INTRODUZIONE
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L’elaborato appare diviso in due parti, data la necessità di dare un
quadro completo del problema sia dal punto di vista storico – politico, che
giuridico. La prima parte è dedicata allo studio delle cause storiche che
hanno portato il Guatemala a trovarsi nelle condizioni di dover avviare un
processo di pace che dura da ben 10 anni. Nella seconda parte vengono
descritte le varie fasi in cui si è svolto il Processo di Pace cercando di
evidenziarne i pregi e i difetti.
La tesi che in questa sede si intende sostenere è di duplice matrice: da
un lato, attraverso lo studio e l’analisi dei fatti storici del secolo che si è
appena concluso, si cerca di evidenziare le cause dei “mali” attuali dello
Stato Guatemalteco, e cioè principalmente la presenza di una democrazia
ancora molto debole; dall’altro si vogliono mettere in evidenza gli elementi
principali e costitutivi del processo di pace, che è oggi nella sua fase di
consolidamento, e che ancora appaiono in contrasto palese con aspetti reali
e tangibili sia politici, sia sociali, che giuridici ed economici dello Stato
Guatemalteco, anche se si ritiene che il processo di pace sia riuscito a
costituire le basi necessarie con le quali, seppure a lungo termine, lo Stato di
Diritto possa affermarsi.
L’autrice, in conclusione vuole aprire una “finestra” su una realtà a
pochi conosciuta e in questo senso l’elaborato potrebbe essere considerato
come un unicum nel suo genere.
PROCESSO DI PACE E ISTITUZIONI DEMOCRATICHE IN GUATEMALA
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1
1.
IL GUATEMALA TRA IL 1900 E IL 1954
SOMMARIO: 1.1 Guatemala: Paese latino-americano; 1.1.1 Cenni Storici; 1.1.2 Il Centro America dopo
l’indipendenza; 1.2 Il Guatemala sul finire del XIX secolo; 1.3 Il Guatemala tra il 1900 e il 1954; 1.3.1 Jorge
Ubico Castañeda 1.4 La situazione politica fino al 1944; 1.5 La situazione sociale; 1.5.1 Il Ladino; 1.5.2 L’Indio;
1.6. Le interferenze straniere: il caso della United Fruit Company; 1.6.1 La Nascita della UFCo; 1.7 Da Jorge
Ubico a Carlos Castillo Armas; 1.7.1 La Rivoluzione del 20 Ottobre 1944; 1.7.2 La politica estera nordamericana
nei primi anni cinquanta 1.7.3 Il Colpo di Stato 1.8 Conclusioni.
1.1. Guatemala: paese latino-americano.
Il Guatemala è uno dei paesi che compongono l’Istmo che collega il
Nordamerica all’America del Sud. Confina a nord con il Messico, a sud –
sud-est con El Salvador e l’Honduras e ad est con il Belize (fig. 1). Ha un
territorio di circa 108 mila Km
2
, popolati da circa 10 milioni di abitanti. La
popolazione è suddivisa in gruppi etnici: il 60% sono amerindi, a loro volta
divisi in 22 etnie differenti; il 20% è composto da mestizos (meticci) e il
restante 20% di ladinos (Censimento del 1994)
1
. Come è facile intuire la
convivenza di queste etnie diverse ha dato e da’ origine a problematiche di
non facile soluzione. Ma di questo si parlerà in seguito.
1
CALENDARIO ATLANTE DE AGOSTINI 2000, Istituto Geografico De Agostini, Novara,
1999/2000, pp. 548-550.
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2
Il nome Guatemala deriva probabilmente dall’adattamento fonetico
spagnolizzato di un termine di uno dei 22 dialetti maya, Guauhitemala (Luogo
delle Foreste). È famoso nel mondo per il verde variegato delle sue piante
tropicali e per il suo clima “eternamente” mite
2
, nonché per le numerose
specie di fiori che colorano il paese. Tutta quella lussureggiante natura
contrasta però in modo evidente con le vicissitudini politiche e sociali che
hanno vissuto e che in buona parte continuano a vivere i suoi abitanti, i
discendenti degli antichi maya, la popolazione precolombiana che per secoli
popolò questo territorio.
