6
allocazione delle risorse. Anche Hobbes
3
, nel XVII secolo, considera
giusto che ognuno trattenga per sé quanto guadagnato nel mercato e
che non è compito della società modificare la distribuzione che ne
risulta.
Nell’ Ottocento sono state ponderate posizioni più tenui, secondo
cui soltanto i frutti guadagnati in un mercato competitivo possono
essere trattenuti e dar luogo ad una distribuzione giusta, mentre devono
essere ridistribuiti tutti i guadagni sorti dallo sfruttamento di posizioni
di monopolio. Prendono vita, dunque, le prime teorie che
esplicitamente distinguono il momento della distribuzione della
ricchezza derivante dalle leggi della produzione capitalista, dal
momento della ridistribuzione ad opera delle istituzioni umane. Il
modello economico di John Stuart Mill teorizzato nei suoi Principi di
Economia Politica in ciò si distingue dai classici: si fonda su una
distinzione formale tra la distribuzione e ridistribuzione della
ricchezza. Per Stuart Mill la distribuzione della ricchezza è sottoposta a
leggi che hanno la stessa validità delle leggi naturali. La distribuzione è
il risultato della vendita dei fattori produttivi come la forza lavoro, il
capitale e la terra nel mercato capitalista ed è infatti legata alle leggi
della produzione quali le leggi della domanda e dell’offerta di beni e
-
3
HOBBES, Thomas, Libertà e necessità : questioni relative a libertà, necessità, e caso;
introduzione, traduzione e apparati di Andrea Longega. - Milano : Bompiani, 2000.
7
dei fattori produttivi ed ancora la legge della crescita della popolazione
di origine maltusiana, ecc. La ridistribuzione, cioè la modificazione
della distribuzione dei redditi guadagnati nel mercato dipende dalle
“istituzioni umane”, ovvero dalle leggi e dalle consuetudini di una
società
4
. Ancora, l’appropriazione di quanto guadagnato sul mercato è
più giustificata per i redditi da lavoro che implicano sforzo e sacrificio
e meno per quelli da capitale
5
. Con L. Einaudi
6
e H. C. Simons
7
, si
sono affermate versioni della teoria della distribuzione secondo il
merito con accenni all’eguaglianza nelle condizioni iniziali: si
accettano i risultati del mercato una volta che siano uguali i punti di
partenza; sono ritenute eque le differenze che derivano da un maggior
sforzo lavorativo o dal risparmio e non quelle provenienti da condizioni
di vantaggio, godute senza merito dagli individui per eredità o altre
condizioni familiari.
-
4
MILL John Stuart, Principi di Economia Politica, libro II, (1871), traduzione a cura di A.
Campolongo, Torino, 1954. pp. 195.
-
5
MILL John Stuart, Le probleme du profit, sta in: Initiation economique et sociale /P. Salles. -
9^ ed. - Paris : Dunod, 1979. pp. 186-190.
-
6
EINAUDI Luigi, Schemi storici e schemi ideali. Sta in: ECONOMIA del benessere e
democrazia / a cura di Francesco Forte, Gianfranco Mossetto. - Milano : Franco Angeli, c1972.
pp. 201-205.
-
7
SIMONS Henry, Un programma positivo per il "laissez-faire". Alcune proposte per una
politica economica liberale. Sta in: concorrenza, monopolio, regolamentazione. A cura di Dario
Cossutta e Michele Grillo. Bologna : Il Mulino, 1987. pp. 145-152
8
Le radici ideologiche del secondo criterio di giustizia distributiva,
quello basato sui bisogni, possono essere riassunte nell’ espressione più
classica, con la massima di Luis Blanc
8
: “Da ciascuno secondo le sue
capacità a ciascuno secondo le sue necessità”. Da qui prende le mosse
la tradizione socialista, cioè quelle teorie o quei movimenti socio
economici che propugnano il possesso e il controllo dei mezzi di
produzione da parte delle classi lavoratrici per realizzare, mediante una
nuova organizzazione della società, l’uguaglianza politica, sociale ed
economica di tutti gli uomini, fino all’abolizione stessa della proprietà
privata nel pensiero marxista e blanquista. Posizioni intermedie sono
state rappresentate dalle moderne teorie organicistiche dello Stato fino
alla moderna socialdemocrazia europea. Le politiche del moderno stato
assistenziale rappresentano combinazioni dei due criteri del merito e
del bisogno; hanno cercato di mettere in pratica, in modo più o meno
interventista, opere di ridistribuzione del benessere mediante strumenti
di politica economica. Le politiche redistributive hanno operato sia
sulla dotazione dei fattori produttivi con imposte che riducono gli
squilibri più accentuati sia sulla distribuzione dei guadagni con imposte
ad aliquota progressiva al fine di livellare le remunerazioni. Inoltre le
prestazioni gratuite di servizi assistenziali ed educativi e i trasferimenti
-
8
BLANC Louis, Organizzazione del lavoro (1839), sta in: IL PENSIERO socialista : 1791 -
1848 / testi e note a cura di Gian Mario Bravo. - Roma : Editori Riuniti, 1971. p. 699-736.
9
monetari pubblici verso i più bisognosi, hanno avuto come obiettivo
quello di assicurare a tutti una soglia minima di benessere. La difesa di
un certo margine di diseguaglianza, però, è sempre stata considerata
necessaria per assicurare il mantenimento del sistema e una certa
quantità di risorse disponibili per l’intera comunità.
