IV
federalismo: gli strumenti dei raccordi cooperativi tra Stato e Regioni
sono appena accennati, talvolta presupposti, o altrimenti promessi,
facendo riferimento a future, ulteriori riforme costituzionali (previste
difatti nell'agenda politica dell'attuale legislatura). Spetterà così ai
processi di attuazione legislativa, amministrativa e finanziaria
centrale, agli atteggiamenti del sistema regionale, alle posizioni
assunte dal sistema delle autonomie, agli orientamenti della
giurisprudenza costituzionale, amministrativa e ordinaria, determinare
la direzione dell'assetto politico-costituzionale italiano.
Oggetto di questa ricerca è, partendo da un'analisi
sull'evoluzione del principio del decentramento amministrativo
nell'ordinamento giuridico italiano, la riforma costituzionale introdotta
dalla legge costituzionale n.3 del 2001, con specifico riferimento
all'art.4 e cioè al nuovo assetto delle funzioni amministrative
nell'ambito dei rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali, alla luce dei
principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
1CAPITOLO I
EVOLUZIONE DEL DECENTRAMENTO
AMMINISTRATIVO IN ITALIA
SOMMARIO: 1. Decentramento amministrativo; 2. Dall’unità d’Italia
all’Assemblea Costituente; 3. Decentramento amministrativo nella
Costituzione del ’48; 4. segue: Disposizioni legislative di attuazione; 5.
Nuovo assetto dei rapporti Stato-autonomie locali dalla legge n.142 del
1990 al Testo unico degli Enti Locali.
1. DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO
I. Decentramento (e accentramento) - II. Decentramento amministrativo - III.
Deconcentrazione - IV. Decentramento autarchico territoriale - V. Decentramento
autarchico istituzionale - VI. Decentramento burocratico
I. Il concetto di decentramento è sempre stato considerato quale
necessario correlato ad un assetto amministrativo democratico, in
considerazione del fatto che appunto la più radicale forma di assolutismo, il
dispotismo, accentra tutti i poteri in un solo organo sovrano
1
;
indubbiamente, ove si consideri la democrazia governo del popolo per il
popolo, questa, infatti, meglio si realizza a livello di governo locale,
1
L. SCURTO, “Decentramento e autonomie locali”, Giappichelli, Torino, 1992, pp.6 e
7. In effetti il termine decentramento non corrisponde ad un univoco istituto, ma indica,
piuttosto, un insieme di tendenze e di modi di essere dello Stato e della Pubblica
Amministrazione. Questi, in quanto principi di organizzazione non direttamente
operativi, possono, quindi, esplicarsi in una molteplicità di figure nelle quali, pur senza
negarsi o affermarsi in assoluto, il decentramento potrà raggiungere diversi gradi di
realizzazione. Cfr. L. FERRARIS, “Teoria del decentramento”, Milano, 1898; A.
GIROLA, “Teoria del decentramento”, Torino, 1929; F. LUCIFREDI COLETTI,
“Decentramento amministrativo”, Bologna, 1956.
2specialmente ove questo corrisponda a forme di decentramento di tipo
autonomistico, come quelle proprie dei nostri enti locali territoriali, con
un'ulteriore partecipazione politica popolare alle scelte di governo. In
effetti, però, il decentramento non può considerarsi correlativo a forme
tipiche, ma può concretizzarsi con gli strumenti più eterogenei
2
.
Non può, dunque, realizzarsi una diretta corrispondenza tra i concetti
di democrazia e di decentramento, così come accentramento non vuole
necessariamente significare assolutismo o dispotismo.
