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CAPITOLO 1
Un po’ di storia dell’idrometallurgia
Introduzione
Migliaia di anni fa la gente capì come costruire forni e usare il fuoco per trattare le rocce e
lavorare metalli, ma l'uso di soluzioni acquose per la lavorazione dei minerali è stata
introdotta molto più tardi, soprattutto al tempo degli alchimisti con l’introduzione dell’uso
di acidi e basi.
La nascita dell’idrometallurgia moderna, tuttavia, si può far risalire alla fine del 19esimo
secolo, quando furono scoperte due processi molto importanti: il processo di cianurazione
per l’estrazione di oro e argento e il processo di BAYER per l’estrazione della bauxite.
Più tardi, nel 1940, arrivò la svolta con il progetto MANHATTAN negli USA riguardante
l’estrazione dell’uranio. Da qui c’è stato un continuo progresso che ha portato anche
all’utilizzo e sostituzione di alcuni processi idrometallurgici nel campo pirometallurgico.
Sotto questo punto di vista è stato significativo l’apporto canadese riguardante i processi di
recupero di nichel, uranio cobalto e zinco.
Le radici dell’idrometallurgia possono essere fatte risalire al periodo degli alchimisti il cui
cruccio primario era quello di voler trasformare i metalli di base in oro. Alcune di queste
operazioni venivano svolte in umido, cioè, con metodi che potevano essere considerati i
processi precursori dell’idrometallurgia. Un esempio classico era l’immersione di un
pezzo di ferro in una soluzione di vetriolo azzurro, cioè solfato di rame, che portava ad un
rivestimento totale del pezzo di ferro di uno strato di rame metallico. Questa apparente
trasmutazione del ferro in rame è stata giustificata in tempi più recenti tramite la formula:
Cu
2+
+ Fe Cu + Fe
2+
anche se a quei tempi non sapevano che nel vetriolo era contenuto solfato di rame. La più
grande domanda che gli alchimisti si posero fu: come trasferire il processo di
trasmutazione riguardante ferro e rame ai processi di trasmutazione riguardanti l’oro.
2
L’oro, il metallo più nobile, poteva essere disciolto con il mercurio formando un
amalgama, ma non era possibile solubilizzarlo con nessuno degli acidi o basi conosciuti ai
tempi degli alchimisti. La scoperta dell’ ACQUA REGIA da parte di un’alchimista arabo
JABIR IBN HAYYAN, può essere considerata come la pietra miliare che segnò la nascita
dell’idrometallurgia. L’ acqua regia è una miscela di HCl (ACIDO CLORIDRICO) E
HNO
3
(ACIDO NITRICO) che riesce a disciogliere l’oro. Ancora oggi l’acqua regia viene
utilizzata per il trattamento dell’oro.
Nel Medioevo, alcuni terreni contenenti sostanze organiche putrefatte, furono ‘lisciviate’
per estrarre SALNITRO (sale di pietra e nitrato di potassio), un ingrediente necessario per
la fabbricazione di polvere da sparo. Il processo è stato ampiamente descritto da
Vannoccio Biringuccio (1480 - 1539) nel suo Pirotechnia pubblicato nel 1540.
Nel sedicesimo secolo, l'estrazione di rame con trattamenti in umido attirò l’attenzione di
tutti gli alchimisti. Furono praticati trattamenti di ‘lisciviazione’ in accumulo nella zona
montana di Harz in Germania e nelle miniere del Rio Tinto in Spagna. In queste
operazioni la pirite, contenente alcuni solfuri di rame, fu accumulata a cielo aperto e
lasciata per mesi sotto l'azione della pioggia e dell'aria dando luogo all'ossidazione e la
dissoluzione del rame.
Figura 1. L’alchimista arabo Jabir Ibn Hayyan.
La soluzione contenente solfato di rame venne drenata dall’accumulo e raccolta in un
catino. Il rame metallico è stato poi fatto precipitare da questa soluzione attraverso
frammenti di ferro, processo che è diventato famoso come PROCESSO DI
CEMENTAZIONE. Questo è lo stesso processo che era già noto agli alchimisti e a cui
ancora oggi ci ispiriamo in modo sensibile.
