INTRODUZIONE – La Compatibilità Vegetativa
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Figura 1. Classica rappresentazione di Buller (1933) per
le fusioni ifali presenti in una colonia fungina (in
questo caso una colonia di Coprinus sterquilinus),
formando una rete ifale tridimensionale. a)
germinazione di una basidiospora; b) ife principali
e c) ife periferiche che si stanno evitando; d)
ii t ) i i if li i d ll
(omocariotico), senza conseguenze genetiche (Figura 1). In generale, le fusioni vegetative si
sviluppano nella parte più vecchia del micelio, anche se sono state osservate al margine di
alcune colonie, dove le condizioni sono più favorevoli alla crescita vegetativa (Galun et al.,
1981; Trinci et al., 1994).
Gli individui differenti sono capaci di andare incontro a fusione ifale (anastomosi),
formando un eterocarion vegetativo (Figura 2), tuttavia tali fusioni ifali sono più rare, per la
presenza, in molte specie, di un gran numero di Gruppi di Compatibilità Vegetativa (VCGs).
Dato che le reazioni
d’incompatibilità sono spesso
mediate da molti loci (het), a volte
poliallelici, e visto che solo una
differenza allelica può causare
l’incompatibilità, è chiaro che
possono esserci, in una
popolazione di una certa specie,
un gran numero di VCGs con
conseguenti restrizioni per
l’eterocariosi (Nauta and
Hoekstra, 1994).
La condizione di eterocariosi
può portare ad alcuni vantaggi dei
diploidi, ad esempio il
mascheramento di alleli recessivi
e deleteri ed un aumento della
capacità di adattamento a
cambiamenti ambientali (Jinks,
1952; Bégueret et al., 1994). La
formazione di eterocarion nei
Funghi Filamentosi appartenenti
alla divisione degli Ascomycota,
ha potenziali benefici nello
scambio genetico, diploide
funzionale e mitotico funzionale,
durante il ciclo parasessuale
(Pontecorvo, 1956). La
formazione di eterocarion può
anche essere usata per
aumentare la biomassa tramite la cooperazione nello sfruttamento delle risorse (Debets and
Griffiths, 1998). Con l’eterocariosi può presentarsi anche la possibilità di una ricombinazione
genetica somatica, particolarmente importante nei Funghi Mitotici (Deuteromycota) che
hanno perso (o non hanno mai avuto) la fase sessuale. Quindi, se la formazione
dell’eterocarion è richiesta per la ricombinazione genetica, ovviamente l’Incompatibilità
Vegetativa pone dei limiti all’ “outbreeding” e al polimorfismo genetico entro la specie
(Bégueret et al., 1994). La funzione dell’Incompatibilità Vegetativa è quella di prevenire la
formazione degli eterocarion. Il fatto che l’Incompatibilità Vegetativa sia molto diffusa
suggerisce che, mediamente, gli aspetti negativi della formazione di eterocarion sono
superiori agli aspetti positivi (Nauta and Hoekstra, 1994). Sebbene ci siano benefici
apparentemente connessi con la formazione dell’eterocarion, l’eterocariosi da fusione ifale si
ritiene solo virtuale, poiché è esclusa in natura, a causa delle differenze genetiche portate
dai loci het (Incompatibilità da Eterocarion) (Caten and Jinks, 1966; Mylyk, 1976; Pandit and
Maheshwari, 1996; Puhalla and Speith, 1985; Glass and Kaneko, 2003).
Molti Funghi Filamentosi studiati fino ad oggi, possiedono un sistema di regolazione per la
formazione di eterocarion, cioè un sistema di riconoscimento che conferisce compatibilità o
incompatibilità fra isolati diversi, ai fini della fusione vegetativa dei rispettivi talli. Sono stati
descritti due diversi sistemi genetici, che controllano l'Incompatibilità Vegetativa: il sistema
allelico e il sistema non-allelico (Glass et al., 2000; Saupe, 2000). In entrambi i casi,
l’Incompatibilità si sviluppa quando specifiche differenze genetiche sono presenti tra due
INTRODUZIONE – La Compatibilità Vegetativa
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Figura 2. Incompatibilità da
eterocarion. (A) due differenti
individui fungini vanno
incontro ad un evento di
anastomosi. (B) Se i due
individui hanno lo stesso
genotipo het, è stabilito
l’eterocarion. (C) Se i due
isolati differiscono nel
genotipo het, le cellule
eterocariotiche sono distrutte
o severamente inibite nel loro
isolati che devono fondersi. Nel sistema allelico, l’anastomosi ifale fra gli individui che
contengono le specificità differenti (alleli alternati, fino a quattro) ad un singolo locus het,
innescano l'Incompatibilità Vegetativa. L’Incompatibilità allelica non influisce sulle funzioni
della riproduzione sessuata. Nel sistema non-allelico, un'interazione fra gli alleli specifici, a
due loci distinti dei loci het, media l'Incompatibilità Vegetativa e alcune combinazioni non-
alleliche riducono o aboliscono la fertilità. In Neurospora crassa, Cryphonectria parasitica e
Aspergillus nidulans sono stati descritti sistemi allelici, mentre, in Podospora anserina sono
stati rappresentati sia sistemi allelici che non-allelici (Muirhead et al., 2002).
