4
identitario, di appartenenza per arrivare al ruolo medium che possono ricoprire
per le comunità e i territori che ne custodiscono i segreti, ma anche, e soprattutto,
quali volano e leve di sviluppo socio-economico che potenzialmente
rappresentano per le zone che ne definiscono la tipicità.
Nel terzo capitolo vedremo come, parallelamente ai cambiamenti avvenuti nel
concetto di identità personale e nei processi di consumo, analizzati in apertura del
nostro lavoro, anche nel campo del tempo libero si ha un abbandono del turismo
di massa tipico del dopoguerra per dare spazio alla soggettività del singolo
individuo che si esprime attraverso modi di fare turismo più personali che
contribuiscono a delinearne un certo stile di vita rispetto ad un altro. In questo
contesto si inserisce il turismo enogastronomico, un turismo di nicchia, ma
comunque in crescita rispetto alle tradizionali forme di turismo, di cui
prenderemo in considerazione le caratteristiche sia della domanda che
dell’offerta.
Nel quarto capitolo prenderemo in considerazione il come un determinato
territorio, chiaramente con vocazione enogastronomica, debba organizzarsi,
attrezzarsi al fine di promuovere i suoi prodotti tipici e diventare meta di
gastronauti e foodtrotter.
Concluderemo, infine, il nostro lavoro con una panoramica sulla città di Parma e
il suo territorio sede di numerosi giacimenti enogastronomici, famoso in tutto il
mondo per la sua cucina, ricco di storia e di cultura e unico che può vantare la
presenza di ben tre prodotti a denominazione d’origine protetta.
5
CAPITOLO PRIMO
IDENTITA’ INDIVIDUALE E PROCESSI DI
CONSUMO NELLA SOCIETA’ POSTMODERNA
Inizieremo il nostro lavoro facendo una panoramica sul mutamento avvenuto e
avvenente al concetto di identità personale nel passaggio dalla società moderna a
quella postmoderna, complessa.
Prenderemo poi in esame l’evoluzione dei significati e dei processi del consumo
transitati da meri simboli di appartenenza e differenziazione a vero e proprio
linguaggio, creatore di nuovi significati; questo ci permetterà di capire, nei
capitoli successivi, come, il cibo, i prodotti tipici e il turismo enogastronomico
possano essere interpretati non solo da un punto di vista alimentare o di svago ma
anche storico, culturale e come processo di consumo; quindi modo di
comunicare, dare significati e contribuire alla formazione di una propria way of
life.
6
1.1 L’IDENTITA’ TRA MODERNO E POSTMODERNO
Il processo di differenziazione simbolica e di crescente complessità che ha
caratterizzato lo sviluppo della società contemporanea è all’origine di profondi e
importanti mutamenti nella dimensione esistenziale dell’individuo.
La crescente complessità che ha caratterizzato l’evoluzione della società
contemporanea ha determinato la messa in discussione della valenza di “filtri
sociali totali”, primo fra tutti quello della classe, quale codice sociale
onnicomprensivo cui l’individuo affidi la selezione della realtà e la costruzione
della propria identità.
Se il passaggio dalla società tradizionale alla società moderna è stato letto, a
livello individuale, come liberazione dalle relazioni e dai ruoli ascritti, ovvero
dalla posizione nella struttura sociale acquisita per nascita da ciascun soggetto, il
passaggio dalla società industriale alla società postindustriale o contemporanea è
traducibile nella relativizzazione del ruolo economico-occupazionale nel
processo di costruzione e di mantenimento dell’identità del soggetto, ovvero
come il passaggio dal monocentrismo al policentrismo esistenziale.
1
Questo,
unitamente all’accentuarsi di una pluricollocazione degli individui, cioè ad una
loro contemporanea appartenenza a strutture sociali diverse,
2
comporta per
l’uomo una mancanza di radicamento.
L’individuo della società industriale, la società delle certezze, del dominio
razionale dell’uomo sulla natura, della “razionalità strumentale simulatoria”
3
, era
l’individuo “tutto d’un pezzo”, sempre coerente a se stesso, una sorta di sintesi
dei diversi ruoli sociali da lui interpretati, la cui congruenza si costruiva attorno
alla sua posizione nell’ambito del sistema di produzione, al suo ruolo
occupazionale.