Nel diciottesimo secolo, una delle più importanti industrie del Quebec produceva cloruro
di potassio esportandolo in Francia, per soddisfare le richieste delle industrie di sapone e
3
vetro. Prima dell'invenzione del processo Leblanc per la fabbricazione di Na
2
CO
3
da
NaCl, le principali fonti di Na
2
CO
3
erano le ceneri di vegetazione marina, mentre il
cloruro di potassio veniva ricavato dalla combustione del legno proveniente dalle zone di
disboscamento su larga scala. Dal 1767 al 1867, si iniziarono ad usare le ceneri del legno
raccolte da stufe e caminetti domestici, agitate successivamente con acqua, filtrate e infine
fatte evaporare a secco per ottenere cloruro di potassio; questo perché per ottenere una
tonnellata di cloruro di potassio era necessario bruciare 400 tonnellate di legno duro, cioè
l’equivalente di 10 ettari di bosco.
1. LE ORIGINI
La nascita dell’idrometallurgia moderna cade nell’anno 1887, quando furono inventati
due importantissimi processi industriali: il processo di cianurazione per il trattamento di
minerali contenenti oro, e il processo di bayer per la produzione di alluminio.
1.1 Processo di cianurazione
L’azione di dissociazione della soluzione di cianuro sull’oro metallico fu scoperta nel
1783 da un chimico svedese Carl Wilhelm Scheele. Nel 1846, il chimico tedesco Elsner
studiò questa reazione e notò praticamente che l’ossigeno atmosferico giocava un ruolo
fondamentale durante la dissociazione. L’applicazione di questa relazione riguardante
l’oro e i minerali da cui si estrae, fu proposta e brevettata più tardi in Inghilterra da John
Stewart MacArthur nel 1887 e venne denominato processo di saturazione. G. Bodlander
nel 1896 fece un’importante scoperta, riguardante la formazione di perossido di idrogeno
come prodotto intermedio del processo di dissociazione dell’oro.
Figura 2. John Stewart MacArthur (1856-1920)
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Il processo di cianurazione fu adottato da qualsiasi distretto minerario del mondo ed il suo
impatto sulla idrometallurgia fu tremendo. Furono costruiti dei reattori estremamente
grandi, chiamati AGITATORI DORR, in cui venivano agitati i minerali finemente
macinati con del cianuro (agente lisciviante) e dotati inoltre di iniettori di aria compressa.
Furono costruiti con lo stesso principio anche degli impianti di filtrazione denominati
IMPIANTI HUGE, progettati per ottenere soluzioni liscivianti chiarificate per il recupero
dei metalli. Il processo di cementazione utilizzato per la precipitazione del rame ed
effettuato utilizzando residui ferrosi, fu applicato per la precipitazione dell’oro sostituendo
però i frammenti ferrosi con quelli di zinco. Nonostante questi grandi passi in avanti, il
processo di cianurazione, per quanto concerneva l’estrazione dell’oro, iniziò a dare i suoi
veri frutti all’inizio del ventesimo secolo.
1.2 Il processo di Bayer
Il secondo grande processo introdotto nella seconda metà del 1800 fu il PROCESSO DI
BAYER, inventato proprio da Karl Josef Bayer ed utilizzato per la preparazione
dell’allumina (Al
2
O
3
).
Bayer era un chimico austriaco che lavorava a San Pietroburgo. Il suo processo è utilizzato
ancora oggi secondo il procedimento originale senza alcuna variazione di sorta. Questo
processo è effettuato mediante una lisciviazione della bauxite trattata con una soluzione di
idrossido di sodio, superiore al suo punto di ebollizione ed effettuata in un reattore a
pressione.
Figura 3. Karl Josef Bayer (1847-1904)
Dopo aver separato il materiale insolubile, facciamo precipitare l’idrossido di alluminio,
che viene successivamente filtrato, lavato, asciugato e calcinato in allumina pura, adatta
per le celle elettrolitiche, inventate due anni prima.
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2. LE FASI SUCCESSIVE
All’inizio del ventesimo secolo furono sperimentate numerose lisciviazioni e processi di
recupero, per alcuni si è dovuto attendere la metà del secolo scorso per arrivare ad una
applicazione pratica, mentre altri non sono mai stati sviluppati se non attraverso una sorta
di impianto pilota sperimentale. Esaminando la letteratura riguardante le patenti dei
brevetti firmati ad inizio secolo, si è notato come furono proposti tantissime tipologie di
agenti liscivianti. Nel 1903, MALZAC in Francia propose l’uso di soluzioni di ammoniaca
per effettuare la lisciviazione dei solfuri di rame, zinco e carbone. In quel tempo
l’ammoniaca era un reagente molto costoso, perché ottenuto solamente come sottoprodotto
dell’industria del carbone; dieci anni più tardi diventò un reagente commerciale a buon
mercato dopo che fu creata la sua sintesi da Fritz Haber in Germania. L’acido nitrico fu
proposto nel 1903 da Kingsley per la lisciviazione dei minerali di solfuro; inoltre a quel
tempo l’acido nitrico era un reagente molto costoso, proveniente dai giacimenti di nitrato
di sodio del Cile e trattati successivamente con acido solforico. Il suo costo si abbassò
dopo l’introduzione del processo di Haber, poiché si iniziò a produrre acido nitrica dal
processo di ossidazione dell’ammoniaca. All’inizio del ventesimo secolo, le attenzioni
dell’idrometallurgia si spostarono tutte sul trattamento del rame. Si iniziarono a
solubilizzare i solfuri di rame tramite gli ioni di ferro che agivano come agenti ossidanti.
