INTRODUZIONE
Perché una tesi sulla privacy e le sue implicazioni nella professione sanitaria
infermieristica ?
Si è fatta sempre più strada l’opinione secondo la quale “noi siamo i nostri
dati”: di conseguenza si avverte la necessità di porre degli argini alla circolazione
degli stessi, alla loro conoscibilità e porre, nella disponibilità del singolo, il diritto
a mantenere il controllo.
Infatti la legge sulla tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati
personali, che viene correttamente chiamata “legge sulla privacy”, è stata
promulgata in Italia alla fine del 1996, con la legge n.675 del 31 dicembre, che poi
è stata integrata dal testo unico sulla protezione dei dati personali, ossia Decreto
Legislativo n.196 del 2003.
Questo nuovo codice sulla privacy, rappresenta una vera e propria rivoluzione
in questo settore, infatti l’obiettivo fondamentale del nuovo codice è quello di
semplificare i numerosi provvedimenti legislativi che caratterizzano la legge
675/96, in materia di protezione dei dati personali.
E’ una novità importante per la nostra legislazione; una scommessa
impegnativa sul terreno dei nuovi diritti; un’incognita per i suoi effetti nella
società.
Il tema della tutela della riservatezza dei dati personali o della privacy, è
entrato prepotentemente nel nostro ordinamento solo da pochi anni, portando già
modifiche alle abitudini, cultura e mentalità dell’agire quotidiano e viene sempre
più percepito come un vero e proprio fondamentale diritto, pur senza che se ne
conoscano i precisi contorni.
In area sanitaria la privacy ha avuto un importante riconoscimento con il
recepimento della Convenzione di Oviedo, avutasi con la legge 145/2001, in
realtà privacy e sanità non sono mai andate d’accordo. Si pensi per esempio a
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come è strutturata buona parte degli ospedali o dei servizi sanitari per capire che
anche l’ambiente incide profondamente nella negazione del diritto alla
riservatezza.
Questi problemi però non possono essere risolti dall’infermiere poiché
postulano un intervento dell’organizzazione; il ruolo del professionista sanitario
può essere solo quello di adattamento organizzativo nei limiti della struttura (quali
per esempio le corsie di degenza con più letti per stanza). Ma inoltre la sanità è
uno di quegli ambienti ove l’interpretazione e la ricezione della legge trova le
maggiori difficoltà, proprio a causa della molteplicità di dati, soprattutto con
caratteristiche di sensibilità, che gli infermieri raccolgono, trattano, conservano e
comunicano, allo scopo di soddisfare la domanda di salute espressa dai cittadini.
A complicare l’applicazione della Legge 675/96 vi è anche l’esigenza di
integrazione con altre norme. Una legge di cosi ampio respiro obbliga tutti gli
operatori sanitari a ripensare al proprio modus operandi nei confronti del
trattamento dei dati personali: come tutte le leggi innovative che sanciscono o
ribadiscono principi generali, sono poi le persone, nel momento del recepimento e
dell’applicazione, che permettono alle norme stesse di vivere ed imporsi.
L’elaborazione di questa tesi, nasce con la speranza che la conoscenza e
l’approfondimento su questo tema possano rafforzare la garanzia dei diritti di
tutela della sfera privata e del controllo delle informazioni delle persone che
quotidianamente incontriamo e assistiamo nel nostro lavoro.
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CAPITOLO I
LA PRIVACY: GENERALITÀ
1.1 - Concetto di privacy.
Che cosa significa privacy?
Non esiste un’unica definizione del termine inglese privacy, traducibile in
italiano con le parole “vita privata”, “intimità”, “isolamento”, “ritiro”,
“solitudine”, ma che assume anche significato di “segretezza” o “riserbo”. Il
dizionario Devoto-Oli definisce la privacy come “l’ambito gelosamente
circoscritto della vita personale e privata”.
