4
realizzarsi soltanto attraverso l’inserimento del formato commerciale in una
prospettiva di coerenza con la vocazione e le caratteristiche peculiari del
territorio, creando al contempo sinergie con altre iniziative locali.
Successivamente si è accennato ai possibili strumenti di governance che possono
essere attivati per controllare e dirigere lo sviluppo locale e del centro; in
particolare si è fatto riferimento ai controlli esterni esercitati dagli stakeholders
sull’impresa con l’obiettivo di limitare situazioni potenzialmente pericolose.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, si sono analizzati i possibili effetti sul
territorio derivanti dall’insediamento di un foc, relativamente alle modifiche
fisiche e infrastrutturali, agli impatti sulla concorrenza, sui flussi turistici,
sull’occupazione e sull’economia locale.
Infine, nell’ultimo capitolo, abbiamo preso in esame il foc recentemente realizzato
a Barberino di Mugello dall’impresa anglosassone McArthurGlen, specializzata
nello sviluppo e gestione di questo formato, in joint venture con la holding
immobiliare fiorentina Fingen Real Estate dei fratelli Fratini; si è così potuto
notare che la multinazionale inglese e gli attori mugellani hanno intessuto da
subito un network di relazioni nonché strutturato un insieme di regole e obiettivi
formalizzati, in grado di aumentare il consenso sociale e la fiducia intorno
all’iniziativa, e in grado di contribuire ad uno sviluppo economico locale
sostenibile.
Il foc di Barberino di Mugello è il terzo progetto realizzato in Italia dalla
McArthurGlen, dopo le esperienze precedenti molto positive di Serravalle Scrivia
(nel 2000) e di Castel Romano (nel 2003).
In relazione a questo progetto, si è vista la disponibilità, da parte sia dei
promotori che degli altri interlocutori locali, al dialogo, alla collaborazione e
alla partecipazione: infatti, mentre da un lato molti attori locali sono stati
coinvolti in alcune fasi del processo di pianificazione o di controllo della
struttura commerciale, dall’altro i promotori hanno cercato di contribuire alla
promozione del territorio mugellano e di Barberino di Mugello, in modo da
favorire la fedeltà al foc e alla destinazione.
Inoltre sono stati analizzati i principali effetti economici, sociali e ambientali sul
tessuto economico del Mugello dovuti alla realizzazione del centro commerciale,
5
con particolare riguardo agli aspetti legati alle modificazioni infrastrutturali e
alla ricollocazione degli ex lavoratori dell’impresa tessile locale SuperRifle,
ormai da tempo sottoposta a un procedimento di riorganizzazione.
In definitiva gli obiettivi di questo lavoro sono fondamentalmente quelli di
prendere spunto da un fenomeno commerciale molto recente e in forte crescita in
Italia, per potere verificare come la localizzazione di questa tipologia di centro
commerciale possa influenzare positivamente l’economia del territorio su cui si
insedia (in particolar modo se l’area ha buone potenzialità di crescita e risorse
latenti ancora da utilizzare), e come l’attivazione di una rete di rapporti stabili e
duraturi tra promotori di foc e autorità locali, così che la struttura si radichi
profondamente nel tessuto dell’area localizzativa, possa recare vantaggi sia
all’aggregato commerciale sia al sistema territoriale.
6
CAPITOLO 1
DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI OUTLET ED
EVOLUZIONE DEL FENOMENO
1.1 Outlet: definizione del concetto
Il termine outlet (traducibile in italiano come “Spaccio Aziendale”) è di origine
anglosassone e sta ad identificare una particolare tipologia commerciale che solo
recentemente si è affermata in Italia; la traduzione letterale in italiano di questo
termine è “uscita, sbocco, punto di vendita”.