Spesso la scelta di un sistema più o meno accentrato, deriva da
contingenze storiche, come avvenne per il Regno d’Italia al quale sembrò
giusto, a garanzia di conservazione di quella unità così faticosamente
raggiunta ed a tutela dell'assetto dalle istanze federalistiche e repubblicane,
rilevare in toto il sistema del regno Sabaudo, che ricalcava il modello
napoleonico attestatosi, dopo le tendenze decentratrici rivoluzionarie, su
2
Ibid. Potrà conseguentemente essere identificato in astratto ma, ove si voglia procedere
a identificazione o classificazione, queste potranno essere effettuate solo con riferimento
ad un ordinamento positivo, considerato in posizione di stasi. In proposito F. ROVERSI
MONACO, voce “Decentramento (e accentramento)”, in “Dizionario di politica”,
Torino, 1976, considera che accentramento e decentramento assumono, in
corrispondenza alla realtà sociale, un carattere essenzialmente dinamico. Ne deriva che
ogni evoluzione dell’organizzazione politica o amministrativa di situazioni di stasi e di
equilibrio ad altre formule di organizzazione, è caratterizzata dall’uno o dall’altro di
questi opposti principi. Dello stesso Autore cfr. altresì “Profili giuridici del
decentramento nell’organizzazione amministrativa”, Padova, 1970. In effetti, i concetti
di accentramento e decentramento indicano tipologie diverse di rapporti tra uffici
centrali e locali per quello che attiene alla distribuzione delle potestà e le diverse
posizioni dei centri di potere in ordine alla ripartizione delle competenze.
3forme decisamente accentrate
3
.
Decentramento ed accentramento sono termini che non identificano
concetti univoci, bensì diversi modi di atteggiarsi di un sistema politico o
amministrativo; essi esprimono, in senso ampio, diversi indirizzi di
organizzazione o di ordine dei poteri
4
.
Tali due principi, nella loro integrità, difficilmente possono
riscontrarsi nella realtà: difatti un decentramento totale farebbe venir meno
la nozione stessa di Stato, mentre un accentramento totale risulta
impossibile, data la complessità dei fini e delle funzioni dello Stato
moderno. È chiaro, dunque, che i due principi sono presenti, insieme, in
ogni ordinamento giuridico come "decentramento e accentramento
imperfetti"
5
. Si pone, quindi, la questione di individuare gli strumenti
giuridici mediante i quali essi, pur contestualmente presenti in ogni sistema,
sono valorizzati, secondo il momento storico e l'atteggiarsi delle istituzioni
3
C. ESPOSITO, “Autonomie locali e decentramento amministrativo nella nuova
costituzione”, in “Rivista di diritto pubblico”, n.1, 1948, p.193. Ciò comportò, peraltro,
un regresso per alcune province del Lombardo-Veneto che godevano di una potestas
condendi statuta. Tale potestà era anche prevista dalla legge francese del 14 dicembre
1789 e dalla legge comunale e provinciale belga del 30 aprile 1836.
4
A. AMORTH, “Il problema della struttura dello Stato in Italia”, Como-Milano, 1945.
5
M. HARIOU, “Précis de droit administratif et de droit public”, Parigi, 1933.
4politiche e amministrative
6
.
Ai soli fini classificatori, l'accentramento
7
identifica l'ordinamento in
cui le funzioni delle Regioni, degli enti locali e degli organi periferici sono
ridotte al minimo indispensabile, affinché questi possano essere considerati
soggetti dell'amministrazione; si ha invece decentramento quando gli organi
centrali dello Stato sono titolari del minimo possibile di poteri per esercitare
le proprie attività
8
.
Si suole apportare tutta una serie di argomenti pro e contro le due
formule organizzatorie. Cominciamo dai vantaggi del decentramento:
1. i bisogni collettivi si presentano con caratteristiche e intensità
diverse da località a località (così le esigenze igieniche dei Paesi
caldi sono ben diverse da quelle dei Paesi freddi; il bisogno di
aree verdi e di spazi per il gioco dei ragazzi non ha la stessa
intensità nelle città e nelle campagne, e così via); il decentramento
permette di adeguare la disciplina normativa e l'azione degli
6
F. ROVERSI MONACO, voce “Decentramento amministrativo”, in “Enciclopedia
giuridica”, vol. X, Treccani, Roma, 2001, p.1.
