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RIASSUNTO
Questo elaborato di tesi ha come scopo la preparazione e la valutazione dell’efficacia di alcune formulazioni
cosmetiche che hanno come target pelli fragili e compromesse, per le quali si rende necessario un
trattamento mirato, specifico e studiato in base al tipo di problematica riscontrata.
La maggior parte delle patologie cutanee risultano riconducibili a problemi di idratazione; esiste un gruppo
di affezioni dermatologiche croniche per le quali non c’è ancora una strategia terapeutica risolutiva, legate
proprio alla presenza di un insulto che pregiudica l’architettura dello strato corneo della cute procurando un
deficit di barriera.
Anche se la legge vieta l’attribuzione di proprietà curative, in questi casi i cosmetici diventano una risorsa che
va ad incidere sui meccanismi che sottendono la patogenesi della malattia.
La parte sperimentale del lavoro è relativa alla preparazione di formulazioni studiate per essere utilizzate
sulle pelli più fragili e compromesse, da testare su soggetti reclutati su base volontaria, dei quali è stata
precedentemente effettuata una valutazione della cute (attraverso la misurazione della TEWL media)
accompagnata da un questionario in cui i volontari effettuano una propria valutazione del tipo di pelle,
elencano eventuali problematiche cutanee e descrivono brevemente la loro skin care routine.
I volontari si sottopongono al trattamento cosmetico seguendo un preciso protocollo di analisi, con
misurazioni effettuate in itinere e finali, le quali sono necessarie per testare l’efficacia del prodotto e
verificare l’effettivo miglioramento cutaneo.
Le valutazioni oggettive dell’efficacia cosmetica, derivate da metodiche scientifiche, rappresentano un
tassello fondamentale nel rapporto di fiducia tra industria cosmetica e consumatore. Si procede con un
questionario volto a indagare anche il giudizio soggettivo dei volontari sulle performance del prodotto che
risulterà fortemente influenzato dalla componente sensoriale.
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1. INTRODUZIONE
1.1 LA PELLE E LA FUNZIONE BARRIERA
La cute è un organo attivo e complesso costituito da una membrana di spessore variabile da 0,5 mm a 4 mm,
estesa per oltre 1,5-2 m
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, con un peso pari al 17% del totale dell’individuo: è l’organo più pesante di tutto il
corpo ed è dotata di elasticità e resistenza variabile con l’età, grado di idratazione e regione corporea [1].
Le sue funzioni sono molteplici: la protezione dagli insulti meccanici, chimici, termici e dalle radiazioni, la
termoregolazione, il mantenimento dell’equilibrio idrosalino, costituisce una barriera alla penetrazione di
microrganismi, partecipa all’escrezione di cataboliti e alla produzione di vitamina D, rappresenta infine un
efficace organo di senso e un potente mezzo di comunicazione.
L’epidermide, la porzione più esterna della cute, è costituita da un tessuto epiteliale pavimentoso stratificato
ricoperto da uno strato protettivo di cellule morte (prodotto dalle sottostanti cellule vive, i cheratinociti)
ripiene di cheratina, proteina che rende la pelle impermeabile ad aria e acqua. È priva di vasi sanguigni e
viene nutrita dal derma, che costituisce la porzione sottostante.
Nell’epidermide si distinguono gli strati costituiti da cellule vitali (basale, spinoso e granuloso) non idonei ad
ostacolare il passaggio dei liquidi tra i piani cellulare, e lo strato corneo diviso in compatto e disgiunto,
formato dalla sovrapposizione di elementi anucleati completamente riempiti di filamenti di cheratina (i
corneociti), che rappresenta l’impedimento all’evaporazione transepiteliale e preserva le risorse idriche
sottostanti cutanee e sistemiche (figura 1).
Figura 1. Differenziazione dei cheratinociti nei vari strati dell'epidermide.
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Proprio a livello dello strato corneo compatto si localizza l’attività di barriera (figura 2), dovuta alla sua
struttura a “muro cementato” (figura 3) e alla composizione del cemento lipidico a organizzazione lamellare
che sigilla gli spazi interposti tra i corneociti rendendo la struttura impermeabile [2]. La produzione dei lipidi
del cemento è soggetta ad un’attenta regolazione, in funzione delle condizioni della barriera. In relazione al
peso, circa la metà del cemento lipidico è costituito dalle ceramidi, il 24% è costituito da colesterolo, 18%
esteri del colesterolo e 11% acidi grassi liberi saturi e insaturi.
Figura 2. Attività di barriera a livello del corneo compatto.
Figura 3. Struttura a "muro cementato" della barriera cutanea.
Passando allo strato corneo disgiunto
[3], più superficiale, l’adesione è minore e i corneociti si distaccano
come lamette (figura 4). Il materiale lipidico costituente il cemento tra i corneociti diventa meno abbondante
e, come scudo contro i fattori ambientali, lo strato disgiunto ha a disposizione il film idrolipidico superficiale
di cui il sebo è il maggiore costituente.
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Figura 4. I corneociti desquamano al termine del loro ciclo vitale.