Al fine di comprendere le problematiche di questo paese in tutta la
loro complessità e articolazione appare necessario collocare il paese
centroamericano in una realtà un po’ più ampia che è quella dei paesi latino-
americani. Senza una, seppur breve, analisi del continente sudamericano
nella sua globalità, infatti, lo studio e l’approfondimento dei problemi socio
- politici guatemaltechi appare fuori contesto e pertanto di difficile
apprezzabilità. Ecco perché è necessario accennare sia al periodo
precolombiano sia a quello successivo, che ha accomunato la quasi totalità
dei paesi sudamericani, relativo al dominio coloniale spagnolo. Come si
vedrà la maggioranza di questi paesi oggi presenta caratteristiche simili che
2
Henry Dunn, esploratore inglese, nel 1828 definì il Guatemala come “il Paese dell’eterna Primavera” al
ritorno da un suo viaggio in questo paese. Cfr. CONTRERAS, R: Manuel, Breve Historia de Guatemala,
Editorial Piedra Santa, Guatemala 1983, p. 13.
IL GUATEMALA TRA IL 1900 E IL 1954
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possono essere fatte risalire a quelle lasciate in eredità dall’impero spagnolo
e che nel tempo si erano talmente radicate e ben calcificate che ancora oggi
se ne possono scorgere le tracce.
Fig.1- Il Guatemala.
Fonte: (Ministero del Commercio con l’Estero – Istituto Nazionale per il
Commercio Estero – I.C.E Guatemala, Roma, 1990).
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1.1.1. Cenni storici
L’America delle antiche civiltà appare ancora oggi avvolta da una fitta
rete di misteri irrisolti. Tuttavia le loro usanze, credenze e la loro storia sono
oggetto di innumerevoli studi e ricerche, anche se iniziati molto tardi, solo
alla fine del XIX secolo. Quello che oggi appare ai nostri occhi è una grande
quantità di monumenti, che svettano sopra le giungle tropicali, iscrizioni
erose dagli agenti atmosferici, vecchi cimiteri, templi, città, e villaggi che
testimoniano la grandiosità di queste popolazioni. Gli archeologi sono
riusciti però solo in parte a ricostruire la storia di queste civiltà, il loro
costituirsi in tribù distinte con lingue, culture e religioni diverse.
3
Dal punto di vista geologico e geografico è certo che questo
continente è rimasto per molto tempo isolato dagli altri. Fino all’epoca
precedente all’ultima glaciazione, avvenuta circa 25.000 anni fa
4
, che ha
abbassato il livello del mare e che ha fatto emergere un tratto di terra ferma
in prossimità dell’odierno stretto di Bering, non esistevano contatti tra gli
americani e gli euro – asiatici, cosa che molto probabilmente ha impedito la
formazione di grandi civiltà. Dopo la glaciazione si registrarono numerose
migrazioni, a intervalli lunghissimi di tempo, di popoli che attraversavano il
suddetto stretto per arrivare nel nuovo continente, invece di passare dal
3
Richard KONETZKE, America Centrale e Meridionale – La colonizzazione ispano-portoghese Vol. I. Storia
Universale Feltrinelli, Feltrinelli Editore, I
a
edizione italiana Milano 1968, pp.42-43.
4
Hubert HERRING, Storia dell’Amrica Latina, I
a
edizione Rizzoli Editore, Mialno 1972, pp. 98-100.
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Circolo Polare Artico. Si intuisce quindi che ci fu una prima mescolanza tra
gli indiani d’America e gli Asiatici, cosa che col passare del tempo rese la
popolazione sudamericana molto eterogenea dal punto di vista razziale.
Eterogeneità rafforzata se si pensa che oggi tra “gli indigeni americani si
sono registrate 125 famiglie linguistiche indipendenti, suddivise in centinaia
di lingue e di dialetti”.
5
Quindi, anche se fare delle generalizzazioni spesso non è
metodologicamente corretto, nel nostro caso ci servirà ad individuare alcuni
elementi che a ben vedere sono riscontrabili in ognuna delle antiche civiltà
americane.
Il primo elemento che si evince e che sarà poi in palese contrasto con
la concezione imperialistica degli spagnoli, tesa ad uniformare sia gli usi che
la cultura degli indigeni, è che quando si parla degli antichi popoli che
abitavano il continente americano ci si deve riferire a numerose civiltà
indipendenti le une dalle altre, con modi di vita, culture religioni e gradi di
evoluzione differenti.
