [2]
Il metodo sol-gel Ł una tecnica di preparazione dei vetri non tradizionale, lo studio e
l’applicazione della quale hanno assunto un notevole impulso grazie all’introduzione di
nuove tecnologie che richiedono materiali vetrosi di elevata purezza ed omogeneit .
Caratteristica fondamentale del processo sol-gel Ł quella di permettere la produzione di
vetri o solidi cristallini a basse temperature, senza richiedere la fusione delle materie
prime e le conseguenti altissime temperature di lavoro.
Questo processo avviene in soluzioni liquide di composti metallorganici, che tramite
reazioni di idrolisi e policondensazione portano alla formazione di un gel solido. Da
questo gel attraverso un trattamento termico a temperature notevolmente inferiori
rispetto a quelle necessarie per i vetri di fusione, si ottiene una progressiva
densificazione. Durante questo processo di densificazione sorgono degli sforzi e delle
tensioni che portano facilmente alla fratturazione della struttura ottenuta e quindi
limitano l’uso di questa tecnica alla produzione di fibre e film sottili.
Alcuni dei principi fondamentali della tecnica sol-gel erano noti gi dalla fine del secolo
scorso e negli anni ’50 comparvero sul mercato i primi rivestimenti prodotti con questa
tecnica. Nonostante ci , i principi di base dei processi chimici dell’intero processo
cominciarono ad essere ben conosciuti solo nei primi anni ’70 e solo recentemente
Scherer ed altri hanno elaborato un modello soddisfacente che spiega il comportamento
fisico e chimico dei gel durante il processo di densificazione. Attualmente si Ł giunti a
studi approfonditi del processo e ad applicazioni di notevole interesse, ma rimangono
ancora da risolvere alcuni problemi legati a molte delle variabili fondamentali che
determinano il processo sol-gel.
1.4.1 Le fasi della trasformazione sol-gel vetro
Nella figura 1.3 sono rappresentate le varie fasi del processo che porta alla formazione
di vetri o ceramiche con il metodo sol-gel. Il processo sol-gel ha inizio dalla soluzione
di partenza che normalmente Ł costituita da una soluzione alcolica di composti
metallorganici. All’interno di tale soluzione avvengono delle reazioni chimiche di
idrolisi e policondensazione.
La struttura che si ottiene con la policondensazione dei composti precursori Ł costituita
da una fase parzialmente solidificata che trattiene nel suo reticolo una parte del solvente
ed una certa quantit d’acqua. L’acqua ancora presente viene eliminata insieme al
solvente residuo, sottoponendo il gel ad un trattamento termico a temperature poco
superiori a quella ambiente (50 o 60 C). In questo modo si favorisce l’essiccamento
del
5’
gel e la sua trasformazione in xerogel con una diminuzione del volume di un fattore 5 o
10 rispetto al gel di partenza.
Se invece il gel Ł posto in autoclave ed essiccato in condizioni supercritiche, allora non
si ha interfaccia liquido-vapore, non si creano processi capillari e la contrazione di
volume Ł limitata; il prodotto di tale essiccamento Ł detto aerogel.
Per la prosecuzione del processo di densificazione Ł necessario sottoporre lo xerogel ad
un ulteriore trattamento termico a temperature piø elevate. Quest’ultimo processo
permette la prosecuzione delle reazioni di condensazione fino alla sinterizzazione finale,
con la quale si ottiene un materiale praticamente identico ai vetri di fusione.
1.4.2 I composti precursori
I composti chimici generalmente utilizzati come precursori sono gli alcossidi, ossia
composti in cui un metallo o un metalloide Ł legato ai radicali organici mediante un
ossigeno. La molecola di un alcossido ha la seguente forma:
M(OR)
n
M Ł il metallo o il metalloide
n Ł la valenza
R Ł un radicale organico solitamente del
tipo C
m
H
2m+1
Fig. 1.3 Fasi principali che caratterizzano il processo sol-gel.[2]
6Esempi importanti sono:
Tetraetossisilano Si(OC
2
H
5
)
4
Titanio butossido Ti[O(CH
2
)
3
CH
3
]
4
.
Indio ter-butossido In[OC
4
H
9
t
]
3
Gli alcossidi sono generalmente specie molto reattive in grado di formare composti
contenenti gruppi OH che possono successivamente polimerizzare per produrre un gel.
1.4.3 Idrolisi e condensazione
I composti metallorganici vengono posti in una soluzione alcoolica e fatti reagire
mediante l’introduzione di acqua ed eventualmente di un catalizzatore. I composti
metallorganci prima reagiscono con l’acqua presente nella soluzione idrolizzandosi e poi
tra di loro dando origine, con reazioni di policondensazione, a lunghe catene
polimeriche piø o meno interconnesse ed aggrovigliate, che accrescendosi ed
espandendosi nella soluzione portano alla formazione di un gel. Tali processi chimici
possono essere cos schematizzati:
Si OR H O
esterificazione
2
Si- OH + ROH
idrolisi
(1.1)
Si OR HO Si
alcolisi
condensazione di alcool
Si - O - Si +ROH
(1.2)
Si - OH + HO - Si Si - O - Si
condensazione di acqua
idrolisi
HO
2
(1.3)
La reazione di idrolisi consente la sostituzione dei gruppi OR con i gruppi ossidrili,
quella di condensazione porta allo formazione del reticolo amorfo Si-O-Si con
l’eliminazione dell’acqua e dell’alcool.
