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2 Introduzione
Ciascun individuo costruisce, sperimenta e sviluppa la propria identità in un dialogo
costante tra se stesso e il mondo che lo circonda.
L'identità si pone come la struttura portante che sostiene la molteplicità dei vissuti, dando
loro senso e continuità: esperienze affettive, relazionali, culturali concorrono alla sua
costruzione dinamica, per tutta la vita.
Un dato di fatto che non può essere ignorato è che le identità sono sessuate, nasciamo
infatti con un corredo genetico e con caratteristiche fisiche che ci contraddistinguono
come individui complementari alla funzione riproduttiva: maschi e femmine. Nella specie
umana, però, i dati fisici e biologici non sono sufficienti a definire le identità di genere,
cioè l'essere uomo o donna. Questi dipendono, in larga parte, dalla dimensione culturale
delle varie società e assolvono al compito di preparare gli individui a rivestire il ruolo di
genere assegnatogli nell'organizzazione sociale. E' anche vero che la sessualità, come
potenzialità umana espressiva e relazionale, è essenzialmente libera e creativa e rifugge
da costrizioni normanti che vorrebbero vincolarla. Essa è imprescindibile dalla cultura,
ma nello stesso tempo è tesa al superamento della stessa per affermare sempre i valori
della libera espressione dell'individuo.
Le diversità sessuali, a partire da quelle di genere per arrivare a quelle di orientamento
sessuale, sono quindi una risorsa per la crescita di una società libera, democratica,
rispettosa dell'individuo. Esse concorrono a sviluppare e ad ampliare il diritto di
cittadinanza, inteso come rispetto dovuto alla persona in relazione ai diritti umani
fondamentali: tra questi, il diritto a poter vivere compiutamente e serenamente la propria
identità sessuata.
Nè l'identità di genere, né gli orientamenti sessuali possono essere pretesto per privare
parte considerevole di cittadini di pari diritti e opportunità. Questa che può sembrare una
riflessione scontata, invece, è stata ed è una realtà che le donne e le persone GLBTI hanno
subito e ancora subiscono, in tempi e luoghi diversi. Nel corso della storia umana questo
disconoscimento di uguale umanità è stato sistematicamente attivato nei confronti di
gruppi socialmente stigmatizzati, connotati spregiativamente e destinati all'esclusione
sociale. Essi subiscono una rimozione forzata dal diritto di cittadinanza e la denigrazione
è funzionale alla discriminazione, poiché serve a giustificarla. In Italia, a tutt'oggi, le
persone GLBTI vivono in contesti di forte discriminazione e delegittimazione. A fronte di
una uguale valore e dignità della persona, il perdurare di stereotipi e pregiudizi negativi fa
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sì che esse siano ancora vittime di umiliazioni, oppressione, violenze e vivano situazioni
di profonda sofferenza. Il nascondimento, quando possibile, diviene l'unico mezzo per le
vittime dell'esclusione di garantirsi l'appartenenza al consesso sociale: disconoscimento e
nascondimento divengono quindi complementari.2 Per lo Stato italiano è legittimo negare
diritti e pari opportunità a cittadini ritenuti indegni di piena appartenenza per ciò che
sono e non perchè abbiano commesso un qualsivoglia reato, mentre per le persone GLBTI
è difficile assumere consapevolezza della pari dignità, rendersi visibili, creare comunità e
richiedere il dovuto affrontando pregiudizi e discriminazioni.
Gli stati che fanno parte della Comunità europea si trovano in un contesto che tende ad
allargare i diritti e a tutelare la non discriminazione e la parità di opportunità per tutti i
cittadini dell'Unione, con particolari riferimenti, negli ultimi anni, alla popolazione
GLBTI. I governi italiani, invece, nel timore di perdere consensi elettorali, eludono le
richieste avanzate da quest'ultima e recepiscono con ritardo e difficoltà le direttive e le
indicazioni europee in materia. Intanto il disagio di vivere delle persone GLBTI in Italia
si fa sempre maggiore tra contesti di vita asfittici paragonati a mitizzati paesi europei e
aumenta l'emigrazione verso questi di talenti e intelligenze.
