9
1. EVOLUZIONE STORICA E FATTI STILIZZATI
1.1 Le politiche agricole del Messico
A partire dagli anni ’80 le politiche agricole implementate dal governo
messicano seguirono lo sfondo ideologico e le direttive del Fondo
Monetario Internazionale, che attribuivano un peso fondamentale alla
produttività agricola e alla concorrenza nel mercato mondiale
6
. Facendo
fede a tali principi, la deregolamentazione dell’economia e l’apertura
commerciale sono state individuate come le principali strategie di
“sviluppo”, contribuendo all’incremento “della disuguaglianza economica,
sociale e territoriale, della concentrazione di potere e benefici nelle mani
delle imprese multinazionali, della degradazione ambientale, causata da
un’agricoltura estensiva, e della monocoltura destinata all’esportazione”
7
.
Con l’entrata del Messico nel GATT, nel 1986, venne ufficializzato il nuovo
orientamento del governo verso il tema dello sviluppo: da questo momento,
si assistette alla diminuzione delle restrizioni e delle barriere doganali senza
l’implementazione di politiche di appoggio e protezione ai settori più
vulnerabili.
Nel 1992, la controriforma salinista dell’ articolo 27 della costituzione diede
una spinta alla privatizzazione dei possedimenti ejidales
8
e comunali,
segnando l’inizio di un nuovo processo di sottrazione delle terre nelle mani
dei contadini e dei gruppi indigeni. La politica salinista neoliberale ebbe
come obiettivo la diminuzione della partecipazione statale nell’economia.
Alla base di tale strategia risiedeva la speranza che il capitale nazionale
colmasse il gap lasciato dai fondi ritirati dallo Stato. Al contrario, la
sostituzione di capitali risultò “lenta e insufficiente per l’economia nel suo
complesso e per il settore rurale in particolare”
9
e favorì l’appropriazione
delle terre da parte dei grandi latifondisti. Oggi, infatti, il 70% della
6
Chavéz y Macías (2007)
7
Chavéz y Macías (2007), op. cit. p. 48.
8
Che riguardano l’ejido, proprietà rurale ad uso collettivo.
9
R. G. Zamora (2002), op. cit. p. 5.
10
produzione di riso, grano e mais del ciclo autunno-inverno viene gestito dai
grandi proprietari terrieri.
Il fallimento del tentativo di convertire gli investimenti privati nella leva
dello sviluppo del paese spinse il governo messicano a cercare una nuova
alternativa: il Presidente Salinas de Gortari pose sul tavolo delle trattative
con gli Stati Uniti e Canada un piano per l’integrazione economica con
l’America settentrionale, auspicando che il capitale straniero potesse
favorire la modernizzazione del paese.
Nel 1994, con la firma del Trattato di Libero Commercio con l’America del
Nord (TLCAN), si concretizzò il piano di Salinas. Si assistette
all’ampliamento, sia in termini geografici che di volume, dell’apertura
commerciale iniziata il decennio precedente. In tale operazione non venne
però presa in considerazione l’esistenza di una profonda asimmetria nel
livello di sviluppo tra le controparti del trattato.
Il TLCAN, infatti, non prevede alcuna diversificazione dei processi di
liberalizzazione e dei tempi di deregolamentazione, non tenendo in
considerazione né la distinta natura dei prodotti (industriali, agricoli e del
settore della pesca) né le differenze tra i livelli di sviluppo delle
controparti
10
.
