1
“…The emergence of global markets for standardized consumer products on a
previously unimagined scale. Corporations geared to this new reality benefit from
enormous economies of scale in production, distribution, marketing and
management…”.
“…The multinational and the global corporation are not the same thing. The
multinational corporation operates in a number of countries, and adjusts its
products and practices in each - at high relative costs. The global corporation
operates with resolute constancy – at low relative cost - as if the entire world (or
major regions of it) were a single entity; it sells the same things in the same way
everywhere…”.
Levitt.
[… L’emergere dei mercati globali per i prodotti di consumo standardizzati su
una scala finora inimmaginabile. Aziende orientate a questa nuova realtà,
beneficiano di economie di scala nella produzione, distribuzione, marketing e
gestione…]
[… La multinazionale e la società globale non sono la stessa cosa. La
multinazionale opera in diversi paesi e regola i propri prodotti e le proprie pratiche
in ognuno di essi, comportando alti costi relativi. La società globale opera con
costanza risoluta, a basso costo relativo, come se il mondo intero (o gran parte di
esso) fosse un’entità unica; vende le stesse cose nello stesso modo in tutto il
mondo.]
Il processo di internazionalizzazione definisce il percorso utile a un’impresa per
espandere il proprio mercato oltre i confini nazionali. Oggi, infatti, è chiamata ad
operare in un contesto sempre più cosmopolita in conseguenza al fenomeno
generalizzato della globalizzazione di domanda e offerta da cui difficilmente può
astenersi.
Il consumatore in primis si è globalizzato: Levitt sostiene che i suoi bisogni si
presentano sempre più uniformati, convergenti verso l’occidentalizzazione dei
consumi. Si dimostrerà però che l’impresa trasforma il suo approccio in linea con
quanto sostenuto dall’autore, senza però dimenticare che il consumatore globale
conserva le peculiarità tipiche del contesto socio-culturale in cui è inserito,
sottoscrivendo quello che viene definito un “approccio glocale”.
2
In passato il mercato principale di un’azienda era quello interno limitando
all’esportazione un volume di vendite ridotto; la scelta di operare solo nel proprio
Paese ancora oggi garantisce una certa sicurezza e stabilità che sicuramente viene a
mancare agendo in un contesto globale. L’impresa nazionale rischia però da un lato
di precludersi la possibilità di accedere a nuovi mercati in espansione, e dall’altro
mette a repentaglio anche lo spazio già conquistato. Questo si traduce in
un’esigenza quasi imprescindibile per le imprese spinte dalla necessità di
contrastare anche una concorrenza estera sempre più incombente: esse
intraprendono la strada del processo di internazionalizzazione per rispondere
efficacemente alla domanda globale e, al contempo, non venir schiacciate dal peso
di imprese già multinazionali e soccombere in un mercato interno ormai saturo.
La profonda trasformazione dell’ultimo decennio ha creato nuove opportunità
imprenditoriali ma anche nuove minacce. Le imprese vedono restringersi i mercati
domestici e sono indotte ad ampliare il ventaglio geografico dei mercati per
garantirsi lo spazio vitale necessario per continuare ad essere competitive. Quando
l’ambito competitivo di un’impresa si allarga però, questa deve affrontare problemi
ben più complessi. L’ambito delle strategie di internazionalizzazione presuppone
l’identificazione dei risorse finanziarie e di competenze dell’impresa unitamente alla
conoscenza del mercato globale, oggetto della sua espansione.
La stabilità politica ed economica che ha caratterizzato il XIX secolo, periodo in
cui viene datata la nascita delle cosiddette imprese multi nazionali (IMN)
1
ma che
oggi invece si presenta più incerto ed eterogeneo, ha rappresentato uno scenario
assai fertile per l’espansione del fenomeno. Ad essa si aggiungono innovativi sistemi
di comunicazione, trasporti e flussi finanziari più rapidi che riducono drasticamente
le distanze, fino a prevedere nuovi canali di distribuzione basati sul business to
consumer che campeggia nel web.
La globalizzazione non si traduce però nella conquista di mercati globali a
senso unico; se per un certo periodo di tempo sono state le imprese occidentali a
espandere la loro potenza nei Paesi asiatici o in via di sviluppo, è possibile
testimoniare anche il processo inverso: se fino agli anni ’60 sono rimasti pressoché
1
IMPRESA MULTINAZIONALE: impresa che detiene attività operative in paesi diversi da quelli dove ha
sede operando su diversi mercati nazionali.
3
in sordina, oggi sono i Paesi dell’area BRIC
2
a conquistare i più ricchi mercati
occidentali e spesso le sue aziende
3
.
