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Le procedure da applicare per gli interventi sono rigidamente vincolate dalle
normative vigenti, ma le soluzioni individuate di volta in volta sono differenti in funzione
della natura della struttura su cui si va ad agire.
Nel seguito si dà dapprima un accenno alle caratteristiche dell’amianto ed alle sue
applicazioni e, successivamente, si analizzano le diverse fasi che caratterizzano un
intervento di bonifica negli impianti industriali (ed in particolar modo nel settore chimico)
dando una panoramica sui problemi e sulle soluzioni più frequenti che si incontrano.
Si dà, poi, una descrizione dei principali processi di smaltimento, inertizzazione e
innocuizzazione del materiale per concludere con alcune considerazioni di ordine
economico, aspetto non trascurabile visto il notevole sviluppo che sta avendo questo
mercato.
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1. L’AMIANTO
1.1 COS’ E’ L’AMIANTO
Conosciuto anche come asbesto, comprende un gruppo di minerali caratterizzati da
struttura fibrosa; da un punto di vista chimico sono silicati idrati con una struttura
cristallina particolare, che si presentano come agglomerati paralleli di fibre minute: ciò che
appare come una fibra, infatti, è un agglomerato di migliaia di filamenti, che, se sollecitato,
può scomporsi e rilasciare fibre singole.
I minerali di amianto si dividono in due gruppi: serpentini ed anfiboli. I primi
presentano una struttura a strati piani; i secondi, invece, hanno una struttura del tipo a
catena.
Nella tabella 1 si riportano i principali tipi e denominazioni dell’amianto.
Tabella 1
Tipo di amianto Denominazione Composizione
Serpentino Crisotilo (amianto bianco)
Silicato Mg
Anfibolo Crocidolite (amianto blu)
Amosite (amianto bruno)
Antofillite
Tremolite
Actinolite
Silicato Na e Fe
Silicato Fe e Mg
Silicato Mg e Si
Silicato Mg e Ca
Silicato Mg, Fe e Ca
Tra questi i più utilizzati sono il crisotilo, l’amosite e la crocidolite.
1.2 L’AMIANTO NELL’INDUSTRIA
Questo minerale era conosciuto già dai greci per la sua resistenza al fuoco, ma
questa non è l’unica sua proprietà. La resistenza meccanica, elettrica, agli agenti chimici, la
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possibilità di sottoporre le fibre a tessitura ed il potere coibente elevatissimo sono i motivi
per i quali le applicazioni sono numerose.
Fino a pochi anni or sono è stato utilizzato globalmente nella quantità di circa 5
milioni di tonnellate/anno in circa 1500 usi industriali, nei seguenti settori:
ξ edilizia: come cemento-amianto per tubazioni e cassoni (per il trasporto ed il
deposito dell’acqua), per lastre (eternit e promabest); come pannelli in isolamenti
antincendio o come applicazioni a spruzzo in intonaci isolanti;
ξ industria navale e ferroviaria: rivestimenti coibentanti e/o antincendio;
ξ industria automobilistica: guarnizioni per freni e frizioni; applicazioni
coibentanti;
ξ industria materie plastiche: come additivo rinforzante per manufatti in
vetroresina, linoleum ecc.; applicazioni coibentanti;
ξ industria metallurgica: schermi e vestiari protettivi per gli addetti alle colate;
ξ impieghi vari; tute antincendio per vigili del fuoco e competizioni
automobilistiche, scudo antitermico per capsule spaziali.
1.2.1 L’AMIANTO NELL’INDUSTRIA CHIMICA
Comprendendo anche le industrie alimentari per alcune similitudini con i processi
chimici, le applicazioni sono molteplici; si dà quindi una rapida panoramica sulle principali
realizzazioni in questo settore oggetto della trattazione.
L’uso più massiccio è come coibente termico di tubazioni e di tutti quegli impianti
funzionanti con fluidi ad alta temperatura come generatori di vapore, evaporatori,
riscaldatori, filtri, condensatori, scambiatori di calore e vasche di raccolta di liquidi caldi,
molto diffusi nelle industrie alimentari e, in particolare, in quelle saccarifere. Ma anche
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nell’industria petrolifera è stato largamente impiegato in quanto il vapore e le alte
temperature sono necessarie per la lavorazione del greggio nelle diverse colonne di
distillazione esistenti e nelle successive fasi di raffinazione.
Nell’industria chimica inorganica di base si possono citare le coibentazioni delle
torri di catalisi e di assorbimento per la produzione dell’acido solforico o delle camere di
combustione nell’industria dell’acido cloridrico, ma molti altri esempi possono essere
riportati.