Inoltre, il governo messicano, contrariamente a quelli nord-americani,
ridusse in modo sempre più consistente i finanziamenti al settore rurale dal
1982 a oggi
11
. “Nel 1981 la spesa del governo federale nell’agricoltura,
allevamento e pesca rappresentava l’1,37% del Pil, cifra irrisoria se si pensa
che in quell’anno il settore occupava il 6,5% del Pil, dando impiego a un
quarto della popolazione. Con la crisi economica degli anni ’80, il budget
10
Il TLCUEM (Tratado de Libre Comercio entre Unión Europea y México) al contrario,
prevede tempi di liberalizzazione distinti per i prodotti industriali e agricoli oltre ad
individuare una categoria di “prodotti sensibili” per la quale è stato stabilito un calendario
particolare. Il trattato inoltre, stabilisce distinte scadenze nei tempi di deregolamentazione
per le controparti: l’UE s’impegna a liberalizzare l’82% dei prodotti industriali entro il
2000 e il restante 18% entro il 2003, mentre il Messico il 47,6% entro il 2000 e il 52,4%
entro il 2003.
11
Alla base di tale operazione recideva l’idea che il ritiro statale dall’economia avrebbe
conferito maggiore efficienza al settore agricolo e zootecnico.
11
destinato all’agricoltura diminuì notevolmente, fino a rappresentare solo lo
0,44% del Pil nel 1999, per poi aumentare leggermente durante il governo di
Vicente Fox, raggiungendo uno 0,53% nel 2006”
12
.
Oltre alla diminuzione del finanziamento statale all’agricoltura, il governo
federale promosse la privatizzazione di quasi la totalità delle imprese
parastatali e degli organismi di appoggio al settore che sostenevano la
produzione (come Fertilizantes de México e il Banco Nacional de Crédito
Rural) o la commercializzazione (come la Compañía Nacional de
Subsistencias Populares).
Dal 1983 anche il credito agricolo concesso dall’istituzione pubblica Banco
de desarrollo diminuì sostanzialmente. Nonostante ciò, la crescita del
credito promulgato dalla Banca commerciale permise che il suo valore
totale continuasse ad aumentare fino alla crisi finanziaria e bancaria degli
anni ’90. Iniziata nel 1992 ed accentuatasi nel 1995, la crisi provocò la
caduta del credito commerciale a un tasso annuo medio del 18,6% tra il
1994 e il 2000 e del 12,2% tra il 2000 il 2007
13
. Tenendo in considerazione
la diminuzione dell’appoggio monetario al settore agricolo e zootecnico da
parte del Banco de desarrollo, si può concludere che in complesso si
assistette ad una riduzione annuale dei finanziamenti del 16,64%
14
.
Se in Messico diminuì il credito dalle banche così come l’appoggio statale
al settore rurale, in Unione Europea, Stati Uniti e Canada continuarono ad
essere applicate politiche di sostegno alle attività agrarie. In tale contesto,
l’apertura commerciale pose i produttori messicani in una posizione di
concorrenza diseguale, tanto nel mercato interno come in quello delle
esportazioni, favorendo l’indebolimento della loro capacità produttiva e una
maggior vulnerabilità a livello mondiale.
Chávez e Macías considerano l’idea di sviluppo adottata dal governo
messicano semplicistica e di scarsa efficacia, poiché da un lato “non
12
H. G. Chávez y A. M. Macías (2007)
13
Ibid.
14
Ibid.
12
affronta i temi legati alla relazione tra società e ambiente e perde di vista la
specificità del settore agricolo e zootecnico rispetto alle altre attività
economiche, dall’altro dimentica che l’agricoltura, come qualsiasi attività
economica, si sviluppa in contesti storici e sociali specifici (Polanyi 1957),
nei quali il mercato è una costruzione politica e non una istituzione auto-
regolatrice basata sui propri interessi e sulla concorrenza”
15
. Inoltre gli
autori criticano la visione di “uno sviluppo economico che ruota attorno ad
individui atomizzati che guidano le proprie azioni secondo una razionalità di
costo-beneficio, senza considerare i differenti contesti sociali e culturali nei
quali si sviluppano e che definiscono il rango di possibilità sui quali loro
stessi operano”
16
.