1
Cfr. V. Cesareo, La società flessibile, Angeli, Milano, 1987.
2
V. Cesareo, Socializzazione e controllo sociale, Angeli, Milano, 1977.
3
Cfr. E. Di Nallo, Razionalità, simulazione, consumo, in “Sociologia della comunicazione” n. 6, Angeli,
Milano, 1984.
7
Ne discendeva un’identità individuale sostanzialmente improntata all’unicità e
alla stabilità, in quanto fondata sulla centralità dell’ambito lavorativo, che
stabiliva le coordinate individuali nella mappa della stratificazione sociale,
determinandone lo status. Il processo di costruzione dell’identità individuale
trovava, dunque, le fondamenta ed il collante nella collocazione del soggetto
all’interno del sistema produttivo, la variabile discriminante del sistema delle
disuguaglianze sociali.
Il discriminante della riconoscibilità sociale di ciascun individuo era costituito
dal suo ruolo economico-lavorativo, che sembrava scandire e regolare le altre sue
appartenenze sociali, consentendo una sostanziale congruenza e una apparente
non contraddizione tra esse.
La stabilità dell’identità del soggetto poteva contare su una sostanziale stabilità e
continuità della sua carriera lavorativa; nella maggior parte dei casi, infatti, il
lavoro veniva vissuto come esperienza unitaria e continuativa, come una
missione scelta e prevista dall’individuo all’inizio della propria vita adulta, che lo
seguiva lungo l’intero arco della sua esistenza.
Si trattava evidentemente di peculiarità che trovavano una corrispondenza con le
caratteristiche della società industriale, una società improntata alla riproduzione
ed espansione del sistema economico capitalistico, attraverso un inarrestabile
sviluppo tecnologico, che dava all’uomo una piena e serena fiducia nel futuro,
inteso come progresso economico e sociale.
Il tempo dell’uomo moderno era il futuro, la cui realizzazione poteva contare su
un presente ad esso funzionale e percepito come il risultato lineare e causale del
passato; il futuro, in quanto tempo della progettualità era il tempo
dell’autorealizzazione individuale, che riconosceva all’ambito lavorativo un
ruolo di primo piano.
Il passaggio dalla società industriale alla società postindustriale o contemporanea
descrivibile anche come passaggio dalla società della centralità a quella
dell’acentricità, ha comportato profondi ed importanti mutamenti nel processo di
costruzione e mantenimento dell’identità del soggetto.
8
Ai fini della nostra analisi è interessante sottolineare come i processi che hanno
caratterizzato l’evoluzione societaria contemporanea abbiano accresciuto
enormemente la problematicità della condizione esistenziale dell’individuo,
comportando una rivalutazione dell’elemento soggettivo rispetto a quello
istituzionale, della dimensione dell’autoriconoscimento rispetto a quella
dell’eteroriconoscimento quale espressione del disagio individuale conseguente
alla perdita di centri forti di riferimento, di codici onnicomprensivi di selezione
della complessità.
Tra i cambiamenti strutturali che hanno caratterizzato la trasformazione della
mappa sociale, assumono particolare rilevanza, nell’economia del nostro
discorso, la crescente automazione, la flessibilizzazione e la diversificazione
delle attività economiche, che sintetizzano il declino del modello fordista di
produzione, processi che hanno portato ad una riorganizzazione dei tempi di
lavoro ed a una inedita valorizzazione dei “tempi plurali del non lavoro”
4
.
Parallelamente, l’aumento della ricchezza complessiva, lo sviluppo del terziario e
la diffusione dell’istruzione hanno determinato una dilatazione della classe
media, cui è associabile la diffusione di gruppi spontanei, portatori di pubblici
interessi, trasversali rispetto al tradizionale raggruppamento sociale di classe, ed
uno spostamento da valori materialistici a valori postmaterialistici, che si è
espresso in una crescente attenzione verso il miglioramento della qualità della
vita.
Peculiarità del passaggio al postmoderno sono l’emergere di una nuova
flessibilità e la scomparsa di un centro forte attorno al quale strutturare una realtà
sempre più molteplice. Il processo di differenziazione simbolica che ha
accompagnato lo sviluppo della società contemporanea si è infatti tradotto in una
moltiplicazione dei codici e dei modelli culturali, ovvero in una “pluralizzazione”
dei diversi ambiti sociali.