La prima definizione ufficiale contenuta in un documento è del 1890, per opera
dei giudici Samuel Warren, avvocato di Boston, e Louis Brandeis, professore a
Harvard. Il famoso articolo intitolato “The right of privacy. The implicit made
explicit”, gli autori definiscono la privacy the right to be let alone, ossia il diritto
di essere lasciati soli (o in pace). E’ lo stesso Brandeis a fornire una spiegazione
nella sentenza Olmstead vs United Stades (1927):
il diritto di privacy deve proteggere gli individui contro tutti i tipi
d’istruzione, fisici e informazionali, ma soprattutto contro le
intrusioni manipolatrici nell’interiorità, nei pensieri e nelle
emozioni.
La venuta consistente delle tecnologie e la conseguente trasformazione della
società e dei sistemi di comunicazione hanno consentito ad Alan Westin di
formulare, nel 1967, la seguente definizione:
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“Privacy è la rivendicazione, da parte di individui, gruppi o
istituzioni, del diritto di determinare da sé quando, come e in che
misura l’informazione su se stessi è comunicata ad altri.”
Sempre Westin ha poi superato la limitazione della discussione sulla privacy al
livello di gestione delle informazioni, sostenendo che:
“Vista in termini di relazione dell’individuo rispetto alla
partecipazione sociale, la privacy è il temporaneo distacco o ritiro di
una persona della società in generale, attraverso mezzi fisici e
psicologici, sia in uno stato di solitudine che nell’intimità di un
piccolo gruppo o, nel caso di gruppi grandi, un una condizione di
anonimia o riservatezza.”
Stefano Scoglio, filosofo e giurista, nel 1994 propone un’analisi solistica del
termine “privacy”, individuandone tre eccezioni, secondo il paradigma definitorio
da cui viene supportato:
Paradigma del possessivismo: confina la privacy individuale al mondo dei
beni materiali e sensuali, intesi come mere proprietà esteriori. In quest’ottica
la privacy è ridotta ad un aspetto particolare del diritto di proprietà, più
precisamente la proprietà sull’informazione personale ( che può essere
degradata e “merce di scambio”): chi possiede informazioni (ospedale,
banca, pubblica amministrazione e assicurazioni) si arroga un diritto di
proprietà e si sente autorizzato ad utilizzarle secondo propri fini,
indipendentemente dalla volontà della persona alla quale queste
informazioni si riferiscono (cittadino, paziente, utente internet ecc.);
Paradigma del privatismo: la privacy è identificata con la sfera privata
della personalità e dell’azione personale (e da questo derivano l’illimitata
possibilità di scelte arbitrarie e l’autonomia morale). Dati ed informazioni
appartengono a tale sfera e la persona no esercita un diritto esclusivo.
Paradigma della dialettica: la privacy è definita come distacco dalla
propria particolarità (famiglia, comunità locale, Nazione) e ciò è
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indispensabile presupposto ad una partecipazione consapevole e creativa
alla vita della comunità. La pienezza della vita pubblica dipende
direttamente dalla libertà con la quale può essere costruita la sfera privata.
La privacy si presenta, nel terzo millennio, come una nozione fortemente
dinamica: vi è una costante interrelazione tra mutamenti determinati dalle
tecnologie dell’informazione e mutamenti del concetto.
In Italia, come nel resto del mondo, si è radicata una concezione di privacy che
la proietta ben oltre una visione della tutela della sfera privata limitata alla
possibilità estrema di isolamento individuale. Il diritto a essere lasciato solo non
scompare.
Ma, poiché siamo in un flusso di informazioni personali che ognuno di noi
continuamente rilascia in cambio di merce e servizi, l’aspetto fondamentale della
privacy diviene la possibilità di non perdere il controllo di queste informazioni,
disperse in una molteplicità crescente di banche dati ed archivi pubblici e privati,
che circolano senza vincoli di tempo e luogo. È un controllo necessario proprio
per evitare che i molti benefici della società dell’informazione e le opportunità di
partecipazione sociale che essa offre vengano sopraffatti da interessi da interessi
da interessi particolari, oppure vanificati da usi impropri o mancati aggiornamenti
delle grandi banche dati.