Nel 1912 in Cile, fu applicata, per la prima volta, la precipitazione del rame da una
soluzione lisciviata per via elettrolitica. La prima guerra mondiale ( 1914 – 1918 ) portò ad
un incremento della domanda di zinco, relativo alla fabbricazione di ottone presente nelle
cartucce; per questo scopo fu utilizzato zinco ottenuto dalla distillazione di minerali
commerciali facilmente reperibili del Belgio e della Germania. Questa situazione portò le
industrie del Nord America ad introdurre nei loro processi produttivi metalli provenienti
da minerali che fino a quel momento erano tagliati fuori da qualsiasi processo produttivo.
Al Trail nel British Columbia e nel Montana, furono introdotti i processi di zincatura
elettrolitica e di lisciviazione di ZnO tramite acido solforico ad alto tonnellaggio.
3. LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Nel 1940, fu introdotta nel Progetto Manhattan la tecnologia per la produzione dell’uranio,
progetto che avrebbe portato alla produzione della bomba atomica. Le numerose nuove
tecnologie portarono il progetto a svilupparsi repentinamente su grande scala. Una delle
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tecnologie più utilizzate fu quella della lisciviazione tramite Na
2
CO
3
ma furono introdotte
anche altre tecnologie: scambio ionico, estrazione con solvente e molti processi di
precipitazione da soluzioni acquose. Furono introdotte le resine sintetiche a scambio
ionico e furono sintetizzati tantissimi solventi organici per riuscire ad estrarre l’uranio.
4. I RECENTI PROGRESSI
Nel 1950, fu introdotta in idrometallurgia, il processo di lisciviazione in pressione per
solfuri concentrati ( processo di Sherritt-Gordon), per lateriti (processo Moa), per minerali
contenenti tungsteno. Questa tecnica idrometallurgia, fu utilizzata in Canada per produrre
per oltre 40 anni le monete. Inoltre in questo periodo, venne attuato il recupero di uranio
da fertilizzanti al fosfato tramite l’estrazione dell’acido fosforico con solventi organici.
Anche se questo processo fu abbandonato pochi anni più tardi per la scoperta di grandi
giacimenti di uranio, oggi è stato ripreso in molti programmi riguardanti l’energia
nucleare. Alla fine del 1950 INCO costruì un impianto semi-commerciale per il
trattamento della pirrotite e pentlandite a basso tenore, con l’obiettivo di eliminare lo zolfo
tramite la sua ossidazione (SO
2
) e ridurre gli ossidi di nichel metallico tramite
lisciviazione con ammoniaca. L’impianto però venne chiuso pochi anni dopo perchè
risultò non valido sotto un punto di vista economico e per le eccessive quantità di SO
2
riversate in atmosfera.
Figura 4. Flow sheet dell’impianto di trattamento della pirrotite e pentlandite
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Nello stesso periodo, fu perfezionato il meccanismo di dissoluzione dei solfuri e si arrivò
alla formazione elementare dello zolfo tramite un’ossidazione in fase liquida dei solfuri.
Un lavoro al Mines Branch di Ottawa dimostrò che pirrotite e pentlandite potevano essere
trattati in autoclavi ad una certa pressione e temperatura, per portare nichel in soluzione e
far permanere Fe
2
O
3
e zolfo elementare nel residuo. Lo stesso procedimento fu utilizzato
dai russi per il recupero di nickel nell’impianto di Norilsk, ma non venne sviluppato da
INCO nel loro impianti di lisciviazione con ammoniaca che abbiamo visto in precedenza.
Figura 5. Stabilità dello zolfo elementare a 100 °C
Negli anni ‘60, venne introdotta la lisciviazione con batteri (biolisciviazione), ma
soprattutto si svilupparono processi di lisciviazione in accumulo e in-situ per l’estrazione
del rame.
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Figura 6. Flow sheet della formazione di zolfo elementare durante l’ossidazione dei
solfuri concentrati.