4
Cfr. Paolucci, Tra vita quotidiana e corso di vita: connessioni, spostamenti, passaggi, in A. Carbonaro,
C. Facchini (a cura di), Biografie e costruzioni dell’identità, il Mulino, Bologna, 1993.
9
La mancanza di un centro unitario implica la pluralizzazione delle possibilità di
scelta rispetto ai valori cui orientarsi. Si tratta in altri termini, di un’eccedenza sia
materiale (abbondanza di risorse di tipo materiale), sia simbolica (abbondanza di
stimoli e di immagini) ed ha il duplice aspetto di una grande opportunità di
arricchimento per gli individui, ma anche il pericolo delle scelte dovuto al
surpluss di possibilità e di indeterminatezza.
Se nella società industriale il sistema individuale delle appartenenze appariva
congruente, in quanto mediato dal ruolo della classe, nella società attuale si
assiste ad una moltiplicazione della appartenenze (famiglia, etnia, genere,
generazione, professione, associazioni specifiche, partiti politici, ecc.), ciascuna
con le proprie forme di mediazione simbolica ed i suoi ruoli specifici, che
possono anche entrare in contraddizione tra loro. Ciò che è venuto meno è il
ruolo di mediazione della classe, ovvero, la sua funzione di sistema prevalente di
identificazione.
La difficoltà a rappresentare le differenze sociali sulla base di un modello
unitario porta, dunque, ad una problematizzazione dell’identità individuale; “il
singolo individuo non può più disporre di un criterio duraturo di selezione
funzionale alla propria autoconservazione, perché è proprio la complessa e
irriducibile articolazione del sistema che lo induce ad elaborare, al fine della
propria autoconservazione, criteri di selezione diversi fra di loro e nel tempo”
5
.
In contrapposizione a quanto accadeva nella società industriale, nella quale
venivano ritenute positive della personalità di un uomo qualità quali la fermezza,
la stabilità, la solidità, la risolutezza, nell’attuale assetto societario al soggetto
sembrano, dunque, essere richieste caratteristiche di duttilità, di flessibilità, di
versatilità, di adattabilità e di mutevolezza.
5
Cfr. E. Di Nallo, Prefazione a P. Parmiggiani, Consumo e identità nella società contemporanea, Angeli,
Milano, 1997, p. 12
10
1.2 IL CONSUMO COME RICONOSCIMENTO SOCIALE
Per comprendere appieno il rapporto che lega il fenomeno del consumo ai
processi di riconoscimento sociale nel mondo occidentale è necessario partire da
lontano, dal passaggio dalla società tradizionale a quella moderna o industriale,
riconoscibile come il punto di inversione dell’equilibrio tra sicurezza e libertà, e
quindi tra comunità e individualità.
La società tradizionale era la società del destino, dell’identità individuale
determinata da variabili ascrittive e centrata sulla dimensione del Noi, del gruppo
di appartenenza. In tale tipo di società esisteva un ordine di significati con una
forte valenza integrativa, costituito dalla religione, così che le esperienze che
l’individuo faceva nei vari ambiti di vita venivano da lui percepite come
esperienze tra loro coerenti. In tale tipo di società, caratterizzata da una divisione
del lavoro molto semplice ed una minima distribuzione della conoscenza,
l’identità individuale rappresentava pienamente la realtà oggettiva in cui si
collocava, ossia l’identità assegnata all’individuo dalla società: “tutti erano più o
meno quelli che dovevano essere”
6
. Figura tipica di questo tipo di società è
l’individuo diretto dalla tradizione di cui parla Riesman
7
.
Peculiarità di questo tipo di società era la separazione incolmabile tra i ceti a cui
si doveva restare legati per tutta la vita. Le vesti, gli arredi, i consumi alimentari
simboleggiavano la volontà di Dio, alla quale in ultima analisi venivano
impuntate le differenze di status e dunque la propria posizione nella società e
sulla quale in ultima analisi si fondava la definizione di sé.