7
G. ZANOBINI, “Poi in corso di diritto amministrativo”, vol. II Milano, 1970, pp.71-
72. L’Autore considera “Stato accentrato quello nel quale la quantità dei poteri concessi
agli organi locali è ridotta al minimo assolutamente indispensabile perché
l’amministrazione locale possa svolgersi; decentrato è invece quell’ordinamento nel
quale massimo è lo spostamento di potestà deliberative dal centro agli organi periferici”.
8
M. S. GIANNINI, “Il decentramento nel sistema amministrativo”, in “Problemi della
Pubblica Amministrazione”, Bologna, 1958.
5amministratori allo specifico e differenziato modo di presentarsi
dei bisogni collettivi;
2. quando la competenza a provvedere è devoluta all'autorità locale è
da presumersi che i diversi provvedimenti siano adottati con una
maggiore conoscenza delle esigenze da soddisfare, in quanto
appresa direttamente, attraverso il contatto immediato con gli
amministrati, e non indirettamente, grazie all'intermediazione di
informatori o rappresentanti non sempre obiettivi e disinteressati;
3. il decentramento, avvicinando il "governo ai governati", non solo
permette la possibilità di un controllo e di una sollecitazione
continua da parte di questi ultimi, ma consente anche uno
snellimento del corso degli affari non più trattati presso un unico
centro decisionale ed operativo;
4. infine -basandosi anche sulla constatazione storica come la
formula organizzatoria prescelta negli Stati autoritari sia stata
sempre quella dell'accentramento, mentre, al contrario, gli Stati
liberali hanno cercato sempre di adottare formule di
decentramento- si suole ripetere che il decentramento è anche
6garanzia di democrazia
9
.
Ai vantaggi del decentramento si contrappone la possibilità,
indubbia, che gli amministratori locali, proprio per il fatto di vivere in loco,
siano più soggetti a lasciarsi influenzare dalle istanze particolaristiche di
gruppi di pressione di varia natura, che non le autorità centrali, in grado di
operare dall'esterno e dall'alto più obiettivamente e spassionatamente. Si
aggiunga anche che l'attuazione del decentramento può avere come
conseguenza che siano trattate in modo diseguale situazioni locali identiche,
in contrasto col principio di giustizia che richiederebbe quella uniformità di
trattamento che solo l'intervento unitario dal centro potrebbe assicurare.
Infine, non si manca di prospettare come l'alto grado di tecnicismo
richiesto per l'esercizio di determinate funzioni ne renda oltremodo
difficoltoso e antieconomico l'esercizio decentrato.
Come si vede, i vantaggi del decentramento -e sul punto la dottrina è
concorde- appaiono senz'altro prevalenti rispetto agli svantaggi, i quali
possono essere soltanto considerati come cause limitatrici della sua
applicazione, ma non portare alla negazione del principio
10
.
Il decentramento, come sistema di organizzazione, è oggi ritenuto un
9
F. STADERINI, “Diritto degli enti locali”, Cedam, Padova, 1999, pp.28-30.
10
M. S. GIANNINI, “Corso di diritto amministrativo”, Milano, 1969, coll. I-II, pp. 318-
320.
7valore fondamentale sia nell'ambito di un'unica organizzazione
amministrativa, sia in relazione ai rapporti fra più strutture -ad es. le regioni
e le province- rientranti in un'organizzazione unitaria più vasta.
Il decentramento, peraltro, è un problema che concerne non soltanto
il diritto amministrativo statale, ma, quando assume i connotati del
decentramento politico, collettività interne allo Stato o sovrastatuali. Esso,
dunque, può manifestarsi, in concreto, secondo figure organizzative atipiche
e mediante strumenti eterogenei
11
.
