CAPITOLO 1
DIRITTI E PRINCIPI COSTITUZIONALI
1.1 Premessa: la prospettiva costituzionale
Al di là delle contrapposizioni etiche in seno alla società civile, (ed in particolare a
quelle fra laici e cattolici all’interno di quest’ultima), il tema del fine-vita può (e
merita di) essere analizzato anche in una prospettiva costituzionale. Ecco che allora
il punto di equilibrio tra situazioni giuridiche come l'inviolabilità del diritto alla
vita, il diritto alla libertà personale e il compito della Repubblica di prendersi cura
della vita e della salute, può essere ricercato dentro la cornice costituzionale.
In questo modo, anche dal punto di vista etico (intendendosi qui ‘etica’ nel senso
più ampio e comprensivo) si aggiunge una terza posizione alle due già censite: a
quella (1) di chi ritiene che la vita sia soltanto di chi la vive e che una legge sul c.d.
testamento biologico ha senso solo se obbliga la Repubblica, con le sue strutture
sanitarie e i suoi medici, a sostenere le disposizioni del paziente e a quella (2) di chi
per ragioni di fede crede nella sacralità della vita e tende a riporla, al pari della
morte, nelle mani di Dio, potrebbe proporsi anche quella più neutra (3) di chi non
sostiene a priori un punto di vista laico (laicista?) o religioso, ma si pone piuttosto
in una “prospettiva etica costituzionale”.
L’ipotesi di ricerca, pertanto, è che nella Costituzione sia quindi rinvenibile un
nucleo di principi e diritti che valgano a costituire una sorta di minimo comune
denominatore dotato di autorevolezza ed in grado di fornire una base
sufficientemente chiara, coerente, condivisa ed efficace per disciplinare le
situazioni riconducibili al fine-vita.
Nell’ambito delle Costituzioni nate nel secondo dopoguerra (e quindi anche
nella nostra Carta) sussiste una finalità non riscontrabile nelle Costituzioni
ottocentesche: quella di individuare gli elementi essenziali sui quali basare
l’intera organizzazione statale, i valori che fondano il suo essere ed il suo
11
operare; più precisamente, queste Costituzioni tendono ad essere mezzo “(…)
di regolamentazione di valori etici e sociali che devono vincolare il legislatore
(…)”13. Le Costituzioni contemporanee attraverso l’affermazione di vari
principi (quali il principio democratico, il principio di inviolabilità dei diritti
fondamentali, il principio di uguaglianza), si pongono come momento fondante
di una determinata organizzazione statale, ponendo le basi della sua
legittimazione. La sovranità dello Stato sussiste, quindi, entro i limiti di quei
principi, e allo Stato viene attribuito un complesso di nuovi compiti di tutela e
promozione.
1.2 Il diritto alla vita
Che cosa sia la “vita” e in quale momento abbia inizio la “persona” sono
problematiche molto delicate che dividono l'opinione pubblica; si tratta di temi
in cui il pluralismo delle tesi sarà difficilmente riducibile ad unità. È nota la
posizione della Chiesa cattolica per cui la “scintilla” della vita si collocherebbe
nell'istante in cui i gameti maschile e femminile si incontrano. Molti scienziati
mettono peraltro in evidenza come la fecondazione non si riduca ad un istante
ma costituirebbe un processo che si protrae per ventiquattrore e solo al termine
verrà a prodursi l'ovulo fecondato. Per altri pensatori l'inizio della vita
individuale andrebbe collocato nella gestrulazione, un processo che ha luogo
all'incirca alla terza settimana di gravidanza. Queste sono solo alcune delle tesi
elaborate in materia14. In questa sede, possiamo limitarci ad evidenziare che la
vita rappresenta una condizione biologica dell'essere umano, quale insieme
delle funzioni biochimiche cellulari, del processo di riproduzione cellulare, del
funzionamento dei vari organi, e ad un tempo rappresenta anche una
condizione per così dire, biografica, quale l'insieme delle esperienze, delle
relazioni con le altre persone, delle gioie, dei dolori, delle sofferenze, delle
13 C. AMIRANTE, Diritti dell’uomo e sistema costituzionale: un futuro dal cuore antico?, saggio
introduttivo in E. DENNINGER, Diritti dell’uomo e legge fondamentale, Torino, 1997, pp. 1-58.