Se vogliamo fare da argine alle forme storicamente determinatesi dell'esclusione sociale
della popolazione GLBTI in Italia è proprio dal territorio che dobbiamo partire ed è nel
territorio che dobbiamo operare per ricostruire competenze relazionali e creare consenso
civile. Il territorio può essere punto di partenza e punto di arrivo di tutte le buone prassi
attivate, in un sistema integrato di interventi formativi che permettano e facilitino una
riorganizzazione della comunità sulla spinta delle nuove istanze, senza violarne l'identità
culturale. La comunità deve sempre potersi riconoscere ed essere protagonista dei propri
processi di cambiamento.3 Attraverso un percorso difficile ma entusiasmante occorre
calarsi nella cultura di base del territorio ove si opera, coglierne i fermenti di evoluzione
democratica e civile e sostenerli. La formazione permanente assume, così, il ruolo di
facilitatore nell'offrire strumenti al cittadino per la comprensione e la risignificazione dei
ruoli di genere, delle identità di genere, degli orientamenti sessuali, in una società
complessa e plurale che muta velocemente gli stili di vita e i rapporti tra le persone.
Identità e coesione sociale non si ritrovano proponendo anacronistici ritorni a “valori”
passati, ma costruendo, in una relazione profonda con la cultura locale, nuovi significati e
2 Cfr: Cirus Rinaldi-Claudio Cappotto, Fuori dalla città invisibile, Palermo, Ila Palma, 2003, “Per una
sociologia del riconoscimento” pag 21-47
3 Fonti teoriche: Vincenzo Sarracino, Processi educativi e realtà locale, Napoli, Loffredo, Parte prima,
cap. secondo “La teoria locale dell'educazione” pag 29-48
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significanti per nuove realtà. Spesso usi, costumi e tradizioni sedimentati, per quanto
forieri di ingiustizie e disuguaglianze, vengono scambiati per valori, dimenticando i fari
della nostra coscienza civile moderna che dovrebbero essere: “La Dichiarazione
universale dei diritti umani”, la “Carta europea dei Diritti Fondamentali”, “La
Costituzione Italiana”. Solo decostruendo gli stereotipi e i pregiudizi negativi che secoli
di discriminazioni, se non quando di persecuzione, hanno sedimentato, si potrà superare
la paura sociale verso le identità di genere e gli orientamenti sessuali difformi da
un'arbitraria norma prestabilita. La cittadinanza, posta in grado di confrontarsi con nuovi
modelli, sollecitata a promuovere la qualità della partecipazione democratica, sarà
maggiormente in grado di agganciarsi all'Europa senza traumi e rifiuti, per il timore di
perdere la propria identità o le proprie certezze. Rifiutare la sfida che i veloci mutamenti
delle società contemporanee propongono, significa ancorarsi anacronisticamente al
passato; acquisire competenze sociali utili al confronto incrementa processi di sviluppo
positivi, nell'ottica dell'inclusione e della parità di opportunità per tutti.
Un grosso impegno nella formazione e, nel contempo, una discussione seria in
parlamento per l'approvazione di leggi mirate al benessere delle persone GLBTI e dei loro
diritti sarebbero un segnale della direzione che questo paese vuole intraprendere.
Negli scritti che seguono si parlerà della relazione intercorrente tra l'attivazione di buone
pratiche formative e la riduzione del pregiudizio sul territorio d'intervento, in relazione
alla popolazione GLBTI, ma ciò che verrà detto potrebbe essere in gran parte valido per
qualsivoglia minoranza additata ed emarginata. Questa tesi vuol essere un contributo sulle
strade d'intervento percorribili, affinché lo spazio civile comune sia il luogo dove
ciascuno possa vivere la propria identità sessuata, e sentirsi a casa e al sicuro.
L'esperienza concreta di intervento, illustrata nella seconda parte della tesi, nasce dalla
mia esperienza personale di Responsabile dell'associazione di volontariato A.GE.D.O
(associazione genitori di persone omosessuali) sul territorio di Palermo, a partire dal 1998
ad oggi. L'associazione A.GE.D.O è un'associazione che conta una ventina di sedi diffuse
non uniformemente sul territorio nazionale. La prima sede A.GE.D.O in Italia è nata a
Milano nel 1993, su iniziativa dell'allora presidente Paola dall‟Orto e di un piccolo
gruppo di genitori, con lo scopo di offrire solidarietà e aiuto nelle situazioni di disagio e
sofferenza causate dal rifiuto delle persone omosessuali all'interno e fuori dalle famiglie.