Nel passaggio dalla società tradizionale a quella moderna la religione cessa di
costituire un universo simbolico omogeneo con una forte valenza integrativa, con
importanti conseguenze sul rapporto tra dimensione oggettiva e soggettiva, e
quindi sui processi di riconoscimento sociale. Il processo di secolarizzazione ha
comportato una delegittimazione della spiegazione religiosa del mondo come
6
P.L. Berger, T. Luckmann, La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna, 1969, p. 224.
7
Cfr. Riesman D., Blazer N., Denney R., La folla solitaria, Il Mulino, Bologna, 1986.
11
fondamento comune e dato per scontato, trasformando la fede religiosa da una
fonte di certezza ad una questione di scelta.
8
Dalla società del destino si è passati
alla società della scelta, nella quale il soggetto, liberato dalle relazioni ascritte, è
divenuto “padrone” del proprio destino e il lavoro, inteso come professione, è
divenuto il principale ambito di riconoscimento sociale:
9
il destino lasciò il posto
alla vocazione, ai ceti subentrarono le classi.
La struttura sociale della società industriale, fortemente piramidale, si struttura in
classi e sottoclassi sociali, al cui interno l’individuo deve trovare la collocazione
che “merita”, e il lavoro diviene il tramite, lo strumento attraverso cui rivendicare
una posizione sociale.
10
Il possesso di un lavoro, di una posizione professionale, diviene il presupposto
per avere un’identità, per essere socialmente riconosciuti: ogni individuo diviene
socialmente riconoscibile solo se inserito nel sistema economico, in quanto
lavoratore, con un conseguente elevato grado di identificazione con il proprio
ruolo professionale.
Le classi inglobarono la totalità delle condizioni e prospettive di vita e stabilirono
la gamma realisticamente possibile di progetti e strategie di vita. Il ruolo della
mediazione della classe sociale, costituendo la base del riconoscimento sociale,
offre al soggetto moderno un ancoraggio sicuro per la costruzione ed il
mantenimento della propria identità, la cui unitarietà e stabilità possono contare
su una sostanziale stabilità e continuità, o quanto meno coerenza, della sua
carriera lavorativa.
11
In tale contesto si inserisce il comportamento turistico
eterodiretto sviluppatosi attraverso i concetti di capacità i spesa e competizione
nei consumi.
12
8
P.L. Berger, H. Kellner, The Homeless mind, op. cit; P. Jedlowski, Berger, Musil e il soggetto moderno,
in P. Jedlowski (a cura di), P.L. Berger, Robert Misil e il salvataggio del sé, Rubettino, Messina, 1992.
9
Cfr, E. Di Nallo, Razionalità, simulazione, consumo, in “Sociologia della Comunicazione”, n. 6, Angeli,
Milano, 1984.
10
Cfr. E. Di Nallo, Fra individualità e socialità. Note per una storia delle riflessioni sul consumo,
Relazione non pubblicata presentata al Convegno Consumi in Europa, svoltosi presso la Facoltà di
Scienze Politiche dell’Università di Bologna il 5-6 maggio 1994.
11
Cfr. Riesman D., Blazer N. e Denney R., La folla solitaria, Il Mulino, Bologna, 1986.
12
Cfr. H.J. Knebel, Soziologische Strukturalwandlungen im modernen tourismus, Enke Verlag, Stuttgart,
1960, p. 124.
12
Il consumo si presenta come obbligo sociale nella società opulenta, e viene a
definire in maniera decisiva la posizione sociale dei singoli. Vi sono effetti della
competizione turistica sui singoli turisti, sugli altri e sulle istituzioni turistiche,
attraverso cui i consumi stessi assumono un loro preciso significato sociale. Essi
vengono ad attivare, da un lato, processi di stratificazione, di normatività e di
socializzazione; dall’altro processi di omogeneizzazione, di appiattimento e di
spersonalizzazione; possiamo quindi già qui vedere come il turismo oltre che
un’azione di svago da parte degli individui. Possa essere interpretato come
processo di comunicazione, in questo caso specifico di appartenenza ad una
classe e nello stesso tempo differenziazione dalle altre.