Il concetto di outlet nasce negli Stati Uniti quando, già nella seconda metà dell’
Ottocento, alcune fabbriche di abbigliamento e di scarpe cominciarono a svendere,
attraverso un locale interno o esterno all’azienda, giacenze di magazzino e articoli
difettati, dapprima soltanto ai propri dipendenti e successivamente, in conseguenza
dei buoni risultati ottenuti, anche ai privati.
All’inizio del Novecento molte altre imprese sperimentarono questa iniziativa con
successo e, dopo la Seconda Guerra Mondiale, vi fu una forte esplosione degli outlet;
i vantaggi della formula erano infatti reciproci: l’azienda riusciva a commercializzare
eccedenze di magazzino, pezzi con qualche imperfezione o danneggiati, mentre i
clienti (dipendenti o esterni) riuscivano a risparmiare acquistando direttamente alla
fonte prodotti di buona qualità, sebbene di una stagione passata o con piccole
imperfezioni.
Durante gli anni Settanta alcuni fattori socioeconomici quali la diminuzione del
potere di acquisto dei consumatori, la crisi energetica e la maggiore attenzione verso
gli articoli firmati portarono all’apertura di poli commerciali che riunivano nel
medesimo edificio alcuni “spacci” di aziende diverse; è dunque in questi anni che
tale formato distributivo viene formalizzato e nel quale la parola d’ordine diventa
“basso prezzo e alta qualità”.
Negli anni Ottanta e Novanta continua a crescere il numero di spacci aziendali negli
Stati Uniti, grazie anche ad un minore interesse dei consumatori per i centri
commerciali di tipo tradizionale.
7
In definitiva possiamo affermare che il concetto di outlet è nato negli Stati Uniti
come fenomeno socioeconomico per poi diventare una particolare tipologia
commerciale basata sulla vendita di prodotti di marca ribassati dal 30% al 50%, in
quanto relativi a stagioni precedenti, con lievi difetti o esuberi di produzione; tale
concetto è poi stato trasferito in molti altri paesi, penetrando nel tessuto storico e
culturale e contribuendo a modificare usi e costumi locali.
Recentemente l’outlet è diventato a pieno titolo un canale distributivo alternativo agli
altri (e non solo complementare); ciò è infatti dimostrato dal fatto che le imprese
industriali che lo utilizzano iniziano a fabbricare prodotti destinati a essere venduti
esclusivamente in questo tipo di formato commerciale.
8
1.2 Dall’Outlet al Factory Outlet Center (FOC)
Come accennato nel precedente paragrafo, è solamente negli anni Settanta che
negli Stati Uniti si iniziarono a riunire sotto un unico complesso (separato dai
centri di produzione) gli “spacci aziendali”di differenti imprese manifatturiere.
Il primo centro fu aperto nel 1974 da Vanity Fayre, all’interno di una vecchia
fabbrica, a Reading in Pennsylvania.
Tuttavia è solo nel 1980 che sorge il primo outlet come centro aggregato
pianificato, a Memphis, nel Tenessee.
In generale le prime realizzazioni erano caratterizzate da strutture molto semplici
e da scarsa cura per gli allestimenti espositivi dei negozi.
Questa aggregazione di outlet di imprese differenti sotto un'unica struttura,
separata dai luoghi di produzione, venne definita con il termine Factory Outlet
Center (FOC).
I factory outlet center si distinguono dal singolo spaccio aziendale per alcune
caratteristiche di base:
localizzazione indipendente rispetto ai centri produttivi;
concentrazione spaziale nella medesima area fisica di marchi e prodotti
differenti (soprattutto moda-abbigliamento e accessori);
integrazione con servizi complementari ai consumatori;
qualità e articolazione delle tecniche di vendita (esposizione della merce,
assistenza al cliente).
1
I negozi che fanno parte di un foc sono gestiti direttamente dai produttori, anche
se è possibile trovare distributori che vendono prodotti di marca e di qualità a
prezzi scontati; di norma, gli sconti possono oscillare sistematicamente tra il 30%
e il 70% e la dimensione di questa tipologia di centro commerciale può variare dai
10.000 ai 30.000 mq; l’offerta merceologica riguarda principalmente
abbigliamento, calzature, ma anche articoli per la casa o di elettronica, mentre le
marche presenti all’interno dei foc sono note e di elevato appeal, in modo da
potere richiamare un numero consistente di acquirenti.