L'associazione si proponeva, inoltre di intervenire nelle situazioni di emarginazione
sociale ed offrirsi come interlocutore nelle lotte contro discriminazioni, intolleranze,
ingiustizie.
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Nel 1998 l'A.GE.D.O contava già diciotto sedi decentrate sul territorio italiano, ma
nessuna nel sud dell'Italia. Tra i genitori del Sud, pochi avevano gli strumenti per venire a
conoscenza dell'esistenza dell'associazione e contattarla. Coloro che ci riuscivano, si
trovavano a confrontarsi con punte avanzate di integrazione delle persone omosessuali
all'interno dei gruppi familiari e con contesti sociali e culturali differenti. Se ciò poteva
essere uno stimolo per alcuni di loro, per la maggior parte era un rapportarsi con
esperienze sentite estranee e impraticabili nel proprio contesto di vita. Nel 1998, ad opera
mia, di mio marito e di un piccolo gruppo di ragazzi e genitori, è nata a Palermo la prima
sede A.GE.D.O del sud Italia che ha iniziato un'attività di ascolto telefonico rivolto ai
ragazzi omosessuali e ai loro genitori. Operando sul territorio, ben presto i genitori
volontari si sono accorti che le relazioni d'aiuto, per quanto mosse da generosa
spontaneità e gratuità, dovevano essere svolte con il supporto di personale competente per
fare fronte alla complessità delle situazioni che si prospettavano. Infatti, alle storie di
violenze psicologiche o fisiche, di emarginazione e isolamento, di vite vissute nella
finzione in una solitudine difficile da sostenere, narrate dai figli, facevano da contraltare
le storie di genitori che vivevano l'omosessualità di un figlio come un'onta o una disgrazia
da celare accuratamente e che si sentivano oppressi dalla disapprovazione sociale, dalla
paura per il futuro dei figli e dal silenzio.
Nel tempo, i volontari A.GE.D.O registrando anche fallimenti di tecniche e strategie,
hanno strutturato schemi operativi di intervento elaborati attraverso l'esperienza o mutuati
dalla pratica sociale. Ciò ha permesso di ampliare i campi d'intervento dell'associazione,
pressata delle richieste che venivano da un territorio completamente privo di politiche
sociali per la popolazione GLBTI. Inoltre non esisteva neppure un movimento forte e
consolidato per la difesa dei diritti GLBTI, infatti nel 1998 aveva chiuso i battenti
l'Arcigay di Palermo. Dal 1998 al 2008, hanno comunque operato, seppur in maniera non
continuativa, piccole associazioni e gruppi: Ikeda4, Arcilesbica Lady Oscar (L'unica
associazione nel territorio ad offrire un servizio di accoglienza ), Articolo tre (un gruppo
informale GLBTI ); senza contare diversi tentativi decaduti di riapertura della sede locale
di Arcigay. Le associazioni operavano sul territorio con pochi coraggiosi rappresentanti
visibili, poiché la maggior parte dei loro componenti temeva ripercussioni negative in
campo familiare, scolastico, lavorativo o sociale nel manifestarsi pubblicamente. In
questo contesto, A.GE.D.O si è trovata a gestire una pluralità di richieste provenienti da
4 IKEDA: Centro per la documentazione delle differenze di genere e sessualità
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genitori, figli e figlie e finanche quelle di un'utenza transgender che altrimenti sarebbe
rimasta senza alcun servizio di supporto e orientamento, in totale assenza di interesse
pubblico. A.GE.D.O in questi anni ha attuato diversi interventi atti a modificare la
percezione sociale dell'omosessualità e del transgenderismo, proponendo formazione sia
nei luoghi tradizionali dell'istruzione che in spazi aperti alla cittadinanza, nell'ottica della
formazione permanente e curando molto l'aspetto della comunicazione. Ha intrattenuto un
dialogo costante con le istituzioni riuscendo ad instaurare sporadiche collaborazioni
progettuali con il Comune di Palermo e la Regione Sicilia, segni comunque di una
sensibilità e di una consapevolezza che cresce.