14 Per un approfondimento del tema vedi P. VERONESI, Op. ult. cit., p. 105 ss..
12
speranze nel futuro, delle attese, degli sforzi per rendere degna e umana la
vita15.
Affrontando il problema da una prospettiva giuridica, la mancanza, nella Carta
Costituzionale, di una disposizione specifica che tuteli espressamente il diritto
alla vita e che ne delinei gli aspetti, i limiti e le caratteristiche, sicuramente non
semplifica la questione. Il fatto però che il diritto alla vita non sia menzionato
non vuol necessariamente dire che questo non trovi riconoscimento
nell'ordinamento16. La Corte Costituzionale, infatti, nella sua giurisprudenza,
afferma più volte che il diritto alla vita è tutelato dalla Costituzione e che
rientra tra i diritti inviolabili dell'uomo che secondo l'art. 2 della Cost. “la
Repubblica riconosce e garantisce”. Nella nota sentenza n. 223 del 1996 la
Corte Costituzionale discute sulla legittimità costituzionale del decreto con cui
il Ministro di grazia e giustizia concede l'estradizione per reato sanzionato con
la pena capitale nel Paese richiedente in presenza di “sufficienti garanzie” che
la pena capitale non sarà inflitta o eseguita. La questione viene risolta sulla
base degli articoli 2 e 27 Cost. entrambi violati, con una declaratoria di
incostituzionalità. Il divieto costituzionale della pena di morte sancito all'art. 27
si configura come una “proiezione della garanzia accordata al bene
fondamentale della vita, che è il primo dei diritti inviolabili dell'uomo
riconosciuti dall'art. 2”17.
Altri indici del fatto che il nostro ordinamento riconosce e protegge il diritto
alla vita sono gli artt. 575 ss. del c.p. che puniscono gli atti volti a provocare la
15 A. SCALISI, Libertà di autodeterminazione. Il diritto di morire: profili problematici, in Fam. e
dir., n.11, 2009, p. 1069.
16 Vedi tra gli altri, F. MODUGNO, I “nuovi diritti” nella giurisprudenza costituzionale, Torino,
1995, p. 16, il quale, in riferimento al diritto alla vita, parla di “precondizione necessaria di
qualsiasi diritto” e di “diritto implicito nella nostra Costituzione”.
17 Corte cost., sentenza n. 223, del 27 giugno 1996, reperibile su www.giurcost.org. Ulteriori decisioni
in cui la Consulta si è occupata del diritto alla vita sono la sentenza n. 27, del 18 febbraio 1975 e la
n. 35, del 10 febbraio 1997. In entrambe le pronunce viene presa in esame la situazione giuridica
del concepito e l’art. 2 Cost. viene utilizzato come base giuridica per dare rilievo costituzionale al
diritto alla vita del nascituro. In particolare la Corte costituzionale nella pronuncia del 10 febbraio
1997, n. 35 afferma che “ha fondamento costituzionale la tutela del concepito, la cui situazione
giuridica si colloca, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, tra i diritti inviolabili
dell’uomo riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione, denominando tale diritto come
diritto alla vita, oggetto di specifica salvaguardia costituzionale”.
13
morte di un uomo, tra i quali possono menzionarsi l'omicidio del consenziente
e l'istigazione o aiuto al suicidio. Sotto questo profilo la tutela del diritto alla
vita è legata a norme di tipo sanzionatorio.
A livello internazionale il riconoscimento del diritto alla vita si ha in diversi
documenti.
Nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 l'art. 3 afferma
che “ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della
propria persona”.
