Cap. 2 LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE
E. CASETTA, compendio di diritto amministrativo, sesta ediz., Milano, Giuffrè, 2006, pag. 183ss.
L. DELPINO, F. del GIUDICE, diritto amministrativo, Napoli, edizioni Giuridiche Simone, 2010, pag. 44 ss
F. GALGANO, il fatto illecito, Padova, Cedam, 2008, pag. 27 ss.
S. PATTI, enciclopedia giuridica “il diritto”, de il Sole 24 ore, vol 5, 2008, pag. 430 ss. voce “diritti
soggettivi”
S. PATTI, enciclopedia giuridica “il diritto”, de il Sole 24 ore, vol 8, 2008, pag. 84 ss. voce “interessi legittimi”
S. PATTI, enciclopedia giuridica “il diritto”, de il Sole 24 ore, vol 14, 2008, pag. 610 ss. in voce “ le situazioni
giuridiche soggettive”
F. G. SCOCA, giustizia amministrativa, Torino, Giappichelli, 2011, pag. 75ss
A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, manuale di diritto privato, diciannovesima ediz., Milano, Giuffrè, 2009,
pag. 73 ss.
A. TRAVI, lezioni di giustizia amministrativa, nona ediz., Torino, Giappichelli, 2010, pag. 49 ss,
A. VIGNUDELLI, diritto costituzionale, quinta ediz., Torino, Giappichelli, 2008, pag. 438 ss.
.
Il diritto può essere inteso quale insieme di regole che stabiliscono il dover essere di
determinati comportamenti umani, in una dimensione oggettiva, quindi traducendosi
in un insieme di proporzioni linguistiche, integrate in un sistema tendenzialmente
chiuso (ordinamento) di prescrizioni (collegate ad una sanzione per l’ipotesi del loro
mancato rispetto) volte a rendere dovute, vietate o lecite le condotte regolamentate.
(Vignudelli)(1)
22
. Gli effetti prodotti dalle norme son generalmente percepiti in termini
soggettivi, cioè dal punto di vista dei destinatari delle stesse, esprimendo con una
unica formula riassuntiva le varie conseguenze giuridiche prodotte da una pluralità di
precetti con riferimento al medesimo fatto: es. proprietà indica tutte le possibilità di
usare, godere, disporre di una cosa previste negli artt. 832 ss. c.c. E’ in tale ottica che
parliamo di situazioni giuridiche soggettive, per designare sinteticamente la posizione
in cui si vengono a trovare i soggetti il cui agire viene disciplinato. Se si aderisce ad
1 A. VIGNUDELLI, diritto costituzionale, quinta ediz, Torino, Giappichelli, 2008, pag. 440
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una concezione formale del diritto, esse sono una mera creazione concettuale cui si
ricorre per comodità espositiva e per agevolare l’interprete, mentre le concezioni
giusnaturalistiche ritengono che esse siano un dato esistente a priori, in una
dimensione pregiuridica che il diritto oggettivo si limiterebbe a riconoscere e
disciplinare, con tutto ciò che ne consegue in un eventuale conflitto tra posizioni di
diritto soggettivo (prevalenti) ed oggettivo. Le situazioni giuridiche soggettive si
distinguono in attive e passive, a seconda che conferiscano al loro titolare un potere
in senso lato oppure un dovere.
Le attive:
Potestà o poteri in senso stretto. La potestà è quella situazione giuridica in cui il
titolare si trova nella posizione di produrre determinati effetti giuridici nell’interesse
altrui, attraverso l’attività prescrittiva riferibile a una serie indeterminata di ipotesi,
ovvero tramite attività giuridiche diverse ad essa connesse. In tal senso parlare anche
di funzioni, di poteri funzionali o ancora di poteri doveri, con ciò intendendosi
rimarcare la circostanza che le situazioni giuridiche in oggetto presentano per certi
versi un connotato di doverosità, talché il loro mancato o non corretto esercizio
comporta il sorgere di responsabilità nei confronti dell’interessato. In questo quadro
si determina una vera e propria supremazia del soggetto agente sia rispetto a soggetti
singoli, sia nei confronti di categorie di soggetti: in un caso saremo in presenza di
potestà private, nell’altro invece si riscontra il fenomeno delle potestà pubbliche, che
sono caratterizzate dalla loro portata generale e dal fatto di essere imputate ad un ente
pubblico investito d’autorità.
