7
La stessa descrizione di un evento atmosferico non contiene in sé
alcuna traccia di tale evento fisico, ma veicola, appunto, il conoscere da
un individuo all’altro.
Oggi, il problema non è quello di adeguare una nozione nata in
altri tempi ad una situazione profondamente mutata, rispettandone le
ragioni e la logica d’origine; volendo decifrare il dibattito in corso,
infatti, ci si accorge che in esso non si riflette soltanto il classico tema
della difesa della sfera privata contro le invasioni dall’esterno, ma si
realizza un importante cambiamento qualitativo, che spinge a
considerare i problemi della privacy nell’ambito dell’attuale
organizzazione del potere, di cui appunto l’infrastruttura informativa
rappresenta ormai una delle componenti fondamentali.
Partendo da tali premesse che ci sembravano doverose, abbiamo
cercato di analizzare il fenomeno privacy cercando di mettere a fuoco
con occhio critico il rapporto tra questa e la pubblica amministrazione.
Questo rapporto non è né semplice né tanto meno scontato, in
quanto si tratta di coordinare e conciliare interessi contrapposti e non
sempre convergenti.
Il nostro lavoro si suddivide in quattro capitoli.
La prima parte, dedicata all’evoluzione del right of privacy, dalle
origini del concetto, al suo inquadramento nella struttura dei diritti della
personalità.
Dai primi riconoscimenti da parte dei tribunali e della Suprema
Corte, siamo passati poi alla disamina delle figure affini alla privacy,
figure che si mescolano se non addirittura si confondono con essa.
Un’analisi dell’evoluzione delle fonti normative in tema di
riservatezza, sia in ambito europeo che nazionale, ci è sembrata
8
necessaria e doverosa, abbiamo quindi tracciato il quadro delle più
importanti leggi in materia di protezione dei dati, dalla Convezione
n. 108 del Consiglio d’Europa, alla direttiva 95/46/CE che rappresenta la
base di assoluto riferimento per il trattamento dei dati personali, fino ad
arrivare ad un’analisi delle prime leggi Italiane in materia di riservatezza.
La seconda parte, rappresenta il tema centrale del nostro lavoro, è
suddivisa in tre sezioni.
La prima sezione, è dedicata alla nuova normativa sulla protezione
dei dati personali, il d.lgs. 196/2003, che ha dopo sette anni ha
riorganizzato l’intera materia, ora innovando rispetto al passato
adeguando la normativa ai cambiamenti che si sono avuti nel corso degli
anni e alle nuove tecnologie, ora confermando le tendenze della legge
base 675/96.
Si è cercato di analizzare il rafforzamento delle nuove garanzie
riconosciute dal Codice.
Cosi abbiamo fatto una disamina su una delle maggiori novità
introdotte dalla nuova normativa, ovvero, l’espresso riconoscimento
positivo di un (nuovo) diritto alla protezione dei dati personali facente
capo a chiunque, diritto che si presenta come un diritto diverso dai
tradizionali diritti della personalità.
La seconda sezione, è dedicata specificatamente alla privacy nella
pubblica amministrazione.
Si è cercato di sottolineare come la privacy rappresenti, nella sua
accezione più piena ed evoluta, un'opportunità per garantire trasparenza
nella gestione dei dati contenuti nelle banche dati pubbliche e private e
per reimpostare in termini di rispetto e dignità il rapporto con i cittadini e
i consumatori.
9
Siamo poi passati ad esaminare i principi, le condizioni e limiti
posti all’azione della Pubblica Amministrazione.
A tal proposito ci siamo soffermati sui rischi della riservatezza, in
relazione alla criticità delle informazioni trattate da parte dei soggetti
pubblici, nonché della disciplina del consenso al trattamento dati, quando
la Pubblica Amministrazione procede per finalità istituzionali.
La terza sezione, è invece dedicata alla sicurezza rispetto al
trattamento dei dati personali.
Dell’importanza delle misure di sicurezza delle informazioni, al
fine di aumentare la fiducia dei cittadini verso le banche dati che
detengono informazioni, passando poi, con uno sguardo più tecnico
all’analisi critica del documento programmatico di sicurezza e alle sue
innumerevoli proroghe delle proroghe, tanto che qualcuno ha addirittura
proposto di eliminare la figura del Garante ed abrogare il Codice.
