Poiché la pratica dell’arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali,
che sono in continua evoluzione, la regola di fondo in questa materia è costituita dalla
autonomia e dalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso del paziente,
opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a sua disposizione.”
Ciò non deve essere interpretato come una assoluta preclusione per il legislatore di
intervenire nella materia, ma semplicemente che l’appropriatezza della terapia non
dovrebbe essere rimessa alla discrezionalità politica, bensì lasciata agli organi tecnico-
scientifici; ne consegue che il compito del legislatore dovrebbe essere quello di elaborare
degli indirizzi, delle linee guida avendo sempre come punto di riferimento le conoscenze
scientifiche acquisite dagli organismi a ciò deputati.”
Come spesso accade le soluzioni prospettate a livello teorico, sebbene da organi autorevoli,
trovano difficoltà consistenti nelle loro applicazioni pratiche; ciò è accaduto anche per
quanto riguarda il tema qui trattato, ossia quello della procreazione medicalmente assistita.
L’assenza di una regolamentazione di carattere giuridico ha finito inevitabilmente per
lasciare che tale settore della scienza venisse rimesso ai principi socio-culturali della nostra
società e ad una giurisprudenza in continua evoluzione e spesso discordante, creando una
forte confusione sia tra i tecnici del settore, sia tra le innumerevoli coppie che si affidavano
a queste nuove tecnologie nella speranza di avere un figlio. A tale situazione di incertezza
ha posto rimedio la legge che per la prima volta disciplina in modo dettagliato una materia
particolarmente controversa qual è la procreazione medicalmente assistita, si tratta della
2
legge n. 40 del 2004
4
della quale verrà data un’ampia descrizione nei capitoli a seguire,
senza tralasciare i dubbi e contrasti giurisprudenziali e dottrinali che essa ha creato.
Tra i diversi argomenti trattati dalla legge citata, particolare risalto verrà dato nel corso di
questo elaborato a due tipologie di PMA: quella omologa
5
e quella eterologa
6
, nonché ad
una pratica di collaborazione riproduttiva fra terzi, la cui finalità è quella di sopperire alla
sterilità femminile
7
la quale va sotto il nome di “maternità surrogata”
8
.
4
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 45, del 24 febbraio 2004.
5
Tale pratica può essere divisa in: inseminazione omologa la quale consiste nell’inserimento, con mezzi
strumentali, del seme maschile, in questo caso del marito o del compagno, negli organi genitali femminili;
può esplicarsi solo rispetto alla c.d. impotentia coeundi e non rispetto alla c.d. impotentia generandi. La
fecondazione omologa, invece, consiste nella creazione di embrioni al di fuori dell’apparato genitale
femminile, utilizzando i gameti della coppia.
6
anche questa metodica si distingue in inseminazione e fecondazione, ma in entrambi i casi il seme oppure
l’ovulo provengono da un soggetto esterno alla coppia. Esistono banche del seme che conservano il liquido
seminale ed ovuli, i donatori lasciano i campioni che vengono conservati ed utilizzati da coppie nelle quali
solitamente uno dei due partner ha problemi di fertilità.
7
Ferrando, La procreazione artificiale tra etica e diritto, Padova, 1989, p. 69.
8
Si suole distinguere almeno tre diversi fenomeni: la c.d. “donazione di ovocita”, la c.d. “locazione d’utero”
e la maternità surrogata vera e propria. Di ciascuno di essi verrà data una più ampia descrizione nel capitolo
II.
3
CAPITOLO I: LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
1.1 ASPETTI CENTRALI DELLA L. 40/2004
La procreazione medicalmente assistita è oggi regolata dalla legge n. 40 approvata dal
Parlamento il 10 febbraio 2004
9
Norme in materia di procreazione medicalmente
assistita
10
, costituita da 7 capi e 18 articoli, anche se numerosi erano stati, negli anni
passati, i tentativi di introdurre una disciplina legislativa che regolamentasse la materia
11
.
Tale legge risulta essere tra le più discusse, sia in Parlamento, sia fra la gente comune. Chi
difende la legge
12
sostiene che finalmente l’Italia sia uscita dal “far west” della
fecondazione, ritenendo che precedentemente si brancolasse nel buio in assenza di una
regolamentazione specifica, e ciò aveva comportato la liceità di quasi qualunque
comportamento
13
. Chi la critica, invece, discute i divieti che mettono in secondo piano i
diritti e la salute delle donne e definisce questa legge come una delle più restrittive al
mondo.
