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Capitolo 1
Valutazione del merito di credito
1.3 La struttura del Nuovo Accordo di Basilea
Risale al 1975 l’istituzione del “Comitato di Basilea per la Vigilanza” in
materia bancaria.
La misurazione del rischio di credito da parte delle banche in una prospettiva di
natura gestionale piuttosto che in un’ottica di tipo regolamentare è l’obiettivo
per il raggiungimento del quale il predetto comitato fu istituito.
L’accordo del 1988, soggetto a ripetuti cambiamenti rispetto alla bozza
originaria, prevede un ambito di applicazione, nel caso in cui il modello
organizzativo adottato dalla banca sia basato su una pluralità di aziende, che si
estende all’intero gruppo bancario comprendendo anche le banche del gruppo
che operano a livello internazionale.
Con la riforma prevista dall’accordo di Basilea, la misurazione del rischio
risulta essere affidata non più alla forma tecnica dell’impiego e alle garanzie
che lo assistono ma, piuttosto, ai sistemi di rating.
L’introduzione di tale criterio di valutazione del rischio sta a significare che
una stessa forma tecnica di impiego potrà assumere gradi di rischio diversi a
seconda della capacità di rimborso del debito legata alla affidabilità del
prenditore.
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Stesso discorso vale in relazione alle epoche diverse nelle quali viene assunto il
debito o al fatto che più indebitamenti possano avere durata non omogenea fra
loro, per cui ci si rende facilmente conto che Basilea II ha sicuramente
rappresentato “una rivoluzione culturale” nel rapporto banca/impresa.
L’accordo di Basilea II poggia su tre principi normativi che vengono definiti
pilastri:
I requisiti patrimoniali minimi: sono ridefinite le discipline relative al
capitale minimo che deve essere detenuto dalle banche in funzione del
rischio complessivamente assunto;
Il processo di controllo prudenziale: stabilisce i principi del controllo
prudenziale che deve essere effettuato dagli Istituti di vigilanza, nonché
le responsabilità degli stessi Istituti e gli standards di riferimento ai fini
del controllo;
La disciplina del mercato: delinea gli standards minimi di informazione
che ogni banca, soggetta agli obblighi di Basilea II, deve fornire al
mercato in tema di patrimonio di vigilanza, esposizione ai rischi,
processi di valutazione dei rischi e ambito di applicazione.
Il Comitato ritiene infatti che il miglioramento dello schema di adeguatezza
patrimoniale possa recare importanti benefici sia elaborando una
regolamentazione che ricomprenda non solo i requisiti patrimoniali minimi, ma
anche il controllo prudenziale e la disciplina di mercato, sia accrescendo
significativamente la sensibilità al rischio dei coefficienti patrimoniali minimi.
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Il nuovo schema è infatti volto a conferire maggiore rilevanza alla gestione del
rischio ed a promuovere il potenziamento di tale struttura di valutazione
all’interno della banca; tale risultato può essere raggiunto solo se si prevede
una maggiore interrelazione tra l’istituto di credito e l’Autorità di vigilanza ed
una maggiore trasparenza nei confronti del mercato. Questo è dunque il legame
logico tra i tre pilastri base dell’Accordo: i requisiti minimi di capitale
aumentano l’importanza della gestione del rischio da parte della banca, il
controllo prudenziale aumenta la collaborazione tra istituto bancario ed
Autorità di vigilanza e la nuova disciplina di mercato fa sì che tutti possano
conoscere tali nuovi requisiti. Andiamo adesso a vedere rapidamente i
contenuti dei tre pilastri, concentrandoci maggiormente sul primo pilastro
riguardante i requisiti patrimoniali minimi, che va a disciplinare l’attività
bancaria, ma di riflesso impone degli adeguamenti anche all’impresa.
1.1.1 I requisiti patrimoniali minimi
Il primo pilastro riguarda i requisiti patrimoniali. È su questo punto che viene
principalmente focalizzata l’attenzione per una serie di motivi: è il punto che
ha avuto una trattazione ed è la disciplina che più influenza il rapporto con
l’impresa, inoltre le regole qui considerate vanno ad influenzare anche gli altri
due pilastri.
L’attenzione è posta sul patrimonio di vigilanza o capitale di vigilanza, cioè il
“cuscinetto” di sicurezza a tutela dei creditori della banca dagli effetti di
perdite dovute ad eventi rischiosi. Basilea I considerava il rapporto tra il
capitale di vigilanza e l’ammontare dell’attività ponderate per il rischio,
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secondo la griglia di ponderazione prevista, che non doveva essere inferiore
all’8%. La logica sottostante prevede che la banca vada ad accantonare un
certo ammontare di capitale in grado di fronteggiare le eventuali perdite, e
quindi garantire gli investimenti dei depositanti, legati ad attività rischiose.