L’osservazione delle reazioni incompatibili suggerisce l’esistenza di vari meccanismi
implicati in questo tipo di risposta, dall’incapacità a formare anastomosi ifali, alla crescita
ridotta dell’eterocarion o dell’eteroplasmon, incapace di competere con il tipo parentale, fino
alla morte delle cellule i cui citoplasmi si sono fusi (Leach and Yoder, 1983). In altri casi è
stato rilevato un mancato passaggio dei nuclei, come per l’auto-incompatibilità in Fusarium
moniliforme (Correll et al., 1989); mentre in altri ancora, ad esempio in Trichoderma spp.,
sembra possibile una degradazione dei nuclei non prevalenti accompagnata, però,
dall’incorporazione di piccoli “frammenti utili” del loro genoma in quello dei nuclei dominanti
(Stasz and Harman, 1990; Cristani, 1992).
A seconda degli alleli che interagiscono nell’Incompatibilità, sono state descritte reazioni
diverse in Neurospora crassa: in alcune combinazioni (alleli A/a e CD/cd) si ha la morte
cellulare, con distaccamento del protoplasma dalle pareti, vacuolizzazione e lisi. In un'altra
combinazione (alleli I/i), si ha invece inibizione della formazione dell’eterocarion senza morte
cellulare: qui l’incompatibilità si basa su una leggera dominanza dell’allele “I” su “i”. Quando il
30% o più dei nuclei in un eterocarion hanno genotipo “I”, quelli a genotipo “i” vengono
perduti (Glass and Kuldau, 1992).
In alcune specie (ad esempio: Fusarium
oxysporum) l’incompatibilità sembra manifestarsi
semplicemente con l’incapacità di formare un
eterocarion stabile. In altre specie, ad esempio
Verticillium dahliae, alcune combinazioni tra isolati
appaiono caratterizzate da morte citoplasmatica
(Joaquim and Rowe, 1990), nonostante, nella
maggioranza dei casi, sia stata osservata l’incapacità
di formare l’eterocarion (Cristani, 1992).
Diverso dai casi fino ad ora visti è il criterio che
guida la suddivisione degli isolati di Rhizoctonia
solani in “gruppi di anastomosi” (AG). È, infatti, la
capacità di due isolati di riconoscersi, attrarsi e
fondere le rispettive ife, che consente l’attribuzione
degli stessi isolati ad un medesimo gruppo di
anastomosi, anche nei casi in cui a questo processo
segue la morte cellulare, come per le fusioni
imperfette. Anche in caso di fusioni imperfette è stato
dimostrato che esiste trasferimento di materiale
genetico (Sneh et al., 1991a). Un isolato riconosce e
si fonde solo con membri di uno stesso “Gruppo di
anastomosi” (AG): in seguito al riconoscimento,
un’ifa può essere attratta da un'altra, da 100 µm di
distanza e cambiare direzione di crescita finché non
si stabilisce il contatto (le sostanze alla base di
questa attrazione si ritiene siano diverse tra i vari
gruppi di anastomosi), segue quindi la cessazione
della crescita e la dissoluzione delle pareti (Ogoshi,
1987). Così, nel caso di Rhizoctonia solani è la
“capacità di riconoscersi”, non la possibilità di
costruire un eterocarion stabile, l’evento ritenuto
cruciale ai fini di una classificazione degli isolati, in
conformità ad una “Compatibilità Vegetativa” che è
INTRODUZIONE – La Compatibilità Vegetativa
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qui intesa in senso più lato (Cristani, 1992).