9
Dogliotti, La legge sulla procreazione assistita: problemi vecchi e nuovi, in Fam. e dir., 2004, p. 113;
Ferrando, La nuova legge in materia di procreazione medicalmente assistita: perplessità e critiche, in Corr.
Giur., 2004, p. 810; Villani, La procreazione assistita. La nuova legge 19 febbraio 2004, n. 40, Torino, 2004,
pp. 29 e ss.
10
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 45, del 24 febbraio 2004.
11
Renna, Proposte di legge in tema di bioetica e fecondazione medicalmente assistita, in Fam. e dir., 1997,
p. 579; per una panoramica delle proposte di legge si veda Ascone-Rossi Carleo, La procreazione artificiale:
prospettive di una regolamentazione legislativa nel nostro paese, Esi, Napoli, pp. 5-50; Baldini, Tecnologie
riproduttive e problemi giuridici, Torino, 1999, pp. 133-194, C. Casini-M. Casini-Di Pietro, La legge 19
febbraio 2004, n. 40. Norme in materia di procreazione medicalmente assistita-commentario, Torino, 2004,
pp. 3-18.
12
Rileva la necessarietà dell’intervento Villani, La procreazione assistita, 2004, cit., p. 1, secondo il quale:
“il provvedimento non può che essere giudicato positivamente, non foss’altro perché introduce una
disciplina, da tempo auspicata, in un ambito quasi privo di regolamentazione”.
13
Mazzoni, I diritti dell’embrione e del feto nel diritto privato. Rapporto sull’Italia, in Nuova giur. civ.
comm.,2002, p. 120.
4
Le principali disposizioni della legge possono essere così riassunte:
a) l’art. 1 mette in evidenza quali devono essere le finalità della legge e stabilisce che:
“Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o
dall’infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente
assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che
assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito. Il ricorso alla
procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi
terapeutici efficaci per rimuovere le cause della infertilità o della sterilità”, quindi
ne deriva che l’embrione va considerato come inizio della vita umana e, ancor di
più, come soggetto di diritti
14
;
b) all’art. 4 legittima la procreazione assistita c.d. omologa, ossia la fecondazione, o
inseminazione, con seme ed ovuli di persone sposate tra loro o comunque di
persone di sesso diverso stabilmente conviventi; sempre allo stesso articolo vieta la
procreazione c.d. eterologa, ossia la fecondazione, o inseminazione, con seme o
ovuli di persone estranee alla coppia
15
;
c) all’art. 5 subordina l’esperimento di tali tecniche alla mancanza di efficaci metodi
terapeutici alternativi e stabilisce che possono ricorrere a tali pratiche solo le coppie
14
Sul dibattito in tema di statuto giuridico dell’embrione umano si veda: Zatti, La tutela della vita prenatale:
i limiti del diritto, in Nuova giur. civ. comm., 2001, pp. 149-160; Casol, Statuto giuridico dell’embrione
umano e status personale del nato, in Giust. civ., 1994, pp. 13-23; si veda inoltre la sentenza 20 novembre
1993, n. 1153 nella quale la Corte di Cassazione, in tema di danno ad una donna in stato di gravidanza, ha
stabilito che il concepito “ deve essere considerato un centro di interesse giuridicamente tutelato, perché non
può obiettarsi che il feto è parte del corpo materno dacchè trattasi fin dal concepimento, di una entità
distinta, tutelata anche contro gli eventuali attentati che provengono dalla stessa madre”, in Corr. Giur.,
1994, pp. 479-481.
15
Sesta, La fecondazione assistita tra etica e diritto: il caso italiano, in Nuova giur. civ. comm., 1999.
5
maggiorenni
16
, di sesso diverso, coniugate o conviventi
17
, in età potenzialmente
fertile
18
e viventi
19
;
d) all’art. 6 sono sanciti gli obblighi del sanitario di informare la coppia
sull’intervento medico e sulle conseguenze giuridiche in materia di filiazione e di
acquisire il consenso all’intervento
20
. Il consenso della coppia deve essere espresso
per iscritto e devono intercorrere non meno di sette giorni al fine di consentire la
revoca del consenso stesso, revoca che in ogni caso non può essere effettuata dopo
la fecondazione dell’ovulo
21
;
e) agli artt. 12 e 13 prevede specifiche sanzioni disciplinari e pecuniarie per i medici
che contravvengono ai divieti imposti dalla legge
22
;
f) in particolare all’art. 13 vieta qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano
e qualsiasi tecnica che possa predeterminare o alterare il patrimonio genetico
dell’embrione;
g) infine all’art. 14 prevede che è possibile produrre non più di tre embrioni per volta
ossia il numero necessario ad un unico impianto e tutti devono essere impiantati
16
Va ricordato che, in caso di emancipazione, tale istituto conferisce una limitata capacità di agire al minore,
tra i 16 e i 18 anni, che, in casi eccezionali e su autorizzazione del Tribunale, abbia contratto matrimonio. A
tale proposito si vedano le disposizioni del codice civile ( artt. 390-397).