Si nota quindi come il settore agricolo e zootecnico, nello stesso modo che
l’economia messicana nel suo complesso, sia stato soggetto, dal 1983, a una
severa politica di aggiustamento strutturale che, volendo ridurre l’inflazione
e il deficit fiscale, ha portato a “il mantenimento di prezzi sfavorevoli, la
drastica diminuzione dell’investimento pubblico e il ritiro dei sussidi che
esistevano per apportare risorse strategiche a tal settore”
17
.
Il tentativo di promuovere la modernizzazione delle campagne messicane,
attraverso l’eliminazione delle barriere al flusso del capitale straniero, non
sembra aver raggiunto gli obiettivi desiderati. Con la crisi economica del
1992-1994, infatti, è aumentata la povertà tra i contadini, categoria che si
rivela essere, ancora una volta, la più vulnerabile nel quadro della
modernizzazione del paese.
Di fronte a tale situazione è importante analizzare l’impatto che le politiche
messicane hanno avuto sulla vulnerabilità alimentare.
15
H. G. Chávez y A. M. Macías (2007) op. cit. 52.
16
Granovetter, 1985 e 1992 in H. G. Chávez y A. M. Macías (2007) op. cit. 52.
17
R. G. Zamora (2002), op. cit. 13.
13
1.2 Perdita di sovranità alimentare
Il tema della vulnerabilità alimentare viene trattato già da alcuni decenni da
diverse organizzazioni internazionali, dall’ONU alle ONG, che osservano il
concetto da differenti prospettive, fondamentali nella determinazione delle
distinte politiche alimentari a livello mondiale.
La prima Conferenza mondiale sull’alimentazione (The World Food
Conference), tenutasi a Roma nel 1974 con la partecipazione di 135
rappresentanti degli Stati, venne organizzata sulla base della necessità di
“sradicare la fame e la malnutrizione” a livello mondiale. In tale circostanza
si fece leva sulla responsabilità dei Governi a collaborare per incrementare
la produzione e per raggiungere un maggior livello di equità ed efficienza
nella distribuzione dei beni alimentari tra i diversi paesi e all’interno degli
stessi
18
. Per il conseguimento di tali obiettivi l’Universal Declaration on the
eradication of hunger and malnutrition pose l’accento sulle necessità di:
introdurre misure di trasformazione socio-economica attraverso l’attuazione
di riforme fiscali, di politiche di credito e investimento nel settore rurale
19
;
incentivare la cooperazione tra i paesi industrializzati e i PVS, per il
trasferimento di tecnologia e di assistenza finanziaria dei primi verso i
secondi
20
; favorire la collaborazione tecnica tra i PI e i PVS, con l’obiettivo
di aumentare la produzione agricola attraverso l’apporto di inputs quali i
fertilizzanti o altri chimici, le sementi high-quality, il credito e le nuove
tecnologie
21
; conferire ampia importanza al ruolo del mercato e del
commercio internazionale, incitando i paesi “sviluppati” a esportare i propri
prodotti alimentari verso i “paesi in via di sviluppo”
22
.
18
Art. 1 della Universal Declaration on the eradication of hunger and malnutrition.
19
Art. 2 della Universal Declaration on the eradication of hunger and malnutrition.
20
Art. 7 della Universal Declaration on the eradication of hunger and malnutrition.
21
Art.10 della Universal Declaration on the eradication of hunger and malnutrition.
22
Art. 11 della Universal Declaration on the eradication of hunger and malnutrition.
14
Da tale dichiarazione si può osservare come, sotto l’impulso della
“Rivoluzione verde”, dominasse l’idea di poter risolvere il problema
alimentare attraverso la creazione di un sistema mondiale in cui i paesi
industrializzati avrebbero dovuto aiutare quelli in via di sviluppo esportando
capitali, tecnologia e la propria produzione.
Tale strategia mirava infatti a risolvere il problema della sicurezza
alimentare, termine con il quale ci si riferisce alla disponibilità di alimenti,
senza prendere in considerazione la produzione degli stessi. Occorre invece
considerare che la produzione e la disponibilità sono elementi inseparabili e
interdipendenti, condizionati dai fattori ambientali.
