- 6 -
Questa esperienza rappresenta un punto di partenza verso una specifica competenza
nel campo dell'epatite virale acuta e cronica. A partire dal 1980, l'ospedale è stato un
dei maggiori centri per l'assistenza, la cura e la ricerca sulle infezioni da HIV e
sull'AIDS. Nel dicembre 1996, il Ministero della Sanità ha riconosciuto lo
Spallanzani Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico. Attualmente l'Istituto
è dotato di quattro unita di malattie infettive, di un'unita'di infettivologia pediatrica e
di un unità universitaria di malattie respiratorie, tutte con reparto di degenza e day
hospital. Nel 1999 è stato inaugurato un reparto per la riabilitazione dei malati affetti
da patologie infettive. Dal 2001 dopo l’attentato delle torri gemelli in America,
l’Istituto è diventato punto di riferimento per la bio-sicurezza in Italia, poiché è
dotato di laboratori avanzati e complessi. In questi ultimi anni la direzione
dell’ospedale oltre a rendere più sicuro il lavoro degli operatori, ha anche pensato a
migliorare la vita dei malati in special modo ai malati di AIDS, costruendo un
Hospice. La tutela del malato è affidata al Comitato etico, un organismo
indipendente il cui ruolo fondamentale è quello di tutelare i diritti, la sicurezza e il
benessere dei soggetti partecipanti ad una sperimentazione clinica, o sottoposti ad
altri atti medici. Il comitato è composto da; esperti in bioetica, in farmacologia, in
infettivologia, in medicina legale. La cura pastorale dell’istituto è affidata a due
cappellani diocesani e ad alcune suore della Congregazione delle suore della carità. Il
loro lavoro è molto particolare rispetto ad altri nosocomi, il malato di Aids o di altre
malattie simili hanno poche prospettive future, e presentano parecchie problematiche
dialogiche. Giovanni Paolo II, in molte occasioni ha trattato il problema e ha fornito
orientamenti illuminanti che mostrano la natura della malattia, la sua prevenzione, il
- 7 -
comportamento del malato e di chi lo assiste, così come il ruolo che devono avere le
Autorità civili e gli scienziati. In particolare il Papa, nel suo messaggio per la
giornata del Malato nel 2005 (nn. 3-4), sottolinea che “il dramma dell'AIDS si
presenta come una "patologia dello spirito" e che per combatterla in modo
responsabile, occorre accrescere la prevenzione mediante l'educazione al rispetto del
valore sacro della vita e la formazione alla pratica corretta della sessualità”.
1
In questo
lavoro si cercherà di evidenziare tutte le informazioni, i lavori, gli impegni religiosi,
sociali e di bioetica che interessano il malato di AIDS, affetto da una delle più
devastanti epidemie dei nostri tempi. Nel primo capitolo sarà data attenzione alla
eziopatogenesi del virus, alla sua evoluzione fin dalle origini, agli stadi dell’infezione
nell’uomo, ed agli ultimi sviluppi della ricerca nel campo diagnostico e in quello
terapeutico. Il secondo capitolo si soffermerà sugli aspetti psicologici del malato di
Aids, sull’approccio clinico sociale e terapeutico, sul rapporto relazionale con la
famiglia. Più delle volte la persona che scopre di essere sieropositiva all’HIV, rimane
sola nella sua angoscia e nei suoi confronti inizia da parte delle persone in contatto
con lui una discriminazione con conseguente allontanamento. Il terzo capitolo verterà
sull’accoglienza del mondo sanitario verso la persona affetta dal virus, i suoi aspetti
etici e morali. Seguirà poi un approfondimento sull’orientamento del Magistero della
Chiesa in merito all’Aids. Da alcuni anni si celebra la giornata mondiale dell’AIDS,
il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute si fa promotore ogni anno di un
incoraggiamento a tutti coloro che lottano contro questa devastante pandemia e che
assistono e curano i malati di HIV/AIDS e a quest'ultimi che vivono in prima persona
1
Giornata mondiale dell’AIDS - 2004
- 8 -
il mistero della sofferenza umana. Le comunità ecclesiali vivono in prima linea
questa epidemia devastante cercando di rispondere con una Pastorale vicina più
possibile al malato, in special modo nel suo aspetto spirituale. Come ci ricorda Papa
Giovanni Paolo II nella sua ultima giornata mondiale dell’AIDS “ il dramma
dell'AIDS si presenta come una "patologia dello spirito" e per combatterla in modo
responsabile, occorre accrescere la prevenzione mediante l'educazione al rispetto del
valore sacro della vita e la formazione alla pratica corretta della sessualità. Scopo di
questo lavoro sarà quello di portare un contributo informativo e pratico a tutti coloro
che si avvicineranno ad una persona sofferente, in special modo a chi è affetto dal
virus HIV/AID ed evidenziare quanto è finora stato fatto, e quanto è ancora
necessario fare, sia a livello internazionale sia a livello dei singoli Stati.