1.1.3. Lo studio dei Gruppi di Compatibilità Vegetativa (VCGs)
In molti Funghi Filamentosi, gli individui fisiologicamente distinti della stessa specie
possono fondersi per formare un eterocarion. Quando l’eterocarion è stabile, si parla di
Compatibilità Vegetativa, e i due individui appartengono allo stesso gruppo VCG. La
Compatibilità Vegetativa (o da Eterocarion) (vc) ha una base genetica di multilocus che è
stata studiata per oltre quaranta anni in organismi modello, quali Neurospora, Aspergillus e
Podospora (Bègueret et al., 1994; Leslie, 1993). Nonostante questo lungo periodo di studio,
tuttavia, il meccanismo fisiologico responsabile di questo fenomeno, non è tuttora chiaro. I
VCGs possono differire l'uno dall'altro: per uno, per alcuni, o per tutti i loci di Incompatibilità
Vegetativa (vic) che sono presenti nel genoma e responsabili del fenotipo VCG. Se si parte
solo dal fenotipo, è quasi impossibile determinare il numero di loci vic eteroallelici,
responsabili di un'interazione incompatibile. Negli ultimi dieci anni gran parte della teoria e
della metodologia di base che è stata sviluppata per gli organismi modello, è stata applicata
ai Funghi Patogeni delle Piante, ai fini di studi di popolazione, in cui i VC servivano da
indicatore polimorfico. I VC, però, possono essere usati anche come modello per il
riconoscimento di “self / non-self”, come strumento nella costruzione di mappe genetiche e
nell’isogenizazzione veloce degli isoalti. Gli studi, sia di popolazione sia meccanicistici di VC,
rimangono in prima linea nella ricerca applicata alla patologia vegetale, per il prossimo futuro
(Leslie, 1996).
Gran parte del lavoro con VC in Funghi Patogeni ha confermato il modello proposto da
John Puhalla nel 1985, che suggerisce che i VC potrebbero essere usati per suddividere le
popolazioni in differente VCGs e che queste suddivisioni sono correlate con la patogenicità.
Questo modello suppone che gli agenti patogeni raramente, se non mai, partecipano agli
eventi di ricombinazione che potrebbero condurre al riassortimento degli alleli vic nei nuovi
fenotipi VCG.
La tecnica di VCG non è una panacea per le analisi della popolazione dei Funghi
Patogeni. Le analisi dei VCG non sono adatte per determinare se gli isolati appartengono a
specie biologicamente differenti o per valutare le differenze che si presentano sopra il livello
della specie. Anche se la tecnica dei VCG è utile per la misurazione della diversità
genotipica, non è utile per valutare i livelli di frequenze alleliche, come quelle ai differenti loci
vic (Correll et al., 1989). In confronto con alcune tecniche di multilocus, quali le sonde
dell'impronta digitale del DNA, i VCGs richiedono una meno sofisticata tecnica di laboratorio
e di apparecchiatura, ma non possono studiare la stessa quantità di loci, e richiedono un
maggior numero di isolati per l’interpretazione dei dati (Leslie, 1996).
I meccanismi biologici alla base della VC non sono attualmente chiari. Concettualmente ci
sono due classi di meccanismi che sono importanti per l’eterocariosi: quelli responsabili della
stabilizzazione dell’eterocarion e quelli richiesti per il suo mantenimento, una volta che è
stato stabilito (Leslie, 1996).
INTRODUZIONE – Impiego dei Mutanti Auxotrofi
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1.2. Impiego dei mutanti auxotrofi
Nei Funghi, i mutanti auxotrofi, sono impiegati nello studio dei Gruppi di Compatibilità
Vegetativa (VCG) oppure nella tecnica della Fusione dei Protoplasti. I mutanti auxotrofi
possono anche essere impiegati per lo studio del ciclo di un elemento, e possono essere
ottenuti attraverso l’accrescimento del Fungo in presenza della corrispondente sostanza
tossica..
Ai fini del lavoro, la nostra attenzione è stata rivolta all’impiego dei mutanti auxotrofi per lo
studio di VCG e per la tecnica di fusione dei protoplasti.
1.2.1. Impiego nello studio dei Gruppi di Compatibilità Vegetativa
(VCGs)
La Compatibilità Vegetativa (vc) è un carattere fenotipico che viene utilizzato per lo studio
delle popolazioni di molte specie fungine, ed i VCG sono stati spesso correlati alla
patogenicità (analogamente ai Gruppi di Anastomosi Ifale di Rhizoctonia solani).