Riguardo, poi, alla vita condotta da questi popoli si sa che la guerra era
la principale occupazione di molti di loro, gli scontri erano cruenti e feroci, e
la loro conclusione era spesso quella dello sterminio di intere comunità. I
5
Gustavo BEYHAUT, America Centrale e Meridionale – Dall’Indipendenza alla crisi attuale Vol. II. Storia
Universale Feltrinelli, Feltrinelli Editore, I
a
edizione italiana Milano 1968, pp. 9-11.
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regimi che governavano le varie tribù erano dispotici ed erano tenuti
insieme dalla forza delle armi e della potenza del despota, anche se a
seconda del grado di civiltà l’ordinamento statale cambiava. Si andava da
popolazioni più primitive in cui l’organizzazione statale non esisteva per
niente, a comunità di famiglie fuse in tribù e a tribù unite in alleanze
permanenti, nelle quali il potere era retto dal cacique (dignitario), fino ad
arrivare a veri e propri Stati che controllavano e gestivano, con l’uso della
forza, determinati territori. In questo modo nacquero due grandi imperi:
quello Inca e quello degli Aztechi, i cui capi “erano comandanti supremi
delle forze militari, avevano poteri assoluti e governavano da despoti”.
6
Accanto a queste due civiltà ne spicca una terza di più antica origine che era
l’impero Maya molto diversa dalle altre, ma di cui parleremo in seguito.
La popolazione di ogni villaggio, città o comunità più o meno ristretta
viveva principalmente di agricoltura anche se in molte zone questa era
ancora molto poco diffusa e poco articolata. Solo in alcune aree si era
raggiunta la fase della coltivazione, di mais in genere, dove era la base
alimentare delle popolazioni locali. Sicuramente le civiltà più evolute erano
quelle agricole rispetto a quelle che popolavano le coste e che vivevano
principalmente di pesca e di caccia.
7
6
R. KONETZKE, Op. Cit., p.12.
7
Marcello CARMAGNANI, Storia dell’America Latina, Edizioni La Nuova Italia, Torino, 1988., pp. 24 –
25.
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Altro elemento che concorreva alla differenziazione delle civiltà era la
religione e anche in questo caso il fattore che maggiormente marcava le
differenze di culto era il diverso grado di evoluzione raggiunto. Si andava da
società primitive in cui si viveva allo stato di natura nelle quali si credeva ad
un essere superiore, ed in cui venivano venerate divinità astrali attraverso
raffigurazioni di idoli, a quelle più civilizzate in cui si credeva in un maggior
numero di Dei, anche perché accadeva generalmente che venissero adottati i
culti delle popolazioni che conquistavano.
Il motivo sul quale si fonda questa grande diversità tra le varie
popolazioni è la dispersione di queste in un continente enorme ed impervio
nonché il fatto che la maggioranza non aveva ancora i mezzi conoscitivi per
poter esplorare le zone più lontane, in particolare non conoscevano la ruota,
di qui la grande difficoltà ad avere contatti all’esterno della propria
comunità. Questa grande disunità ed eterogeneità fu solo gradualmente
colta dagli invasori spagnoli che dovettero di volta in volta rivedere e
correggere le proprie conoscenze del territorio a seconda delle scoperte e
nuove conquiste che facevano, data la grande diversità sia della
conformazione geografica del territorio che della popolazione.
Ma procedere ad una dettagliata analisi dell’era coloniale spagnola
appare sia fuori luogo e sia un’impresa di non facile realizzazione, dato che
il periodo in questione comprende più di tre secoli di storia. Pertanto si
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estrapoleranno solo alcuni elementi, essenziali a definire il Guatemala come
un paese latino – americano, nel quale, fatte le dovute differenze, sono
riscontrabili problemi molto simili a quelli della maggioranza degli altri paesi
dello stesso continente.
• L’era coloniale
Prima di addentrarsi nella descrizione di questo periodo è necessaria
una premessa. Le caratteristiche che verranno qui evidenziate sono in tutto
e per tutto riscontrabili in ogni angolo dell’impero coloniale dell’impero
spagnolo, e pertanto lo steso tipo di organizzazione sia amministrativa che
sociale si ritrova al Sud come in America Centrale. Le cose cambieranno
dopo il 1821, e cioè dopo l’indipendenza.