Diritto soggettivo:
Il diritto soggettivo rappresenta il principale strumento concettuale attraverso il quale
si è progressivamente affermata la schiera di libertà del singolo e costituisce tuttora,
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per certi versi, il prototipo delle situazioni giuridiche soggettive attive. Nonostante le
difficoltà incontrate nel fornirne una nozione esaustiva, sembra che esso possa essere
definito in modo abbastanza soddisfacente, come: “l’insieme di prerogative conferite
dall’ordinamento a un soggetto per la tutela, immediata e diretta, di un suo interesse,
normalmente tramite la collaborazione, a vario titolo configurabile, di uno o più
soggetti passivi” (Vignudelli)(2)
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. Da questo schema fuoriesce la figura del cosiddetto
diritto potestativo, che consiste nella potestà di produrre determinati effetti giuridici
attraverso un atto unilaterale. Infatti manca qui l’elemento della cooperazione del
soggetto passivo, collocato in una posizione di soggezione e non di obbligo
analogamente a quanto detto per il potere in senso stretto, che tuttavia implica la cura
di interessi altrui, mentre nel caso di specie, il soggetto attivo agisce esclusivamente
per il proprio vantaggio. All’interno della categoria possono essere operate tutta una
serie di distinzioni, relativamente alle quali conviene soffermare l’attenzione su
quella tra diritti assoluti e diritti relativi, nonché quella tra diritti patrimoniali e diritti
non patrimoniali. I diritti assoluti possono esser fatti valere nei confronti di chiunque
e si traducono in genere in una serie si facoltà rispetto alle quali incombe su tutti gli
altri consociati un dovere di non interferenza, mentre i diritti relativi si caratterizzano
per il fatto di prevedere un soggetto passivo determinato, dal cui comportamento
dipende la loro soddisfazione. La distinzione tra diritti patrimoniali e non
patrimoniali fa invece riferimento alla natura dell’interesse tutelato, che nel primo
caso attiene alla sfera economica del soggetto e nel secondo alla sua dimensione
esistenziale, benché possa talvolta indirizzarsi anche su di un oggetto suscettibile di
valutazione economica. I diritti patrimoniali hanno un valore di scambio, sono quindi
alienabili, mentre gli altri non presentano questo connotato e sono pertanto
inalienabili. Qualora un diritto soggettivo venga contestato, il suo titolare può
rivolgersi all’autorità giudiziaria ordinaria per ottenerne la tutela (113 Cost. ed art.
2907 c.c.)(3)
24
. Tutela che, nel caso di diritti assoluti, avverrà tramite la reintegrazione
2 A. VIGNUDELLI, opera cit., pag. 444
3 l’art. 2907 c.c. afferma che alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda di parte e,
quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero o d’ufficio. La tutela giurisdizionale dei diritti,
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della situazione soggettiva lesa anzitutto con l’inibizione della prosecuzione
dell’attività lesiva e delle sue conseguenze e in secondo luogo, con l’eliminazione dei
danni già prodotti, mediante risarcimento in forma specifica oppure ove ciò non sia
possibile o sufficiente mediante la corresponsione della somma di denaro. Viceversa,
nel caso di diritti relativi, all’adempimento di una determinata prestazione da parte
del soggetto passivo del rapporto, il titolare del diritto soggettivo potrà conseguire
coattivamente questa prestazione e/o risarcimento dei danni subiti per
l’inadempimento e il ritardo. L’espressione diritto soggettivo non appartiene al
vocabolario del legislatore, che utilizza invece espressioni come “diritto”, “diritto
reale”, “diritto personale di godimento” etc. La formula è invece espressamente
utilizzata nella Costituzione con riguardo alla determinazione della giurisdizione del
Consiglio di Stato e degli altri organi di giustizia amministrativa (Art 103 Cost.)(4)
25
.