L’utilizzazione di questo criterio di caratterizzazione delle popolazioni fungine ha trovato per
tanto tempo un impedimento nell’eccessiva laboriosità e lunghezza delle metodologie
necessarie alla sua determinazione, quali osservazioni al microscopio delle fusioni ifali o le
lunghe procedure necessarie all’induzione di mutanti auxotrofi (Correll et al., 1989).
Recentemente, la messa a punto di tecniche per la rapida produzione di mutanti auxotrofi
non utilizzanti il nitrato o il solfato ha consentito la diffusione di questo tipo di indagine in
diverse specie, con il monitoraggio di un grande numero di isolati (Jacobson and Gordon,
1988; Correll et al., 1989; Joaquim and Rowe, 1990; Zambino and Harrington, 1990; Elmer,
1991; Glass and Kuldau, 1992). I mutanti incapaci di ridurre il nitrato (“nit”) o il solfato (“sul”)
si ottengono rapidamente (e facilmente in alcune specie di Fusarium) usando substrati
contenenti Clorato di Potassio o Selenato di Sodio, rispettivamente analoghi tossici del
Nitrato e del Solfato (Correll et al., 1987). Possono presentare mutazioni che interrompono la
stessa via metabolica (del Nitrato o del Solfato) in punti diversi e sono quindi in grado di
complementarsi, se provenienti da isolati compatibili, quando accoppiati tra loro su Mezzo
Minimo, originando micelio eterocariotico caratterizzato da crescita lussureggiante (crescita
prototrofica) (Vannacci and Cristani, 1998).
L’identificazione dei VCGs richiede saggi di complementazione (allo scopo di evidenziare
la formazione di eterocarion) tra mutanti auxotrofi provenienti da isolati con VCG noto (isolati
“tester”) e mutanti auxotrofi provenienti da isolati dei quali si vuole conoscere il VCG di
appartenenza. Nel caso di complementazione tra l’isolato “tester” e l’isolato non ancora
identificato, si assegna questo ultimo al VCG dell’isolato “tester”. La classificazione di
popolazione fungine sulla base dei Gruppi di Compatibilità Vegetativa (VCGs) di
appartenenza, può richiedere centinaia di accoppiamenti fra gli isolati e i “tester”, rendendo il
lavoro lungo e faticoso (Vannacci and Cristani, 1998).
1.2.2. Impiego nella tecnica di fusione di protoplasti
Il successo nell'uso della fusione di protoplasti richiede un certo metodo di isolamento
delle cellule fuse. Solitamente, questo richiede una fusione di due isolati, ciascuno carente in
proprietà complementare, per esempio, auxotrofi. I mezzi per la rigenerazione dei talli che
seguono la fusione, sono stati scelti in modo che gli isolati della progenie che hanno esibito
la complementazione possano essere identificati. Un esempio è la selezione degli isolati
prototrofici su un mezzo minimo successivo ad una fusione di due isolati auxotrofici. La
produzione di mutanti richiede solitamente la mutagenesi chimica, che può cambiare
numerose caratteristiche dell’isolato mutato, oltre a quelle per le quali il mutante è stato
selezionato. Tali mutazioni secondarie possono essere deleterie (Sivan et al., 1990).
La selezione di mutanti senza fare ricorso alla mutagenesi chimica, riduce fortemente il
rischio di mutazioni secondarie. Per questa ragione l’impiego del Clorato e del Selenato per
l’ottenimento di “nit” e “sul” è ampiamente diffuso.
INTRODUZIONE – Il Genere Trichoderma spp.
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1.3. Trichoderma
1.3.1. Il genere Trichoderma
Il genere Trichoderma fu identificato per prima volta nel 1794 da Persoon (1794) e
consiste in Funghi Anamorfici isolati principalmente dal terreno e da materia organica in
decomposizione.
Gli isolati appartenenti al genere Trichoderma sono eterogenei nella struttura genomica e
nel comportamento; si tratta, nella maggior parte dei casi, di Funghi Mitosporici. Il
Teleomorfo, dove è noto, appartiene al genere Hypocrea (Ordine Hypocreales, Classe
Pyrenomycetes Divisione Ascomycota). Il genere Hypocrea fu decritto per la prima volta nel
1825 ad opera di Elias (Magnus) Fries (1825). La relazione tra le due forme, Anamorfa e
Teleomorfa, fu indicata soltanto nel 1957, ad opera di Dingley (1957) e, successivamente, da
Webster e Rifai (Rifai and Webster, 1966; Webster and Rifai, 1968).