Il termine "decentramento" può essere utilizzato non solo nel
significato dinamico di "trasferimento di funzioni dagli organi centrali ad
organi o enti periferici"
12
, ma anche, e preferibilmente, nel significato
statico di "attribuzione o riconoscimento di funzioni ad organi o enti
periferici in un dato momento storico", atteso che pure un'organizzazione
strutturata in modo tendenzialmente decentrato
13
, in cui siano presenti un
livello istituzionale centrale o centralizzato ed uno o più livelli istituzionali
11
F. STADERINI, Op. Cit., p.27. Il problema del decentramento, più precisamente, si
presenta per un qualsiasi apparato che superi determinate dimensioni o ambiti
territoriali: così, con l’estendersi della sua azione, non soltanto un ente pubblico, ma
anche un’industria privata può sentire l’esigenza di darsi una struttura decentrata.
12
P. VIRGA, “Diritto amministrativo-Amministrazione locale 3”, Milano, 1988.
13
Sul carattere “tendenziale” del decentramento vedi F. ROVERSI MONACO, “Profili
giuridici del decentramento nell’organizzazione amministrativa”, Padova, 1970, pp.13
ss.
8periferici o decentrati, può costituire il frutto di un processo di
accentramento
14
.
Talvolta, in seno ad un'organizzazione articolata territorialmente in
più livelli, il livello inferiore e periferico può preesistere al livello superiore
e centrale, limitandosi il livello superiore al riconoscimento e quindi alla ri-
legittimazione giuridica, nonché alla conferma o alla ridefinizione delle
competenze del primo, quando non ne sancisca, sempre che ne abbia i
poteri, la pura e semplice soppressione
15
: in casi simili, non è improprio
definire "decentrata" tale organizzazione, ed "espressione di
decentramento" il livello periferico, a patto però che si accetti di concepire
il decentramento come qui proposto, cioè come fenomeno non solo
dinamico, ma anche statico.
Le osservazioni fatte non debbono condurre, però, ad una
mitizzazione della formula organizzatoria decentrata: difatti non sempre le
scelte locali sono le migliori (come ci insegna la storia degli Stati Uniti
14
In questo senso, ibid, pp.27 ss. L’Autore ritiene che “anche lo Stato federale e,
comunque, qualsiasi Stato, formato da più Stati… sia, sotto un certo profilo, espressione
di un principio di decentramento. Ciò è da intendersi, peraltro, sotto un profilo statico:
dinamicamente, infatti, è noto che lo Stato federale può risultare sia dalla trasformazione
in federale appunto di uno Stato prima unitario, sia da un processo di accentramento che
conduce all’unione di più Stati. In ambedue le ipotesi ci troviamo di fronte ad uno Stato
oggettivamente decentrato…”.
15
Sull’origine pre-statale o addirittura pre-giuridica dei Comuni vedi A. M. SANDULLI,
“Manuale di diritto amministrativo”, vol. I, XV ed., Napoli, 1989, p.495; L.
GIOVENCO-A. ROMANO, “L’ordinamento comunale”, V ed., Milano, 1987, p.1.
9d'America, dove il potere locale ha difeso la segregazione razziale contro
quello centrale); decentramento può non significare anche maggior
pluralismo e partecipazione ove le espressioni più immediate e genuine dei
gruppi sociali siano tenute ai margini della presenza dominante o
totalizzante della partitocrazia locale
16
; infine trasferire in periferia il potere
decisionale e la responsabilità dei pubblici servizi non significa ottenere
un'amministrazione più efficiente, se le strutture burocratiche locali non
sono adeguate ai nuovi compiti.
Il sistema politico-amministrativo italiano in origine era ordinato
secondo un modello fortemente accentrato; i successivi processi di
riorganizzazione dei pubblici poteri hanno avuto invece un obiettivo chiaro:
quello del decentramento
17
.