- 9 -
I
EZIOPATOGENESI DELL’AIDS
I. 1 Il virus dell'immunodeficienza umana
La sindrome dell’immunodeficienza acquisita o AIDS (Acquired Immunological
Deficiency Syndrom) è una patologia caratterizzata dalla progressiva
compromissione delle funzioni immunitarie. L’aziente eziologico dell’AIDS è lo
“human immunodeficiency virus” (HIV), è un retrovirus appartenente alla famiglia
Retroviridae, genere Lentivirus,
2
. I retrovirus (tavola sono virus ad RNA che
replicano attraverso un filamento intermedio a DNA per mezzo di una DNA-
polimerasi RNA-dipendente (o trascrittasi inversa, TI) codificata dal virus
3
.
I retrovirus sono formati da una particella virale completa, detta virion, formata dal
materiale genetico o genoma, avvolto da un involucro. Nei virus il materiale genetico
può essere sia RNA sia DNA, ma il virion non può riprodursi perché non contiene
tutti gli enzimi e le strutture necessarie alla duplicazione del genoma e alla
formazione di un nuovo involucro. Il virus per riprodursi deve entrare in una cellula
completa di cui sfrutta i processi biochimici di sintesi.
Il primo caso di infezione da HIV nell’uomo fu documentato nella città di Kinshasa
(Repubblica Democratica del Congo) nel 1959
4
. Da allora, sulla base del
sequenziamento del genoma virale ottenuto dall’analisi di numerosi campioni, è stato
2
Cf. WEISS, R.A. (2000). ”Getting to know HIV”, Tropical Medicine and International Healt, 5 (7):
A10-A15.
3
Cf. WEISS, R.A., TEICH, N., VARMUS, H., COFFIN, J. (1984), RNA tumor Viruses,. Vol. 1 e 2.
Cold Spring Harbour: Cold Spring Harbour Lab. pp 1292, pp 2344, 2
nd
4
Cf. ZHU, T., KORBER, B.T., NAHMIAS, A.J., HOOPER, E., SHARP, P.M., Ho, DD. (1998), An
african HIV-1 sequence from 1959 and implications for the origin of the epidemic, Nature 391:594-
597.
- 10 -
dimostrato che ne esistono due ceppi: HIV-1 e HIV-2; il ceppo principale HIV-1 si
sarebbe diversificato nel 1931 circa, mentre il tipo HIV-2 risalirebbe al 1940
5
.