La politica imperialista spagnola si basava sul principio
dell’assimilazione e cioè mirava a fare dei possedimenti d’oltremare una
sorta di naturale ampliamento della penisola iberica, mandando in loco
cittadini spagnoli che nel primo periodo erano minatori mandati dalla
corona per l’estrazione dei metalli preziosi necessari per il bilancio
dell’Impero. Successivamente cominciarono ad essere richiesti anche
agricoltori che provvedessero al sostentamento dei coloni e coll’espandersi
dell’organizzazione burocratica la Corona mandò funzionari amministrativi
e giudici necessari al buon funzionamento della grande colonia. La grande
varietà di culture, di religioni e modi di vita delle popolazioni preesistenti
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alla conquista, si scontrò duramente con l’imperialismo cattolico dei Re
spagnoli. La conquista non fu impresa facile, ma nonostante le numerose
difficoltà incontrate sia dal punto di vista geografico, sia perché le guerre
furono spietate, ben presto l’impero spagnolo prese forma.
La gestione di un così vasto impero non era certo semplice. Quindi di
volta in volta venivano provati nuovi metodi di controllo e amministrazione
dei vari possedimenti, e col passare del tempo la cultura spagnola venne
impressa in tutta l’America Latina, dal Messico alla Patagonia, a partire dalla
lingua e dalla religione per arrivare fino ai costumi quotidiani, lasciando così
segni indelebili tutt’oggi riscontrabili.
L’impero era diviso in regni, ognuno dei quali gestito da una gerarchia
di autorità. Gli spagnoli impiantarono un sistema burocratico estremamente
articolato, anche se non privo di lacune e storture. Era affidato ai coloni
spagnoli che nella madrepatria facevano parte della casta dei letrados (esperti
di diritto usciti dalle università spagnole ed in stretta collaborazione con i
sovrani). Tutto il sistema si reggeva sullo stretto legame con la madrepatria,
infatti come dice Konetzke: “Le autorità della madrepatria e quelle delle
colonie erano legate tra loro da un saldo spirito di corpo e formavano
insieme una sorta di stato maggiore unificato”
8
. In ogni regno, inoltre,
8
R. KONETZKE, Op. Cit. pp. 144-146.
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esistevano le Audiencias (tribunali) rette da giudici spagnoli che avevano il
compito di garantire, almeno sulla carta, i diritti di tutti gli abitanti del regno,
indigeni compresi. Il tribunale superiore era il Consiglio delle Indie al quale
però il cittadino comune non poteva appellarsi in caso di ingiustizie
commesse dall’Audiencia del suo regno.
Tutto il sistema burocratico era improntato sul serio adempimento dei
doveri senza preoccuparsi di esercitare attività collaterali che integrassero e
ampliassero il guadagno dei funzionari e della Corona. Questo fu una delle
lacune alla base dei problemi e delle lagnanze dei coloni, proprio perché
nonostante il fatto che gli stipendi medi dei burocrati fossero più alti che
nella madrepatria, i beni di consumo erano cari, perché importati, e il costo
della vita era in continuo aumento. Questo accadeva soprattutto nel periodo
in cui il re di Spagna era Filippo II, il quale non seppe amministrare l’impero
con la stessa lungimiranza e abilità di Carlo V, suo padre.
Inoltre col passare dei decenni e con la nascita delle nuove generazioni
di coloni nati in America cominciarono a sorgere anche problemi razziali,
tra i coloni stessi. Una delle lamentele più frequenti era dovuta alla
discriminazione che veniva operata tra coloni nati in America e quelli nati in
Spagna, quelli cioè che venivano preferiti per l’occupazione delle più alte
cariche all’interno dei vari regni. Ma il problema razziale più scottante era
quello relativo alla popolazione indigena. Nonostante, infatti, le numerose
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leggi della corona vietassero ai coloni la riduzione in schiavitù degli indigeni,
questi nella realtà venivano impiegati come manodopera nelle terre dei
coloni i quali non tenevano conto delle disposizioni legislative della
madrepatria. Anche dopo l’introduzione dell’encomienda
9
la situazione per gli
indigeni non cambiò di molto. Infatti la maggior parte dei coloni non si
curava affatto dei propri lavoratori, i quali spesso soccombevano alle fatiche
sia per la malnutrizione che per i maltrattamenti. La schiavitù infatti fu tanto
brutale nell’America spagnola così come in quella inglese.