La terza parte, delinea un quadro generale relativo al ruolo e alla
proliferazione, in questi ultimi anni, delle cosiddette Autorità
indipendenti, con particolare riferimento al Garante “per la tutela delle
persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”,
del suo notevole contributo in materia, e del suo ruolo di supervisore al
servizio della privacy.
La quarta parte, infine, è dedicata al dibattito dottrinale sui
cosiddetti diritti degli interessati, al loro contemperamento con gli
interessi posti a base della amministrazione pubblica.
10
Chiudiamo questa nostra introduzione con una citazione di uno tra
i più grandi giuristi italiani Norberto Bobbio che in “L’età dei diritti”,
afferma “che l’evolvere del rapporto tra pubblica amministrazione e
diritti del cittadino è uno degli indicatori del progresso storico”
2
, nella
speranza che queste parole sia di buon auspicio per un sempre maggior
raccordo tra le esigenze della privacy e quelle della pubblica
amministrazione.
2
N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990
11
CAPITOLO PRIMO
Le origini della riservatezza.
1. Alle radici della privacy
L’esigenza di una tutela del diritto alla riservatezza ha carattere
sovranazionale se non proprio mondiale, la sua origine è di natura
“oltreoceanica”, tanto che gli ordinamenti europei continentali
preferiscono recepirlo conservando la denominazione inglese di privacy.
In verità, già nel 1885 Rudolf von Jhering aveva dimostrato che i
diritti privati soggettivi possono tutelare interessi non economici.
Nel saggio del 1885 Jhering affermava il diritto di una persona ad
opporsi al fatto che il proprio ritratto fosse dal fotografo esposto in
vetrina o da lui venduto senza autorizzazione
3
.
I diritti della personalità, e più in particolare il diritto alla
riservatezza, non erano menzionati, ma il caso introduceva questo tema
nella letteratura giuridica europea.
Bisognava attendere altri cinque anni, per la stampa dell’articolo
di Warren e Brandeis che ancora oggi viene ritenuto il fondamento del
right of privacy
4
.
3
R.Jhering, Rechtsschutz gegen injuriose Rechtsverletzungen, in Jahrbucher fur die Dogmotik des
Heutigen Romichem und Deutshen Privatrechts, XXXIII, 1885, p. 312 s.
4
Il riferimento storico obbligatorio è a S. D. Warren e L. D. Brandeis in Harvard Law Review,
1890,193, i due giuristi denunciavano, come le recenti invenzioni e i metodi del business stessero
12
Articolo che offre lo spunto per una serie di sentenze che tutelano
la riservatezza in una società dove accanto ai giornali, vanno prendendo
piede i mezzi di comunicazione moderni come radio e la televisione.
Il diritto alla riservatezza nasceva, cosi, nel Common Law, come
reazione alle indiscrezioni dell’“Evening Gazette” di Boston sulle
amicizie della signora Warren e sulle nozze della figlia di Warren.
La citazione dell’articolo in esame è divenuta obbligatoria, quando
si parla di privacy, e, in particolare di leggi sulla protezione dei dati
personali
5
.
E’ importante notare come più di un secolo fa gia si mostrava
chiara la mobilità dell’asse dei valori fondanti il sistema giuridico, in
base alla constatazione che esiste un’osmosi tra ordinamento e tessuto
sociale, tale che il primo finisce con il riflettere, al pari di uno specchio,
la società di cui regola le dinamiche.
Il riconoscimento della riservatezza, avutasi grazie ad una lenta
evoluzione giurisprudenziale, ha mutato nel corso del tempo la sua
lontana matrice.
La nozione di “essere lasciati soli” può solo qualificarsi quale
aspetto di un diritto plurifunzionale, destinato a rispondere a molteplici
finalità e ad offrire una sorta di tutela globale alla persona, che, nella
società dell’informazione, si risolve sempre più spesso nei dati che la
riguardano
6
.
minacciando la riservatezza delle persone, ne traevano, perciò la necessità di un nuovo diritto alla
privacy, intesa come diritto ad essere lasciati soli.