Possiamo ripartire il consumo socialmente rilevante i due piani: quello dei beni
materiali lussuosi in cui identifichiamo il cosiddetto consumo dimostrativo, e
quello dei beni immateriali, in cui il consumo socialmente rilevante si esprime in
una produttività dimostrativa del tempo libero, e quindi del turismo, che viene
valutata prevalentemente in termini quantitativi, secondo le leggi della massima
efficienza.
La competizione consumistica delle leisure class del secolo scorso, sul piano del
consumo dimostrativo, era diretta in primo luogo alla “differenziazione”, e
quindi all’“accumulazione di simboli di status”. La partecipazione, invece, al
processo di socializzazione, proprio delle leisure masses, è chiamato a
corrispondere all’esigenza di riconoscimento sociale, di inclusione dell’individuo
eterodiretto da parte degli altri e a documentare a questi che egli è un uomo come
loro, che con loro condivide una storia, un processo univoco, che è l’unico che dà
senso all’esistenza.
I consumi divengono, quindi, linguaggio della differenziazione sociale governata
dal sistema delle differenze economico-professionali.
Passiamo ora in rassegna i maggiori autori che hanno studiato l’argomento.
13
Il sociologo americano T. Veblen
13
, alla fine del XIX secolo, ha sottolineato la
“distinzione antagonistica” conferita dal possesso dei beni, sostenendo che la
principale funzione svolta dagli oggetti è quella di evidenziare e comunicare le
differenze di status esistenti nel sistema sociale. Veblen attribuisce, infatti, ai
beni un ruolo di differenziazione sociale fondato principalmente sull’esibizione
della ricchezza attraverso un consumo di beni vistoso e cospicuo. Il consumo
vistoso viene riconosciuto il mezzo principale tramite cui ciascun individuo
comunica la propria superiorità rispetto agli strati sociali inferiori e tenta di
raggiungere il livello della classe o strato immediatamente superiore.
La classe al vertice della piramide sociale detiene il pieno e diretto controllo del
processo d’innovazione: a lei spetta la determinazione degli standard in termini
di stile di vita e modalità di consumo ai quali devono auspicare tutti quelli che si
trovano al di sotto. Si viene così a determinare un processo di diffusione dei
consumi fortemente gerarchizzato, dall’alto verso il basso, da cui il termine
trickle down effect, che può essere tradotto come “effetto di gocciolamento”
14
.
Il concetto di differenziazione di matrice vebleniana acquista un significato
centrale nell’analisi di J. Baudrillard
15
. Secondo l’interpretazione del sociologo
francese, ciascun gruppo sociale si caratterizza anche per gli oggetti che usa e per
come li usa; in tal modo i sistemi di oggetti cui i gruppi sociali affidano la loro
distinzione divengono parte del loro profilo culturale, indicatori del loro stile di
vita, strumenti per creare e comunicare differenze, per manifestare coesione,
appartenenza o rifiuto ed esclusione. Detto altrimenti gli oggetti assumono un
significato nei rapporti sociali in virtù della loro capacità di comunicare le
differenze tra gli individui e tra i gruppi della società.
Il codice che media il rapporto tra l’individuo e gli oggetti è costituito dal codice
culturale del proprio gruppo di riferimento; attraverso tale mediazione l’uso degli
oggetti assume una valenza simbolica in quanto per loro tramite gli individui
13
Cfr. T. Veblen, La teoria della classe agiata, Einaudi, Torino, 1971.
14
G. Ragone, Le preferenze interdipendenti, Angeli, Milano, 1993, p. 96.
15
Cfr. J. Baudrilard, La società dei consumi, Il Mulino, Bologna, 1976; Per una critica dell’economia
politica del segno, Mazzotta, Milano, 1974; Il segno della merce, Lupetti & Co. Milano, 1987.
14
definiscono un ordine sociale, sanciscono la loro appartenenza ad un gruppo e,
contemporaneamente, la differenza/distanza tra questo e gli altri gruppi della
società.
Nell’ambito della stessa tradizione “differenzialista”
16
all’analisi del consumo si
inserisce il contributo di P. Bourdieu
17
, sebbene si debba proprio alla sua
riflessione teorica e alla sua ricerca empirica il merito di aver aperto il campo a
studi sulla stratificazione sociale basati sul concetto di stili di vita, che relativizza
il peso delle variabili economiche (reddito e professione) a favore di una pluralità
di variabili culturali e relazionali.
