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automatica la metodologia di cui al Cap. 3, mediante la messa a punto di un
programma di calcolo (il cui listato è riportato in Appendice), corredato da
alcuni esempi pratici.
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CAPITOLO I
LA SICUREZZA NEGLI IMPIANTI
ELETTRICI CIVILI.
1. IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE.
Per una adeguata valutazione del rischio elettrico sarà sufficiente riflettere
su alcuni dati statistici relativi ad anni recenti (fonte: ENEL):
− per elettrocuzione si verificano in Italia circa 400 infortuni mortali,
praticamente il doppio della media europea;
− il 4 ÷ 5% degli incidenti elettrici finisce per avere un esito mortale (circa
trenta volte superiore al numero degli incidenti non elettrici);
− la maggior parte degli infortuni domestici ha luogo nel bagno;
− il 10 ÷ 15% degli incendi ha cause di natura elettrica.
Va aggiunto [1] che in non pochi episodi la causa elettrica di un decesso
sfugge ad una pur accurata analisi autoptica per la mancanza di segni evidenti,
come tracce di bruciature o altro: dei casi che arrivano in ospedale, soprattutto
quando l’esito è fatale, non si riesce sempre a ricostruire con certezza la causa
elettrica.
Molto spesso, inoltre, la causa elettrica dell’infortunio è solo indiretta: un
operaio che, lavorando su una scala, tocca un filo elettrico attivo e subisce una
scarica non mortale, va comunque incontro ad un grave infortunio, se lo
5
spavento provoca un movimento inconsulto che lo fa precipitare nel vuoto.
2. EFFETTI DELLA CORRENTE ELETTRICA
SUL CORPO UMANO.
Allo scopo di comprendere gli effetti della circolazione di una corrente
elettrica nel corpo umano, sarà opportuno ricordare che le cellule sono dotate di
una membrana che presenta una permeabilità ionica di tipo selettivo, molto
maggiore, ad esempio, per lo ione potassio K
+
che non per lo ione sodio Na
+
.
Alla base della cosiddetta pompa chimica cellulare resta un meccanismo di
espulsione degli ioni sodio e di assorbimento degli ioni potassio.
Associato a questo tipo di dinamica ionica rimane definito un potenziale di
riposo della cellula, legato alle concentrazioni ioniche riscontrabili: per una
cellula nervosa, ad esempio, il potenziale di riposo assume il valore
approssimativo di -70 mV, valutato come differenza di potenziale dell’interno
della cellula rispetto all’esterno.
L’applicazione, per un intervallo di tempo sufficientemente lungo, di una
tensione esterna di ampiezza opportuna, superiore ad un certo valore di soglia,
può alterare le concentrazioni ioniche cellulari e il suo stato di polarizzazione,
inducendo quello che viene indicato come uno stato di stimolazione dovuto
all’applicazione di un opportuno potenziale di azione, rimosso il quale la
cellula può riportarsi allo stato primitivo entro un tempo più o meno breve.
Il passaggio di una corrente elettrica nei tessuti umani ha dunque effetti
fisiologici largamente variabili, dipendenti dal valore della corrente, dalla sua
frequenza, dalla durata del contatto, dalla sensibilità individuale e dalla zona
6
del corpo in cui il fenomeno ha luogo. La soglia di sensibilità può variare da
alcune decine di µ A, per la lingua, a poco più di una decina di mA per altre
parti anatomiche meno sensibili. L’influenza della durata del contatto viene
adeguatamente descritta nella curva di pericolosità corrente-tempo, di
andamento approssimativamente iperbolico.
Riguardo alla frequenza di variazione della corrente, va evidenziato come
la corrente stazionaria sia tendenzialmente meno pericolosa di quella alternata:
il suo passaggio provoca, infatti, una contrazione muscolare seguita da una fase
di rilascio. Ad ampiezze elevate, tuttavia, anche la corrente stazionaria provoca
fenomeni di paralisi: le variazioni di resistenza del corpo dovute, ad esempio, a
bruciature che si estendono in maniera casuale, provocano fluttuazioni della
corrente che determinano contrazioni muscolari.
In corrente alternata, il limite di pericolosità I
p
viene legato alla durata
della circolazione nei tessuti corporei dalla relazione:
I
t
p
≤+10
10
, [mA]
ove il tempo t va espresso in secondi.
La pericolosità dell’elettrocuzione si estrinseca attraverso una serie di
fenomeni:
− tetanizzazione: a causa dello stimolo elettrico sulle singole cellule, si
manifesta la contrazione di un intero fascio muscolare, con una
sintomatologia non diversa da quella del tetano (da cui il termine).