Un espresso riferimento al diritto soggettivo compare con riguardo alle controversie
devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nell’articolo 8 della
legge 21 luglio 2000, n.205 per determinare l’ambito di applicazione del Capo I,
Titolo I del libro IV del codice di procedura civile. È una formula carica di significato
e di colore per il giurista, di cui il legislatore non sente evidentemente il bisogno; una
categoria concettuale che trascende il diritto privato, cui l’osservatore deve rivolgersi
con attenzione, nella consapevolezza del suo significato culturale e soprattutto della
sua profonda dignità epistemologica.(5) Secondo alcuni, visto dalla prospettiva della
tutela giurisdizionale, il diritto soggettivo coincide con l’azione, anche se non
mancano ricostruzioni che tentano di distinguere le due nozioni. Questa distinzione è
generalmente affermata alla stregua dell’idea che l’azione , considerata essa stessa
come diritto, costituisce una pretesa verso l’autorità giudiziaria. A prevalere da tempo
nell’interesse delle categorie professionali è attuata su domanda delle associazioni legalmente riconosciute nei casi
determinati dalla legge e con le forme da questa stabilite.
L’art. 113 Cost. dice che contro gli atti della PA è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi
legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.
Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate
categorie di atti .
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della PA nei casi e con gli effetti previsti
dalla legge stessa.
4 L’art 103 Cost. afferma che il C.d.S. e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei
confronti della PA, degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
5 da S. PATTI, enciclopedia giuridica “il diritto”, de il sole 24 ore, vol. 8 e vol. 14, 2008, pag. 84 ss. e 430 ss.
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è l’idea che il contenuto del diritto soggettivo possa essere effettivamente percepito e
compreso solo attraverso il riferimento all’azione, in particolare si afferma che
l’azione viene considerata come un elemento, un riflesso, una proiezione del diritto
sostanziale, il diritto stesso, nella sua potenza di realizzazione e quindi esistente
anche prima della violazione. Rispetto al diritto soggettivo, l’azione conserva un
carattere strumentale, il giudice accoglierà la domanda di tutela solo se e nella misura
in cui accerterà l’esistenza sul piano sostanziale del diritto che il soggetto fa valere in
giudizio. Che l’attuazione e la difesa dei diritti si conseguano in linea di principio
attraverso la tutela giurisdizionale è affermazione da ricollegare tra l’altro al carattere
eccezionale di quelle modalità di protezione che vengono generalmente richiamate
con la formula “autotutela”. Il rapporto giuridico è appunto la relazione tra due
soggetti, regolata dall’ordinamento giuridico. Il soggetto attivo del rapporto giuridico
si connota quale titolare di un diritto soggettivo. Con l’attribuzione del diritto
soggettivo, si realizza quindi la più ampia protezione degli interessi del singolo al
quale, al tempo stesso, si riconosce una situazione di libertà, (ad esempio se taluno
mi reca danno l’ordinamento mi da la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni,
ma posso anche non chiederlo, secondo una mia personale valutazione di
opportunità). “Il diritto soggettivo è quindi il potere di agire (agere licere) per il
soddisfacimento di un proprio interesse individuale, protetto dall’ordinamento
giuridico”(Torrente)(6)
26
. L’aspetto della tutela è essenziale: ad es. esistono molteplici
interessi individuali irrilevanti per l’ordinamento giuridico viceversa esiste un diritto
soggettivo in quanto l’ordinamento tutela mediante la propria autorità e l’attivazione
degli strumenti di coercizione di cui è dotato la soddisfazione dell’interesse del
singolo. In alcuni casi, il potere di agire per l’ottenimento di un certo risultato pratico,
non è attribuito al singolo nel suo proprio interesse, bensì per realizzare un interesse
altrui. Il fenomeno è frequente specialmente in diritto pubblico, in cui l’ordinamento
giuridico attribuisce poteri agli organi pubblici nell’interesse della collettività e non
delle singole persone fisiche investite dell’ufficio. Mentre l’esercizio del diritto
6 A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, manuale di diritto privato, diciannovesima ediz., Milano, Giuffrè, 2009, pag.