Si suppone che HIV-1 provenga dallo scimpanzé (Pan troglodytes), il quale è anche
l’ospite del virus dell’immunodeficienza simiana (SIVcpz) e vive nell’Africa centrale
(Gao et al., 1999); analisi filogenetiche dimostrano invece che HIV-2, pur
presentando un’omologia pari al 40-60 % col DNA dell’ HIV-1, si sia originato dal
Simian virus (SIVsm) di una piccola scimmia (Cercocebus atys) della costa
dell’Africa dell’est, dal Senegal alla Costa d’Avorio
6
. In queste aree i primati
rappresentano la principale fonte di cibo per l’uomo e si suppone sia stata proprio
questa la modalità di trasmissione interspecie
7
. Il ceppo HIV-1 rappresenta la forma
predominante, mentre il tipo 2 è maggiormente diffuso nell’est dell’Africa. Sembra
che l’HIV-2 sia meno virulento dell’HIV-1 e che le infezioni da HIV-2 impieghino
maggior tempo per progredire nell’AIDS. Il virus HIV-1 viene inoltre suddiviso in
tre gruppi: “maggiore” (M), “isolato” (O) e “nuovo” (N). Il gruppo O sembra essere
ristretto all’ Africa del centro-est, il gruppo N è quello più raro, mentre il 90% delle
infezioni da HIV-1 sono rappresentate dal gruppo M. All’interno di quest’ ultimo si
possono distinguere dei sottotipi o cladi: A, B, C, D, E, F, G, H,J, K
8
. Molti di questi
nuovi ceppi non sopravvivono a lungo ma alcuni hanno la capacità di infettare con
5
Cf. STEBBING, J., GAZZARD, B., DOUEK, D.C. (2004), Mechanisms of disease: where does HIV
live?, New Engl J. Med. 350:1872-1880.
6
Cf. HAHN, B.H., SHAW, G.M., DE COCK K.M., SHARO P.M. (2000), AIDS as a zoonosis:
scientific and public healt implication, Science 287:607-614.
7
Cf. WEISS, R.A. e WRANGHAM, R.W. (1999), From Pan to pandemic, Nature 397: 385-386.
8
Cf. WAINBERG, M.A. (2004), HIV-1 subtype distribution and the problem of drug resistance,
AIDS 18(3):S63–S68. Official Journal of the international AIDS society.
- 11 -
una maggiore virulenza
9
. Il sottotipo B è predominante in Europa e in America; con
l’aumento dell’immigrazione e della globalizzazione, circa il 25% delle nuove
infezioni in Europa comprendono varianti africane e asiatiche. Nel continente
africano è presente il maggior numero di forme ricombinanti, mentre in Asia il più
diffuso è il sottotipo C
10
. La diversità genomica dei sottotipi virali, nelle differenti
regioni geografiche, è dovuta a fattori come l’elevata velocità replicativa, le
mutazioni che possono insorgere in ogni ciclo replicativo o la ricombinazione genica,
senza sottovalutare l’importanza che rivestono l’ospite, l’ambiente e le pressioni
terapeutiche selettive su tali processi evolutivi
11
.
9
Cf. CHOISY, M., WOWLK, C.H., GUE´GAN, J.F., ROBERTSON, D.L. (2004), Comparative
Study of Adaptive Molecular Evolution in Different Human Immunodeficiency Virus Groups and
Subtypes, Journal of Virology. 78 (4):1962-1970.
10
Cf. WAINBERG, M.A. (2004), HIV-1 subtype distribution and the problem of drug resistance,
AIDS 18(3):S63–S68. Official Journal of the international AIDS society.
11
Cf. Ibidem
- 12 -
I. 1.1 Struttura del Virus
Al microscopio elettronico il virus dell’HIV appare come una struttura quasi sferica,
di diametro compreso tra i 100 e i 120 nm. Vedi Tav.1
Tav.1 Il virus al microscopio elettronico
Il virione risulta composto per il 60-70% circa da proteine, per il 30-40% da sostanza
lipidiche derivate dalla cellula ospite, per il 2% da carboidrati e per l’1% da RNA
gnomico
12
. La particella virale è composta da un involucro esterno o envelope e
una più interna denominata nucleocapside o core. Vedi tav.2
Tav. 2 - Struttura schematica del virus HIV-1 (da Freed, 2001).