Particolarmente pericoloso è il contatto in corrente alternata: i tessuti
muscolari sono interessati da una serie di stimoli che si ripetono in maniera
7
regolare determinando uno stato di contrazione permanente. La persona che
tocca un oggetto accidentalmente sotto tensione (come, ad esempio, il
braccio metallico di un portalampada) si troverà nell’impossibilità di
lasciarlo, impedito proprio dalle contrazioni dei muscoli della sua stessa
mano. La massima corrente che attraversa il corpo e che consente ancora di
lasciare la presa viene definita corrente di rilascio;
− blocco respiratorio: per valori piuttosto elevati di corrente (che accentuano i
sintomi di contrazione muscolare), soprattutto se la zona interessata è quella
toracica, comprendente i muscoli respiratori, si possono verificare danni
irreversibili al cervello dovuti alla paralisi respiratoria, se quest’ultima ha
una durata superiore ai 2 ÷ 3 minuti. E’ questo tipo di fenomeno la causa del
colorito cianotico che presentano, non di rado, i cadaveri di vittime
dell’elettrocuzione;
− fibrillazione ventricolare: i disturbi legati a cause elettriche investono anche
il muscolo cardiaco regolato, nel suo ritmico pulsare, da un delicato
equilibrio di stimoli elettrici; se a questi si sovrappongono altri stimoli
(esterni) di intensità adeguatamente alta, si può pervenire ad una perdita
completa di quel coordinamento che rende possibile una ordinata attività
cardiaca. A seguito di una stimolazione intensa e incoerente, ciascuna delle
cosiddette fibrille del ventricolo può risultare soggetta a contrazioni
disordinate il cui persistere finisce per diventare letale;
− ustioni: bastano densità di corrente di pochi mA/mm
2
per qualche secondo
per provocare ustioni apprezzabili, soprattutto sulle zone dotate di maggiore
resistività, come la pelle; oltre i 40 ÷ 50 mA/mm
2
si ha una carbonizzazione
dei tessuti interessati che, aumentando notevolmente la resistenza locale,
può avere un effetto paradossalmente protettivo nei confronti di ulteriori e
8
più gravi danni.
3. RESISTENZA DEL CORPO UMANO.
La valutazione e la definizione stessa della resistenza del corpo umano
presentano non poche difficoltà: nella maggioranza dei casi, la parte più
rilevante della resistenza complessiva compete alla pelle.
La resistenza equivalente del corpo umano dipende, anche in misura
notevole, dai parametri seguenti:
− i punti di ingresso e di uscita della corrente: il valore più alto si raggiunge
per il contatto fra le due mani e diminuisce del 25% fra una mano e i due
piedi e del 50% nel contatto fra le due mani e i due piedi;
− l’aumento della pressione di contatto, che fa diminuire la resistenza: in caso
di dubbio sulla sicurezza, ad esempio, di un lume da tavolo, conviene
evitare di impugnarlo in maniera decisa;
− com’è ovvio, la resistenza dipende inversamente dalla superficie di contatto;
− la resistenza totale tende, in generale, a diminuire con la durata del contatto:
solo una eventuale carbonizzazione da ustione ne provoca un aumento;
− la consistenza e lo stato, anche temporaneo, della pelle giocano un ruolo
decisivo: per i bambini e le donne può assumere valori sensibilmente e
pericolosamente più bassi che per gli uomini (mani ruvide e callose risultano
particolarmente protettive verso il rischio elettrico). La presenza di lesioni
superficiali espone al contatto elettrico i tessuti sottostanti lo strato
protettivo dell’epidermide, ricchi di capillari irrorati di sangue (un fluido
dalla resistività piuttosto bassa): si giustifica così un vistoso abbassamento
9
della resistenza.
− A tensione non superiore a 50 V, la resistenza corporea si riduce del 25% se
la pelle è bagnata con acqua normale; la riduzione arriva al 50% nel caso in
cui la pelle sia bagnata con soluzioni conduttrici come, ad esempio, acqua
con sali da bagno;
− la resistenza del corpo umano dipende, sfortunatamente, in maniera inversa
dalla tensione applicata. Una epidermide asciutta, soprattutto nelle zone
callose, determina una resistenza piuttosto elevata a tensioni relativamente
basse, intorno a 10÷100 kΩ , che però scende ad appena 1 kΩ quando la
tensione sale a 500 V. In caso di lesioni cutanee estese e relativamente
profonde, la resistenza scende fino a circa 500 Ω : se allora si fissa
convenzionalmente il suo valore pari a 3 kΩ , e si assume come non
pericolosa una corrente non superiore a 17÷20 mA, risultano non pericolose
le tensioni fino a 50÷60 V. E’ sulla base di queste considerazioni che, come
esposto nel paragrafo che segue, le Norme pongono un limite al livello di
tensione sopportabile senza che intervenga alcuna forma di protezione.