Nella società odierna tendono quindi a prevalere definizioni funzionali della
privacy che, in diverso modo, fanno riferimento alla possibilità si un soggetto di
conoscere, controllare, indirizzare, interrompere il flusso delle notizie che lo
riguardano.
Alla luce di queste considerazioni Stefano Rodotà, presidente dell’ Ufficio del
Garante per la protezione dei dati personali, definisce la sfera privata come:
…quel insieme di azioni, comportamenti, opinioni, preferenze,
informazioni personali su cui l‟interessato intende mantenere un
controllo esclusivo.
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Lo stesso Westi, nel 1992, ridefinisce la privacy come diritto dell’individuo di
scegliere quel che è disposto a rivelare agli altri.
Secondo Rodotà il dibattito attuale sulla privacy sta delineando due tendenze:
La prima definizione del concetto di privacy con uno spostamento della
sequenza persona-informazione- controllo (assegnando quindi maggiore
rilevanza al potere di controllo esercitato dalla persona titolare delle
informazioni);
La seconda è l’ampliamento dell’area alla quale viene attribuita una
particolare protezione per ragioni di riservatezza (es: l’insieme delle attività
e delle situazioni di una persona che hanno un potenziale di comunicazione
verbale e non, e che possono quindi tradursi in informazione).
Il diritto di privacy, cosi definito, si colloca tra gli strumenti di tutela della
personalità, sanciti dalla Costituzione, sganciandosi dall’impostazione che lo
legava (fino a qualche anno fa) piuttosto al diritto di proprietà.
Per L.M Friendmann, giurista inglese, la privacy è identificata con “la tutela
delle scelte di vita contro ogni forma di controllo pubblico e di stigmatizzazione
sociale” in un quadro caretterizzato dalla libertà delle scelte esistenziali.
Rodotà afferma che:
La possibilità di mantenere un controllo integrale sulle proprie
informazioni contribuisce in maniera determinante a definire la
posizione dell’individuo nella società.
Insieme al right of publicity ( diritt di farsi pubblicità) e al diritto all’identità
personale, la tutela della privacy riguarda il modo in cui un sooggetto viene
presentato agli occhi del pubblico attraverso l’insieme di informazioni che lo
rigurdano.
A questo punto la nozione di privacy deve essere necessariamente arricchita di
un nuovo contributo: vi sono situazioni nelle quali determinati soggetti hanno la
possibilità di prendere iniziative, che incidendo sul patrimonio informativo di una
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persona, possono determinare in maniera persino definitiva la condizione
esistenziale (es: la comunicazione di una diagnosi di malattia genetica o a esito
infausto).
L’accento si sposta necessariamente sul piano giuridico. Attribuendo a
ciascuno di noi un diritto di non sapere informazioni che ci riguardano, diritto che,
come afferma Hans Jonas, bioeticista e filosofo, “appartiene inscindibilmente alla
libertà esistenziale”(1987).
La privacy può cosi anche essere definita come:
…potere negativo, ossia come diritto ad escludere dalla propria sfera
privata una determinata categoria di informazioni; diritto di
controllare il flusso di informazioni che riguardano sia in uscita che
in entrata.
In una società sempre più complessa e differenziata, privacy può significare
anche la tutela di un identità nuova , di un’intimità costruita, come condizione
necessaria per valorizzare la propria personalità, per realizzare pienamente la
libertà esistenziale, per non essere vittime di pregiudizi e di stigmatizzazioni
sociali.
Ecco quindi la definizione riassuntiva, formulata da Rodotà.
Privacy […] si presenta come diritto di mantenere il controllo sulle
proprie informazioni e di determinare la modalità di costruione
della propria sfera privata
Alla stessa conclusione giunge Scoglio, pur partendo da presupposti differenti:
Il diritto di privacy emerge come l’inizio di ogni libertà, cioè come
lo strato più elevato nella gerarchia delle libertà e come il più
comprensivo dei diritti.
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