Altro elemento da considerare è l’opera di evangelizzazione portata
avanti nel Nuovo Mondo dalle missioni cattoliche. L’idea era che mentre da
un lato si cercava di rispettare l’integrità fisica degli indigeni attraverso leggi
che ne impedissero i maltrattamenti e la riduzione in schiavitù, dall’altro
esisteva la volontà di “civilizzare” le popolazioni locali attraverso
l’indottrinamento cattolico, per poi poter considerare gli Indiani come
sudditi spagnoli a tutti gli effetti. Quindi ben presto le colonie d’oltremare
divennero terre di missione statale.
10
Fu così che la maggioranza dei culti
pagani degli antichi Aztechi, Incas e Maya, per citare solo quelli più diffusi,
9
Le Encomiendas costituivano un sistema di lavoro e indottrinamento degli indigeni che prevedeva come
dice Konetzke, - op. cit. pp. 170 –172, - la costrizione per gli “Indiani a lavorare e a sottostare ad una
disciplina” che, continua Konetzke, “dicevano [gli spagnoli] avrebbe aiutato a civilizzarli”. Ad ogni
spagnolo venivano quindi assegnati degli indigeni a seconda della sua necessità. Il colono poteva disporre
della manodopera a suo piacimento nei limiti delle disposizioni della madrepatria. Doveva, infatti, garantire
un salario minimo per ogni lavoratore, inoltre ogni operaio indigeno riceveva nei giorni di festa un
indottrinamento cattolico.
10
H. HERRING, Op. Cit. p. 165.
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stentarono a sopravvivere alla grande opera evangelica mandata avanti dai
missionari spagnoli. Accanto alle Chiese sorsero anche scuole e università
uguali a quelle che esistevano in Spagna, che anche se organizzate secondo
la logica europea, dettero l’opportunità anche agli indigeni di poter ricevere
un’istruzione, sebbene gli spagnoli “chiedessero in cambio” l’abbandono dei
propri culti, e delle proprie usanze.
Si deve considerare, poi, un ultimo elemento che, mentre all’epoca
coloniale aveva secondaria importanza, ha preso poi corpo e forza subito
dopo le guerre di indipendenza e che ancora oggi nella grande maggioranza
dei paesi Latino - Americani costituisce un problema centrale: le forze
armate.
Durante l’era coloniale le forze armate ebbero un ruolo secondario
dopo la conquista perché l’impero si reggeva soprattutto sul sistema
burocratico. L’esercito del Re aveva la duplice funzione di controllo e di
difesa del territorio. Esistevano, infatti, delle fortificazioni sulle coste che
avevano scopo difensivo. Ma soprattutto i soldati servirono, in alcuni paesi
in modo particolare, a frenare e soffocare ogni tentativo da parte degli
indigeni di ribellarsi al potere della madrepatria. Nel tempo però la Spagna
cominciò ad avere scarsità di reclute europee, e scarsità di fondi da poter
investire in un esercito formato completamente da europei, poiché gli
Spagnoli che si recavano nelle colonie non ne volevano sapere di arruolarsi
IL GUATEMALA TRA IL 1900 E IL 1954
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in quanto più interessati a concludere affari. Si dovette quindi ricorrere
all’integrazione nelle fila delle forze armate imperiali, di creoli (coloni
americanizzati). Il primo esercito permanente integrato continuamente da
rinforzi fu quello cileno, in quanto i coloni cileni avevano seri problemi nel
contrastare la tribù degli Araucani, che di continuo attaccava gli
insediamenti spagnoli.
11
Ma prima del 1763 le milizie americane non
rispondevano ad una organizzazione unitaria e razionale, non esisteva,
infatti un esercito regolare, e la popolazione veniva mobilitata solo in
circostanze speciali. Nel 1763 invece fu rinnovato tutto il sistema difensivo
delle colonie. Fu stabilito che tutti i maschi tra i 16 e i 40 anni dovessero
essere inclusi nelle liste della milizia. I miliziani erano divisi poi in cinque
categorie e il richiamo alle armi avveniva seguendone l’ordine, e via dicendo
con tutta una serie di disposizioni molto dettagliate.
L’organizzazione pratica degli eserciti, non fu però semplice, sia per la
vastità dell’impero che per la varietà dei problemi da affrontare, primo fra
tutti la diffusa reticenza ad intraprendere la vita militare, cosa che creava
disordini talvolta anche di grave entità. Quindi la Corona cercava di
invogliare i miliziani a partecipare alla vita militare concedendo privilegi ed
onorificenze a chi la intraprendesse. Tutto sommato, comunque gli eserciti
11
R. KONETZKE, Op. Cit., p. 156