Il Total capital ratio veniva dunque così calcolato:
TOTAL CAPITAL RATIO= Capitale di vigilanza >=8%
Tot. Attività ponderate per il rischio
Basilea II non modifica questo indice ma apporta delle correzioni al
denominatore. Rimane invariato sia il capitale di vigilanza che il valore
dell’indice, ma le attività rischiose vengono sensibilizzate maggiormente alla
componente di rischio che esse incorporano.
Vengono considerati tre tipologie di rischio:
Rischio di mercato: rappresenta il rischio di perdite a carico della banca
originate da variazioni sfavorevoli dei prezzi degli strumenti finanziari
(tassi di interesse, di cambio, corsi obbligazionari, ecc.);
Rischio operativo: rappresenta il rischio di perdite derivanti da errori
umani, problemi tecnici o di procedura, e comunque non attribuibili al
comportamento dei debitori o agli eventi di mercato;
Rischio di credito: rappresenta il rischio di perdite future su un credito
per insolvenza del debitore, rischio di non recupero, rischio di
esposizione o deterioramento della qualità del debitore. Nella
valutazione del rischio di credito si considerano poi riduzioni ottenibili
attraverso garanzie reali e strumenti di copertura (garanzie personali e
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derivati creditizi): essi si definiscono strumenti di mitigazione del
rischio.
La nuova formula per il calcolo del patrimonio di vigilanza può essere dunque
così esemplificata:
Patrimonio di vigilanza = Patrimonio a copertura del rischio di mercato
+
Patrimonio a copertura del rischio operativo
+
0,08*Attivo ponderato per il rischio di credito
Basilea II incorpora tutte queste componenti di rischio in un unico risultato
qualitativo che è il rating. Il rating è un giudizio sulla capacità attuale e futura
del debitore di far fronte ai propri impegni finanziari. Questo parametro
consente di meglio qualificare il rischio della controparte e di prevedere, in
base al valore da esso assunto, dei tassi di ponderazione diversificati in
relazione alle fasce di rating previste.
La storia del rating interni alle banche è diversa da quella dei rating ufficiali,
anche se presenta una scala di giudizio conforme ed omogenea.
Il sistema interno di rating viene definito dallo stesso Comitato di Basilea come
un insieme di elaborazioni che consente di pervenire, data l’informazione di
rating, alla stima della perdita anticipata e del capitale economico ad essa
associato. Il rating offre dunque un fondato giudizio sulla probabilità che si
verifichino situazioni d’insolvenza dell’affidato. Il rating è un giudizio che
spiega il modo attraverso cui la banca percepisce, descrive e rappresenta il
rischio, ne affronta la gestione e ne valuta le conseguenze. Si viene dunque a
modificare il rapporto tra banca ed impresa e, più in generale, il modo della
banca di stare sul mercato e di competere con gli altri intermediari finanziari.
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Per quanto attiene il rapporto con la clientela nel lungo periodo le banche
saranno stimolate a proporre alle imprese clienti azioni che intervengano sulla
propria struttura finanziaria allo scopo di riportare o mantenere il rischio sotto
controllo. Lo strumento del rating, in tal senso, è sicuramente più affidabile,
efficiente e rigoroso delle valutazioni del passato, con indubbi miglioramenti
analitici ed operativi.
È prevedibile un rafforzamento dei legami tra le banche e le imprese di miglior
“standing” ed un reciproco coinvolgimento nello sviluppo di strategie
finanziarie concordate. Di conseguenza, nei rapporti con le imprese di miglior
qualità creditizia, saranno sempre meno ammessi comportamenti opportunistici
da parte dei finanziatori e sempre più i finanziatori stessi dovranno dimostrare
le proprie capacità distintive di fronte ai clienti, attraverso la proposta di
servizi, opportunità e soluzioni innovative.
Il rating è calcolabile secondo diversi criteri e prende in considerazione vari
parametri di valutazione. Nella realtà italiana saranno oggetto di valutazione il
bilancio civilistico, il livello di capitalizzazione dell'impresa (ad esempio il
ROE), la centrale dei rischi, i coefficienti andamentali, la redditività e la
capacità di autofinanziamento (il ROI ed il cash flow operativo), l'indice di
copertura degli interessi passivi, i parametri qualitativi, settoriali e strategici
(scenario competitivo, principali concorrenti, previsioni sul settore di
appartenenza), eventuali elementi pregiudizievoli e dati comportamentali
(qualità del management, storia della società, reputazione degli azionisti).
Si viene dunque a configurare un sistema in cui è necessario qualificare il
rating in maniera puntuale e precisa in quanto questo viene ad assumere un