La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, firmata a Roma nel 1950, tutela il diritto in esame all'art. 2
stabilendo che “Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge.
Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in
esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in
cui il reato sia punito dalla legge con tale pena”.
La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea18 del 2000 afferma all'art.
1 che la dignità umana è inviolabile e deve essere tutelata e rispettata e all'art. 2
che ogni individuo ha diritto alla vita.
1.2.1 L'articolo 2 della Costituzione
Prima di proseguire nell'analisi del diritto alla vita è utile soffermarsi
preliminarmente un istante sull'art. 2 che così recita: “La Repubblica riconosce
e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento
dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Questa
18 La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (vedi infra) è stata solennemente proclamata
una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e una seconda volta, in una versione adattata, il 12
dicembre 2007 a Strasburgo. La Carta era stata inserita come seconda parte della Costituzione
Europea in modo che quando questa fosse stata ratificata anche la Carta avrebbe assunto valore
giuridico vincolante. Dopo il fallimento della ratifica della Costituzione si aprì un dibattito
sull'opportunità di inserire la Carta nel nuovo trattato. Nel Trattato di Lisbona (entrato in vigore il 1
dicembre 2009) si decise di inserire solo un articolo con un rimando esplicito alla carta, riferimento
comunque sufficiente a rendere la Carta giuridicamente vincolante per gli stati membri dell'UE.
14
formulazione è il risultato del compromesso raggiunto tra le varie componenti
ideologiche presenti all'interno dell'Assemblea Costituente, ciascuna delle
quali aveva una propria opinione in merito ai c.d. diritti inviolabili.
Semplificando al massimo la questione la componente cattolica aveva una
concezione “personalistica”, quella socialista-comunista una concezione
incentrata sull'idea di “sovranità popolare”, infine quella laica una concezione
“individualistica” di questi diritti (concezione giusnaturalistica legata al
primato dell'individuo come tale)19. L'accordo in Assemblea costituente tra
cattolici e le sinistre fu raggiunto con la rinuncia dei primi a definire i diritti
inviolabili come “naturali”- di cui sono segno il progressivo ritiro di
espressioni come “sacri” o “naturali”- e con la contemporanea rinuncia delle
sinistre a concezioni funzionalistiche dei diritti dell'uomo “rispetto all'idea di
una democrazia fondata sull'onnipotenza del legislatore”20. Il testo che venne
elaborato, ad opera di La Pira e Basso, poggiava su due principi:
l'accoglimento del concetto di anteriorità dei diritti fondamentali dell’uomo
rispetto ad ogni istituzione politica e ad ogni potere costituito, pur nel rifiuto
della concezione di diritti naturali, e l'affermazione del pari rango tra valori
individuali e quelli collettivi21. Con tale articolo si è rovesciata una tradizione
“la quale concepiva i diritti del cittadino come una difesa dell'individuo contro
le interferenza legittime dell'Esecutivo, e non già contro gli interventi del
legislatore, una tradizione che presupponeva, pertanto, la preesistenza e
anteriorità logica dello Stato, rispetto ai diritti fondamentali del cittadino”22.
19 Altra linea di divisione dell’Assemblea era quella che contrapponeva le posizioni di chi
circoscriveva i diritti inviolabili alle libertà individualistiche, e quelle di chi li allargava anche ai
diritti sociali e comunitari.
20 Cfr. A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Diritti della persona e Valori costituzionali, Torino,
1997, p. 29. Vedi inoltre A. BARBERA, in Art. 2, in Commentario della Costituzione. Art. 1-12.
Principi fondamentali, a cura di G. BRANCA, Bologna-Roma, 1975, p. 50 ss..