Ultimamente l'associazione ha aperto i suoi spazi a gruppi di ragazzi delle scuole
superiori secondarie per affrontare, attraverso l'espressione artistica-creativa i temi della
prevaricazione tra pari e del bullismo omofobico. Il proposito di A.GE.D.O è attualmente
quello di muoversi sempre più attraverso schemi operativi espliciti, quali programmazioni
e progettazioni d'interventi, in rete con istituzioni, associazioni, agenzie formative sia
locali che italiane ed europee.
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Il contesto storico della discriminazione
1 Costruzione storico-sociale delle diverse identità sessuali.
Le identità omosessuali come oggi le intendiamo sono una costruzione sociale
relativamente recente, ma le relazioni affettive e fisiche tra persone dello stesso sesso
sono state presenti in tutti i luoghi e tempi della storia umana. Esse hanno ricevuto e
ricevono valutazioni molto diverse che vanno dalla totale integrazione fra i
comportamenti socialmente accettati, fino alle persecuzioni e condanne a morte. La storia
dell'omosessualità è quindi anche una storia degli atteggiamenti sociali possibili verso un
comportamento, spesso percepito come "deviante". In Europa si sono alternati periodi
storici di durissima repressione a periodi di relativa tolleranza. Documenti religiosi,
filosofici, letterari, giuridici, iconici sono pervenuti fino a noi a testimoniarlo, anche se
solo recentemente sono divenuti oggetto di studio. La maggior parte di questi è stata
prodotta per giudicare, sanzionare, disprezzare, dileggiare i comportamenti omoerotici,
mentre sono rari e preziosi i documenti precedenti la seconda metà del ventesimo secolo,
che operano una riflessione mirata alla comprensione e alla valutazione positiva
dell'attrazione e dell'amore verso persone dello stesso sesso. Queste testimonianze sono
state a lungo colpevolmente trascurate da storici e studiosi, che soltanto recentemente le
ricercano dando loro un contesto significativo all'interno della storia dell'omosessualità e
della storia umana. I sociologi Barbagli e Colombo5 affermano che per cogliere i profondi
cambiamenti avvenuti nel modo di vivere e concepire l'amore e l'attrazione verso persone
dello stesso sesso è necessario prendere in considerazione una serie di variabili in
relazione tra loro, che comprendano: atti e attori, comportamenti e identità, criteri di
scelta dei partners, tipo di relazione esistente, caratteristiche dell'eventuale sub-cultura
gay inserite nel contesto storico-sociale di appartenenza. Quello che segue è un percorso
alla ricerca delle radici della moderna questione omosessuale e del nostro modo di
valutarla.
5 Cfr: Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni, Bologna, Il Mulino, 2001, p. 224
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Il periodo Classico Antico 6 7.
La classificazione eterosessuale-omosessuale, che a noi contemporanei sembra, più che
uno schema interpretativo, un dato di realtà, non è sempre stata; nel mondo classico
antico era assente, mentre era pregnante la dicotomia attivo-passivo, sia nei rapporti
uomo-donna che uomo-uomo. In Grecia la funzione attiva era considerata segno di
naturale predominio che l'uomo esercitava su donne e giovani adolescenti, con i quali era
permesso dalle leggi instaurare rapporti. Il rapporto adulto-adolescente maschio si
configurava come una relazione gerarchica maestro-discente, protettore- protetto, dove il
primo era soggetto attivo che provava piacere e desiderio, mentre il secondo era soggetto
passivo desiderabile ed attraente. Il motivo per cui un giovane potesse concedersi doveva
risiedere nella stima che nutriva per l'adulto, infatti diventava oggetto di riprovazione
colui che si concedeva troppo facilmente o per denaro o per favori. La relazione tra adulto
e giovane (erastés ed eromeros) comportava specifiche responsabilità sociali e religiose
tra i contraenti. Quando il giovane cresceva il rapporto doveva interrompersi, al massimo
trasformarsi in amicizia, per permettergli di cominciare la sua vita da maschio adulto. Il
rapporto tra uomo-ragazzo era diverso dal rapporto tra uomo-donna, poichè il ragazzo
aveva la libertà di rifiutare le proposte dell'amante; le donne, invece, non avendo potere