73 ss.
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soggettivo è libero, in quanto il titolare può perseguire i fini che ritiene più opportuni,
l’esercizio della potestà deve sempre ispirarsi al fine della cura dell’interesse altrui.
Le facoltà sono invece manifestazioni del diritto soggettivo che non hanno carattere
autonomo ma sono in esso comprese. L’esercizio del diritto soggettivo consiste
nell’esplicazione dei poteri di cui il diritto soggettivo consta. L’esercizio del diritto
soggettivo deve essere distinto dalla sua realizzazione, che consta nell’attuazione
nella soddisfazione dell’interesse protetto, sebbene spesso i due fenomeni possono
coincidere. La realizzazione dell’interesse può essere spontanea o coattiva e
quest’ultima si verifica quando occorre far ricorso ai mezzi che l’ordinamento
predispone per la tutela del diritto soggettivo. Altra dottrina, tenta una definizione del
diritto soggettivo,” come quella posizione giuridica soggettiva di vantaggio che
l’ordinamento giuridico conferisce ad un soggetto riconoscendogli determinate
utilità in ordine ad un bene, nonché la tutela degli interessi afferenti al bene stesso in
modo pieno ed immediato”. (Delpino, Giudice)(7)
27
.“Si tratta di una situazione
connotata dalla sintesi di una posizione di forza con una di libertà” (Bellomo)(8)
28
. La
dottrina più risalente ormai superata dalle recenti impostazioni parlava di “interesse
giuridicamente protetto e di signoria della volontà di agire per il soddisfacimento di
interesse giuridicamente protetto”(Jhering, Jellinek)(9). Per quanto riguarda la loro
tutela, va detto che normalmente essa è rimessa al giudice ordinario e solo in casi
tassativamente previsti al giudice amministrativo (v. infra cap 3). Nell’ambito degli
stessi si distingue:
- Il diritto soggettivo perfetto, qualora una “norma di relazione”(amplius ultra
cap. 3), rivolta a disciplinare comportamenti intersoggettivi attribuisca ad un
soggetto un potere diretto e immediato per la realizzazione di un proprio
interesse cui corrisponde necessariamente un obbligo facente capo a soggetti
determinati o alla collettività. L’elemento caratterizzante di questi diritti sta
7 da L. FELICE, compendio di diritto processuale amministrativo, Napoli, Edizioni Giuridiche Simone, 2010, pag. 33
8 e 9 da L. FELICE, compendio dir. processuale amministrativo, Napoli, Edizioni giuridiche Simone, 2010, pag. 35
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dunque nella correlazione con uno più obblighi altrui e nella immediatezza e
pienezza della tutela accordata dall’ordinamento.
- Il diritto condizionato, qualora l’esercizio di esso è sottoposto a condizione,
che può essere risolutiva o sospensiva; si tratta di ipotesi in cui l’ordinamento
consente a certe condizioni il sacrificio o la limitazione di un diritto del singolo
a vantaggio della collettività. (amplius ultra cap.3).
Il concetto di potere e gli interessi legittimi:
Di esso si parla quasi esclusivamente nel diritto italiano. È figura che non ha un
fondamento di teoria generale(10)
29
. La distinzione con il diritto soggettivo appare
agevole in certe ipotesi stereotipe ma molto difficile in altre. È comunque una figura
molto importante per comprendere il quadro della giustizia e non si può prescindere
da un suo esame nella interpretazione tradizionale (anche se oggi vi è l’esigenza di
sottoporre a critica rigorosa questa interpretazione)(11). Vi è ampio consenso
nell’identificazione di alcuni elementi come propri dell’interesse legittimo.