16
Cade puntuale il monito di MORTATI (“La Comunità statale”, in “Persona, società
intermedie e Stato”, Quaderno di Justitia, Roma, 1958, p.114): “Se difettassero i
congegni atti ad assicurare un’effettiva autonomia finanziaria degli enti di
decentramento e di conseguenza si rendessero necessari per mantenerli in vita sussidi e
contributi governativi, che si trasformano in strumenti di discriminazione, di corruzione
o di intimidazione; se mancasse agli enti stessi l’elemento vitale della partecipazione e
del controllo dei cittadini che ne fanno parte, o si inaridissero gli stimoli o gli incentivi
all’una o all’altro; se la loro creazione non servisse a ridurre le dimensioni dell’apparato
centrale e ad alleviare l’onere della spesa corrispondente; se la loro proliferazione
servisse solo a dar vita ad un regime di tipo feudale, basato sul privilegio e
sull’irresponsabilità, a tutto beneficio dei piccoli gruppi degli amministratori, sarebbe
chiaro che il decentramento, lungi dal giovare all’instaurazione di un regime di effettiva
democrazia, condurrebbe a comprometterne l’esistenza”.
17
M. S. GIANNINI, Op. Cit. È ormai opinione unanime della dottrina che la questione
del trasferimento delle funzioni dal centro alla periferia sia un problema insito e comune
a ciascuna amministrazione che superi certe dimensioni, investendo quindi non solo
l'amministrazione statale, ma anche quella di enti pubblici minori e i grandi enti
10
II. Il decentramento amministrativo
18
consiste nell'effettivo
trasferimento di un'attività decisoria e non meramente esecutiva
19
: le
funzioni amministrative conferite devono concretizzarsi nella possibilità di
emanare provvedimenti amministrativi o nella possibilità di svolgere
un'attività complessiva, avente autonoma rilevanza esterna, come attività
pubblicistica o come svolgimento di determinati servizi o attività prive di
caratteri autoritativi
20
.
In tema di decentramento amministrativo, fondamentale è l'art.5
21
imprenditoriali privati.
18
F. ROVERSI MONACO, voce “Decentramento amministrativo”, in “Enciclopedia
giuridica”, vol. X, Treccani, Roma, 2001, p.2. È pacifico in dottrina che accanto al
decentramento amministrativo siano configurabili un decentramento legislativo ed uno
giurisdizionale. Tuttavia non ogni divisione tra più organi all’interno di un ente vale a
concretare un’ipotesi di decentramento: occorre che tale ripartizione avvenga non
necessariamente, o non soltanto, in ragione della diversa specializzazione degli organi
stessi, bensì su base territoriale. Cosicché non può parlarsi di decentramento nel caso
della tripartizione classica di poteri tra Parlamento, Governo e Magistratura, mentre ciò
è consentito nel caso dell’attribuzione di potestà legislativa alle Regioni (decentramento
legislativo) o dell’istituzione dei TAR (decentramento giurisdizionale), giacchè nel
primo es., e non negli altri due, difetta la territorialità della divisione dei poteri. Sul
punto vedi F. STADERINI, “Diritto degli enti locali”, IV ed., Padova, 1993, p.27.
19
A. M. SANDULLI, “Governo e amministrazione”, in “Rivista trimestrale di diritto
pubblico”, 1996, p.737.
20
F. ROVERSI MONACO, Op. Cit., p.2.
21
Art.5 Cost.: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie
locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze
dell’autonomia e del decentramento”.
11
della Carta costituzionale. Si tratta di una disposizione originariamente
collocata in apertura del titolo V parte II della Costituzione, ma che, nella
redazione definitiva, venne inserita nella parte iniziale, dedicata ai "Principi
fondamentali"
22
.
L'art.5 contrappone e armonizza due tendenze fondamentali, e cioè,
da un lato, l'unità e l'indivisibilità
23
della Repubblica, dall'altro la
distribuzione delle funzioni pubbliche mediante le autonomie locali e il
decentramento amministrativo.
Il riferimento all'unità esprime l'idea che l'Italia è uno Stato unitario,
in cui all'unità politica della collettività nazionale corrisponde "la
Repubblica" come unico ed esclusivo centro di imputazione della sovranità
statale.
L'indivisibilità, per parte sua, implica, in I luogo, il divieto assoluto
22
A cura di P. CALAMANDREI e A. LEVI, “Commentario sistematico alla
Costituzione italiana”, vol. II, Barbera ed., Firenze, 1950. Posto all’inizio della
Costituzione, tale articolo ha acquisito un valore ben più alto, costituendo uno dei
pilastri fondamentali su cui poggia il nostro ordine costituzionale.