Lo strato corneo che si pone proprio all’interfaccia tra il corpo e l’ambiente esterno avido di acqua, attua una
serie di protezioni per salvaguardare la riserva idrica dell’organismo ma anche la propria.
I corneociti con la loro aridità fisiologica (tenore idrico del 10-30%), fungono da scudo alle altre cellule vitali
proteggendole dall’ambiente esterno, offrendo un terreno poco favorevole alla proliferazione microbica e
riducendo il gradiente di concentrazione idrica che si crea tra l’atmosfera e i tessuti, limitando l’evaporazione.
Procedendo dallo strato corneo compatto verso lo strato corneo disgiunto, ciascun livello si trova ad avere
una barriera sempre più esigua e ad essere più esposto alla disidratazione.
Oltre alla funzione barriera, lo strato corneo sfrutta la Water Holding Capacity (WHC) basata sulle
caratteristiche igroscopiche di alcune componenti tissutali. La WHC corrisponde al poter igroscopico dello
strato corneo, dato dal contributo di molecole nelle quali, a causa di fenomeni di ionizzazione o di una grande
differenza di elettronegatività, si generano siti elettricamente carichi che trattengono le molecole d’acqua
con una forza di attrazione tale da impedirne l’evaporazione.
L’acqua è legata alla struttura cornea perché attratta da sostanze idrofile attraverso la formazione di legami
idrogeno (più resistenti) e attrazioni elettrostatiche deboli (meno salde e con la tendenza a scindersi). Il
potere idrofilo complessivo dello strato corneo è dato dai siti polari idrofili presenti sulle strutture ad alto
peso molecolare (lipidi anfofili e proteine) insieme agli osmoliti di piccole dimensioni componenti del NMF
(natural moisturizing factor) che è la componente idrofila più rilevante che si trova maggiormente all’interno
dei corneociti, costituita da amminoacidi e loro derivati, insieme ad altri osmoliti di piccole dimensioni
(glicerolo, acido lattico, urea) [4].
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1.2 DEFICIT DI BARRIERA E DERMATITE ATOPICA
La dermatite atopica (DA) è una malattia infiammatoria a carattere cronico-recidivante diffusa soprattutto in
età pediatrica: affligge circa il 10-20% dei bambini e l’1-3% degli adulti [5].
Risulta essere il prodotto dell’interazione tra alterazioni immunologiche, fattori ambientali, difetti di funzione
della barriera cutanea e alterazioni del microbioma cutaneo, aspetti riscontrati non solo in corrispondenza
delle lesioni ma anche nella restante cute integra del soggetto affetto da DA [6].
Le manifestazioni cliniche variano a seconda dell’età della persone che ne è affetta. Nei neonati, la DA può
comparire già dal 2°-3° mese di vita, causando rash diffusi, cute secca, desquamata e arrossata e possibile
essudazione dalle chiazze eczematose, infezioni cutanee. Dopo i due anni, i rash risultano localizzati più a
livello di gomiti, ginocchia, collo, polsi e caviglie. La cute diventa irregolare e come meccanismo di difesa
diventa più spessa e scura (lichenificazione) nelle zone più soggette al grattamento. In età adulta (è raro che
la DA compaia senza aver avuto manifestazioni da neonati), si hanno chiazze localizzate alle pieghe dei gomiti,
ginocchia e collo, secchezza cutanea diffusa e prurito costante [7].
La cute atopica presenta uno strato corneo assottigliato, in cui i corneodesmosomi e le proteine di adesione
intracellulare vanno incontro a distruzione precoce, causando una desquamazione che non viene
compensata dalla proliferazione dei cheratinociti basali.
Per quanto riguarda il profilo lipidico, i lipidi totali risultano ridotti e con un alterato metabolismo: in
particolare le ceramidi scarseggiano nello strato corneo di soggetti affetti da DA e gli acidi grassi liberi hanno
catene più corte. Proprio per il fatto che il film idrolipidico è deteriorato (povero in acidi grassi, trigliceridi e
colesterolo) o persino assente, il microbioma cutaneo entra in disbiosi [8].
Un corretto trattamento della patologia non può prescindere da un’adeguata terapia idratante volta a
reintegrare il deficit di barriera mantenendo il contenuto di acqua, riducendo la TEWL e ripristinando la
capacità delle barriere lipidiche. Lo scopo dei trattamenti è fornire al paziente una buona qualità della vita,
pur dovendo convivere con la malattia, facendo in modo di prevenire le riacutizzazione, calmare il prurito e
il fastidio cutanei (riducendo anche lo stress), prevenire le subinfezioni e ridurre l’infiammazione
mantenendo la situazione stabile il più a lungo possibile.
Una buona ruotine di pulizia non aggressiva e l’uso di idratanti emollienti possono molti dei sintomi della DA
e assume una grande importanza nel controllo della malattia e nella prevenzione delle recidive. È preferibile
utilizzare detergenti il più possibili dermocompatibili, utilizzando tensioattivi anionici deboli o anfoteri con
un pH acido (5,5-6), senza profumi e conservanti, possibilmente in formulazioni liquide più facili da
risciacquare [9].