Un’altra applicazione come coibente termico avviene in quei reattori nei quali le
reazioni devono avvenire a temperature fissate senza essere influenzate dallo stato termico
dell’ambiente esterno.
Ma la protezione dal calore non è l’unico impiego dell’amianto; altre utilizzazioni,
anche se in quantità minore, riguardano la realizzazione di guarnizioni, setti filtranti e
rivestimenti acustici ed antincendio.
1.3 CLASSIFICAZIONE DEI MATERIALI CONTENENTI AMIANTO
Nella letteratura tali manufatti vengono indicati con la sigla ACM (Asbetos
Containing Materials).
Una prima classificazione avviene in base alle loro applicazioni. Si possono
individuare tre grandi categorie:
1. materiali che rivestono superfici applicati a spruzzo o a cazzuola;
2. rivestimenti isolanti di tubi e caldaie;
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3. una miscellanea di altri materiali comprendente, in particolare, pannelli ad alta
densità (cemento–amianto), pannelli a bassa densità (cartoni) e prodotti tessili.
Un secondo criterio, più importante perché già in grado di dare indicazioni sulla
pericolosità del prodotto, è rappresentato dalla friabilità; in questo caso gli ACM possono
essere classificati come:
1. friabili: materiali che possono essere facilmente sbriciolati o ridotti in polvere
con la semplice pressione manuale (sono questi i responsabili dei rischi maggiori);
2. compatti: materiali duri che possono essere sbriciolati o ridotti in polvere solo
con l’impiego di attrezzi meccanici quali frese, trapani, dischi abrasivi, ecc..
Nella tabella 2 sono indicati i principali tipi di materiali contenenti amianto con le
loro caratteristiche di contenuto in amianto e friabilità.
Tabella 2
Tipo di materiale Note Friabilità
Ricoprimenti a spruzzo e
rivestimenti isolanti
Fino all’85% circa di amianto.
Spesso anfiboli (amosite,
crocidolite) prevalentemente
amosite spruzzata su strutture
portanti di acciaio o su altre
superfici come isolanti termo-
acustici
Elevata
Rivestimenti isolanti di
tubazioni e caldaie
Per rivestimenti di tubazioni
tutti i tipi di amianto, talvolta
in miscela al 6–10% con
silicati di calcio. In tele, feltri,
imbottiture in genere al 100%
Elevato potenziale di rilascio
di fibre se i rivestimenti non
sono ricoperti con strato
sigillante uniforme e intatto
Funi, corde, tessuti In passato sono stati usati tutti
i tipi di amianto. In seguito
solo crisotilo al 100%
Possibilità di rilascio di fibre
quando grandi quantità di
materiali vengono
immagazzinati
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Cartoni, carte e prodotti
affini
Generalmente solo crisotilo al
100%
Sciolti e maneggiati, carte e
cartoni, non avendo una
struttura molto compatta, sono
soggetti a facili abrasioni ed a
usura
Prodotti in cemento -
amianto
Attualmente il 10–15% di
amianto in genere crisotilo.
Crocidolite e amosite si
ritrovano in alcuni tipi di tubi
e di lastre
Possono rilasciare fibre se
abrasi, segati, perforati o
spazzolati, oppure se
deteriorati
Prodotti bituminosi,
mattonelle di vinile con
intercapedini di carta di
amianto, mattonelle e
pavimenti vinilici, PVC e
plastiche rinforzate
ricoprimenti e vernici,
mastici, sigillanti, stucchi
adesivi contenenti amianto
Dallo 0.5 al 2% per mastici,
sigillanti, adesivi, e al 10–25%
per pavimenti e mattonelle
vinilici
Improbabile rilascio di fibre
durante l’uso normale.
Possibilità di rilascio di fibre
se tagliati, abrasi o perforati
Si fa notare che, se determinati manufatti vengono indicati come poco o niente
friabili, in realtà lo possono diventare a seguito del degrado subito a causa di fattori
ambientali.
1.4 PERCHE’ DEVE ESSERE ELIMINATO
Come detto, i prodotti realizzati con amianto presentano l’inconveniente di
frammentarsi in polveri fibrose con il passare degli anni. Questo processo viene accelerato
dall’azione degli agenti atmosferici e/o dalle condizioni degli ambienti industriali
particolarmente aggressive; tali polveri prodotte hanno la tendenza a rimanere sospese
nell’aria inquinando sia l’ambiente di lavoro che le aree circostanti.