È un fatto che, soprattutto nell’ultimo decennio, i Paesi emergenti crescano più
rapidamente dei Paesi già industrializzati e il baricentro della produttività e
dell’esportazione mondiale si avvicina progressivamente a queste nuove realtà.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di offrire una panoramica generale sul
percorso di internazionalizzazione che le imprese, in numero sempre maggiore,
tendono a realizzare nel contesto della competizione globale.
L’analisi procederà gradualmente.
La prima parte intende inquadrare le motivazioni che hanno spinto le aziende
ad espandere la propria attività oltre i confini nazionali e le minacce che questo
percorso richiede di affrontare, soffermando l’attenzione anche sui nuovi
protagonisti della scena, i Paesi emergenti e l’e-commerce.
Il corpo centrale dell’elaborato volge lo sguardo alle macro tipologie di
prodotto oggetto del processo di internazionalizzazione, ognuna delle quali si muove
diversamente nel panorama internazionale.
Al termine si svilupperà un’analisi delle scelte sostenute nell’approcciarsi
all’estero e le modalità organizzative che possono essere adottate perché la
consueta formula di import/export lascia spazio ad altre forme di collaborazione
come accordi e partnership internazionali.
2
BRIC: acronimo utilizzato per indicare i Paesi emergenti Brasile, Russia, India e Cina; Concetto
sviluppato nel 2010 dalla Global Investment Research (GIR).
3
Il management delle multinazionali – guida alla gestione del business globale, R.G. Marchetto, ed.
Guerini e associati, 2010, cap. 2°.
4
1. Le ragioni dell’internazionalizzazione
Oggi risulta assai difficile pensare ad un’azienda che non abbia in alcun modo
intrattenuto rapporti commerciali internazionali poiché molti sono gli stimoli con cui
è attirata ad operare nell’incertezza del mercato globale.
Adam Smith
4
già alla fine del 1700 giustificava così gli scambi commerciali tra
nazioni: essi trovano origine nella necessità da parte di un Paese di scambiare i
prodotti per i quali si dispone della maggiore dotazione con altri provenienti da un
mercato estero che soddisfano il medesimo presupposto
5
. L’assunto di fondo si basa
dunque sull’opportunità di specializzarsi nella produzione di un bene che risulta
essere il fattore produttivo di cui ha più abbondanza un determinato Paese (factor
endowment
6
) e da cui sarà possibile trarre maggiore beneficio nella
commercializzazione.
Guardando l’evoluzione del processo d’internazionalizzazione da un punto di
vista storico, il secondo dopoguerra è il periodo che più ha esposto il quadro
mondiale a profonde trasformazioni di stampo politico, economico e istituzionale; le
quali, a loro volta, hanno fortemente influenzato la diffusione del processo.
La prima grande espansione registrata tra la metà dell’800 e l’inizio della
Grande Guerra ha subito un deciso arresto nel 1929 a causa del crollo dei mercati,
seguito dalla recessione mondiale degli anni ’30, imponendo una riorganizzazione
dell’intero sistema finanziario e bancario; un ulteriore periodo di sviluppo dei paesi
di vecchia industrializzazione risale alla seconda metà degli anni ’90, ma già dagli
anni ’70 il Giappone era entrato con forza nei mercati mondiali; gli anni ’80 e ’90
fanno da sfondo per una periodo di crescita rallentato rispetto ai decenni
precedenti, ma il crollo del blocco sovietico del 1989 liberalizza gli scambi
commerciali con l’area dell’est Europa che fino ad allora aveva giocato un ruolo
marginale; prendono vita svariate istituzioni governative volte a promuovere la
cooperazione e l’integrazione fra le nazioni (ad esempio il Fondo Monetario
Internazionale); si costruisce un mercato unico europeo (CEE) che fronteggia quello
statunitense in progressiva espansione a partire dagli anni ’50 – ’60, realizzando
obiettivi comuni nella regolamentazione del commercio internazionale.
Da questo breve quadro storico si evince che l’ambiente internazionale in
continua evoluzione è oggi divenuto globale, un unico grande mercato in grado di
4
Filosofo ed economista scozzese che getta le basi dell’economia politica.
5
“La ricchezza delle nazioni”, A. Smith, UTET, 1776.
6
“Il management delle multinazionali – guida alla gestione del business globale”, R.G. Marchetto, 2010,
Guerini e associati editori, cap.6°, pag.66.
5
offrire alle imprese significative opportunità di crescita e sviluppo, ma anche
notevoli rischi che potrebbero mettere a repentaglio la loro stessa sopravvivenza.