Un ulteriore concetto, che fa un passo in avanti rispetto a quello della
sicurezza alimentare è la vulnerabilità alimentare, che considera i fenomeni
ciclici e quelli eventuali
23
. La vulnerabilità “può presentarsi in forma
progressiva e costante come l’erosione del suolo, la desertificazione, il
cambio climatico, la diminuzione della biodiversità, delle coltivazioni; o in
modo repentino, come un cambio delle politiche agroalimentari che
danneggia la capacità produttiva di un paese e lede il potere d’acquisto e la
possibilità di recupero di ampie categorie di popolazione ”
24
.
Seguendo la proposta di Chávez e Macías si definisce vulnerabilità
alimentare la “situazione che caratterizza paesi, settori sociali, gruppi e
individui che sono esposti o sono suscettibili a soffrire la fame, denutrizione
o malattia per il fatto di non aver accesso fisico, economico e sostenibile ad
un’alimentazione sufficiente, nutritiva e culturalmente accettabile, a causa
dell’abituale consumo di prodotti insalubri o contaminati”
25
. In tal caso è
possibile che vi sia una correlazione tra gli attori globali e locali, tra coloro
23
Per fenomeni ciclici si intendono le inondazioni, i cicloni, le secche o i terremoti; per
fenomeni eventuali ci si riferisce a: epidemie, guerre, parassiti o malattie dell’allevamento o
delle piantagioni che possono originarsi per condizioni naturali ma anche per pratiche
agricole insostenibili, come quelle che provocano l’inquinamento dell’ambiente, degli
alimenti e la devastazione delle risorse naturali.
24
H. G. Chávez y A. M. Macías (2007) , op. cit p. 65
25
H. G. Chávez y A. M. Macías (2007), op. cit. p. 53. La definizione riprende elementi
proposti dalla FAO nei suoi documenti del 1975, 1983 e 1999.
15
che producono, che commercializzano e consumano gli alimenti stessi e tra
la loro disponibilità e la loro accessibilità da parte dei differenti gruppi
sociali. Inoltre la definizione riportata include l’importanza di considerare i
fattori ambientali, economici e politici così come la bilancia commerciale
dei prodotti alimentari di un paese come indicatore di minore o maggiore
dipendenza dai mercati stranieri.
A tale concetto si avvicina quello di sovranità alimentare, che fu sviluppato
da Via Campesina
26
e divulgato in occasione della Cumbre Mundial de la
Alimentación nel 1996, per offrire un’alternativa alle politiche neoliberali.
“Da allora, questo concetto si è convertito in un tema importante del
dibattito internazionale sull’agricoltura, addirittura in seno alle Nazioni
Unite. Fu il tema principale del forum delle ONG parallelo all’incontro
mondiale dell’alimentazione della FAO del giugno 2002”
27
.
La sovranità alimentare è stata definita come “il diritto dei popoli, dei suoi
stati o unioni di Stati a determinare la propria politica agraria e alimentare, a
proteggere e regolamentare la produzione agricola nazionale e il mercato
domestico, al fine di raggiungere obiettivi di sviluppo sostenibile, stabilire il
proprio grado di autosufficienza, impedire che i propri mercati siano invasi
da prodotti eccedenti di altri paesi che vengono posti sul mercato
internazionale attraverso la pratica del dumping; il diritto dei contadini a
produrre alimenti e il diritto dei consumatori a poter decidere quello che
vogliono consumare, come e chi lo produce. La sovranità alimentare non
nega il commercio internazionale, ma difende la possibilità di formulare
quelle politiche e pratiche commerciali che offrano il diritto della
popolazione a disporre dei metodi e prodotti alimentari innocui, nutritivi e
ecologicamente sostenibili”
28
.