5
Losano, La tutela dei dati personali. Commento alla legge 675/96, Milano, 1997, pp. 884 - 894.
6
Siamo passati da un mondo in cui le informazioni personali erano sostanzialmente sotto il
controllo esclusivo degli interessati ad un mondo d’informazioni condivise con una pluralità di
soggetti; viviamo in un mondo in cui proprio le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione hanno contribuito a rendere sempre più labile il confine tra pubblico e privato, in
tal senso: Rodotà, Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Bari,
1997, p. 151.
13
In questo delicato contesto, fatto d’equilibri giurisprudenziali, è
prima intervenuta la legge 675/96 e successive modifiche, ed ora il
decreto legislativo 196 del 30 giugno 2003, che si pone come il primo
modello di codificazione organica e completa (e finora unico in ambito
europeo) della materia in esame.
2. Inquadramento della riservatezza nella
struttura dei diritti della personalità.
Il cammino fatto dalla dottrina nel settore del diritto alla
riservatezza è stato, per lunga parte, il cammino dei diritti della
personalità.
Il concetto di “diritti della personalità” costituisce una creazione
oramai stabile nel nostro sistema giuridico.
I dubbi sull’ammissibilità di tale autonoma categoria sono stati
chiariti dal superamento della concezione antropomorfica
7
del diritto
soggettivo in una definizione normativa, che identifica il diritto
soggettivo con l’atteggiamento in concreto qualificato dalla norma
8
.
Nelle concezioni tradizionali del diritto soggettivo, infatti, esso
appare come potere della volontà o come interesse protetto o come
combinazione di queste formule; da tali configurazioni è rigorosamente
assente ogni riferimento al fenomeno normativo che permetterebbe di
7
Allorio, La pluralità degli ordinamenti giuridici e l’accertamento giudiziale, in RDC, 1955,
pp.254- 268.
8
Giorgianni, Il diritto privato e i suoi confini, in RTDPC, 1961, pp. 402- 438.
14
spiegare il diritto soggettivo mediante il diritto oggettivo, riducendolo
alla nozione di questo, ossia all’idea di norma.
La negazione dei diritti della personalità si basava, infatti, sul
concetto di diritto soggettivo inteso come potere della volontà, conferito
dall’ordinamento giuridico; per questo, essendo l’uomo già fornito di un
potere naturale su se stesso, la tutela giuridica si sarebbe risolta in un
artificiale allargamento delle proprie forze naturali.
Se si parte invece, dalla premessa che il diritto soggettivo
s’identifica con un criterio, esclusivamente normativo, di “valutazione”
di una condotta umana, non s’incontrano più seri ostacoli a recepire tale
criterio anche nella struttura dei diritti della personalità.
Da qui una serie di dispute sulla definizione dei diritti della
personalità, sull’identificazione, sulla natura giuridica del bene protetto,
sui differenti criteri di classificazione.
In passato le ragioni delle gravi incertezze e incoerenze si
potevano ricercare in un’obsoleta cultura giuridica, che modellava ogni
posizione attiva del soggetto sulla base del diritto di proprietà, con la
conseguenza che venivano esclusi, essendo ritenuti estranei alla sfera
giuridica, diritti aventi ad oggetto un bene posto non già all’esterno della
persona, bensì ad essa strettamente inerente.
In tal senso la dottrina aveva indicato una strada diversa
9
.
Si spiegano, allora, le polemiche sulla categoria dei diritti della
personalità: cosi si è affermato, di volta in volta, che la personalità è
9
Il diritto su ciò che io sono non sarebbe se non fosse diritto su ciò che sono stato. Il diritto sul
mio corpo presente è il diritto sul mio corpo passato. Anche il mio corpo esiste in quanto passa. E
un atto non è se non un corpo che agisce. Le parole, che ho pronunciato, sono la mia bocca che ha
emesso dei suoni o la mia mano che ha tracciato dei segni. Non sarei padrone della mia mano o
della mia bocca se non fossi padrone di quelle parole .E in quanto la legge mi garantisce il
godimento della mia bocca e della mano, riconosce che mi appartengono le mie parole, in tal
senso: Carnelutti, Diritto alla vita privata, in RTDP, 1955, pp. 3 – 18.