12
Cf. GREEN W.C. (1991), The molecular biology of human immunodeficiency virus type infection,
New Engl. J. Med. 324:308-317.
- 13 -
L’involucro è costituito da un doppio strato fosfolipidico, al quale sono ancorate
numerose glicoproteine
13
. L’analisi al microscopio elettronico rivela che
l’assemblaggio di unità della proteina forma un ispessimento interno del doppio
strato fosfolipidico che stabilizza i componenti dell’involucro del virione
14
. La
porzione interna della particella virale è costituita dal nucleocapside, una struttura
proteica semicilindrica, al cui interno si trovano i componenti necessari alla
replicazione del virus: il genoma virale, molecole di tRNA e alcuni prodotti del gene
pol (trascrittasi inversa o TI, integrasi, proteasi)
15
. La struttura del genoma del virus
ha permesso di approfondire ulteriormente lo studio del virus, allargando l’aspetto
diagnostico di ricerca. Il ciclo di replicazione virale può essere suddiviso in diverse
fasi. Gli eventi iniziali comprendono l’adsorbimento del virus, la penetrazione nella
cellula ospite e il denudamento del virus. In seguito il genoma virale a RNA viene
trascritto in DNA dalla trascrittasi inversa ed assume una forma intermedia costituita
da una doppia catena lineare di DNA libera non ancora integrata nel genoma della
cellula ospite. Successivamente il DNA virale entra nel nucleo dove viene
definitivamente integrato nel DNA della cellula ospite. Una volta inserito nel
genoma della cellula ospite, il genoma retrovirale (provirus) può rimanere latente ed
essere trasferito alle cellule figlie durante la replicazione cromosomale e la divisione
cellulare. Nelle cellule attivate serve come stampo per la trascrizione di una molecola
di RNA messaggero virale completa, che viene traslocato nel citoplasma dove,
13
Cf. LUCIW, P.A., Fields, B.N., Knipe, D.M., Howley, P.M. (1996), Human immunodeficiency virus
and their replication, Fields Virology. 2
nd
ed. New York: Raven Press, 1881-1952.
14
Cf. Ibidem
15
Cf. WEISS, R.A, Getting to know HIV, Tropical Medicine and International Healt 5 (7): A10-A15.
2000
- 14 -
attraverso eventi dette splicing, subisce modificazioni che lo rendono idoneo per la
traduzione e la sintesi di proteine virali. Dopo la sintesi delle proteine virali, si
costituiscono le nuove particelle contenenti il genoma virale che acquisiscono la
membrana retrovirale derivante direttamente dalla membrana plasmatica cellulare nel
momento in cui il virione è liberato dalla cellula tramite i processo di gemmazione
16
.
Il processo di infezione incomincia quando le catene proteiche si fissano ai recettori
della membrana cellulare dell'ospite, poi l'RNA del virus entra nella cellula ospite
insieme all'enzima RNAse (o trascrittasi inversa). Partendo dal RNA del virus,
l'enzima RNAse sintetizza del DNA, in grado di inserirsi nel DNA della cellula
ospite come provirus, in attesa quindi di venire duplicato. I retrovirus sono
caratterizzati da una straordinaria capacità di persistere indefinitamente nei loro
ospiti naturali. Vedi tav.3
Tav.3 - Retrovirus
16
Cf. Ibidem
- 15 -
Questa proprietà è molto importante sotto il profilo patogenetico, perché gran parte
degli effetti patologici che questi virus causano, non importa se di tipo oncogeno,
degenerativo o immunodepressivo, insorgono dopo parecchi anni di persistenza
nell'ospite, come conseguenza di danni stocastici a singole cellule (patologie
tumorali) o del progressivo accumularsi di danni parcellari recati ai tessuti infettati,
quali ad es. deplezione di specifici tipi cellulari o altro (patologie degenerative e
immunodepressive).