26
Via Campesina è un movimento internazionale di contadini, piccoli e medi produttori,
senza terra, popolazioni indigeni, donne e giovani della società rurale, che difende i valori e
gli interessi dei propri membri,
27
Vía Campesina (2004).
28
Via Campesina (1996).
16
Secondo tale visione, per raggiungere la sovranità alimentare, occorrerebbe:
- dare priorità alla produzione locale e regionale di fronte
all’esportazione;
- autorizzare i Paesi/le Unioni di Paesi a proteggersi contro le
importazioni a prezzi troppo bassi;
- permettere il sostegno dei contadini attraverso un finanziamento
pubblico, che non sia direttamente o indirettamente vincolato a
promuovere l’esportazione a prezzi bassi;
- garantire la stabilità dei prezzi agricoli su scala mondiale, mediante
alcuni accordi internazionali di controllo della produzione.
Alla base della sovranità alimentare vi è l’idea che l’alimentazione di un
popolo costituisca un tema di sicurezza e di sovranità nazionale: se la
capacità di una nazione di alimentare la propria popolazione dipende dai
capricci del mercato internazionale, dalla volontà delle super potenze e dagli
alti costi di trasporto sulla lunga distanza, questo paese non potrà garantire
ai propri abitanti alcuna sicurezza, né alimentare né nazionale.
La sovranità alimentare rappresenta un concetto molto più ampio di quello
di sicurezza, che riguarda il solo poter disporre da parte della popolazione
degli alimenti sufficienti per poter vivere. La manipolazione di quest’ultima
nozione, ad opera delle grandi potenze, ha permesso la legittimazione
dell’importazione dei prodotti a basso costo dagli Stati Uniti, attività che è
stata presentata come un’eccellente strategia per i paesi poveri di garantire
la propria sicurezza, più di quanto potrebbero fare producendo loro stessi i
propri generi alimentari. Al contrario, l’importazione in grandi quantità di
alimenti a basso costo, impedisce agli agricoltori locali di far fronte alla
concorrenza e li spinge ad abbandonare le proprie terre per dirigersi verso le
aree urbane. Qui, a causa della difficoltà nel trovare un lavoro redditizio e
dell’impossibilità di produrre i propri generi alimentari, i contadini emigrati
vanno ad accrescere il già elevato numero di affamati, riponendo nelle mani
del mercato la propria sicurezza alimentare.
17
Affinché ne raggiungano un livello reale e genuino, le popolazioni delle
aree rurali dovrebbero avere accesso alla terra fertile e ricevere
remunerazioni adeguate per i propri raccolti che permetta loro di godere di
uno stile di vita dignitoso.
Via campesina propone, come soluzione duratura per eliminare la fame, di
fomentare lo sviluppo economico locale attraverso la creazione di circuiti
locali di produzione e consumo, in cui le famiglie di agricoltori vendano i
propri prodotti e acquistino l’indispensabile. Il denaro circolerebbe così
all’interno dell’economia locale, generando impiego e permettendo ai
contadini di ricevere una remunerazione adeguata per vivere. Se, al
contrario, la produzione agricola continuasse ad essere esportata ai prezzi
del mercato internazionale (prezzi bassi), e se la maggior parte dei loro
acquisti fosse importata (a prezzi alti), tutti i profitti del sistema sarebbero
estratti dall’economia locale per contribuire al solo sviluppo delle economie
lontane. Pertanto, la sovranità alimentare, ponendo l’enfasi sui mercati e
sulle economie locali, risulta essenziale per lottare contro la fame e la
povertà.
La prospettiva di Via campesina si oppone al modello economico dominante
applicato al settore rurale. Quest’ultimo si basa sulle esportazioni, le
politiche neoliberali e il libero commercio, mentre Via campesina propone
che la produzione sia destinata al mercato locale, che gli alimenti e
l’agricoltura non siano regolati dagli accordi commerciali vigenti e che
vengano stabiliti dei prezzi adeguati per coprire i costi di produzione,
garantendo agli agricoltori un livello di vita dignitoso. Se, nella prospettiva
del libero commercio, gli agricoltori appartenenti al nucleo familiare
vengono considerati come un’unità di produzione inefficiente che dovrebbe
scomparire, nell’ottica di Via Campesina essi costituiscono la base
dell’economia locale e dello sviluppo economico nazionale.