L’interesse legittimo non è una posizione soggettiva di tipo assoluto (ha cioè carattere
relativo)ed è correlata all’esercizio di un potere da parte dell’amministrazione. È
posizione speculare al potere dell’amministrazione. Ovvio che in tal modo occorre
spostare l’attenzione sul concetto di potere amministrativo, che è nozione
problematica, poiché influenzata da ragioni ideologico/politiche. Quello che appare
importante da subito sottolineare è che oggi sembra prevalere una concezione di
potere che rifiuta il concetto di supremazia istituzionale. Rileva oggi
l’assoggettamento del potere a una disciplina tipica (espressa dalla teoria dei vizi
dell’atto amministrativo e, soprattutto dall’ eccesso di potere) anche se, per stabilire
se è applicabile una disciplina tipica del potere amministrativo, occorre chiarire se in
gioco vi è un potere amministrativo e cosa sia il potere amministrativo. Il potere
10 e 11 considerazione di A. TRAVI, lezioni di giustizia amministrativa, Torino, Giappichelli, 2010, pag. 51
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amministrativo è considerato una situazione esclusiva del diritto pubblico, quindi
l’interesse legittimo si dice abbia ambientazione nel diritto pubblico, ma ciò non
risolve i problemi, dato che anche nell’ambito dell’attività amministrativa disciplinata
dal diritto pubblico sono configurabili diritti soggettivi! Per definire il potere tipico
dell’amministrazione sono stati considerati vari profili dell’attività amministrativa nel
diritto pubblico. Se noi riconosciamo che la nozione di interesse legittimo si
riconnette a quella del potere amministrativo, è ovvio che se analizziamo il concetto
di potere, conosceremo meglio di conseguenza, il concetto di interesse legittimo.
Un primo profilo caratteristico del potere è “l’autoritatività”; di fronte a un potere
autoritativo dell’amministrazione, il cittadino non potrebbe opporre un diritto
soggettivo, perché l’amministrazione attraverso i propri provvedimenti può
estinguere legittimamente i diritti dei terzi. L’attenzione però si sposta sulla
autoritatività dei provvedimenti amministrativi e quindi sulla loro incidenza e
resistenza rispetto ad un diritto soggettivo. Ciò però non spiega quando
l’amministrazione sia titolare di un potere e in cosa consista questo potere. Vi sono
casi poi, in cui il potere dell’amministrazione ha il carattere dell’unilateralità, ma non
quello dell’autoritatività, ma ciò nonostante, anche in tali casi si individua un
interesse legittimo (non si verifica alcuna sottrazione autoritativa di utilità spettanti
prima al cittadino).
Un secondo profilo caratteristico è la sua “strumentalità alla realizzazione
dell’interesse pubblico”. Non si ha potere, quando l’attività amministrativa è diretta
a soddisfare un interesse privato. Ma tale ipotesi non può verificarsi nel caso
dell’attività discrezionale, perché per definizione comporta la necessità di una scelta
in considerazione dell’interesse pubblico, mentre può verificarsi in alcune ipotesi di
attività vincolata. Certo è che rimane oscuro come si possa concludere che l’attività
vincola sia diretta a realizzare un interesse pubblico o privato, dato che ogni
apprezzamento degli interessi è precluso alla amministrazione!
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Un terzo profilo è la sua “infungibilità”; il potere dell’amministrazione è riservato ad
uno specifico apparato, e solo ad esso è consentito l’esercizio dello stesso. La
posizione del cittadino si configura per una dipendenza istituzionale
dall’amministrazione. Da ciò, la rilevanza dell’esercizio del potere amministrativo
riconosciuta nel nostro ordinamento anche ai fini della tutela dell’interesse legittimo.
Ma il carattere infungibile non è caratteristica esclusiva del potere amministrativo!
Un quarto profilo è relativo alla “produzione di effetti giuridici costitutivi”; potere,
uguale capacità di assumere atti produttivi di effetti giuridici propri. Ciò si può
cogliere meglio, distinguendo tra procedimenti dichiarativi e costitutivi. I primi si
limitano ad accertare o certificare situazioni già identificate dalla legge o definite da
essa, e nei confronti di essi sarebbero identificabili diritti soggettivi. I secondi sono
idonei a produrre effetti giuridici specifici (hanno carattere dispositivo) che vengono
enunciati nel provvedimento finale, e nei confronti di essi sarebbero identificabili
interessi legittimi. Ma l’identificazione del carattere costitutivo di certi provvedimenti
amministrativi non è pacifica.