La scienza che si occupa dello studio delle politiche redistributive
è l’economia del benessere o welfare economi secondo la terminologia
anglosassone, un ramo della teoria economica che è rivolto, dal punto
di vista della desiderabilità sociale, esplicitamente alla comprensione di
situazioni economiche alternative. La desiderabilità sociale di una
situazione economica viene in questa tesi valutata attraverso il criterio
dell’equità, ovvero mediante un giudizio morale sulla ridistribuzione
delle risorse fra gli individui appartenenti alla collettività. L’economia
del benessere è il fondamento teorico dell’economia normativa. Essa
offre uno schema analitico per giudicare la desiderabilità o meno di
modificazioni nella struttura economica e, più in generale, per
confrontare situazioni economiche alternative, dette anche stati del
mondo, sulla base di criteri etici chiaramente esplicitati. Uno stato del
mondo è costituito dalla descrizione completa di tutte le caratteristiche
di un sistema sociale a partire da quelle economiche, politiche, sociali
ed ambientali. Un studioso può tentare di effettuare una classificazione
o un ordinamento dei diversi stati del mondo, sulla base di criteri etici,
10
esprimendo inevitabilmente dei giudizi di valore sulla desiderabilità o
meno di ogni stato del mondo. L’economia del benessere è proprio lo
studio dei metodi e delle variabili (campo d’analisi) utilizzabili per
effettuare ordinamenti del genere. Uno studio dell’economia così
condotto può essere definito come approccio morale. Gli stati del
mondo, nell’ambito dell’economia del benessere, possono essere
modificati mediante delle politiche redistributive. Il risultato di tali
politiche dipenderà dai principi morali per mezzo dei quali si è
determinato lo scopo della politica redistribuitiva e dalla scelta delle
variabili d’analisi. In questo contesto, i problemi di non facile
soluzione che sorgono in merito alla ridistribuzione del benessere sono
principalmente quello dell’equità e quello della scelta delle variabili
d’analisi. L’equità riguarda i giudizi morali che una società esprime in
merito al modo in cui le risorse sono distribuite tra gli individui e le
politiche redistributive “migliori” in riferimento a degli obiettivi
moralmente determinati. Le correnti utilitariste hanno sempre
considerato come il miglior risultato di una politica redistribuitiva la
massimizzazione del benessere sociale, senza dar peso a come questo
sia distribuito all’interno della società. Altre correnti welfariste, ma non
utilitariste, sono state studiate a fondo dall’economia di “welfare” per
l’ingente influsso degli scritti del filosofo americano John Rawls e sono
state definite, con un certo strappo alla regola, come “rawlsiane”.
11
Queste hanno difeso posizioni che mirino più al miglioramento delle
condizioni di chi sta peggio e all’eguaglianza tra i cittadini, piuttosto
che alla mera massimizzazione del benessere.
Il secondo problema riguarda quali variabili o concetti economici
e sociali si devono tenere in considerazione al fine di esprimere in
modo soddisfacente il benessere e di uguagliarne il godimento tra gli
uomini; in altre parole la domanda che molti filosofi ed economisti –
come Ian Carter, John Rawls, Amartya Sen, Ronald Dworkin – si sono
posti è la seguente: per realizzare l’eguale ridistribuzione del benessere
all’interno di una società, bisogna raggiungere l’eguaglianza di cosa
9
?
I due problemi non sono pero disgiunti, in quanto la scelta delle
variabili per l’analisi, sarà sempre condizionata dal significato
attribuito al concetto di equità. In questo lavoro esporremo i principali
approcci morali del XX secolo, illustrando le variabili considerate
determinanti da ognuno di questi, in funzione agli obiettivi di equità
scelti e in funzione ai principi morali posti a fondamento di ogni teoria.
Ci occuperemo anche delle critiche che l’economista indiano Amartya
Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998, ha rivolto ai precedenti
approcci morali all’economia di welfare, al fine di sostenere la validità
scientifica dell’approccio delle “Capacità” di Amartya Sen che ha
rivoluzionato il modo di intendere il benessere, sia da un punto di vista
-
9
L' idea di eguaglianza / introduzione a cura di Ian Carter , Milano : Feltrinelli, 2001, pp.7.
12
economico, che politico-sociale. L’approccio di Amartya Sen si basa su
un’immagine della vita dell’uomo come un insieme di diversi modi di
essere e di fare fortemente desiderati dall’individuo e fusi in un
particolare stile di vita. Questo approccio giudica, dunque, il benessere
dell’uomo, non in funzione al reddito o ad i beni posseduti, ma in base
alle capacità e alla libertà posseduta dall’individuo per realizzare ciò
che più di tutto egli può desiderare: il proprio modo di essere.
Naturalmente ciò non può essere disgiunto dal concetto di povertà,
ovvero da quello stato di deprivazione generato non solo
dall’insufficienza di risorse economiche, ma anche dalla condizione di
incapacità individuale di realizzare un personale modo di essere. Con
una nota di aristotelismo, la deprivazione e la povertà nascono lì dove
l’uomo non riesce a realizzarsi come tale
10
.
Lo scopo di questo lavoro è quello di proporre un’applicazione
dell’approccio delle Capacità per l’analisi delle politiche redistributive
e per la concettualizzazione “multidimensionale” della povertà. Infine
cercheremo di analizzare la povertà mediante uno strumento
metodologico nuovo, la teoria degli “insiemi sfocati”, che ben si presta
per una valutazione del fenomeno il più aderente possibile alla realtà
dei fatti.
-
10
NUSSBAUM Martha, "Human Functioning and Social Justice: In Defense of Aristotelian
Essentialism", In Douglas Tallack, ed., Critical Theory: A Reader,. New York: Harvester
Wheatsheaf, 1995, pp. 449-472.