Per quanto riguarda la disponibilità di alimenti, il libero commercio
considera la stimolazione delle esportazioni come la strategia adeguata per
18
la creazione dei profitti necessari per importare alimenti a basso costo ed
evitare la morte di numerosi bambini per malnutrizione, oltre a generare
nuovo impiego. Via campesina, al contrario, considera la conversione delle
terre in grandi monoculture destinate al mercato estero come la forza
principale che stimola la crescita della fame e della povertà nell’area rurale.
Secondo i sostenitori di tale proposta, l’esportazione dei prodotti agricoli su
grande scala genera una quantità d’impieghi minore rispetto al sistema di
agricoltura familiare, e per lo più si tratta di lavori mal retribuiti e precari.
Infine, mentre il modello dominante si basa su una monocoltura di grande
scala che richiede una notevole quantità di prodotti di sintesi e l’utilizzo di
sementi geneticamente modificate, il modello di sovranità alimentare
individua in tali pratiche agricole la causa dell’indebolimento della terra,
che diventa scarsamente produttiva per le future generazioni. Tale approccio
propone una riforma agraria autentica e l’applicazione di una tecnica di
produzione che combini la conoscenza tradizionale con le nuove pratiche
basate sull’agro-ecologia.
Via Campesina e i sostenitori di tale proposta considerano la
liberalizzazione del commercio priva di ogni controllo come una forza che
conduce gli agricoltori ad abbandonare le proprie terre, e come il principale
ostacolo allo sviluppo economico locale e alla sovranità alimentare. Per
questo esigono l’esclusione degli alimenti e dell’agricoltura dagli accordi
commerciali
29
e dagli altri trattati regionali e bilaterali.
In riferimento a tale aspetto, occorre sottolineare che il Messico, con la
firma del TLCAN, rafforzò quel processo di dipendenza del mercato
agroalimentare che era già stato iniziato negli anni ’80.
Dall’entrata in vigore del Trattato, infatti, sono stati persi 2 milioni di
impieghi nel settore agricolo e ogni anno si assiste all’emigrazione verso gli
29
Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), Trattato di Libero Commercio
dell’America del Nord (TLCAN), Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA).
19
Stati Uniti di 300 mila persone che provengono dal settore rurale
30
.
L’apertura commerciale ai paesi dell’America settentrionale ha reso il
Messico dipendente dal commercio estero e ha impedito la diversificazione
dei mercati
31
.
Tale fenomeno è riscontrabile osservando i seguenti dati: se nel 2000 le
esportazioni rappresentavano il 30,9% e le importazioni il 32,9% del PIL,
nel 2006 le esportazioni arrivarono a costituire il 31,9% del PIL e le
importazioni il 33,2%, registrando un andamento crescente rispetto agli anni
precedenti. Risulta importante sottolineare che quasi la totalità di tali
scambi commerciali siano indirizzati verso gli USA (Grafici 1.1 e 1.2). Un
ulteriore indicatore interessante, il “merchandise trade”
32
, evidenzia il
valore che il commercio estero ha per l’economia interna: questo
rappresenta il 60% del PIL nel 2000, il 58,1% nel 2005 e il 61,8%
33
nel
2006, presentando un andamento decrescente in un primo periodo e
crescente nel secondo.
Pertanto l’apertura commerciale non ha reso il Messico dipendente solo
dalle importazioni, ma anche dall’economia di un unico paese, gli Stati
Uniti.
30
Red Mexicana de Acción frente al Libre Comercio, www.rmalc.org.mx.