21 Sull'articolo 2 si veda anche l'intervento di A. MORO in Assemblea Costituente il quale sostiene
che la differenza fra le parti era solo terminologica: ciò che taluni chiamavano “diritti naturali” e
gli altri “diritti storici” sono la medesima cosa, poiché gli uni e gli altri intendono alludere a diritti
supremi, “permanentemente validi”, sottratti all'effimero gioco delle maggioranze parlamentari ,
oltrechè non modificabili e non eliminabili neppure dal potere di revisione costituzionale. Per la
consultazione dei lavori preparatori si veda in Assemblea costituente, sul sito www.camera.it, nella
sezione Legislature precedenti.
22 Cfr. A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, cit., p. 2.
15
In base a tale disposizione l'ordinamento tutela i diritti umani fondamentali,
riconoscendo loro una priorità nel sistema dei valori costituzionali, che li rende
inviolabili sia dai poteri pubblici sia dai privati. In dottrina è stata proposta una
definizione teorica di “diritti fondamentali”, una definizione cioè, che
prescinde dalla circostanza di fatto che in questo o in quell'ordinamento tali
diritti siano (o non siano) formulati in carte costituzionali o in leggi
fondamentali. In questo senso sono diritti fondamentali “tutti quei diritti
soggettivi che spettano universalmente a tutti gli esseri umani in quanto dotati
dello status di persone, o di cittadini o di persone capaci di agire; inteso per
diritto soggettivo qualunque aspettativa positiva (a prestazioni) o negativa (a
non lesioni) ascritta ad un soggetto da una norma giuridica....”23. Questa
definizione, in quanto prescinde da circostanze di fatto, anelerebbe ad essere
valida per qualunque ordinamento.
Di importanza essenziale per le Costituzioni democratiche del Novecento è
l’affermazione del principio di inviolabilità dei diritti della persona umana, e il
riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo evidenzia un dato di assoluta
novità rispetto all'esperienza liberale ottocentesca: quello del primato della
persona umana sullo Stato. L’individuo rileva come persona, intesa essa stessa
come valore “inglobante la totalità delle relazioni umane fondamentali”24,
riguardata, quindi, nel concreto della sua vita reale, come soggetto di relazioni
entro le quali si svolge la sua personalità: si afferma per la sua dignità di essere
umano. Dignità e socialità diventano, quindi, le due parole chiave: la persona
umana intesa nella sua integrità è il valore supremo, e lo Stato è sovrano nella
misura e nei limiti in cui opera in funzione della tutela e dello sviluppo della
persona umana, assicurando i suoi inalienabili diritti.
La Costituzione italiana non ha una rubrica formalmente dedicata ai diritti
fondamentali, ma dottrina e giurisprudenza fanno comunemente riferimento a
questa categoria per indicare, appunto, quei diritti cui la Costituzione
23 L. FERRAJOLI, Diritti fondamentali, Un dibattito teorico, a cura di E. VITALE, Bari, 2008, p. 5.
24 A. BALDASSARRE, voce Diritti inviolabili, in Enc.giur. Treccani, XI, 1989, p. 16.
16
attribuisce un particolare statuto di garanzia. Diritti a cui il Costituente ha
dedicato l’intera prima parte della Costituzione: al catalogo delle “classiche
libertà liberali” (quali la libertà personale, la libertà di domicilio, la libertà di
manifestazione del pensiero e le altre riconosciute nel titolo I, parte I della
Costituzione) classificati come diritti inviolabili in senso stretto o “generali”,
vengono aggiunti altri diritti, previsti nei titoli II e III, rispettivamente dedicati
ai rapporti etico-sociali ed ai rapporti economici, definiti sociali, e considerati
diritti inviolabili in senso ampio o “speciali” (in quanto connessi a status
particolari -lavoratore ecc.- e non già al generale status naturae). Mentre
quest'ultimi sono sottoposti a limiti generali il cui criterio direttivo è costituito
dalla discrezionalità del legislatore e delle autorità chiamate a determinarli in
concreto, i primi sono assoggettati a limiti più rigorosi, che circoscrivono la
discrezionalità del legislatore. Se si prendono in considerazione i diritti
personali (libertà personale, di domicilio, ecc.) si nota che negli articoli
corrispondenti non sono previsti limiti di valore, ma alcune specifiche garanzie
procedurali (riserva di legge, riserva di giurisdizione). Contrariamente a quelli
appena considerati, gli altri diritti inviolabili, oltre al minimum di disciplina
derivante dal sistema dei valori costituzionali, sono sottoposti a limiti costituiti
da vere e proprie “clausole generali” (utilità sociale, funzione sociale, interesse
della collettività...).