17
Liotta, Sulla rilevanza formale della “famiglia di fatto”, in Dir. fam. e pers., 1977, pp. 515-528. La
posizione paritaria tra i conviventi in relazione alle obbligazioni naturali di reciproca assistenza su di essi
gravanti è sostenuta anche da Cass., 26 gennaio 1980, n. 651, in Foro it., voce Indebito, n. 6.
18
Baldini-Cassano, Persona, biotecnologie e procreazione, Ipsoa, 2002, p. 28, secondo cui: “non è una
patologia la perdita fisiologica della capacità procreativa: forzare oltre i limiti la possibilità generativa può
essere causa di rischi aggiuntivi per il figlio, sia per l’aumentata incidenza di perdite fetali, sia per l’eccessivo
divario tra l’età del figlio e l’età dei genitori, con un incremento di problematiche psicologiche, e sia per la
ridotta possibilità di sopravvivenza parentale”.
19
Natoli, L’impianto di embrioni post mortem tra scontri ideologici e prezzi da pagare, in Dir. fam. e pers.,
1999, pp. 1178-1200; Dogliotti, Inseminazione artificiale post mortem e intervento del giudice di merito, in
Fam. e dir., 1999, pp. 55-57.
20
Sul punto già Tommasi, Consenso informato e disciplina dell’attività medica, in Riv. crit. dir. priv., 2003,
pp. 555-557; Ermini, Il consenso informato tra teoria e pratica, in Medicina e Morale, 2002, pp. 493-504.
21
Art. 6, comma 4.
22
Dogliotti, Inseminazione artificiale post- mortem e intervento del giudice di merito, cit., p. 56.
6
nell’utero materno, non si possono crioconservare gli embrioni
23
, se non nel caso in
cui l’impianto sia temporaneamente impossibile per una causa di forza maggiore
dipendente dalla salute della donna e per lo stretto tempo necessario al superamento
del suddetto impedimento; non si possono sopprimere gli embrioni
24
, nemmeno al
fine di ridurre i rischi di parto plurigemellare.
Sono racchiuse in due articoli le disposizioni deputate a disciplinare lo stato giuridico
del nato da procreazione artificiale e i rapporti con le figure genitoriali:
a) Ai sensi dell’art. 8 i nati a seguito delle tecniche di procreazione medicalmente
assistita hanno lo stato di figli legittimi o naturali riconosciuti della coppia che ha
espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell’art. 6
25
.
b) Ai sensi dell’art. 9 qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente
assistita di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’art 4, comma 3, il
coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può
esercitare l’azione di disconoscimento di paternità nei casi previsti ai sensi dell’art.
235, comma 1, numeri 1 e 2 c.c, né l’impugnazione del riconoscimento di cui
all’art. 263 dello stesso codice (così l’art. 9, comma 1 della legge)
26
.
23
Casini-Di Pietro, La legge italiana sulla “procreazione medicalmente assistita” e il contesto europeo, in
Medicina e Morale, 2004, pp. 17-52
24
Nunziata, L’embrionicidio nello schema di legge delega per il nuovo codice penale, in Critica pen., 1996,
pp. 3 e ss.
25
Di Pietro, Fecondazione artificiale e frammentazione della maternità: considerazioni etiche e giuridiche,
in La Famiglia, 1992, pp. 5-19
26
Iagulli, Riproduzione artificiale eterologa e disconoscimento di paternità, in Iustitia, 2000, pp. 99-109;
Oppo, Scienza, diritto e vita umana, in Riv. dir. civ., 2002, pp. 11-27.
7
La madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione
medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata nell’atto
di nascita
27
(comma 2).
In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di
cui all’art. 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica
parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere
titolare di obblighi (comma 3)
28
.
Sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale di alcuni articoli della
summenzionata legge proprio nel tentativo di risolvere le questioni maggiormente
problematiche.