Le polveri di amianto hanno dimensioni che variano dal µm al mm; in modo
particolare le fibre di lunghezza comprese tra 1-2 µm e i 50 µm e di diametro pari a 0,01
µm sono quelle che possono raggiungere gli spazi alveolari dando origine a: asbestosi,
mesoteliomi, tumori alla pleura, al peritoneo, al polmone, alla laringe, alla cavità orale,
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all’esofago, allo stomaco, al colon e ai reni (tra questi i più frequenti sono l’asbestosi, il
carcinoma polmonare e il mesotelioma pleurico e peritonale). Tuttavia oggi esiste un
diffuso consenso sul fatto che le fibre di lunghezza inferiore a 5 µm non siano cancerogene
in quanto non sono biologicamente attive o perché vengono allontanate dai polmoni. Per
contro è ormai accertato l’effetto aggravante dovuto all’esposizione agli idrocarburi
aromatici del fumo di sigaretta.
Le normative attuali (D. Lgs. 15/08/1991 n. 277, art. n.31, modificato dall’art. n.3
della Legge 27/03/1992 n. 257) forniscono come valore limite di esposizione nei luoghi di
lavoro, valutati su un periodo di otto ore, concentrazioni di 0,6 ff/cm
3
per il crisotilo e di
0,2 ff/cm
3
per gli altri tipi di amianto; tali valori, però, sono da intendersi efficaci
solamente per la protezione dal rischio di asbestosi, mentre non è garantita l’impossibilità
di contrarre altre patologie.
Il mesotelioma può avere lunghi periodi di latenza (fino a 40 anni), può derivare
anche da una sola esposizione alle polveri e fibre di amianto, ed è doloroso e spesso fatale;
il cancro e l’asbestosi hanno periodi di latenza che variano dai 15-30 anni e richiedono
lunghe esposizioni.
Tra i vari tipi di amianto, la crocidolite (amianto blu) e la amosite (amianto bruno)
sono assai più potenti del crisotilo (amianto bianco) nel provocare la neoplasia. La
maggiore potenza cancerogena dei due amianti di anfibolo rispetto all’amianto di
serpentino è spiegabile tenendo conto che le fibre anfiboliche rettilinee raggiungono per
via linfatica la pleura più facilmente rispetto alle fibre di serpentino che presentano
curvature longitudinali o assiali “a ricciolo”.
Oltre alla contaminazione per inalazione, che produce gli effetti sopra descritti,
altre vie di contagio sono quelle per ingestione e per contatto epidermico. In questi casi,
15
però, non è ancora stato dimostrato che l’amianto possa dar luogo a degenerazioni
cellulari.
Per questi motivi l’asbesto viene indicato come uno degli inquinanti pericolosi ed in
Italia dal 1992 (Legge n. 257/92) è vietata l’estrazione, la produzione e l’uso di manufatti
contenenti amianto, mentre con le successive norme emanate vengono dettate disposizioni
in merito al loro censimento, rimozione e relativo smaltimento.
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2. PROGETTARE LA BONIFICA
La realizzazione del progetto di bonifica si ottiene attraverso una serie di fasi
differenti che sono:
- progetto preliminare di intervento;
- piano di lavoro;
- progetto esecutivo.
Questi passaggi, sovente, non si svolgono in modo cronologico, ma
contemporaneamente.
Per interventi dati in appalto da un ente pubblico il progetto si compone, inoltre, dei
capitolati tecnici d’appalto nei quali viene effettuata una valutazione dell’opera che può
essere a corpo (molto frequente) o a misura.
Prima di analizzare le varie fasi di un progetto, si pone l’attenzione sul fatto che
ogni intervento presenta delle caratteristiche uniche dovute alla natura dell’edificio o
impianto industriale su cui si va ad agire, dalla sua destinazione d’uso e dalle tecniche
utilizzate per la bonifica.
Per quanto riguarda le metodologie utilizzate per il risanamento si dovrà fare una
scelta tra le seguenti:
1. limitarsi ad un programma di controllo e manutenzione;
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2. procedere ad un trattamento di incapsulamento;
3. procedere al confinamento con la messa in opera di barriere a tenuta;
4. procedere alla rimozione del supporto contenente amianto.
Il processo relativo al punto 1 si può applicare quando i manufatti si presentano in
buone condizioni. Infatti, in assenza di degrado, manomissione, di fenomeni di accumulo
del fallout, cioè del distacco normalmente modesto, ma continuo, la concentrazione di fibre
aerodisperse nelle aree adiacenti alla struttura contenente amianto non è particolarmente
più elevata rispetto all’ambiente esterno. Tale condizione si riscontra solamente in edifici e
impianti attivi.