Per quanto riguarda la concezione dei diritti inviolabili le varie alternative
teoriche prospettate possono essere ricondotte a due filoni di pensiero. Il primo
consiste in una concezione giusnaturalistica di questi diritti: si individua il
fondamento dei diritti inviolabili in una fonte extra-positiva capace di imporsi
nel mondo giuridico per una forza sua propria, che i singoli ordinamenti
possono solo “riconoscere”, ma mai fondare con una forza pari quella
originaria. Il secondo filone invece prevede una concezione positivistica dei
diritti inviolabili: questi diritti non sono ritenuti dotati di una validità
indipendente dalle scelte operate dall'ordinamento positivo di cui si tratta, ma
sono giuridicamente concepibili solo se fondati, quanto al loro valore, in norme
17
o disposizioni di diritto positivo25.
Queste teorie sono state fatte proprie anche dalla dottrina italiana per
individuare il fondamento dei diritti inviolabili cui fa riferimento l'art. 2 Cost.
Nello specifico, è stata avanzata da una parte della dottrina l'ipotesi relativa
alla recezione del diritto naturale da parte dell'articolo 2 Cost. Gli argomenti
ermeneutici a sostegno di questa tesi sarebbero due, uno di carattere formale e
l'altro di tipo sostanziale. Quanto al primo dei due motivi addotti, l'uso del
termine “inviolabili” insieme al verbo “riconosce” richiamerebbero, secondo
una parte della dottrina, concezioni giusnaturalistiche26 dei diritti umani, e
proprio l'espressione verbale utilizzata dimostrerebbe la preesistenza di questi
diritti rispetto ad ogni istituzione politica e al diritto positivo27. Per quanto
riguarda, invece, l'argomento sostanziale, ogni volta che l'ordinamento
giuridico mostra di presupporre l'anteriorità di taluni diritti individuali o sociali
rispetto allo Stato, ci si troverebbe necessariamente in presenza di un richiamo,
se non formale quantomeno sostanziale, al diritto naturale, vale a dire un diritto
pre o super positivo28.
Questa posizione è però minoritaria; la dottrina prevalente, infatti, sottolinea
come la persona sia fondamento del diritto in quanto portatrice, non di valori
preesistenti allo stato, ma di valori tutelati da uno specifico ordinamento
giuridico storicamente dato. I diritti dell'uomo costituiscono una classe
variabile, l'elenco dei diritti dell'uomo si è modificato e va modificandosi col
25 Cfr. A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Diritti della persona e Valori costituzionali, cit., pp.
11-19.
26 Il postulato fondamentale del giusnaturalismo è dato dalla convinzione che, così come vi è un
ordine naturale del mondo fisico (di cui sono espressioni le leggi delle fisica), così vi sarebbe un
ordine naturale dei rapporti umani (di cui sarebbero espressione le leggi del diritto naturale, che
dovrebbero valere in ogni luogo ed in ogni tempo. Tali leggi dei diritto naturale proprio perchè
universalmente valide, dovrebbero essere necessariamente giuste. Pertanto, il diritto positivo
prodotto dal legislatore di una certa comunità, qualora contrastante col diritto naturale, risulterebbe
necessariamente ingiusto, e quindi invalido. Vedi A. VIGNUDELLI, Diritto costituzionale, Tomo I,
Torino, 2005, pp. 5-6.