È stata ritenuta infondata, in relazione agli articoli 2, 3 e 32 Cost., la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui obbliga a
trasferire in utero tutti gli embrioni prodotti, anche se affetti da malattia genetica
29
. Tale
decisione si fonda sul fatto che la legge è coerente in quanto, sulla base dei diritti del
concepito e dell’embrione che vengono tutelati con preminenza rispetto a tutti gli altri
27
La disposizione è speculare a quella del primo comma ed è fondata sulla medesima ratio di tutela del
nascituro volta ad evitare che la madre possa rimediare al consenso già espresso ed evitare di assumersi le
responsabilità derivanti dal rapporto di filiazione. Questa norma, analizzata insieme con l’art. 6, comma 3,
pare in forte contraddizione con il diritto di abortire che l’ordinamento riconosce entro determinati limiti
temporali. Va però escluso che da tale principio si possa desumere una limitazione della possibilità di
abortire, sia pure nell’eventualità che la donna abbia dato il consenso alla fecondazione artificiale, per due
ragioni: da un lato, la prevalenza della legge sull’aborto è chiaramente riaffermata dall’art. 14, comma 1,
nella parte in cui ne indica la portata derogante del divieto di soppressione degli embrioni. Dall’altro,
l’interpretazione dell’art. 6, comma 3, nel senso che la donna non possa opporsi ad un intervento di impianto
in utero dell’embrione fecondato, non appare ammissibile, in quanto si porrebbe in contrasto con il diritto alla
salute tutelato dall’art. 32 della Costituzione. Ne consegue che la disposizione dell’art. 6, comma 3, andrebbe
intesa restrittivamente, nel senso che il consenso non è revocabile dopo la fecondazione dell’embrione solo
nelle ipotesi in cui il soggetto che lo ha espresso non debba subire ulteriori interventi medici invasivi. Vedi C.
Casini-M. Casini-Di Pietro, op. cit., pp.127-131.
28
Manera, Sui criteri di accertamento della paternità e della maternità naturale, in Giur. merito, 1993, pp.
1277-1280; Biscontini, Prove ematologiche e filiazione, in Rass. dir. civ., 1993, pp. 486-528.
29
Ordinanza del Tribunale di Catania, in Fam. e dir., 2004, pp. 372-379, con note di Ferrando e Dogliotti; in
Nuova giur. civ. comm., 2004, 415, con nota di Villani.
8
diritti che eventualmente possono entrar in gioco, la possibilità di una diagnosi preimpianto
risulta essere esclusa. La legge, infatti, si riferirebbe soltanto alle ipotesi di sterilità e
infertilità della coppia alla quale dovrebbe essere attribuito il diritto di procreare secondo
modalità equipollenti a quelle delle coppie fertili, quindi senza possibilità di “selezionare” i
nascituri sani da quelli affetti da malattie.
Va però rilevato un possibile esito paradossale che deriverebbe dalla vigenza nel nostro
ordinamento della legge 194 del 1978 sulla interruzione volontaria della gravidanza, in
quanto l’art. 14 della legge n. 40 la richiama espressamente
30
. Si può quindi ritenere che il
fatto di fare salvo quanto previsto dalla legge n. 194, significhi garantire la soppressione
degli embrioni soltanto quando sussista un grave pericolo per la salute fisica o psichica
della donna; un tale pericolo si dovrebbe ritenere sussistente nelle ipotesi di gravi
malformazioni che affliggono il nascituro
31
.
Dai rilievi effettuati appare contraddittorio che la donna sia tenuta all’impianto
dell’embrione ma che allo stesso tempo possa valutare l’incidenza della malattia di questo
ai fini dell’interruzione della gravidanza
32
. È stato ritenuto, però, che l’aborto non è
automatico, ma richiede la sussistenza di presupposti ben precisi.