La capacità di un’abbondante sporulazione permette un'identificazione relativamente
facile di Trichoderma come genere, ma i concetti di specie sono difficili da interpretare ed
esiste una considerevole confusione su tale argomento (Grondona et al., 1997).
Dal 1794 fino al 1969, in letteratura, tutti gli isolati di Trichoderma sono stati identificati
come “T. viride”, in accordo con Bisby (1939), quando il genere Trichoderma consisteva di
una singola specie. Rifai (1969) adottò il concetto di “specie aggregate” e divise il genere
Trichoderma in nove “specie aggregate” basandosi sulle caratteristiche morfologiche,
ammettendo che alcune di loro (particolarmente Trichoderma hamatum) probabilmente
contengono due o più specie morfologicamente indistinguibili. Bissett (1984; 1991a; 1991b;
1991c; 1992; Gams and Bissett, 1998) modificò lo schema di “specie aggregate” di Rifai,
utilizzando criteri morfologici più ampi, per includere sia la vasta gamma di variazioni
morfologiche espressa da alcuni Anamorfi di Hypocrea, sia certe forme precedentemente
incluse nel genere Gliocladium. Mentre modificava lo schema di “specie aggregate” di Rifai
(1969), Bissett (1991a) ha inoltre stabilito una suddivisione del genere in cinque sezioni:
Longibrachiatum, Pachybasium, Trichoderma, Saturnisporum e Hypocreanum.
Numerosi tentativi sono stati effettuati, usando tecniche molecolari, per la classificazione
di Trichoderma spp. (Meyer, 1991; Meyer et al., 1992; Herrera-Estrella et al., 1993;
Muthumeenakshi et al., 1994), che hanno portato alla disponibilità di un sistema di
classificazione, consultabile on-line (http://nt.ars-grin.gov/taxadescription/keys/Trichodermaindex.cfm).
Gli individui appartenenti al genere Trichoderma, generalmente, possiedono elevate
velocità di accrescimento. Inizialmente il micelio delle colonie in sviluppo è immerso nel
substrato di crescita. La colonia può presentare un micelio aereo ialino che può assumere un
aspetto variabile tra disordinato, fioccoso, lanoso o aracnoide in base all’isolato ed al mezzo
di coltura. Alcuni isolati possono modificare il colore del substrato di coltura rilasciando
pigmenti di colore giallo (per esempio Trichoderma saturnisporum), ambra, verde, rosso
tenue o marrone chiaro. Una delle caratteristiche peculiari di questo genere è la produzione
di composti che conferiscono odore di cocco o canfora, con intensità variabili tra il molto
pronunciato ed il fortissimo (Cerchiai, 2005).
I conidiofori possono essere prodotti dalla colonia in modo diffuso, a ciuffo o con
formazione di pustole compatte; generalmente vengono prodotti in distinti anelli concentrici
dalle tipiche sfumature verdi, solo raramente possono essere bianche, grigie o marroni. I
conidiofori di molte specie sono costituiti da larghi assi principali, che portano ramificazioni
laterali ad intervalli regolari. Queste stesse ramificazioni producono, a loro volta,
ramificazioni secondarie, che diventano progressivamente più corte e sottili quanto più sono
prossime all’apice. Le ramificazioni possono essere, più o meno, divergenti, solitarie,
opposte o in verticilli; ramificazioni verticillate ripetute possono portare alla formazione di una
struttura piramidale altamente ramificata; in altre specie la ramificazione è meno regolare
con ramificazioni solitarie od opposte e con ramificazioni secondarie scarse. Ciascuna
ramificazione termina con una o più fialidi. Le fialidi sono tipicamente disposte in verticilli
divergenti, posti alle estremità delle ramificazioni dei conidiofori, oppure in verticilli posti
INTRODUZIONE – Il Genere Trichoderma spp.
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direttamente al di sotto dei setti presenti lungo i conidiofori e lungo le ramificazioni. In altri
casi possono essere presenti fialidi opposte o solitarie disposte irregolarmente. Per quanto
riguarda la forma, esistono fialidi cilindriche, subglobose o ampolliformi. I conidi sono
monocellulari, generalmente di colore verde, oppure possono essere incolori, grigi o marroni.