1
Cfr. Ferrari G., Martorana M., Outlet: la rivoluzione dei consumi, Milano, Sperling&Kupfer
Editori, 2005.
9
Per quanto riguarda invece l’assortimento questo è variabile, in quanto
ricomprende collezioni passate, articoli di seconda scelta, modelli e taglie limitate.
In questi centri, spesso situati in zone extraurbane e in prossimità di importanti
reti viarie, si cerca di ricreare un ambiente semplice ma accogliente, attraverso
elementi architettonici (comprese strade, piazze, fontane) che riprendano aspetti
storici e culturali tipici del contesto in cui si inseriscono, in modo da formare una
atmosfera positiva che contribuisca ad una maggiore permanenza all’interno del
centro.
In queste strutture commerciali complesse, accanto alla concentrazione di negozi
monomarca (di norma dai 50 ai 150 negozi), vengono inoltre forniti tutta una serie
di servizi: ristorazione, aree bimbi, sportelli bancomat, servizi navetta per
raggiungere il centro, ufficio informazioni turistiche, parcheggi gratuiti; questa
combinazione di aspetti commerciali con spazi dedicati alla ricreazione e al
leisure permette di sviluppare un’atmosfera più rilassata e un ambiente più
suggestivo, che consente così di attrarre molti clienti o turisti e di aumentare la
loro permanenza all’interno del centro; tutti questi elementi contribuiscono a
rendere l’esperienza di acquisto piacevole e quindi a generare traffico.
Da quanto detto sopra possiamo provare a definire il foc, sebbene il concetto sia
complesso e in continua evoluzione, come struttura commerciale complessa di
tipo extraurbano, ad architettura esperenziale che concentra dei punti vendita
monomarca e autogestiti, caratterizzati da un assortimento speciale, fisso nella
marca (marche note e di elevato appeal), ma variabile nelle referenze, ad un
prezzo più basso del 30-70% rispetto a quello praticato dal dettaglio di tipo
tradizionale
2
; in realtà, per potere parlare di foc è sufficiente che almeno il 50%
dei negozi presenti sia gestito direttamente da imprese produttrici di
abbigliamento.
In definitiva, attraverso questa moderna formula distributiva, si cerca di integrare
la componente commerciale (vendita diretta da parte dei produttori di marche
2
Cfr. Ceccotti F., Mattiacci A., Nuove occasioni d’acquisto per consumatori maturi: un’indagine
esplorativa sui factory outlet centre in Italia, Ecòle Superieure de Commerce de Paris, 21-22
gennaio 2005.
10
note, specializzate soprattutto nel settore abbigliamento, di prodotti di una
stagione passata o leggermente difettati ad un prezzo ribassato rispetto ai negozi al
dettaglio di tipo convenzionale) con altri servizi (leisure, aree gioco, parcheggi
gratuiti, sportelli bancari, fiere con prodotti tipici locali) spesso legati alle
specificità culturali ed economico-sociali del territorio, in modo tale da
raggiungere una maggiore convergenza tra marketing del retail e marketing del
territorio.
Per analizzare e identificare più specificamente il concetto di foc può essere utile
distinguere gli aggregati commerciali sulla base di due parametri: il grado di
specializzazione settoriale, che identifica aggregati specializzati e aggregati
despecializzati; l’origine dell’aggregato, che li distingue in aggregati di tipo
storico o di formazione naturale e aggregati di tipo greenfield o di formazione
programmata.
In questo modo è possibile identificare quattro forme di aggregati: aggregati
storici-specializzati (ad esempio le vie della moda); aggregati greenfield-
despecializzati (come i centri commerciali con grocery); aggregati storici-
despecializzati (ad esempio un town center senza una precisa specializzazione);
aggregati greenfield-specializzati (come i FOC).