30
Scalisi, Lo statuto giuridico dell’embrione umano alla luce della legge n. 40 del 2004, in tema di
procreazione medicalmente assistita, in Fam. e dir., 2005, p. 215
31
Una tale valutazione è rimessa alla libera determinazione della donna e tale previsione è stata ritenuta
legittima: Corte Cost., 25 giugno 1981, n. 108, in Foro it., I, 1981, c. 1793, la quale ha stabilito che: “Sono
inammissibili per difetto ovvero per omessa motivazione della rilevanza le questioni di costituzionalità degli
artt. 17 e 19 della legge 22 maggio 1978 n. 194 nella parte in cui prevedono i reati rispettivamente di aborto
colposo anche fuori dai casi di lesione personale gravissima, e di aborto volontario senza l’osservanza delle
modalità indicate negli artt. 4, 5 e 8 della medesima ed in riferimento agli artt. 2, 3, 25, comma 2, 29, comma
2, 30 e 31, comma 2, Cost.”; Corte Cost., 10 febbraio 1997, n. 35, in Giur. cost., 1997, 1, 281-293, con nota
di Casini, Verso il riconoscimento della soggettività giuridica del concepito?, pp. 293-312; in Giur. it., 1997,
I, p. 348.
32
Ruotolo, Aborto e bilanciamento tra valori: giudizio sull’ammissibilità del referendum o
giudizio(anticipato) di legittimità costituzionale?, in Giur. it., 1997, I, pp. 347-352.
9
Una situazione come quella sopra descritta si è concretizzata dando luogo alla pronuncia
del Tribunale di Catania
33
il quale ha respinto la prospettazione di incostituzionalità per
una pretesa violazione del principio costituzionale di ragionevolezza, avanzata in
riferimento al comma 1 dell’art. 14, in quanto tale norma se da un lato vieta la
crioconservazione e la soppressione degli embrioni, sia pure di embrioni malati, dall’altro
lato, facendo salvo quanto previsto dalla l. 194/1978, legittima una interruzione volontaria
della gravidanza rispetto a quegli embrioni che, poiché malati, avrebbero potuto non essere
impiantati. I ricorrenti suggeriscono una interpretazione adeguatrice, quindi conforme al
dettato costituzionale, dell’art. 14, comma 1: ove l’analisi preimpianto abbia riscontrato
negli embrioni fecondati in vitro gravi malformazioni, il divieto di crioconservazione e
soppressione rimarrebbe inoperante, mentre la legge 194 sarebbe suscettibile di
applicazione estensiva, con riferimento agli embrioni oltre che ai feti. Infatti, “le ipotesi
disciplinate dalla legge 194 del 1978 sono da ritenersi del tutto simili a quella di cui ci si
occupa, posto che la conoscenza, sia del rischio di gravi danni alla salute psico-fisica della
donna in caso di gravidanza del feto malato, sia delle malattie o malformazioni
33
Il Tribunale di Catania, 3 maggio 2004, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, ha respinto l’istanza
con la quale una coppia di coniugi, affetti da infertilità e sterilità, entrambi portatori di beta-talassemia,
sollevavano un ricorso ex artt. 669 bis e ss. e chiedevano un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. che,
nell’ambito del loro programma riproduttivo di fecondazione in vitro, ex art. 14 l. n. 40 del 2004, dichiarasse
il loro diritto di trasferimento dei soli embrioni sani, obbligando il medico convenuto ad adempiervi, e
contemporaneamente disponesse, nelle more del giudizio di merito, la crioconservazione degli embrioni.
Nell’ordinanza si legge che i ricorrenti hanno sostenuto che: “sarebbe assolutamente illogico dal momento in
cui tutti i presupposti di legge per farsi luogo all’interruzione di gravidanza siano conosciuti in un momento
anteriore all’impianto, e vi sia una volontà della donna contraria all’impianto, mettere a repentaglio la sua
salute obbligandola al trasferimento e al successivo aborto. Sulla scorta di tali riflessioni, i ricorrenti
ritengono insussistente l’ostacolo legislativo esplicitato dal medico e chiedono, pertanto, che gli sia ordinato
un comportamento conforme al dettato della legge (come sopra interpretata), ai principi dell’ordinamento
giuridico ed alla propria volontà”. Secondo il Tribunale la legge sulla fecondazione assistita obbliga
all’impianto di tutti gli embrioni prodotti, compreso quello malato a norma degli artt. 13 e 14 della stessa
legge. Con la stessa ordinanza il Tribunale respinge le prospettazioni di incostituzionalità della l. 40 del 2004
con riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost.
10
dell’embrione, vengono di fatto anticipate dalle nuove metodiche.” Altrimenti “si
costringerebbe una donna, che pur abbia manifestato una volontà contraria all’impianto, a
mettere a repentaglio la sua salute, obbligandola al trasferimento e al successivo aborto.” È
in questo contesto che va collocata l’asserita violazione del principio di uguaglianza ex art.
3 Cost.. Alle teorie elaborate dai ricorrenti il giudice catanese contrappone una differente
analisi della problematica qui analizzata, secondo il tribunale, infatti, l’applicazione della l.