La stessa tecnica venne utilizzata più tardi per la lisciviazione di minerali contenenti oro e
per l’estrazione dell’uranio. In questo stesso periodo la US Atomic Energy Commission
introdusse l’utilizzo di solventi organici, ossime in particolare, per l’estrazione del rame
dalla soluzione. Ancora oggi, circa il 20% del rame viene prodotto con questa tecnica.
Negli anni ‘70, venne reso industrialmente operativo il processo di lisciviazione in
pressione dei solfuri di zinco. Questo nuovo processo, rese la produzione di zinco un
processo effettuato interamente con una sequenza idrometallurgica, andando a sostituire
un processo fino ad allora predominante per la produzione di zinco basato generalmente
su: processo di roasting, riduzione di ZnO tramite carbonio, distillazione e raffinazione
dello zinco. Questa metodologia, diede anche l’opportunità alle industrie che producevano
zinco di prescindere dall’utilizzo dell’acido solforico.
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Figura 7. Flow sheet del processo pirometallurgico per la produzione dello zinco
antecedente al modello idrometallurgico sviluppato negli anni ’70.
Negli anni ’80 la scena fu dominata dall’idrometallurgia dell’oro: i due processi primari
che vennero sviluppati in questo periodo riguardarono l’adsorbimento dell’oro su carboni
attivi e l’ossidazione in umido dei metalli refrattari; processi che furono industrializzati e
che tuttora vengono utilizzati per l’estrazione dell’oro.
Considerazioni finali
L’idrometallurgia risulta essere in forte competizione con i vari processi pirometallurgici,
ed in molti casi questi sono stati sovrastati e superati dall’efficienza dei primi. Per
esempio:
• Il processo di sinterizzazione del carbonato di sodio per il trattamento della bauxite,
sviluppato nel 1855 fu sostituito dal processo di lisciviazione introdotto nel 1892.
• Il processo pirometallurgico dello zinco è stato sostituito dal processo di lisciviazione
di ZnS seguito da un processo di elettrodeposizione dello zinco da una soluzione di solfato
di zinco purificata.
• Risulta possibile trattare per via idrometallurgia anche i solfuri di nichel, simile al
processo descritto in precedenza per ZnS.
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• Il trattamento del concentrato di calcopirite tramite lisciviazione in pressione è stato
ultimamente studiato da Phelps Dodge in Arizona come metodo alternativo alla fusione
della stessa.
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CAPITOLO 2
La chimica dell’oro
1. PROPRIETA’ E CARATTERISTICHE DELL’ORO
L’oro (Au) è un elemento (metallico) della tavola periodica caratterizzato dalle seguenti
proprietà:
• numero atomico 79;
• massa atomica media 196,9665 g/mole (o U.M.A.);
• punto di fusione 1.064,8°C;
• punto di ebollizione 2.808°C;
• elettronegatività (secondo la scala di Pauling) 2,4;
• tre stati di ossidazione +1, +3, +5 ;
• configurazione elettronica 1s2 2s2 2p6 3sd 3p6 4s2 3d10 4p6 5s2 4d10 5p6 6s1
4f14 5d10;
• raggio atomico di 1,44 Å (1 Å = 1 • 10-10 m).
Inoltre è un elemento molto denso (ha una densità a 20°C pari a 19,3 kg/l) ed è raro,
poiché nella crosta terrestre è presente con una concentrazione media di 5 • 10
-3
ppm.
Ricordiamo che i ppm sono le parti per milione, ossia i milligrammi di sostanza su
chilogrammo di campione (oppure i grammi di sostanza su tonnellata di campione).
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Dotato d'un bel colore giallo, l'oro fonde a 1.064 °C e bolle a 2.970 °C emettendo vapori
violetti. È il più malleabile e il più duttile di tutti i metalli; è riducibile in fogli con
spessore di 1 decimillesimo di millimetro, attraverso i quali filtra una luce verde. È però
molle, perciò è necessario ricorrere a leghe, per es. con il rame, per gli impieghi pratici.
Inalterabile all'aria a qualsiasi temperatura, è attaccato dal cloro umido e dal bromo, e si
scioglie nel mercurio. Nessun acido agisce sull'oro, che però si scioglie nell'acqua regia, la
quale deve la sua reattività al cloro elementare che contiene.
2. ESEMPIO DI OSSIDAZIONE DELL’ORO CON ACQUA REGIA E
RIDUZIONE DELLO STESSO CON CLORURO DI STAGNO
Materiali occorrenti: oro - Acido nitrico sol. 65 % - Acido cloridrico sol. 37 % - Cloruro
di stagno (II) cristallino.