31
al contrario di ciò che era stato stabilito nell’articolo 3-IV della “Ley Sobre la
Aprobación De Tratados Internacionales en Materia Económica” secondo il quale
l’approvazione di un trattato avrebbe dovuto rispettare l’obiettivo di “contribuire alla
diversificazione dei mercati”.
32
Il merchandise trade è un idicatore che rappresenta l’incidenza del commercio estero
nell’economia. Viene calcolato dividendo la somma delle esportazioni e delle importazioni
per il valore del PIL in dollari al valore corrente.
33
World Development Indicators database, April 2007.
20
Grafico 1.1
Grafico 1.2
Fonte: SE con dati del Banco de México
Da un punto di vista settoriale si assiste, dagli inizi degli anni ’90, a un
deterioramento della bilancia commerciale agroalimentare, che passò da 972
milioni di dollari nel 1991 a più di 1.600 milioni nel 1993. Con l’entrata in
Esportazioni del Messico verso gli USA 1993-2006
0,00
50.000,00
100.000,00
150.000,00
200.000,00
250.000,00
300.000,00
1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005
anno
Milioni di dollari
TOTALE
Stati Uniti
Importazioni del Messico dagli USA 1993-2006
0,00
50.000,00
100.000,00
150.000,00
200.000,00
250.000,00
300.000,00
1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005
anno
Milioni di dollari
TOTALE
Stati Uniti
21
vigore del TLCAN il deficit si è accentuato raggiungendo i quasi 3 mila
milioni di dollari nel 2004, l’81% in più rispetto al 1993
34
.
Nello stesso periodo, il deficit medio del commercio estero del settore
agroalimentare ha rappresentato quasi il 28% del totale nazionale (nel 2003
era del 47%), mentre nel 1991 era solo del 13,4%
35
.
Ancora più grave risulta la situazione relativa al settore agrario e
zootecnico. Se nel 1991 la bilancia commerciale risultava attiva, dal 1993 si
è prodotto un deterioramento che ha presentato tassi crescenti fino al 2006,
tanto che, in quel anno, si registra un deficit del 261% superiore a quello del
1993. Pertanto il Messico si è visto obbligato a erogare, per l’acquisto di
alimenti, 20.000 milioni di dollari nel periodo della durata del TLCAN
36
.
Torres e Aguilar (2003) sottolineano come la concentrazione geografica dei
prodotti e del commercio estero costituisca un grave problema per il
Messico. Risulta preoccupante la crescente concentrazione delle
importazioni in tale paese di beni alimentari di base come il mais, i fagioli,
il frumento, la carne bovina e suina, e delle esportazioni di ortaggi e frutta
secca a un solo paese, gli Stati Uniti.
Questi dati fanno supporre che il Messico si trovi in una situazione di
vulnerabilità e di perdita di sovranità alimentare, di dipendenza dal mercato
estero, e più specificatamente dal mercato statunitense.
Tali intuizioni sono supportate dalle ricerche della Comisión Económica
para América Latina (CEPAL), secondo cui le politiche agricole imposte
dal 1988
37
trascinarono la campagna messicana in una “autentica crisi” e
34
H. G. Chávez y A. M. Macías (2007).
35
Ibid.
36
Ibid.
37
come la ristrutturazione del credito rurale, la privatizzazione delle imprese produttrici di
inputs, l’eliminazione dei sussidi attraverso il credito e dell’apporto di risorse, la
soppressione dei prezzi di garanzia, il ritiro della Compañia Nacional de Subsistencias
Popular (CONASUPO), l’eliminazione dei permessi d’importazione, la riduzione delle
barriere doganali e la creazione di Procampo. La CONASUPO rappresentava la principale
istituzione di commercializzazione messicana. Nata nel 1965 per organizzare tutte le
22
segnarono l’abbandono degli obiettivi di sicurezza alimentare e
autosufficienza così come della protezione statale verso i produttori che, da
diverse decadi, regolava le politiche agricole.