L’acquisizione e la difesa del ruolo di leader di mercato difficilmente oggi può
essere garantita senza uscire dall’orizzonte nazionale e senza far fronte alla
necessità di contrastare la dilagante concorrenza internazionale.
Come anticipato i confini dei rapporti economici si sono fatti progressivamente
più permeabili e flessibili lasciando spazio all’avvento del mercato e dell’impresa
globale. Per impresa globale si intende un’impresa che non solo sostiene
esportazioni in altri Paesi del mondo, ma tramite un vero e proprio sviluppo
dell’attività in più Paesi, riesce a ottenere vantaggi in termini di ricerca e sviluppo,
marketing e finanza non raggiungibili per chi opera esclusivamente a livello locale
7
;
sono imprese consapevoli del fatto che non possono più permettersi di ignorare i
mercati internazionali da cui dipendono in misura sempre maggiore per la fornitura
di beni e servizi. Esse sono quindi costrette a gestire un trade-off tra l’esigenza di
cambiare in relazione alle trasformazioni dell’ambiente sfruttando le opportunità
offerte, e la gestione dei costi di tale cambiamento con coscienza dei rischi derivanti
da un progetto di portata internazionale, anche in considerazione della naturale
attitudine alla conservazione del proprio status quo
8
.
Il vantaggio può essere colto anche da un altro punto di vista: operare in più
Paesi permette all’azienda di mantenere equilibri economici più sicuri in caso di crisi
circoscritte a livello geografico, poiché questa condizione gli garantisce risorse utili
per eventuali reinvestimenti sui mercati che presentano criticità.
L’ingresso nei nuovi mercati è stato anche agevolato dalla cosiddetta “quarta
rivoluzione industriale”, l’espansione dell’information and communication
technologies (ICT) che abbatte le barriere della comunicazione su grandi distanze,
anche se contemporaneamente rischia di incrementare il digital divide fra le aree
più e meno sviluppate del mondo, riduce i costi di trasporto internazionale e rende
più rapidi i flussi finanziari. Tutto ciò permette la predisposizione di una rete sociale
internazionale e interagente a livello globale
9
.
Fatte queste anticipazioni possono essere inquadrate due macro categorie di
motivazioni che spingono un’azienda ad internazionalizzarsi.
7
“Prinicipi di marketing“, P. Kotler, G. Armstrong, 2010, Pearson Paravia Bruno Mondadori, cap. 5°.
8
laboratorio
9
Dal 2003 la crescita complessiva mondiale degli scambi commerciali è incrementate dal 4.5% all’11%
annuo. “Prinicipi di marketing “, P. Kotler, G. Armstrong, 2010, Pearson Paravia Bruno Mondadori, cap.
19°.
6
Si parla di ragioni reattive quando le motivazioni che avviano il processo sono
l’effetto di una reazione a circostanze esterne, come per esempio la necessità di
contrastare una concorrenza estera sempre più incombente, o la ricerca di nuovi
sbocchi in risposta alla saturazione del mercato interno dove la domanda non è più
in grado di assorbire la produzione, l’impossibilità di aumentare la propria quota sui
mercati in cui l’azienda già opera.
Le ragioni proattive, invece, sono legate a fattori endogeni all’azienda quali
un’esigenza di crescita e di ricerca del massimo vantaggio competitivo, lo
sfruttamento di risorse e competenze di cui l’azienda dispone, il raggiungimento di
dimensioni che permettano economie di scala.
L’obiettivo ultimo di un’impresa è di fatto la crescita del valore, il
conseguimento del più duraturo vantaggio competitivo possibile. È necessario
formulare un’analisi volta a individuare aree potenziali di vantaggi e svantaggi
monitorando costantemente l’ambiente; è necessario avere cura di soddisfare i
bisogni della propria clientela e, contemporaneamente, anticipare le scelte della
concorrenza affinché, in un’arena internazionale in continua evoluzione, possano
essere pianificate appropriate strategie per selezionare nella rosa delle imprese
inseguitrici
10
quali sono da sfidare e quali da evitare. Ma cosa si intende per
vantaggio competitivo sostenibile? Si intende la realizzazione di risultati economici
profittevoli e tali da non essere soggetti ad erosione in un lasso di tempo
relativamente breve, sulla base di una strategia che non potrà essere facilmente
imitata dai concorrenti.
Non esiste ovviamente una formula di successo pianificata a tavolino e fruibile
da chiunque, ma piuttosto ogni strategia è calibrata sulla base di alcune variabili
comuni ai diversi settori merceologici e dunque facilmente individuabili, quali per
esempio il contenimento dei costi di produzione e trasporto, lo sviluppo di sistemi di
incentivi agli investimenti, una facile reperibilità di prodotto o viceversa una
reperibilità elitaria per mercati di nicchia.