27 Cfr. per esempio C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1976, p. 1037; A.
BARBERA-F. COCOZZA-G. CORSO, Le libertà dei singoli e delle formazioni sociali, in
Manuale di diritto pubblico, a cura di G. AMATO-A. BARBERA, Bologna, 1986, p. 207.
28 Per una critica di questa dottrina vedi A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Diritti della
persona e Valori costituzionali, cit, p. 31 ss..
18
mutare delle condizioni storiche, cioè dei bisogni e degli interessi, delle classi
al potere, dei mezzi disponibili per la loro attuazione, delle trasformazioni
tecniche29. E il termine “inviolabili”, più che essere un richiamo al diritto
naturale, rimanda alla assoluta inderogabilità dei diritti fondamentali anche in
caso di revisione costituzionale30. Di questo avviso è stata anche la Corte
Costituzionale: “In base all’art. 2 Cost. un diritto è inviolabile, nel senso
generale che il suo contenuto essenziale non può essere oggetto di revisione
costituzionale, in quanto incorpora un valore di fondo della personalità avente
un carattere fondante rispetto al sistema democratico voluto dal costituente”31.
L’aggettivazione “inviolabile” ha una duplice funzionalità interpretativa: da un
lato consente una categorizzazione unitaria di tutti i diritti previsti nella
Costituzione che siano strumentali alla tutela della persona umana, intesa quale
valore fondamentale; da altro lato, indica il particolare statuto di cui questi
diritti, in quanto valori supremi, godono nell’ambito dell’ordinamento
giuridico: ossia, la garanzia di inviolabilità. Inviolabilità, dunque, è sinonimo
di irretrattabilità o irrivedibilità: in termini formali, il contenuto essenziale
della disciplina di questi diritti non può subire alterazioni e modifiche
nemmeno attraverso il procedimento di revisione costituzionale; al pari di ogni
principio supremo essi sono elemento di identità dell’ordinamento
costituzionale32. Ma accanto a questo significato “negativo” di inviolabilità, se
29 Cfr. N. BOBBIO, Sul fondamento dei diritti dell'uomo, in L'età dei diritti, Torino, 1990, pp. 5 -16,
in cui l'autore si domanda come sia possibile porre il problema del fondamento, assoluto o non
assoluto, di diritti di cui non è possibile dare una nozione precisa: “diritti che erano stati dichiarati
assoluti alla fine del Settecento, come la proprietà "sacre et inviolable", sono stati sottoposti a
radicali limitazioni nelle dichiarazioni contemporanee; diritti che le dichiarazioni del Settecento
non menzionavano neppure, come i diritti sociali, sono ormai proclamati con grande ostentazione
in tutte le dichiarazioni recenti. Non si vede come si possa dare un fondamento assoluto di diritti
storicamente relativi”.
30 Cfr. A. BALDASSARRE voce Diritti inviolabili, in Enc. Giur. Treccani, vol. XI, 1989, pp. 10-11.
Per l'autore inoltre l’utilizzo del verbo “riconoscere” è per lo più da intendersi, usato comunemente
anche in altre disposizioni della Carta costituzionale, con un significato generico di “prevedere”, e
non come costituente un rinvio al diritto naturale.
31 Corte cost., pronuncia n. 366, del 23 luglio 1991 consultabile su www.giurcost.org. In questo senso
vedi anche la sentenza della Corte cost. n. 1146, del 29 dicembre 1988, in Giur. cost., 1988, I, p.
5565, in cui la Consulta ribadisce che si rinvengono nella nostra Costituzione dei principi
strutturali, definiti supremi “(…) che non possono essere modificati o sovvertiti nel loro contenuto
essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali”.