4. TIPI DI CONTATTO E RELATIVE
PROTEZIONI SECONDO LA NORMA CEI
64-8 E LA LEGGE 46/90.
Condizioni e modalità per il verificarsi di un infortunio elettrico possono
essere estremamente variabili, in relazione ad una molteplicità molto ampia di
apparecchiature, di impianti e di condizioni di impiego.
Anche se la legislazione ordinaria contiene esplicite disposizioni atte a
10
favorire la sicurezza, la previsione del rischio e la formulazione di prescrizioni
e di misure atte a prevenire o a minimizzare il pericolo viene affidata ad
appositi enti, sia nazionali che internazionali, che provvedono ad emanare e
aggiornare periodicamente le normative di sicurezza più specificamente idonee
ai vari settori applicativi. Nel caso dell’Italia, tale attività viene
istituzionalmente svolta dal Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), il quale ha
il compito di stabilire i requisiti che devono avere i materiali, le macchine, le
apparecchiature e gli impianti elettrici affinché essi possano considerarsi come
realizzati a regola d’arte, e i criteri coi quali detti requisiti devono essere
controllati.
Una prima importante distinzione fatta dalle Norme CEI nella Parte 4
(Prescrizioni per la sicurezza) riguarda la prevenzione degli incidenti di tipo
elettrico, i quali vengono classificati in due grosse categorie, relative al tipo di
contatto dal quale deriva la folgorazione dell’infortunato.
Si dice che si è verificato un contatto diretto quando una o più parti del
corpo umano vengono in contatto con parti di un impianto elettrico
normalmente in tensione: ad esempio, un conduttore nudo o la vite di fissaggio
del conduttore in una morsetteria; perciò, un isolante (= protezione passiva)
deteriorato che lasci scoperto un cavo è da considerarsi come causa di un
incidente per contatto diretto. Si parla invece di contatto indiretto quando la
folgorazione è provocata dal contatto con ampie parti metalliche normalmente
non in tensione (comunemente definite massa), che potrebbero, però, andare in
tensione a causa di un difetto di isolamento.
Negli impianti elettrici adibiti a civile abitazione, la protezione attiva
contro il contatto diretto deve essere affidata ad interruttori differenziali
(purtroppo inefficienti nel caso di contatto bipolare) ad alta sensibilità (I
∆ n
≤ 30
11
mA); la protezione contro il contatto indiretto deve essere affidata ad un
impianto di terra coordinato ad un interruttore differenziale ad alta sensibilità,
che in caso di contatto provveda ad interrompere il circuito.
Per descrivere nel dettaglio il funzionamento di tale protezione (contro il
contatto indiretto), è necessario premettere alcune definizioni desunte
direttamente dalle Norme.
− Con il termine terra si indica la massa del terreno assunta
convenzionalmente a potenziale nullo ovunque;
− per dispersore di terra si intende un corpo metallico o un complesso di corpi
metallici, posti ad una certa profondità nel terreno, in buon contatto con
questo e destinato a disperdervi eventuali correnti;
− il conduttore di terra provvede a realizzare il collegamento fra le parti da
proteggere e il dispersore di terra;
− la resistenza di terra, R
t
, è data dal rapporto fra la tensione verso terra
dell’impianto, valutata rispetto a punti sufficientemente lontani
(teoricamente all’infinito) e la corrente dispersa a terra, I
t
; il limite
superiore imposto dalle Norme per R
t
è 20 Ω .
− La tensione di contatto, V
c
, è la tensione alla quale può essere sottoposto il
corpo umano a seguito di contatto con carcasse o parti metalliche di
apparecchiature che siano andate in tensione a seguito di un cedimento degli
isolamenti; il limite superiore imposto dalle Norme per V
c
è 50 V.
A questo punto, volendo studiare - allo scopo di prevenirle - le
conseguenze di una massa andata in tensione (in una civile abitazione nel cui
impianto elettrico sia previsto un interruttore differenziale) in presenza di un
impianto di terra, avente una resistenza di terra R
t
, si può fare riferimento alla
fig. 1 nella quale, nell’ipotesi di trascurare tutti i parametri non resistivi, si è
12
indicato con:
− R
c
, la resistenza equivalente del corpo umano (≅ 3 kΩ );
− R
ct
, la resistenza aggiuntiva tra corpo e terra, che tiene conto del fatto che i
piedi non si trovano al potenziale di terra a causa dell’interposizione di
calzini, scarpe, pavimento e quant’altro (R
ct
≅ 10 kΩ );
13
− R
n
, la resistenza equivalente del neutro verso terra (≅ 5 Ω );
− E
, la tensione di fase che, nel sistema di distribuzione in bassa tensione
adottato in Europa, ha il valore efficace di 220 V.