Un quinto profilo attiene alla “riserva che la legge fa all’amministrazione di una
competenza esclusiva”. Ossia la competenza ad operare effettuando valutazioni che
possono essere compiute solo da essa (discrezionalità tecnica per esempio). Ossia alle
modalità con le quali l’amministrazione opera e assume i suoi atti. Quando la legge
riserva all’amministrazione l’effettuazione di certe valutazioni ai fini dell’adozione di
provvedimenti o dell’individuazione dei loro contenuti, l’attività
dell’amministrazione, o meglio i risultati della sua attività, non possono essere
definiti previamente sulla scorta solo di quanto previsto dalla legge e la valutazione
dell’amministrazione introduce elementi nuovi. Essa cioè qui, è in grado di innovare
l’ordinamento, perché introduce regole nuove rispetto a quelle sancite
dall’ordinamento. Ecco, è in tali casi che è configurabile un potere in senso proprio, e
ciò si verifica soprattutto quando l’attività dell’amministrazione è discrezionale. Non
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così nel caso di attività vincolata: qui il cittadino è titolare di un diritto soggettivo
perché anche prima e indipendentemente dall’attività amministrativa è definito
esattamente cosa gli spetti. Se l’attività è discrezionale, egli non può invece vantare
una pretesa a un determinato risultato, dato che ciò che gli spetta non è determinato a
priori in base alla legge, quindi qui si può solo ammettere un interesse legittimo. Ecco
che possiamo tentare una prima definizione di interesse legittimo: “la posizione di
interesse legittimo è sempre correlata a un potere dell’amministrazione; ma il potere
dell’amministrazione va definito sulla base della discrezionalità, essa opera come
fattore intermedio tra la norma e il provvedimento finale”. Questa però è una tesi che
non è accolta in giurisprudenza, la quale dice che non è sempre vero che in caso di
attività vincolata siano configurabili solo diritti soggettivi ed invita ad effettuare una
distinzione tra attività vincolata nell’interesse pubblico e attività vincolata
nell’interesse privato: cioè l’interesse legittimo troverebbe fondamento negli effetti
prodotti dall’attività amministrativa, ossia nella sua costitutività più che nelle
modalità attraverso le quali si esplica.(12)
30
Abbiamo visto in precedenza che con la l.
20 marzo 1865, n.2248, all. E), risultarono fornite di adeguata protezione, solo quelle
situazioni soggettive che assurgevano a livello di diritti soggettivi, a fronte dei quali
si riteneva che lo Stato, in forza del principio di legalità, non avesse poteri, ma
semplici interessi, che erano lasciati all’arbitrio del potere esecutivo, considerato
quale sede più adeguata per la realizzazione dell’interesse generale. E proprio in
considerazione dell’importanza assunta in ambito economico- sociale da questi ultimi
oltre che per l’atteggiamento rinunciatario dei giudici ordinari, in ordine alla garanzia
dei diritti soggettivi, che Crispi si fece promotore della legge 31 marzo1889, n.5992
attraverso la quale fu istituita la IV sezione del Consiglio di Stato con una
competenza generale di legittimità per il sindacato sugli atti amministrativi. Secondo
l’impostazione tradizionale, formatasi durante la vigenza dello Statuto Albertino(13),
31
12 F. G. SCOCA, giustizia amministrativa, Torino, Giappichelli, 2011, pag. 75 ss.
13 Statuto albertino, Lo Statuto del Regno, noto come Statuto albertino dal nome del re che lo promulgò, Carlo Alberto
di Savoia, fu lo statuto adottato dal Regno sardo-piemontese il 4 marzo 1848. Nel preambolo autografo dello stesso
Carlo Alberto viene definito come «Legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della Monarchia» sabauda.
Il 17 marzo 1861, con la fondazione del Regno d'Italia, divenne la carta fondamentale della nuova Italia unita e rimase
formalmente tale, pur con modifiche, fino al biennio 1944-1946 quando, con successivi decreti legislativi, fu adottato
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