erano gestite nella loro vita relazionale, dai padri prima e dai mariti poi, e la loro
sessualità non era tenuta da conto. L'amore tra due giovanissimi di sesso maschile era
cosa ordinaria, a prescindere dai ruoli. Il rapporto tra due uomini adulti poteva a volte
venir elogiato per la tenacia con cui era mantenuto, ma era più spesso oggetto di critiche e
di scherno, poiché poneva uno dei due partners in posizione passiva di inferiorità, ad
imitazione di donne e fanciulli. Questi tipi di rapporto non provocavano comunque grandi
dibattiti sulla morale. L'effeminatezza negli uomini era derisa. Per i Romani del periodo
repubblicano, era lecito intrattenere rapporti attivi esclusivamente con i giovani schiavi in
quanto manifestazione di predominio e potere, mentre erano punite le attenzioni sessuali
rivolte ai ragazzi liberi "Lex Scatinia". Nel periodo imperiale le relazioni tra uomini,
sempre più legate a rapporti di desiderio ed amore e sempre più visibili e diffuse, vennero
considerate dai moralizzatori un vizio importato dalla Grecia, che aveva rammollito i
virili romani e distrutto la severità e sobrietà degli antichi costumi; al punto che lo
scrittore Giovenale vi vide il segno della decadenza di Roma e manifestò il timore che le
6 Fonti informative: Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni, Bologna, Il Mulino, 2001,
p. 225-226
7 Fonti informative: http://www.oliari.com/storia/classica.html l'omosessualità nell'età classica.
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coppie omosessuali potessero pretendere il riconoscimento delle loro unioni.
In certi periodi storici, la pederastia è stata nei costumi di diversi popoli. La cultura
contemporanea, avendo acquisito il senso del rispetto dell'infanzia e dell'adolescenza
(Vedi Carta O.N.U dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza), la ritiene abiezione per la
morale, crimine per la legge e parafilia per la psichiatria. L'ha resa inaccettabile la
consapevolezza che il bambino e il preadolescente sono soggetti di diritto che meritano il
rispetto dei tempi di sviluppo delle caratteristiche fisiche e psicologiche e delle capacità
di consenso libero e informato. Di contro, anche lo sviluppo sereno della sessualità
nell'adolescente è un diritto inalienabile, per cui i vari stati, secondo le caratteristiche
etniche di sviluppo psico- sessuale, la cultura, le tradizioni, assegnano un'età del consenso
di norma inferiore al raggiungimento della maggiore età.
La dicotomia concettuale attivo- passivo si è mantenuta a lungo nella mentalità comune
dei popoli del Mediterraneo classico. A tutt'oggi permane come stereotipo, in particolare
nel sud Italia, l'idea che un uomo che abbia rapporti sia con uomini che con donne, ma
sempre in funzione attiva sia comunque “maschio”. Può essere tristemente esplicativo il
fatto accaduto nell'estate 2008, in cui otto uomini in carcere a Catania hanno operato
violenza sessuale di gruppo su uno di loro per punirlo della sua omosessualità, senza per
questo percepire di compiere un atto omosessuale. Così come era comune in Sicilia dire
che due “checche” insieme, la sera, avrebbero potuto fare solo i merletti all'uncinetto.
L'essere omosessuali veniva quindi associato alla passività e all'identificazione al rango
sociale inferiore femminile.
Il periodo tardo romano.
Nel 342 gli imperatori dell'Impero Romano d'oriente e d'occidente, Costanzo e Costante
emanarono una legge, successivamente inserita nel codice Teodosiano (27-2-380), dove
per la prima volta veniva condannato a morte chi praticava rapporti omosessuali in modo
passivo e nel 390 venne, inoltre, condannata l'effeminatezza all'essere bruciati vivi8. In
riferimento all'affermarsi del Cristianesimo dei primi secoli, ha suscitato notevole
scalpore la tesi dello storico di Yale, John Boswell9, gay cattolico sul rito
dell'adelphopoiesis (dal greco adelphós, “di un solo utero", e poieo, "fare"); era una
8 Eva Cantarella, Secondo Natura, Rizzoli, Milano, 1995.
Danilo Danna, Ubi Venus mutatur, Giuffrè, Milano, 1987, citati in:
http://www.giovannidallorto.com/testi/leges/lex390/lex390.html
9 John Boswell ,The Marriage of Likeness: Same-Sex Union in Premodern Europe ("Unioni dello stesso
sesso nell'Europa pre-moderna"), Villard, New York 1994.