Nella definizione di classe cui giunge l’Autore agli indicatori della posizione nei
rapporti di produzione, quali il reddito e la professione, viene ad incrociarsi una
molteplicità di altre variabili, quali il livello di istruzione ricevuta, le relazioni
famigliari e quelle amicali, la sensibilità artistica, i gusti e le preferenze in fatto
di musica, abbigliamento, alimentazione, arredamento, cinema, sport e molto
altro ancora.
Le differenze nelle pratiche, nei beni posseduti e nelle opinioni espresse vengono
ricondotte dall’Autore ad una socializzazione, ad un habitus
18
così che a
ciascuna pratica o attività viene attribuito un senso diverso all’interno di ciascuna
classe.
Pur introducendo una pluralità di variabili culturali il contributo di Bourdieu
finisce per rimanere fortemente legato ad una tradizione che assegna alla sfera
della produzione, ed ai rapporti economici in generale, un ruolo prioritario nella
comprensione dell’agire di consumo. Le pratiche, i beni posseduti e le opinioni
espresse divengono così meri segni di distinzione, venendo a costituire veri e
propri linguaggi di classe, analogamente a quanto è emerso dall’analisi della
teoria della differenziazione sociale sviluppata da Baudrillard.
16
Cfr. R. Paltrinieri, Il consumo come linguaggio, Angeli, Milano, 1998.
17
Cfr. P. Bourdieu, La distinzione.Critica sociale del gusto, Il Mulino, Bologna, 1983.
18
Insieme di principi e disposizioni classificatori, socialmente riconoscibili, sulla cui base vengono
stabiliti i confini tra i gruppi sociali.
15
1.3 DAL CONCETTO DI STATUS SYMBOL A QUELLO
DI STILE DI VITA
Se per rendere il mondo intelligibile l’uomo del passato poteva affidarsi ad alcuni
filtri ad efficacia universale (la religione nella società pre-industriale, la classe
sociale in quella industriale), l’uomo della società attuale non dispone di alcun
filtro universale.
19
I profondi mutamenti intervenuti nel mercato del lavoro conseguenti ai processi
di flessibilizzazione del sistema industriale e di terziarizzazione dell’economia, la
diffusione dell’istruzione come strumento di autopromozione economica e
sociale dell’individuo, sono solo alcuni dei fattori all’origine di una dilatazione
della classe media che ha messo in discussione la valenza esplicativa del modello
di stratificazione sociale di tipo piramidale. Al sistema verticale delle
disuguaglianze sociali viene a sostituirsi un sistema orizzontale di ambiti di vita,
variamente privilegiati, a cui l’individuo può contemporaneamente partecipare,
“perdendo la percezione della sua appartenenza di classe”
20
.
Bauman parla di passaggio dall’epoca dei “gruppi di riferimento” preassegnati a
quella del “raffronto universale”
21
, caratterizzata appunto dal venir meno della
cogenza dei modelli, dei codici e delle regole su cui si basavano le classi sociali e
dalla scomparsa di qualsiasi punto di orientamento stabile per il soggetto, che si
trova sulle proprie spalle l’intero peso della costruzione della propria identità:
“non solo gli individui sono in movimento, ma anche i traguardi dei percorsi
seguiti e i percorsi stessi”
22
.
L’identità del soggetto viene riconosciuta molteplice sia in senso diacronico che
sincronico, come coesistenza di differenti sé. Ne deriva una identità aperta,
plurima e convertibile, un identità proteiforme, capace di trasformazioni fluide.
19
E. Di Nallo, Quale marketing per la società complessa, Angeli, Milano, 1998; p. 161.
20
Cfr. C. Offe, Lo stato nel capitalismo maturo, Etas, Dilani, 1977, p. 54.
21
Z. Bauman, Modernità liquida, op. cit., p. XIII.
22
Z. Bauman, La società individualizzata, op. cit., p. 184.
16
Ciò che diviene fondamentale per il soggetto è la sua capacità di negoziare le
molteplici identità sociali; un processo esplorativo rispetto a possibilità diverse,
spesso incommensurabili, che richiede al soggetto un’elevata capacità di
sperimentazione, di messa in gioco di sé. Districandosi quotidianamente in un
universo eterogeneo di significati, di immagini, di simboli e di appartenenze,
spesso contraddittorie, l’uomo della società globale deve sviluppare la capacità di
gestire l’ambivalenza e la complessità per non venirne travolto.