La buona riuscita di un progetto di internazionalizzazione dipende, dunque,
dalla messa in gioco di fattori quali il know how dell’impresa volto a elaborare
un’offerta di mercato migliore rispetto a quella dei concorrenti, attività di marketing
volte alla fidelizzazione del cliente (client marketing oriented), marketing
10
Imprese inseguitrici: imprese di settore che competono per estendere la propria quota di mercato; da
sottolineare il fatto che le imprese sfidanti godono di una sorta di vantaggio intrinseco, il vantaggio dei
secondi, perché hanno modo di cogliere le variabili che hanno favorito il successo del leader apponendo
personali miglioramenti e minimizzando il rischio di cadere in errori potenzialmente già commessi da
altri.
7
management basato su efficaci analisi competitive e orientato a rafforzare il
posizionamento dell’impresa nel mercato.
1.1. Le opportunità
1.1.1. L’importanza del consumatore
Il primo passo per accertarsi delle potenzialità di un’impresa nell’acquisire un
vantaggio competitivo nel nuovo mercato, consiste nel comprendere come un
prodotto possa generare un valore economico e in che termini sia in grado di
continuare a generarlo nel tempo. È necessario pertanto definire quali sono i fattori
che determinano un vantaggio per il consumatore e quali determinano costi per
l’azienda, tentando di prevedere criticamente le evoluzioni del settore, vagliando
così le diverse opportunità legate ad esso
11
. L’attuale spazio sociale è quello
costruito sull’aumento degli scambi commerciali e l’ampliamento dei mercati.
Il ventesimo secolo è quello di maggiore espansione globale e a renderlo tale
sono i mezzi di comunicazione di massa sempre più potenti, pervasivi e diffusi: la
stampa, la radio e la televisione prima, e i new media dopo, si impongono in
maniera decisiva, fino a creare la “società dell’informazione”, una comunità che si
incontra in rete. Anche il settore dei trasporti diventa oggetto di trasformazioni
perché sempre più efficace e sempre più accessibile, le frontiere sono più
facilmente valicabili e la mobilità diventa più intensa e dilatata.
Entrambi questi fenomeni sociali hanno a loro volta generato l’incontro tra differenti
culture, che se da una parte è motivo di arricchimento, dall’altro può facilmente
sfociare in scontri culturali, le cui ripercussioni è possibile riconoscerle anche nel
contesto del marketing globale
12
.
In risposta al processo di globalizzazione i mercati hanno identificato il
consumatore del ventunesimo secolo come un soggetto globale e uniformato
sempre di più al pensiero occidentale dettato dalle grandi imprese internazionali; è
un concetto introdotto da Levitt
13
la cui premessa è che le imprese globali sono
capaci di fornire un prodotto per un pubblico universale, poiché i bisogni e i desideri
del consumatore sono stati fortemente omogeneizzati; sono inoltre capaci di
individuare i Paesi con un target di consumatori simili fra loro, aventi caratteristiche
11
Si tratta di Consonance Analysis – “Economia dell’industria e strategie d’impresa”, A. Enrietti, R.
Marchionatti, E. Ottoz, 2001, Utet libreria, cap.12°.
12
“Oltre il locale e il globale:il senso glocale dell’appartenenza contemporanea”, R. Giumelli, EDAP aprile
2010, Eurac research.
13
T. Levitt: economista americano e professore alla Harvard Business School.
8
d’acquisto e bisogni analoghi. Il paradosso è che in un mondo globalizzato, dove
sempre di più il consumatore è massificato, emerge con grande forza anche un
senso di identità culturale, di appartenenza sociale di una società in realtà sempre
più sfuggente.
Ogni Paese è costruito su tradizioni, norme e tabù e quando un’impresa inizia
a muoversi su un territorio diverso dal proprio deve imparare a comprendere
l’influenza che queste variabili hanno sulle reazioni del consumatore e, viceversa,
l’impatto che le proprie strategie hanno sulle culture locali. E’ fondamentale essere
consapevoli della rilevanza del comportamento del consumatore, delle sue attitudini
e dei suoi valori per la pianificazione di una strategia di mercato, poiché ciascun
sistema cliente in realtà, si contraddistingue per cultura, modelli di consumo,
ambiente socio economico e istituzionale. Comprenderne le peculiarità è
presupposto per comprendere come l’impresa compete nel mercato internazionale:
non possono essere sottovalutate le differenze culturali del Paese in cui si intende
operare poiché anche piccole sfumature possono volgere a proprio vantaggio o
svantaggio, per esempio nell’ambito del posizionamento dei prodotti e in quello
delle campagne promozionali, condizionando il successo o l’insuccesso del proprio
business.