La parete può essere liscia, rugosa, sinuosa, bollosa o può presentare sporgenze, derivanti
dalla parete esterna. Per quanto riguarda la forma, esistono conidi subglobosi, ellissoidali,
allungati o cilindrici. I conidi generalmente appaiano secchi, ma in molte specie sono
contenuti in gocce di un liquido giallo o verde chiaro (come nel caso di Trichoderma virens e
Trichoderma flavofuscum rispettivamente). Approssimativamente le dimensioni dei conidi
sono 3-5 µm x 2-4 µm (Cerchiai, 2005).
Le clamidospore (strutture quiescenti di resistenza) sono comunemente presenti nelle
colonie e sono abbondanti soprattutto nel micelio immerso; possono essere intercalari o
terminali su corte ramificazioni laterali di ife vegetative. Generalmente tali strutture sono
unicellulari, ma in alcune specie, come ad esempio in Trichoderma stromaticum, sono
multicellulari, di forma globosa od ellissoidale e di colore verde, giallo chiaro oppure incolori,
presentando parete liscia e, a volte, ispessita (fino a 4 µm).
Le ife vegetative generalmente sono ialine, con parete liscia, larghe 2-10 µm, meno
frequentemente, come nel micelio immerso, le ife possono essere di colore giallo chiaro, con
parete irregolare ed ispessita, fino ad una larghezza di 16 µm (Kubicek and Harman, 1998).
Al genere Trichoderma appartengono Funghi ubiquitari a rapida crescita, che
rappresentano spesso la componente principale della microflora del terreno in un ampia
gamma di habitat in tutte le zone climatiche (suoli agricoli, foreste, praterie e suoli desertici),
e sono relativamente facili da isolare e coltivare (concentrazione di circa 101-103 propaguli
per grammo di terreno). Questi Funghi colonizzano anche il legno e parti erbacee in
decomposizione, nei quali è stata trovata la Forma Teleomorfa (genere Hypocrea) (Cook and
Baker, 1983). In natura la forma asessuata persiste come individui o popolazioni clonali,
spesso eterocariotiche (Fambrini, 2005).
Si tratta di Funghi Saprofiti, prolifici produttori di proteine extracellulari, tra le quali un
vasto assortimento di enzimi degradatori, come cellulasi e chitinasi, e più di 100 differenti
metaboliti con attività antibiotica riconosciuta (Kubicek and Harman, 1998; Sivasithamparam
and Ghisalberti, 1998; Grondona et al., 1997). Questo ampio spettro enzimatico conferisce
loro la capacità di trasformare un’ampia varietà di materiale, sia organico, sia xenobiotico.
Le specie appartenenti al genere Trichoderma possiedono un metabolismo estremamente
versatile. Possono utilizzare come fonte di carbonio un’ampia varietà di substrati, inoltre
sono uno dei pochi gruppi di organismi capaci di utilizzare composti costituiti da un solo
atomo di carbonio, come fonte glucidica. Molti isolati sono capaci di degradare gli idrocarburi
(Davies and Westlake, 1979) e questo è dimostrato anche dal fatto che costituiscono la
componente maggiore della popolazione fungina presente in suoli contaminati (Gudin and
Charter, 1977; Llaos and Kjøller, 1976; Pinholt et al., 1979). Come fonte di azoto possono
utilizzare dai composti ammoniacali agli aminoacidi o proteine, mentre è scarsa e specie-
specifica l’assimilazione di nitrato (Danielson and Davey, 1973).
La naturale distribuzione di Trichoderma è largamente influenzata dalla temperatura;
diverse specie mostrano temperature ottimali di crescita differenti e riescono a tollerare
anche condizioni estreme (Domsch et al., 1980). La crescita “temperatura-dipendente”
sembra un fenomeno adattativo in Trichoderma: un caso semplificato è rappresentato dalle
specie originatesi in climi caldi, le cui temperature ottimali sono piuttosto elevate (Danielson
and Davey, 1973). La temperatura ottimale di crescita per molte specie di Trichoderma è,
come dimostrato da molti studi, nell’intervallo 25-30°C. Molti isolati sono stati originariamente
selezionati a temperatura ambiente, anche se questa procedura potrebbe aver limitato il
reperimento di isolati Psicrofili o Termotolleranti (Fambrini, 2005).
Il pH ha un forte impatto sulla crescita del Trichoderma, visto che molti nutrienti vengono
assorbiti mediante un simporto con ioni idrogeno. L’accrescimento ottimale del micelio di
Trichoderma si ha a pH compreso tra 4,0-6,5. Poche specie di Trichoderma sembrano
tollerare pH inferiore a 3,0, preferendo terreni mediamente o leggermente acidi (Fambrini,
2005).