1.3 La produzione di mais
1.3.1 L‘ importanza del mais per il Messico
La pianta del mais è una graminacea che appartiene alla famiglia Maydae,
presenta cinque generi, tre americani e due orientali ed è l’unica specie del
genere Zea. Secondo la nomenclatura scientifica è conosciuta come Zea
mays.
Il mais così come lo conosciamo oggi, è una pianta che è stata
addomesticata per migliaia di anni dagli abitanti mesoamericani. Questi
iniziarono un processo di selezione, a partire dal Teocintle, una specie
silvestre di pannocchia con pochi grani, per ottenerne una più complessa che
presentasse le caratteristiche desiderate.
L’addomesticamento del mais, che si può far risalire tra il 5.000 e il 10.000
a.C, fu una pratica che si sviluppò soprattutto nelle aree del sud e del centro
del paese e che richiese la saggezza e l’ingegno delle popolazioni locali per
migliaia di anni.
attività del governo volte a regolare il settore agrario, esercitava due funzioni principali:
regolava i mercati dei prodotti di base (o di sussistenza popolare), stabilendo una relazione
più efficiente e razionale tra produttori e consumatori; proteggeva i consumatori delle classi
medio-basse (garantendo l’accesso ai prodotti di base) e i produttori che presentassero
scarsi guadagni (permettendo loro il raggiungimento di un buon livello di vita, attraverso lo
svolgimento delle proprie attività economiche). I programmi di Conasupo riguardavano
un’ampia varietà di prodotti, come: riso, fagioli, mais, sorgo, frumento, latte in polvere.
Attraverso politiche quali: l’offerta dei prezzi di garanzia ai produttori, la lavorazione, il
deposito e la distribuzione dei loro prodotti e l’assegnazione di licenze di importazione, tale
istituzione arrivò a controllare gli elementi chiave della catena alimentare messicana.
Il Programma di Appoggio Diretto al settore Rurale (PROCAMPO) nasce alla fine del 1993
come un meccanismo di trasferimento di risorse ai produttori nazionali per compensare il
gap tra questi e i loro concorrenti stranieri, in sostituzione delle politiche di fissazione di
prezzi di garanzia dei grani.
23
Il lavoro di selezione degli agricoltori permise la formazione di un alto
numero di varietà di mais con caratteristiche distinte tra loro,
38
che
forniscono alla pianta una grande capacità di adattamento alle molteplici
condizioni ambientali: alla temperatura, all’altitudine dal livello del mare, ai
venti, ai suoli, all’ umidità ecc.
Inoltre è importante sottolineare che tutte le fasi di produzione possono
essere compiute da una famiglia contadina facendo uso unicamente delle
proprie risorse: il mais si coltiva velocemente, si raccoglie con facilità e non
richiede di complessi macchinari per la lavorazione e il consumo.
Non solo costituisce l’alimento di base per i messicani, rappresentando il
55% delle calorie che vengono assunte ogni giorno e il 22% delle proteine,
ma anche un elemento culturale a cui viene assegnato un profondo valore
simbolico.
Gli abitanti mesoamericani credevano infatti che con la materia di questo
cereale fosse stato creato il genere umano. “Il mais rappresenta quindi un
principio vitale e una componente sostanziale della cosmologia dei popoli
indigeni. Tutt’oggi, per i messicani, esso continua a simboleggiare un
generatore di vita e un elemento fondamentale d’identità”
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.
Da un punto di vista economico il cereale presenta il maggior livello
mondiale di produzione, superando il grano e il riso
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.
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Le differenze di individuano per esempio nella dimensione delle piante, nel periodo di
tempo che intercorre tra la germinazione fino alla fioritura, nel numero di foglie delle
pannocchie, nelle loro dimensioni o nella quantità, colore e tipo dei grani.
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Importancia económica del maíz, en México y el maíz, en www.semillasdevida.org.mx.
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Ivan Polanco, et. Al Presentación Hijos del maiz.