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cerimonia di affratellamento praticata da varie chiese cristiane delle origini con lo scopo
di creare una serie di diritti e doveri reciproci fra persone che non potessero utilizzare i
normali legami di parentela di sangue o di matrimonio. Nei suoi studi sostiene che le
celebrazioni liturgiche dei riti dell'"adelphopoiesis", celebrati dalla chiesa delle origini,
fossero una prova che le prime comunità cristiane accettassero, a certe condizioni,
relazioni tra persone dello stesso sesso. Lo storico, tra i documenti raccolti a sostegno
della sua tesi riporta la storia dei Santi martiri Sergio e Bacco10. La storicità
dell'interpretazione di Boswell è contestata da chi considera l'adelphopoiesis
semplicemente un rito di adozione familiare. D'altronde non si può escludere a priori che
fra le molte motivazioni che possono avere spinto uomini del passato a legarsi con questo
vincolo ci possa essere stata anche quella omoaffettiva.
L'affermarsi del Cristianesimo e il Medioevo.
Con l'affermarsi del cristianesimo si introdusse il concetto di peccato in relazione alla
sessualità agita al di fuori del matrimonio, non a scopo procreativo. Alla precedente
dicotomia attivo-passivo si sovrappose man mano quella di “secondo natura” e “contro
natura”. I rapporti secondo natura erano quelli uomo-donna che erano giustificati se agiti
all'interno del matrimonio con modalità atte a favorire la procreazione, mentre erano
peccaminosi se agiti al di fuori dallo stesso; i rapporti contro natura comprendevano
quelli uomo-uomo e diverse aberrazioni ed erano sempre peccaminosi. L'imperatore
Giustiniano, nelle "Istituzioni" del 533, previde la pena di morte sia per chi praticava
l'omosessualità passiva sia per chi praticava quella attiva11. In tutta Europa, per tutto il
Medioevo, pare che la sodomia maschile fosse considerata dalla Chiesa Cristiana una
tentazione diabolica a cui poteva soggiacere chiunque, senza per questo indicare una
inclinazione particolare della persona. A partire dal 1.100 i documenti testimoniano una
crescita progressiva dell'ostilità delle istituzioni, sia laiche che religiose, nei confronti dei
10 Il martirio dei due santi avvenne nel 303d.c, in Siria, nell'ambito dell'ultima persecuzione anticristiana
dell'imperatore romano Diocleziano. Secondo la tradizione, Bacco sarebbe stato flagellato a morte,
mentre Sergio sarebbe stato costretto a fare il giro dei castra della zona camminando con chiodi confitti
nei piedi, infine sarebbe stato decapitato. Entrambi, come prima cosa, però furono costretti a sfilare
davanti alla popolazione vestiti da donna e a subire il dileggio generale. Secondo il prof. John Boswell,
questo dettaglio inusuale sarebbe il primo segnale che i due Santi sarebbero stati legati da un rapporto
d'amore omosessuale che il travestimento femminile intendeva mettere alla berlina pubblicamente.
Boswell cita anche l'iconografia medievale che vede i due santi raffigurati con le due aureole che li
coronano come intrecciate, e non divise. Inoltre un antico manoscritto greco, la "Passio antiquior Ss.
Sergii et Bacchi" descrive Sergio come "dolce compagno e amante" di Bacco (letteralmente "ho glykys
hetairos kai erastes"; erastes è connesso con eros, che indica l'amore fisico) (Patrologia Graeca
115:1024B). Negli U.S.A i gay cattolici considerano ufficiosamente Sergio e Bacco come i loro patroni .