23
C. ESPOSITO, “Autonomie locali e decentramento amministrativo nell’art.5 della
Costituzione”, in “La Costituzione italiana. Saggi”, Padova, 1954. Il principio dell’unità
e dell’indivisibilità della Repubblica deve la sua introduzione sia nella Costituzione, sia
nelle disposizioni di apertura degli Statuti speciali, all’intenzione di consacrare l’identità
comune e l’unità politica recentemente ricostruita e di proclamare la contrapposizione
dello Stato italiano allo Stato federale.
12
di smembramento della Repubblica
24
in più Stati indipendenti -e cioè della
dissoluzione della Repubblica in una pluralità di veri e propri Stati sovrani;
in secondo luogo, "indivisibile" essendo la sovranità della Repubblica
rispetto alla sua sfera territoriale, comprende il divieto, altrettanto assoluto,
di secessione di parte del suo territorio e della sua popolazione e della
trasformazione di questo in uno Stato indipendente.
Il preteso carattere unitario della Repubblica non implica, però, il
carattere di Stato centralizzato, in quanto l'art.5 Cost. prevede la garanzia
delle "autonomie locali", che la stessa Repubblica è impegnata a
riconoscere e promuovere, e del "più ampio decentramento
amministrativo", che è vincolata ad attuare "nei servizi che dipendono dallo
Stato". Ad entrambe queste esigenze, poi, la Repubblica è tenuta ad
adeguare i principi e i metodi della propria legislazione
25
.
Autonomia e decentramento soddisfano entrambi la necessità di
distribuire funzioni pubbliche dal centro alla periferia, ma si tratta di
strumenti diversi.
L'autonomia implica che una parte di poteri sia attribuita ad enti
24
A. ANZON, “I poteri delle Regioni dopo la riforma costituzionale. Il nuovo regime e
il modello originario a confronto”, Giappichelli, Torino, 2002, p.70. Il termine
“Repubblica” indica qui lo Stato nel suo complesso (Stato-ordinamento o Stato-
comunità) e non lo Stato-persona (ossia l’apparato centrale di governo).
25
C. ESPOSITO, Op. Cit.
13
distinti dallo Stato-persona, capaci di provvedere ai propri interessi dandosi
le regole della propria condotta: ossia ad enti che siano titolari anche di una
potestà normativa, che si esplica nell'adozione di norme equiparate a quelle
dello Stato. All'autonomia normativa, che può essere di livello diverso, si
unisce normalmente anche un'autonomia amministrativa e finanziaria.
Il decentramento amministrativo, invece, comporta l'affidamento di
funzioni solo amministrative ad apparati periferici dello Stato-persona o ad
enti distinti da esso
26
.
Occorre inoltre notare che l'art.5 indica espressamente il termine
autonomie "locali". L'aggettivo chiarisce che si tratta di autonomie
territoriali e non "funzionali", di autonomie cioè attribuite ad enti
caratterizzati per essere stanziati su un determinato territorio, e non ad enti
caratterizzati solo dalla comunanza di particolari funzioni.
Per il resto, la locuzione al plurale anticipa quanto è poi esplicitato
nell'apposito titolo V, e cioè che esiste non un unico tipo, ma una pluralità
di tipi di enti autonomi
27
.
26
A. ANZON, Op. Cit.
27
Ibid, p.73. Gli enti territoriali cui si riferisce l’art.5 sono, anzitutto, quelli nominati
espressamente negli artt.114, 115, 116, 119 e 128 Cost. (cioè le Regioni, le Province, i
Comuni), gli unici a cui è conferita, tassativamente, la garanzia costituzionale quanto
all’esistenza e al fondamento dei rispettivi poteri. Ad essi si aggiunge poi la categoria
generica ed indistinta degli “altri enti locali” di cui all’art.118 Cost., rimessi per la loro