194 deve essere il più possibile rigorosa, senza che: “le diffuse prassi applicative
palesemente contrarie allo spirito e alla lettera delle sue norme, assumano un qualche
rilievo per la sua interpretazione. Tali prassi svelano un uso dell’aborto come strumento
selettivo dei feti, che si sostanzia in un uso eugenetico dell’aborto, certamente vietato dalla
legge”. La decisione si fonda sul fatto che il rinvio alla legge 194 ha la funzione e il merito
di ristabilire il principio di eguaglianza costituzionale, consentendo la pratica dell’aborto
anche ai casi di gravidanza ottenuta mediante tecniche di PMA, che senza quel richiamo
sarebbero state escluse. Inoltre, nell’attuale ordinamento, la l. 194 fissa i limiti entro cui il
diritto all’aborto sorge e può essere esercitato; decisiva è pertanto la previsione che il
diritto si costituisca in capo alla donna solo dopo l’instaurarsi della gravidanza. Con
qualche contraddizione, il giudice prosegue affermando di condividere quelle impostazioni
dottrinarie favorevoli ad una applicazione estensiva della l. 194 anche agli embrioni, ne
consegue che il diritto all’aborto sorgerebbe prima della gravidanza, ma dopo la
fecondazione degli ovuli. La richiesta della coppia viene rigettata sul presupposto che nel
caso di specie, essi mirano a far riconoscere un preteso diritto sorto ancora prima della
venuta ad esistenza degli embrioni, quindi anche anteriormente alla fecondazione degli
ovuli. Anche la supposta incostituzionalità per violazione del diritto alla salute, a norma
11
dell’art. 32 Cost., nonché del diritto di autodeterminazione, di cui all’art. 2 Cost
34
, proposta
rispetto al comma 2 dell’art. 14
35
, è stata respinta per la ragione che la Carta Costituzionale
non prevede un diritto assoluto dei genitori ad avere dei figli sani, e nemmeno un diritto
assoluto alla salute di ciascuno ove la salute altrui o l’incolumità collettiva possano essere
pregiudicate
36
. Tale nozione di salute appare tuttavia assai restrittiva nonché contrastante
con diverse pronunce della Corte Costituzionale
37
.
Inoltre la tesi dell’autodeterminazione della donna non è stata accettata dal giudice, poiché
è stato ritenuto che essa attribuirebbe ad uno soltanto tra i diversi soggetti in conflitto, ossia
il nascituro, il padre, nonché la collettività, il potere di decidere quale bilanciamento di
interessi operare. I coniugi mirano soltanto a salvaguardare il proprio interesse alla nascita
di un figlio sano. Inoltre il tribunale a chiare lettere sostiene che l’invocato interesse del
nascituro a nascere sano andrebbe tutelato, secondo i ricorrenti, non facendolo nascere, ma
ciò sembrerebbe essere la più illogica delle soluzioni in quanto: “non far nascere qualcuno
è la più radicale negazione possibile del suo interesse a nascere sano.” Quindi il preteso
diritto invocato dalla coppia non si esplica nella garanzia di un diritto fondamentale, ma
bensì nella facoltà dei coniugi di avere figli come essi li desiderano, la quale non è
garantita a livello costituzionale.
34
Che esclude ogni subordinazione della volontà del singolo ad un interesse che lo trascende.
35
Laddove prescrive l’obbligo all’impianto di tutti gli embrioni prodotti, anche se malati.
36
Scalisi, op. cit., p. 213, secondo il quale: “la legge 40/2004, nel tutelare gli embrioni, non riduce i diritti
fondamentali dell’aspirante madre per quanto lo stesso diritto fondamentale alla salute dell’aspirante madre,
può subire una compressione in ragione della tutela della vita negli embrioni e di tutte le persone in genere,
rispetto anche ai pericoli connessi alla commercializzazione degli embrioni stessi”.
37
Per tutte: Corte Cost., 18 febbraio 1975, n. 27, in Giur. cost., 1975, I, pp. 117-120; in Foro it., 1975, I, c.
515. La Consulta dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 546 c.p. nella parte in cui non prevedeva che
la gravidanza potesse interrompersi in caso di danno o pericolo grave per la gestante. In questo modo la Corte
escludeva una equivalenza tra il diritto alla vita e alla salute della madre, già persona, rispetto alla
salvaguardia dell’embrione che persona ancora non è.
12