Data la presenza di molte reazioni chimiche e di vari composti coinvolti, la descrizione
termodinamica e cinetica del processo Ł notevolmente complicata. Tuttavia i parametri
principali che influenzano il decorso della reazione sono i seguenti:
il catalizzatore adottato;
la natura del radicale organico;
il rapporto acqua/alcossido (R);
il solvente utilizzato;
la concentrazione dei composti in soluzione;
7 la temperatura.
La reazione di idrolisi Ł molto piø rapida in presenza di catalizzatori ed in genere
vengono utilizzati acidi inorganici (HCl, HF) e organici (CH
3
COOH) o basi inorganiche
(NH
3
, NaOH). La reazione di idrolisi e condensazione pu anche essere ritardata con
l’introduzione di inibitori, quali ad esempio l’acetilacetone (CH
3
COCH
2
COCH
3
).
Il passaggio da sol a gel, Ł facilmente riconoscibile da un improvviso aumento della
viscosit del sistema.
Schematizzando la situazione che si viene a creare nel processo di gelificazione
possiamo pensare al gel come un agglomerato di particelle "elementari" (dell’ordine di
grandezza di 100 ¯) disposte in modo piø o meno compatto, che formano la cosiddetta
"tessitura". Gli spazi residui tra le particelle vengono chiamati "pori" (dell’ordine di
grandezza di 3 10 nm) e la tessitura dei gel pu essere di due tipi:
a) pori chiusi : in cui le particelle formano un denso agglomerato tra loro;
b) pori aperti : la tessitura in questo caso Ł costituita da "reticoli" , piø o meno regolari,
di particelle che lasciano larghi spazi interstiziali.
Il gel si pu quindi considerare come un sistema bifasico costituito da una fase solida
continua e da una fase liquida pure continua. La fase solida trattiene nel suo reticolo
parte del solvente e dell’acqua che non ha preso parte alla reazione di idrolisi o che Ł
prodotto dalla reazione di condensazione.
1.5 Ricoprimenti sottili con il metodo sol-gel
Una delle maggiori applicazioni del metodo sol-gel Ł la produzione di rivestimenti
sottili, infatti Ł possibile depositare facilmente su un substrato la soluzione prima che
gelifichi. Le procedure convenzionali che in genere si utilizzano per la deposizione dei
film (come ad esempio: CVD, evaporazione o sputtering) sono piuttosto complesse e
dispendiose. Al contrario la tecnica sol-gel richiede attrezzature piø ridotte e meno
costose, in quanto il processo di deposizione Ł agevole e veloce e si possono ottenere
film estremamente omogenei. Inoltre Ł anche possibile controllare la struttura dei film
depositati, cioŁ la forma ed il volume dei pori e l’area di superficie. Per questi motivi le
possibili applicazioni sono numerose e in continua crescita:
rivestimenti con particolari propriet ottiche;
rivestimenti antiriflettenti;
rivestimenti con particolare resistenza all’abrasione e al graffio;
rivestimenti porosi usati come supporto per catalizzatori.
8La prima operazione del processo di rivestimento via sol-gel consiste nell’applicazione
di un sottile strato di soluzione sulla superficie da ricoprire. La deposizione in genere
pu avvenire per spinning o dipping. Sul substrato si ha poi la trasformazione in gel
della soluzione e in seguito la densificazione ad elevata temperatura.
1.5.1 Spinning
Nello spinning alcune gocce della soluzione vengono versate sulla superficie del
campione posto in rapida rotazione: il liquido si spande cos sotto l’azione della forza
centrifuga fino a ricoprire tutto il substrato in modo omogeneo e con uno spessore
variabile con la velocit di rotazione. L’eccesso di liquido viene eliminato sotto forma di
goccioline che si staccano dal bordo del campione. Le varie fasi del processo di spin
coating possono essere divise in quattro stadi schematizzati in fig. 1.4. Una descrizione
precisa dei fenomeni che avvengono durante queste fasi Ł molto complessa: la dinamica
differisce molto dal semplice flusso di un liquido posto in rapida rotazione [3],[4],
poichØ a causa della contemporanea evaporazione del solvente e della gelificazione della
soluzione, la viscosit Ł funzione del tempo e dello spazio. La qualit del ricoprimento e
la sua omogeneit di spessore sono correlate alla quantit e geometria dello spessore di
liquido depositato prima della rotazione, come riportato in [5],[6].Questa tecnica Ł
particolarmente adatta per il rivestimento di oggetti piani o leggermente curvi, di piccole
dimensioni e a simmetria cilindrica.
’
Fig. 1.4 Illustrazione delle fasi caratteristiche del processo di spin coating.
9L’evaporazione del solvente viene evidenziata dalla variazione di colore del film
("viraggio"), dovuta a fenomeni di interferenza con la luce incidente.