3
Figura 1 – Caratteristiche degli aggregati sulla base dell’origine e del grado
di specializzazione.
specializzato despecializzato
storico
greenfield
Fonte: Convegno “Le tendenze di Marketing”- 21/22 gennaio 2005.
3
Cfr. Burresi A., Guercini S., Runfola A., La competizione tra aggregati specializzati nella
distribuzione di abbigliamento, Ecòle Superieure de Commerce de Paris, 21-22 gennaio 2005.
vie della moda town center
factory outlet center centro commerciale
11
Gli aggregati specializzati nel settore abbigliamento di tipo greenfield
(pianificato) hanno cercato di riprodurre in zone extraurbane il centro storico delle
città, imitandone anche funzioni di natura diversa, quali offerta culturale,
intrattenimento, ristorazione, servizi professionali, e offrendole con un maggiore
livello di accessibilità e convenienza.
Questa imitazione ha recentemente acceso una forte rivalità tra queste due
tipologie di aggregato che ha portato, in senso lato, ad una competizione tra
territori urbani ed extraurbani.
Il fenomeno in oggetto è in continuo divenire e solo di recente ha iniziato ad
avviarsi in Italia, sebbene abbia ancora elevati margini di sviluppo; con molta
probabilità questa innovazione commerciale si modificherà in futuro in nuovi
format, anche sulla spinta delle reazioni degli aggregati storici urbani e delle
possibili contromosse.
In attesa di ulteriori sviluppi di questa formula complessa ci limitiamo a
constatare che queste enormi strutture pianificate, che spesso cercano di imitare i
centri cittadini ricreando vere e proprie cittadelle (da qui il nome “spaccittadelle”)
in luoghi periferici, sorgono quasi sempre all’aperto e presentano una grande cura
nel design e nell’architettura; i negozi presenti sono gestiti direttamente da marchi
di prestigio, i quali prendono in affitto dalla proprietà degli spazi e usufruiscono
dei servizi comuni messi a disposizione dal gestore del complesso; i prodotti
(spesso disponibili in vasti assortimenti) sono offerti tutto l’anno a prezzi scontati
rispetto allo standard, in quanto collezioni di stagioni precedenti, rimanenze,
campionari o surplus di produzione (i ribassi sono comunicati attraverso il
meccanismo dei doppi prezzi sul cartellino: prezzo retail-prezzo outlet).
Si possono poi identificare tre tipi di outlet centers:
1. centri di nuova costruzione;
2. riconversione di centri di tipo tradizionale;
3. trasformazione di strutture precedentemente non adibite a centro
commerciale.
12
In definitiva la funzione del foc è duplice: per le imprese che installano propri
punti vendita nel centro (brand partner del proprietario/gestore del centro)
rappresenta un canale privilegiato e affidabile per la commercializzazione di
prodotti invenduti, con piena garanzia del mantenimento del prestigio del brand e
con i vantaggi della gestione diretta della vendita; per i consumatori rappresenta
un’opportunità unica derivante dal fatto di ottenere prodotti di qualità di marchi
prestigiosi a un prezzo assai competitivo, senza contare gli aspetti piacevoli legati
all’ambiente e alle caratteristiche di questo particolare tipo di shopping (che
portano ad una minore percezione del tempo speso all’interno dei punti vendita e
ad un ricordo positivo dell’esperienza di acquisto).
E’ da notare che, di frequente, queste strutture vengono costruite in più fasi
durante le quali si aggiungono via via nuovi negozi ed aumenta la dimensione del
centro e la disponibilità di servizi aggiuntivi.