Le modalità concernente i punti 2 e 3 possono essere applicate sia ad impianti ed
edifici dismessi che in attività. Possono essere provvedimenti sia definitivi che provvisori
attuati per evitare la dispersione di fibre nell’ambiente. I motivi che portano ad una scelta
di questo tipo sono di varia natura dipendendo dalle situazioni contingenti che si
incontrano; si fa notare, però, che quando, dopo avere adottato tali soluzioni, si decide di
eseguire una rimozione, le difficoltà ed i costi aumentano considerevolmente.
Gli interventi di rimozione (punto 4), invece, sono quelli più attuati; essi
consentono una eliminazione definitiva del problema, ma risultano essere anche i più
complessi, pericolosi e costosi.
Le soluzioni che verranno adottate dovranno poi tener conto anche del tipo di
manufatto contenente amianto: si hanno infatti materiali contenenti amianto in matrice
compatta (cemento-amianto) e materiali contenente amianto in matrice friabile. Nel
secondo caso si incontrano maggiori difficoltà a causa della facilità alla polverizzazione.
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Per ultimo si fa notare che, se anche gli interventi vengono studiati caso per caso, il
progetto che viene redatto deve seguire le linee di riferimento prescritte dalle normative
che sono:
ξ D.Lgs. 15.08.91 n. 277
“ Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 88/642/CEE, n. 83/447/CEE, n.
86/188/CEE, n.88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi
derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici durante il lavoro, a
norma dell’articolo 7 della Legge 30.07.90 n. 212”.
(Si tratta di uno degli articoli più importanti dell’attuale normativa in materia in
quanto mette in atto meccanismi di sorveglianza effettiva).
ξ D.M. Sanità 06.09.94
“Normativa e metodologie tecniche di applicazione dell’articolo 6, comma 3, e
dell’articolo12, comma 2 della Legge 27.03.92 n. 257 relativa alla cessazione
dell’impiego dell’amianto”.
2.1 IL PROGETTO PRELIMINARE D’INTERVENTO
Questa fase è costituita principalmente da una serie di sopralluoghi all’impianto per
studiarne le caratteristiche ed individuare le zone a rischio.
È una operazione che viene eseguita con la collaborazione della direzione tecnica
della azienda che è l’unico organismo in grado di specificare le problematiche
caratteristiche dei vari reparti interessati e dettare precise indicazioni ai progettisti della
bonifica in base alle necessità della produzione.
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Come già detto in precedenza bisogna distinguere tra impianti dismessi ed in
attività.
Negli impianti dismessi i problemi che si incontrano sono per lo più di ordine
logistico-funzionale. È noto che un impianto chimico ha una conformazione fisica piuttosto
complessa con spazi vitali spesso inesistenti. In questo caso la commissione che esegue i
sopralluoghi deve cercare di individuare i lotti da bonificare che permettano di eseguire
l’intervento nel miglior modo possibile.
La prima cosa che si nota ad una analisi visiva è lo stato di imbrattamento delle
superfici; negli impianti dismessi ciò può essere ad un grado piuttosto alto per cui bisogna
preventivare metodologie e prodotti che permettono una accurata pulizia evitando allo
stesso tempo la dispersione delle fibre di amianto.
Il passo successivo è quello di individuare i lotti da bonificare. Tali blocchi devono
permettere la realizzazione del cantiere nel rispetto delle norme ed in particolar modo
prevedere i requisiti minimi di sicurezza degli addetti, le vie di accesso, gli spazi di
separazione e filtro rispetto le zone circostanti, le vie di fuga, i siti per il deposito di
materiali ed attrezzature pulite, i siti per il deposito provvisorio di materiali tossico-nocivi
e speciali prodotti dalla bonifica e le vie di collegamento dal cantiere ai mezzi di trasporto
finali.
Nel caso di impianti in attività, oltre a quanto già detto, si avrà una ulteriore
complicazione dovuta al fatto che i processi industriali possono essere interrotti solo in
parte o non possono essere fermati affatto per cui, nei cantieri, si avranno delle condizioni
ambientali non ideali sia all’interno che all’esterno e presenza, nelle vicinanze, di
personale non addetto alla bonifica. In questo caso determinante sarà l’apporto della
direzione tecnica della ditta appaltante per il conseguimento del miglior risultato finale.