La strumentazione utilizzata per le prove di rivestimento Ł costituita da uno spinner
modello EMHART DYNAPERT PRS 14E, i cui valori massimi di velocit e tempi di
rotazione sono: 10000 rpm e 60 sec. La scala dei tempi Ł suddivisa in intervalli di 10
sec. I rivestimenti sono stati effettuati all’interno di una camera pulita modello
MECAPLEX GB 2201-C la cui funzione Ł di purificare e mantenere l’ambiente a livelli
di u.r. inferiori a quelli esterni.(si veda la figura 1.5)
La regolazione dell’umidit viene realizzata sfruttando due cristallizzatori in vetro pirex,
disposti sul fondo della camera, contenenti una soluzione satura altamente igroscopica
di sali di Zn. Il tutto viene facilitato dal flusso d’aria dell’impianto di depolverizzazione
che aspira l’aria della camera in prossimit del vaso di sinistra e la rigetta al di sopra di
quello posto a destra, realizzando condizioni piø efficaci di deumidificazione. I valori di
umidit raggiunti sono in media attorno al 20% (i valori di letteratura Ł di 10% a 20 C).
Tutto ci Ł di fondamentale importanza, poichØ, come gi detto, tutte le soluzioni
utilizzate nella tecnica sol-gel sono sensibili alla presenza d’acqua.
1.5.2 Dipping
ventola e filtro di depolverizzazione
entrata aria di ricircolo
uscita aria di ricircolo
soluzioni di zinco cloruro
Fig. 1.5 Illustrazione della camera pulita utilizzata per le prove di spinning.
10
E’ sicuramente il metodo piø utilizzato in quanto Ł possibile realizzare ricoprimenti su
superfici dalle piø svariate dimensioni, ed Ł possibile tenere sotto controllo i vari
parametri che influenzano la deposizione del film. Nelle sue linee essenziali la tecnica
consiste nell’immergere il substrato in una soluzione e nell’estrarlo con una velocit
costante. La soluzione forma cos un film liquido sulla superficie estratta, con un profilo
che dipende dalla fluidodinamica del processo e dalle caratteristiche della soluzione.
Il processo di dip coating pu essere suddiviso in cinque fasi (fig. 1.6)[7]: immersione,
sollevamento, deposizione, drenaggio ed evaporazione. Questi stadi non sono
necessariamente divisi, soprattutto per quanto riguarda l’evaporazione che pu
accompagnare le fasi di estrazione e seguenti.
Durante il processo di deposizione la struttura del film subisce una rapida
trasformazione. Mentre il liquido soggetto alla forza di gravit tende a scorrere verso il
basso provocando un’assottigliamento del film, il solvente evapora e le reazioni di
condensazione progrediscono finchØ, dopo un certo tempo che corrisponde ad una certa
distanza dalla superficie della soluzione, il film gelifica e il suo spessore rimane
definitivamente determinato. In fig. 1.7 sono posti in evidenza i diversi stadi che
caratterizzano l’evoluzione della struttura del film, che passa progressivamente da
liquido a gel. I parametri che influenzano le spessore dello strato solido che si ottiene al
termine dell’operazione, sono essenzialmente la velocit di estrazione, le propriet di
flusso della soluzione, la concentrazione degli alcossidi. Lo spessore del film Ł
Fig. 1.6 Fasi caratteristiche del processo di dip-coating: a) processo discontinuo, b) processo continuo.
11
direttamente proporzionale alla velocit di dipping, in quanto piø rapidamente avviene
l’estrazione e maggiore Ł la quantit di soluzione che rimane sulla superficie del
substrato. E’ chiaro inoltre che con soluzioni piø viscose si otterranno film piø spessi.
Molto importanti sono anche le condizioni ambientali (temperatura ed umidit ) in cui si
effettua il dipping. Infatti l’umidit influenza notevolmente la reazione di condensazione
ed idrolisi della soluzione depositata sul substrato e non ancora gelificata.
I film di questo lavoro di tesi sono stati depositati in una camera isolata termicamente. I
parametri che possono influenzare il processo, temperatura, umidit , velocit di
estrazione, sono stati regolati con i seguenti dispositivi (fig. 1.8)
a) un sistema di controllo automatico della temperatura, costituito da una resistenza
variabile con la temperatura che, collegata mediante un ponte di Weasthone, regola
l’accensione e lo spegnimento di una lampadina che riscalda l’ambiente; la temperatura
di lavoro oscilla attorno a 29 C, il cui raggiungimento Ł segnalato da un led luminoso;
b) un igrometro con cui controllare il tasso di umidit attraverso l’introduzione di azoto
nella cella; i film generalmente sono stati depositati con una umidit del 16-20%;
c) un motorino elettrico funzionante a basso numero di giri, sul cui asse Ł avvolto un filo
con all’estremit una clip necessaria ad agganciare il substrato.
Fig. 1.7 Rappresentazione del processo di dip-coating; sono indicati gli stadi sequenziali dell’evoluzione
della struttura dovuta all’evaporazione del solvente ed alla polimerizzazione dei composti precursori