Infine può essere interessante notare che il successo dei foc è legato al forte
radicamento con il territorio nel quale si insediano ed in particolar modo al
legame che si instaura con i principali attori locali (produttori, consumatori,
organi pubblici, imprese di distribuzione, finanziatori); ed è proprio con
riferimento a quest’ultimo aspetto che i foc possono contribuire a uno sviluppo
economico e culturale del territorio, e all’aumento dei flussi turistici e delle nuove
iniziative di carattere economico: infatti recentemente i territori nei quali sono
previsti insediamenti di tipo foc hanno cercato di elaborare e implementare
progetti di marketing territoriale, finalizzati al miglioramento delle infrastrutture
presenti e all’offerta territoriale in genere, in modo da attrarre flussi turistici più
consistenti e nuovi investitori, favorendo così lo sviluppo socio-economico e
culturale del territorio.
13
1.3 Nascita e sviluppo dei foc all’estero e in Italia
Abbiamo visto in precedenza che soltanto dalla fine degli anni Settanta questo
format commerciale cominciò ad affermarsi negli Stati Uniti come nuova
modalità distributiva.
Lo sviluppo dei foc in Europa iniziò soltanto a partire dagli anni Ottanta
4
; tuttavia
questa prima fase ebbe scarso rilievo socioeconomico, rappresentando
l’importazione di una moda americana.
In effetti, i tempi non erano ancora maturi per accogliere pienamente questa
formula associata al risparmio di qualità: infatti, gli anni Ottanta erano gli anni
dell’immagine e dell’edonismo, nei quali il pubblico era proiettato su firme della
stagione in corso e su status symbol.
Tuttavia questa tendenza cominciò ad esaurirsi durante gli anni Novanta e, grazie
anche all’emergere di fenomeni economici quali il minor potere di acquisto della
moneta, l’instabilità governativa, la crescita della disoccupazione e la crisi in
Medioriente, i consumatori cominciarono a diventare più maturi e a cercare di
“spendere bene” (dando luogo così a un boom degli outlet).
In Italia il fenomeno è ancora più recente e il primo factory outlet center compare
solo nel settembre 2000 in Piemonte a Serravalle Scrivia (AL), aperto dal gruppo
inglese McArthurGlen, leader europeo nella progettazione e promozione di outlet
center, già associato all’operatore britannico British Airport Authority (BAA) e
recentemente passato alla partnership
5
con l’operatore britannico Richardson
Development, in joint venture
6
con la holding immobiliare fiorentina Fingen Real
Estate (promotore e sviluppatore immobiliare).
Il gruppo McArthurGlen ha al momento avviato 7 centri nel Regno Unito, 3 in
Italia, 2 in Francia e 1 in Austria e nei Paesi Bassi, e controlla oltre un terzo (36%)
del mercato europeo degli outlet center; sono inoltre previste nel prossimo futuro
nuove aperture in Italia da parte del gruppo britannico.
4
Nel 1980 nascono in Francia tre grossi centri commerciali, seguiti da due più piccoli nel Regno
Unito.
5
La partnership è un accordo di cooperazione di lungo periodo tra l’impresa e i partners.
6
La Joint Venture è un tipo di alleanza strategica nella quale due o più imprese forniscono il
capitale di una nuova organizzazione indipendente (dai partners) e ne controllano la gestione.
14
Tab.1 – Numero di Foc presenti in Europa
Fonte: European Outlet Space 2004.
In Europa attualmente sono attivi circa ottanta centri, per una superficie totale che
supera il milione di mq.
Questa nuova filosofia distributiva in Italia è ancora in una fase embrionale e ha
ancora buoni margini di sviluppo, mentre negli Stati Uniti oramai il mercato si è
saturato con la presenza di 250/300 outlet e una superficie complessiva di 5,2
milioni di mq.
Dopo il successo del primo outlet center italiano a Serravalle Scrivia, dal 2003
molti altri ne sono stati costruiti ad opera di diversi operatori specializzati
nell’implementazione di questo formato.
Gran Bretagna 35
Francia 12
Italia 8
Spagna 7
Germania 5
Svizzera 5
Svezia 3
Turchia 3