Adottando il metodo delle correnti fittizie (di maglia) si ha:
JR R JR E
JR J R R R
tn t
ttcct
12
12
0
()
()
+− =
−++=
da cui si ricava che i valori massimi delle correnti in gioco valgono
approssimativamente:
JI
ER R R
RR R R RR R
corrente di guasto
g
tcct
ntcct tcct
1
==
++
++ + +
=
()
()()
"";
JI
ER
RR R R RR R
corrente di elettrocuzione
c
t
nt c ct tc ct
2
==
++ + +
=
()()
"";
I
t
= I
g
- I
c
.
Sempre dalla fig. 1 si deduce che:
II
RR
RRR
tg
cct
tcct
=
+
++
, (1)
relazione dalla quale, per R
ct
≅ 0, si ricava che:
14
R
t
I
t
= (I
t
- I
g
) R
c
= I
c
R
c
= V
c
.
Le Norme CEI impongono che max(V
c
) = 50 V, perciò:
R
III
t
tgc
≤=
−
50 50
;
per I
c
→ 0 e considerato che, per la presenza dell’interruttore differenziale, è
max(I
g
) < 30 mA, si evince che:
R
t
≤≅
50
003
1667
.
Ω .
Tuttavia, la legge 46/90 impone che R
t
debba comunque considerarsi
≤ 20 Ω , anche se ciò comporterà un impianto di terra più oneroso: una
resistenza di terra molto piccola, come può facilmente verificarsi sostituendo il
valore R
t
= 20 Ω nella (1), offre infatti un elevato grado di sicurezza,
assorbendo praticamente per intero la corrente di guasto.
5. INCIDENZA DELLA RESISTENZA DI TERRA
SULLA SICUREZZA E SUL COSTO
DELL’IMPIANTO DI TERRA.
La resistenza di terra dipende essenzialmente dalla resistività del terreno
entro il quale è immerso il dispersore e dalle dimensioni di quest’ultimo: per
15
tale motivo le Norme forniscono prescrizioni relative a qualità e dimensioni
minime dei dispersori. Essi infatti dovranno essere costituiti da materiali con
caratteristiche tali da impedire un facile deterioramento dovuto all’umidità o ad
altre cause di aggressività chimica del terreno, essendo la corrosione
responsabile di un aumento della resistenza di terra. I metalli comunemente
impiegati sono perciò il rame, l’acciaio rivestito di rame e i materiali ferrosi a
pesante zincatura.
La resistività del terreno dipende da molti fattori, ma soprattutto dalla
presenza di acqua: la conduzione entro il terreno, infatti, costituisce un
fenomeno di natura essenzialmente elettrolitica.
Particolarmente complessa risulta essere la determinazione della resistività
equivalente di un terreno stratificato [2, 3] e di quella di un terreno granulare
disomogeneo (cfr. Cap. 2); nonostante ciò, il suo valore deve essere calcolato
con estrema cura (ove possibile, mediante rilevazioni in sito) perché dal suo
ammontare dipenderà l’estensione (e quindi il costo) dell’impianto di terra,
nonché il grado di sicurezza offerto.
Per gli stessi motivi, vale la pena di notare che un metodo abbastanza
efficace per abbassare anche di molto la resistenza di terra, consiste nel
sostituire il terreno tutt’intorno al dispersore con grafite, torba, argilla o altro
materiale a bassa resistività. L’operazione, compiuta durante la fase di
installazione del dispersore, ha lo scopo di migliorare le condizioni di
conducibilità nella zona immediatamente circostante il dispersore: è proprio
questa zona, infatti, a fornire il maggior contributo nel calcolo della resistenza
complessiva di terra.
Si può conseguire un abbassamento della resistenza di terra anche facendo
ricorso a un sistema di più dispersori in parallelo, collegati da un cavo che, ove
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possibile, può svolgere anch’esso la funzione di dispersore lineare orizzontale.
La soluzione ottimale consisterebbe però nell’affidare la sicurezza
dell’area interessata ad un’unica piastra di rame di grande spessore, capace di
garantire dappertutto una condizione di confortante equipotenzialità. Si tratta
purtroppo di una ipotesi economicamente impraticabile, che viene surrogata,
come già detto, disponendo una molteplicità di dispersori reciprocamente
collegati, a costituire una efficace maglia di protezione il cui perimetro
dovrebbe seguire, con la migliore approssimazione possibile, quello
dell’edificio protetto (cfr. Cap. 3, 4).