11 Fonti informative: http://www.oliari.com/storia/classica.html l'omosessualità nell'età classica.
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comportamenti omoerotici maschili. L'elemento femminile era poco considerato. Lo
storico Bennet, esaminando le ricerche condotte finora, ha rilevato che per tutto il
Medioevo si conoscono solo 12 casi documentati con certezza di donne che hanno avuto
contatti genitali con altre donne12. “Molti studiosi hanno sostenuto che ciò dipende dal
fatto che per un lungo periodo di tempo l'esistenza di amori tra donne non veniva neppure
percepita o rilevata. La concezione fallocentrica della sessualità faceva sì che, fintantoché
le donne non facevano uso di dildo o di altri congegni che imitavano il pene, i loro
rapporti erotici non venivano considerati sessuali. Per altri questo è dovuto al fatto che,
secondo la concezione spermatica della sessualità, se un rapporto erotico non produceva
sperma non era dannoso e non poteva considerarsi sessuale13”. La ricercatrice Daniela
Danna ha fatto un'attenta ricostruzione storica che raccoglie e scopre testimonianze
dell'amore tra donne nella storia14. Dopo il VI secolo, nell'Italia insulare e meridionale, fu
introdotto dai Bizantini l'istituto giuridico, estraneo al diritto romano, dell'affratellamento
che veniva sancito tra uomini. Ebbe frequenti applicazioni fino al sec. XII. Consisteva in
un vincolo civile che si realizzava tra diverse famiglie di coloni liberi e livellari i quali,
non potendo da soli sopportare i pesi di censi e soprusi e spinti dalla necessità di sopperire
al bisogno di braccia per il dissodamento dei terreni incolti, davano vita ad un consorzio
molto simile a quello familiare. Tale vincolo nasceva da una convenzione scritta di
trattarsi reciprocamente come fratelli germani. L'affratellamento importava l'obbligo della
vendetta del sangue, nonché diritti di successione legittima tra gli affratellati. Già a partire
dall'XI sec. fu malvisto dalla Chiesa, la quale era contraria a nuovi impedimenti al
matrimonio15. Anche in Francia a partire dal XV secolo vi sono evidenze storiche e
documenti riguardanti contratti chiamati "affrèrement" che consentivano di sancire unioni
giuridicamente riconosciute. Lo storico Allan Tulchin 16 ha condotto importanti ricerche
riguardo a tale istituto, giungendo alla conclusione che in molti casi queste “unioni civili”
consentivano di formalizzare nascostamente unioni amorose fra persone dello stesso
sesso. Il Medioevo con le sue contraddizioni è sicuramente per gli storici
dell'omosessualità un periodo da esplorare.
12 Cfr: Bennet [2000] citato in Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni, Bologna, Il
Mulino, 2001, p. 273 nota 14.
13 M. Barbagli e A. Colombo, Omosessuali moderni, Bo, Il Mulino, 2001, p. 273 nota 14
14 D. Danna, ricercatrice nel dip. di studi sociali della facoltà di scienze politiche dell'università di Milano.
Daniela Danna, Amiche compagne amanti, Trento, Uni Service, 2003
15 Edizioni.giuridiche Simone, dizionari on line:
http://www.simone.it/cgilocal/Dizionari/newdiz.cgi?voce,2,15
16 Allan Tulchin, The 600 Year Tradition Behind Same-Sex Unions, Ph.D. University of Chicago,
assistente del professore di storia alla Shippensburg University.
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Il periodo del Rinascimento.
Con la formazione degli stati europei, ogni stato si dotò di leggi specifiche per reprimere i
reati di sodomia, prevedendo pene che andavano dalla multa alla pena capitale, passando
per il carcere e la tortura. Per esempio, a Firenze era appellato “Il vizio nefando” e veniva
punito con pene severissime che variavano dal taglio dei testicoli alla morte. Non
potendolo debellare, il governo della città andò a più miti rimedi e istituì nel 1432 gli
ufficiali di notte con il compito di scovare i rei, sia in funzione attiva che passiva e
multarli. Dal 1460 al 1500 (40 anni) furono accusati di sodomia una media di 400 uomini
l'anno su una popolazione di 15.000 maschi. I dati raccolti dai documenti dell'epoca
testimoniano che il fenomeno era diffuso in tutti gli strati sociali e che prevaleva il
modello classico antico, uomo più adulto attivo, uomo più giovane passivo, con una
media di differenza d'età di 11 anni. Comunque anche i matrimoni vedevano una media di
differenza d'età di ben 13 anni tra uomo e donna.17 Dai documenti esaminati dagli storici
dell'omosessualità, risulta che nel periodo del Rinascimento, sempre più spesso, gli atti
sodomitici fossero considerati non solo come atti casuali che ciascun uomo poteva agire,
ma anche come espressione di personalità particolari attratte da persone del medesimo
sesso. Per esempio il Boccaccio narrando la storia di Pietro Vinciolo fa esplicito
riferimento alle tendenze sessuali di costui e all'attrazione che nutriva verso i bei giovani
e al fatto che si era sposato “per ingannare altrui e diminuire la generale oppinione di lui
avuta da tutti i Perugini”. Mentre il Vasari narrando della vita del pittore Giovanni
Antonio Bazzi di Vercelli (1477-1549), in un aneddoto comico, mostra come costui non
facesse mistero delle proprie preferenze sessuali. Parlando di inclinazione si riferivano a
quegli uomini che costantemente tendevano ad avere soltanto rapporti con altri uomini18.