15
presupposto d’ogni diritto non già diritto essa stessa
10
; che la protezione
dell’individuo è attuata dallo Stato per i propri fini di carattere generale
( e benché talvolta questo deleghi l’esercizio di tale protezione al
singolo, agirebbe sempre al fine esclusivo di proteggere se stesso) e che,
conseguentemente la tutela della personalità è realizzata
dall’ordinamento mediante norme di diritto pubblico e gli attributi della
personalità costituiscono per il soggetto beni, non diritti; che, infine, i
presunti diritti della personalità non sarebbero che meri fatti costitutivi
d’obbligazioni, di reintegrazione o risarcimento del danno, derivante da
comportamenti contrari alle fondamentali prerogative della persona.
Le due categorie dell’avere e dell’essere che costituiscono il fulcro
su cui si annoda l’intera trama degli interessi umani, non hanno avuto
pari considerazione, in un passato più lontano, nelle dottrine
privatistiche: la seconda sembra finalmente imposta all’attenzione degli
studiosi in epoca relativamente recente.
Ciò spiega come in relazione ad una teoria del diritto soggettivo
elaborata fondamentalmente sull’esperienza dei rapporti relativi alla
prima categoria, l’oggetto del diritto può considerarsi come un’entità
estrinseca al soggetto.
E’ naturale, però, che dove oggetto di tutela è l’essere stesso della
persona la prospettiva deve mutare.
A questo punto le opinioni divergono sensibilmente, accanto a
posizioni secondo le quali il contenuto dei diritti della personalità non è
soltanto negativo in quanto essi hanno una posizione giuridica da
difendere, ma anche un lato positivo che consiste nella signoria del
titolare sopra di esse
11
, si sono delineate posizioni che hanno evidenziato
10
Branca- Alpa, Istituzioni di diritto privato, Bologna, 1992, p. 97.
11
Degni, Le persone fisiche, in Trattato Vassalli, Torino, 1939.
16
come, mentre la realizzazione del diritto reale coincide con la concreta
attività di godimento e di disposizione del titolare, la realizzazione dei
diritti della personalità ovverosia l’attuazione, sul piano di fatto, del loro
contenuto s’identifica esclusivamente con la non ingerenza da parte di
terzi in quelli che sono gli attributi essenziali della persona
12
.
La precisazione fatta circa il contenuto dei diritti della personalità
non può, comunque, soddisfare se non si sottolinea la capacità di questi
di permeare la maggior parte degli istituti giuridici mutandone la
funzione.
Difficoltà non minori s’individuano nella precisazione degli
elementi costitutivi della personalità.
La dottrina dominante afferma che questi ultimi non hanno
contenuto patrimoniale, che sono indisponibili, imprescrittibili e
intrasmissibili mortis causa.
Si può affermare che la sfera della personalità non trova sempre in
lege la definizione del suo concreto ambito: dall’ordinamento potremmo
conoscere gli eventuali limiti alla protezione giuridica o rilevarne
particolari applicazioni ad aspetti specifici, ma non avere delineata
esaustivamente l’intera molteplicità di manifestazioni dei diritti della
personalità.
La categoria dei diritti della personalità, quindi, non è illimitata,
ma piuttosto “indefinito e vario” è il contenuto dell’unico diritto della
personalità.
12
Di Majo, Profili dei diritti della personalità, in RTDPC, I 1962, 69 - 111.
17
3. La riservatezza come diritto di natura
giurisprudenziale.
Il diritto alla riservatezza appare, ben più d’altri aspetti di tutela
della personalità, strettamente collegato alle profonde trasformazioni
operate dalla società industriale, che hanno introdotto un differente
modello di vita.
In Italia il primo a proporre una teoria dell’interesse al riserbo è
stato lo sviluppo della società e la continua evoluzione tecnologica hanno
fatto emergere, negli ultimi anni, nuovi interessi, bisognosi di tutela.