Richiami teorici: l'oro è un metallo prezioso estremamente stabile; esso infatti non può
essere ossidato dai normali acidi, quali l'acido cloridrico o l'acido nitrico, a causa del suo
elevato potenziale elettrochimico.
Per l'oro sono possibili due stati di ossidazione Au
3+
,il più comune ed Au
+
; in entrambi i
casi i potenziali sono superiori a quelli propri dell'acido nitrico e dell'acido cloridrico:
L'ossidazione dell'oro può, però, avvenire per azione di una miscela, in proporzioni di 1:3
tra gli stessi acido nitrico ed acido cloridrico concentrati; la miscela è detta acqua regia.
In questa miscela l'acido nitrico funge da ossidante mentre gli ioni Cl
-
dell'acido
cloridrico formano con gli ioni Au
3+
dei complessi cloroaurici [AuCl
4
]-. Il complesso
toglie gli ioni Au
3+
dalla soluzione e contemporaneamente l'acido nitrico ne ossida degli
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altri dal metallo; questo, nonostante la K
eq
della reazione sia sfavorevole, porta tuttavia
alla completa solubilizzazione dell'oro.
La reazione ionica che avviene è:
La riduzione dello ione Au
3+
è possibile ad opera del cloruro di stagno II. Infatti alcune
gocce di soluzione di SnCl
2
in una soluzione di cloruro aurico danno un precipitato di oro
colloidale dicroico, bruno al riflesso ed azzurro-verdognolo per trasparenza, detto
porpora di Cassius.
La reazione ossidoriduttiva è:
3. ESECUZIONE DELL’ESPERIENZA RIGUARDANTE
L’OSSIDAZIONE DELL’ORO CON ACQUA REGIA
Parte prima: si prepara una quantità minima di acqua regia versando in un becker da 100
mL 30 mL di acido cloridrico sol. 37 %; a questi si aggiungono, utilizzando una pipetta,
lentamente e con attenzione, 10 ml di acido nitrico sol. 65 %. Si mescola con una
bacchetta in vetro e si lascia riposare per alcuni minuti.
Si pone in una provetta il campione di oro, eventualmente anche oro commerciale 750 ‰ ,
ed in essa si versa una quantità sufficiente di acqua regia; si attende fino a completa
solubilizzazione dell'oro.
La soluzione risultante, di colore debolmente giallo, è una soluzione fortemente acida di
[AuCl4]
-
; questa soluzione potrà essere utilizzata per la fase successiva.
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Parte seconda: riduzione di Au
3+
ad Au per opera del cloruro di stagno II.
Si prepara una provetta contenente 4 o 5 mL di acqua distillata; in essa si versano con una
pipetta 1 mL circa della soluzione acida di [AuCl4] - ed una punta di spatolina di cloruro
di stagno II ( SnCl
2
); si agita ed in breve si osserva il formarsi dell' oro colloidale (
porpora di Cassius ) dall'aspetto dicroico, bruno al riflesso ed azzurro-verdognolo per
trasparenza. Nel caso si sia esagerato con la quantità di ione cloroaurico si osserverà una
colorazione nerastra, per cui sarà necessario ripetere l'esperienza con una quantità minore
di reagente.
Nota operativa: l' acqua regia è abbastanza instabile, per cui è necessario prepararla al
momento dell'esperienza in piccole quantità. La quantità di oro necessaria è assai modesta;
l'autore ha utilizzato una maglia rotta di catenina, per di più non massiccia, per produrre
10 mL circa di soluzione cloroaurica.
Composti: l'oro è trivalente nei composti aurici, monovalente nei composti aurosi,
meno importanti. Il cloruro aurico AuCl
3
, preparato per sintesi, forma cristalli prismatici
rossi la cui soluzione acquosa è gialla. Questa agisce come ossidante sui sali ferrosi,
sull'acido solforoso, sulle sostanze organiche, con precipitazione di oro metallico color
porpora. Così si prepara, per azione del cloruro di stagno, la porpora di Cassio, usata nella
pittura su porcellana. Il cloruro d'oro forma con l'acido cloridrico un composto di
addizione, l'acido tetracloroaurico HAuCl
4
. Per riscaldamento il tricloruro si dissocia in
cloro e cloruro auroso AuCl, polvere gialla che con i cianuri dà origine ai sali complessi
MAu(CN)
2
, i dicianoaurati (I), in cui M è il simbolo di un metallo monovalente. L'ossido
aurico Au
2
O
3
è un solido nero che può essere decomposto per azione del calore e della
luce. Si comporta come l'ossido acido dell'acido aurico HAuO
2
, che dà luogo a sali, gli
aurati.