Inoltre è da rilevare la segnalazione di persone che assumevano in qualche modo i
connotati del sesso opposto: nel 1644 Giovan Battista della Porta scrive che nel sud Italia
vi erano molti effeminati e descrive il suo incontro a Napoli con uno di questi19.
Il settecento e il periodo dell'Illuminismo 20.
Nel XVI secolo, a partire dal nord Europa, si assiste ad un profondo cambiamento. In una
17 Fonti informative: Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni, Bologna, Il Mulino, 2001,
pp. 229-230
18 Fonti informative: Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni, Bologna, Il Mulino, 2001,
da p. 232 a p.235
19 Fonti informative: Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni, Bologna, Il Mulino, 2001,
da p. 232 a p.250
20 Fonti informative: Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni, Bologna, Il Mulino, 2001,
da p. 248 a p.250
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società che teoricamente prevedeva come norma solo la relazione uomo-donna, coloro
che si trovavano attratti da persone dello stesso sesso quasi obbligatoriamente si
trovarono a pensare che il loro desiderio avesse origine da una natura particolare che
aveva in corpi maschili desideri femminili e viceversa. Il passaggio dallo schema
interpretativo “attivo-passivo” del periodo classico allo schema interpretativo
moderno“eterosessuale-omosessuale” si evolve in maniera non uniforme, attraverso
diverse fasi, che vedono il coesistere e l'intersecarsi dei due modelli . Il modello
dell'inversione di genere è una di queste fasi. Già agli inizi del 1700 si ha notizia a Londra
dell'esistenza di una trentina di luoghi d'incontro predisposti, chiamati “molly house”,
frequentati da uomini di vari ceti sociali, ad eccezione degli aristocratici. Essi
cominciarono a definire se stessi come appartenenti ad una minoranza di effeminati e così
vennero sempre più spesso considerati: infatti nel linguaggio popolare venivano nominati
“mollies”. Nel linguaggio giuridico continuarono ad essere chiamati sodomiti e come tali
ad essere perseguiti e condannati. Essi crearono una subcultura protettiva che aveva
luoghi d'incontro predisposti, sia spontanei che organizzati, e che utilizzava reti di
conoscenze e relazioni, gesti e gerghi per comprendersi e comunicare segretamente
(sventolare il fazzoletto, piedino,etc); essi spesso usavano darsi soprannomi femminili, e
si aggettivavano al femminile. Coloro che si prostituivano vestivano quasi sempre in abiti
femminili, gli altri si travestivano solo per burla durante feste e i balli in maschera. Le
relazioni tra i partners divennero più simmetriche per età, ruolo, reciprocità. Nella
seconda metà del settecento si ha notizia in Inghilterra e nei Paesi Bassi anche di donne
che, celando l'identità sessuale biologica attraverso il travestimento, assunsero un ruolo
maschile e di altre che assunsero soltanto un aspetto mascolinizzato; esse venivano
chiamate in Inghilterra sapphists (linguaggio colto) o tommies (linguaggio popolare).
Esse, dato lo stato di dipendenza femminile dagli uomini, non ebbero la possibilità di
creare reti né una subcultura che le proteggesse21. Anche in Italia, nel Settecento si ha
notizia attraverso vari documenti di uomini e di alcune donne che assunsero l'identità del
sesso opposto, mentre “il modello dell'inversione sessuale” in riferimento alla preferenza
per persone dello stesso sesso stentava ad affermarsi a causa del più pressante retaggio
classico che continuava ad attribuire particolare importanza alla dicotomia attivo-
passivo.
21 Fonti informative: Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni, Bologna, Il Mulino,
2001, p.250.