E’ sintomatico che i primi casi d’emersione del diritto alla
riservatezza si collochino negli anni Cinquanta: momento storico, nel
quale, caduto il regime, gli organi di stampa godevano di una libertà più
ampia nel pubblicare fatti e notizie.
In questo contesto storico si collocano le più risalenti decisioni,
riguardanti personaggi celebri della musica, della storia o del cinema.
La prima più argomentata decisione, che sollevò all’epoca un
vivacissimo dibattito( che trovò collocati su opposte posizioni autori del
calibro di De Cupis attestato sulla tesi dell’esistenza di un diritto alla
riservatezza e Pugliese, fautore della tesi negativa) si deve al tribunale di
Roma
13
, il quale venne chiamato a decidere se fosse lecita ed
eventualmente in quali limiti la rappresentazione cinematografica a
carattere biografico, in cui venivano riferiti episodi e comportamenti
esplicitamente attribuiti a persona reale.
13
14 settembre 1953, in Foro it, 1953, I c. 115 con nota critica di Pugliese. Il preteso diritto alla
riservatezza e le indiscrezioni cinematografiche, ivi, c. 116.
18
Il caso, che vedeva come attori i congiunti di un famoso tenore,
i quali si lamentavano di aver viste rappresentate in un film fatti e
comportamenti inerenti la vita privata dell’artista, senza il loro consenso,
venne risolto dal tribunale di Roma con l’affermazione dell’esistenza nel
nostro ordinamento di un diritto alla riservatezza o “ privacy”,
proponendo la definizione di De Cupis, « nel divieto di qualsiasi
ingerenza estranea nella sfera privata della persona, e di qualsiasi
indiscrezione, da parte di terzi, su quei fatti o comportamenti personali
che, non pubblici per la loro natura, non sono destinati alla pubblicità
delle persone che essi riguardano».
Nella motivazione della sentenza, infatti, circa il fondamento
normativo, può leggersi: che il nostro ordinamento, pur non
prevedendolo, esplicitamente, riconosce l’esistenza di un diritto alla
riservatezza o privatezza, il quale si concentra nel divieto di qualsiasi
ingerenza estranea nella sfera privata della persona, e di qualsiasi
indiscrezione da parte di terzi.
Per la costruzione e la disciplina di tale diritto, che risponde ad
un’esigenza fondamentale della personalità, ci si deve riferire in
mancanza d’esplicite norme di legge, alla disciplina del diritto
all’immagine, la qual è tutelata come una manifestazione della
riservatezza personale
14
.
La tecnica dell’analogia come mezzo di riconoscimento, in
generale, nel nostro sistema di un diritto alla riservatezza era però
destinata a non avere seguito.
14
Trib. Roma 14.9.53, FI, 1954, I 115.
19
Già la Corte d’Appello
15
, omette di ripercorrere lo stesso
itinerario seguito dai giudici di primo grado e, pur confermando la parte
dispositiva della decisione del Tribunale, mostra dubbi ed incertezze, al
punto da sbarazzarsi in radice del problema, finendo con il concludere
che non appare indispensabile intrattenersi a decidere se il diritto alla
riservatezza sia riconosciuto nel nostro diritto positivo
16
.
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi direttamente sulla
questione, affermò che l’esistenza di un diritto alla riservatezza fosse per
lo meno dubbia, in quanto non esisteva alcuna disposizione specifica
intesa a codificare un generale diritto alla riservatezza, inteso come
aspirazione d’ogni essere umano al rispetto di una propria sfera di
privata intimità.
Era, questa, una smentita categorica e intransigente
dell’orientamento, previamente formatosi in dottrina e recepito dalla
giurisprudenza prevalente, che tendeva ad applicare in via analogica alle
violazione dell’intimità della vita privata le norme dettate a tutela
dell’immagine
17
.
15
App. Roma 17 maggio 1955, FI, 1956, I 793.
16
Cossu, Dal caso Soraya alla nuova legge sulla tutela della riservatezza, in CI, 1998, 47 -79.
17
Cass. 22.12.56, n. 4487, in Giur. It. 1957, I 1, 366, con commento favorevole di Pugliese; e Foro
it. 1957, I 232, con nota critica di De Cupis.