Coca-Cola Company, global brand del settore beverage, distribuisce in
maniera eterogenea a livello internazionale adattando la sua immagine alle
caratteristiche locali: una delle attrazioni principali degli adolescenti di tutto il
mondo è la musica. Per questo motivo l’immagine del prodotto è costante e
coerente a livello globale avendo come comune denominatore proprio la musica,
ma allo stesso tempo si diversifica in quanto è associata ad un evento sociale
particolare o piuttosto alla pop-star del momento che in un determinato Paese
riscuote il maggior successo.
McDonald, il colosso americano del settore alimentare fast food, nasce in
California nel 1954 e oggi è un’impresa globale a pieno titolo presente in oltre cento
Paesi. Nel suo processo di espansione l’impossibilità di esportare un prodotto tout
court è emerso con evidenza. Il concetto di fast food, e le implicazioni dello stesso,
non sono state velocemente comprese dai russi, ed anche la logistica della struttura
commerciale, oggi fiore all’occhiello del management McDonald, necessitava di
notevoli trasformazioni per soddisfare il volume straordinario di clientela che
quotidianamente superava il migliaio di persone in un singolo ristorante: viene
impartita ai dipendenti la politica del “cibo veloce”, il servizio si moltiplica sia nei
posti a sedere (circa novecento contro i cinquanta dei grandi fast food americani)
sia nella disponibilità delle casse che salgono a ventisei. Lo stesso consumatore
9
moscovita doveva essere educato al nuovo modello di ristorazione: la proposta del
McDrive ne è un esempio: essa viene inizialmente interpretata come una coda
alternativa a quella tradizionale interna al ristorante, piuttosto che considerarlo un
servizio aggiuntivo per chi acquista senza consumare in loco, pertanto molti clienti
una volta ritirata la prenotazione dall’esterno consumavano nei posti a sedere il loro
pasto invece di consumarlo altrove.
Le stesse proposte alimentari non possono coincidere in quanto le abitudini di un
paese come la Russia divergono da quelle d’oltre oceano: per esempio solo il 5%
circa dei russi consuma la colazione fuori casa ma sono sempre di più i pendolari
che convergono nelle grandi città. La sfida di McDonald è stato di offrire loro una
colazione che li incoraggiasse a fermarsi al fast food senza puntare sul tradizionale
hamburger durante le ore del mattino ma distribuendo prodotti vicini alla più
classica colazione occidentale che ha guadagnato un immediato successo; la buona
riuscita del servizio è data anche dalla realizzazione di un concept restaurant
completamente nuovo all’interno del ristorante che è separato dalle sale adibite al
pranzo
14
.
McDonald ha dovuto adattare la sua formula commerciale al mercato: ha
adeguato il marketing e le operazioni per soddisfare le esigenze particolari della
clientela locale, di questo come di molti altri mercati a livello globale. I suoi
ristoranti adottano una strategia globale comune, cibo pratico, veloce e dai prezzi
accessibili, ma nella struttura strategica generale si conforma alle peculiarità del
mercato locale. Oggi McDonald ha catturato circa il 70% del mercato dei fast food
in Russia.
La società, è bene sottolinearlo, determina l’acquisizione da parte dei suoi
componenti di peculiari valori, percezioni e comportamenti che si insediano nella
forma mentis dell’acquirente, e che quindi eserciterà una rilevante pressione sulle
sue scelte d’acquisto peraltro oggi sottoposte a nuove forme di compravendita
15
. Le
distanze culturali tra il Paese d’origine e quello ospitante possono ripercuotersi
negativamente sul percorso di internazionalizzazione che si intende intraprendere: i
loro effetti si denotano soprattutto nella scelta strategica per l’ingresso in un nuovo
mercato, per la diversificazione geografica con cui si opera, e per la performance
dell’impresa stessa.
La contiguità geografica diviene sempre meno importante ma è il mondo a
disposizione attraverso uno schermo che riconfigura appartenenze collettive che si
collocano sui piani culturali, di condivisione d’interessi, di affinità; il nuovo “muro di
14
“McDOnald’s in Russia – Defeated Communism with a “Happy meal”, R. Krishnani, 2004,
www.businesstoday-eg.com.
15
L’e-commerce ne è l’esempio che meglio si addice e sarà affrontato in un paragrafo successivo.