I prodromi della condizione del soggetto in una società priva di punti di
riferimento forti ed univoci, sono colti da Riesman
23
nell’idealtipo eterodiretto.
Costantemente proteso verso l’ottenimento dell’approvazione degli altri, verso la
loro direzione siano essi l’immediata cerchia di conoscenze o una cerchia più
ampia o le voci anonime dei mezzi di comunicazione di massa, l’individuo
eterodiretto è caratterizzato da un cronico stato di ansietà, conseguentemente alla
molteplicità delle fonti e dei segnali. Privo di un chiaro nucleo personale, che
caratterizzava invece la persona autodiretta o a direzione interiorizzata
(prevalentemente nella società industriale), l’individuo eterodiretto vede basare il
proprio riconoscimento sociale sul proprio stile di vita. Ne consegue che, nel
passaggio dalla società industriale alla società di massa o dei consumi (la società
occidentale del secondo dopoguerra), il tempo libero si trasforma da ambito di
compensazione ai travagli, alle fatiche del lavoro, a principale ambito di
riconoscimento sociale ed identificazione dell’individuo.
Un diffuso e cronico stato d’ansia e di incertezza diviene così la principale leva
psicologica del tipo eterodiretto, che riflette per molti versi la condizione di
homeless, di mancanza di dimora, descritta dalla fenomenologia sociale: in una
società la cui differenziazione strutturale e simbolica è talmente elevata che il
soggetto è incapace di interiorizzare un mondo familiare come il suo mondo
base, egli finisce per diventare cosmopolita o, più tragicamente, apolide tra una
molteplicità di mondi possibili.
24
23
Cfr. Riesman D., Glazner N. e Denney R., op. cit.
24
Cfr. P. Berger, B. Berger, H. Kellner, op. cit.
17
Il passaggio da una società dal carattere sociale individuale fondato
prevalentemente sull’autodirezione ad una dominata dall’eterodirezione, ha
comportato secondo Riesman, il venir meno della centralità dell’esperienza
lavorativa nella definizione del sé e l’emergere dello stile di vita come principale
ambito di riconoscimento sociale.
Nell’era dell’eterodirezione, l’ambito lavorativo viene invaso da valori che
originano dalla sfera del tempo libero e della ricreazione, quali la socievolezza e
il divertimento, e lo stile di vita diviene un valore diffuso.
25
Le accuse di conformità sociale, omogeneizzazione, standardizzazione ed
omologazione rivolte alla società dei consumi da parte dei critici della società di
massa, fra cui spicca Marcuse col suo “uomo ad una dimensione”
26
, non hanno
tenuto conto degli effetti che la crescente differenziazione simbolica avrebbe
avuto non solo in termini di complessità del sociale, ma anche di complessità
interna al soggetto. Contrariamente a quanto enunciato dai critici della società di
massa, la complessità del sociale, invece di produrre un generale appiattimento e
livellamento, una unidimensionaltà della cultura, ha generato una moltiplicazione
dei codici e dei modelli culturali, all’origine di una pluralizzazione dei processi
di riconoscimento sociale.
27
In contrasto con le apocalittiche previsioni dell’avvento di un’era di grigio
conformismo, i mutamenti strutturali e culturali che hanno caratterizzato lo
sviluppo della società negli ultimi due decenni hanno comportato la
moltiplicazione degli stili di vita, corollario della scomparsa di un sistema di
valori dominante e monolitico.
Il sistema dei consumi, da linguaggio della differenziazione sociale governata dal
sistema della differenze economico professionali si è improvvisamente
trasformato in linguaggio di una pluralità di visioni del mondo, di diversi modi di
selezionare la complessità del sociale e collocarvisi.
25
D. Riesman, op. cit., p. 164.
26
Cfr.H. Marcuse, L’uomo ad una dimensione, op. cit.
27
L. Sciolla (a cura di), Identità, op. cit., p. 48.