32 In questo senso vedi C. MORTATI, voce Costituzione (dottrine generali), in Enc. dir., XI, 1962, pp.
19
ne affianca uno per così dire “positivo”: il suo valore condizionante non
riguarderebbe, infatti, solo la prospettiva formale (negativa) di limite assoluto
al potere di revisione costituzionale, ma anche la dimensione sostanziale
(positiva) “di valore pervasivo l’intero ordinamento”33. Il profilo della
inviolabilità positiva attiene, dunque, al momento della attuazione dei diritti
fondamentali; si tratta di un profilo che concerne i rapporti tra i diritti
fondamentali e i distinti poteri dello Stato, considerati nello svolgimento delle
loro funzioni. Nei confronti del legislatore la garanzia della inviolabilità dei
diritti fondamentali opera anche come limite alla sua discrezionalità politica:
nel contemperamento tra diverse esigenze, e diversi valori tutti
costituzionalmente rilevanti, infatti, egli non avrà una libertà incondizionata,
ma dovrà rispettare i paradigmi valoriali disegnati all’interno delle singole
norme costituzionali, cercando di rispettare gli equilibri disegnati dal
Costituente. L’inviolabilità assumerebbe poi la funzione di precetto positivo
anche per l’interprete: per ogni operatore giuridico, infatti, sarebbe
“deontologicamente necessario sviluppare ed attuare ogni potenzialità
immanente nel riconoscimento di tali diritti”, per assecondare, appunto, le
potenzialità espansive dei valori che ne costituiscono l’essenza34.
Comunemente ai diritti inviolabili sono riconosciute le caratteristiche di
assolutezza, inalienabilità, imprescrittibilità, irrinunciabilità e indisponibilità.
Per quanto riguarda l'assolutezza occorre distinguerne due diverse accezioni: la
prima è quella dell'assolutezza assiologica, la quale comporta che i diritti
inviolabili siano considerati valori obiettivi primari, al di sopra dei quali non ne
esistono altri nell'ordinamento positivo; l'altra è quella dell'assolutezza in
termini di contenuto e, di conseguenza, in termini di “destinatari” dei
comportamenti che integrano l'esercizio del diritto stesso. Essi cioè sono
204-208; P. BARILE, Diritti dell'uomo e libertà fondamentali, Bologna, 1985, p. 53; S.
CICCONETTI, La revisione della Costituzione, Padova, 1972, p. 273 ss.. In senso contrario vedi A.
VIGNUDELLI, Op. ult. cit., p. 425.
33 A. BALDASSARRE, voce Diritti inviolabili, in Enc. Giur. Treccani, vol. XI, Roma 1989, pp. 29-
31.
34 F. MODUGNO, Op. ult. cit., p. 101 ss..
20
attribuiti dalla Costituzione a tutti gli uomini, e quindi non è ammissibile che
anche uno solo ne sia sprovvisto, ed il loro contenuto consiste in una facoltà il
cui svolgimento si dirige verso l'astratta generalità dei consociati (erga
omnes)35. Venendo alle altre caratteristiche prime elencate si ritiene che tali
diritti non possono essere ceduti ad altri; il loro mancato esercizio non ne
determina l'estinzione; infine il titolare non vi può rinunciare o disporne con
atti di diritto privato. Per una parte della dottrina ciò che si vuole garantire con
tali caratteri è una sorta di “neutralizzazione” della titolarità dei diritti
inviolabili, l'affermazione di una reciproca indifferenza tra la titolarità e
l'esercizio dei predetti diritti attraverso una “riserva di indisponibilità” della
loro titolarità36. Dai caratteri così delineati emerge un significato complessivo
dei diritti inviolabili che li identifica con i valori originari, assolutamente
primari e quindi intangibili nel loro nucleo assiologico da parte di qualsiasi
soggetto privato (incluso il titolare) sia da qualsiasi potere costituito, compreso
quello di revisione costituzionale.
In merito sempre all'art. 2 inizialmente sono state proposte due diverse letture.
La prima vede nell'art. 2 una una norma a “fattispecie chiusa” che riassume le
libertà previste dalla Costituzione agli art. 13 e seguenti, e per dare tutela ai
“nuovi diritti” suggerisce di interpretare estensivamente i diritti presenti
nell’attuale catalogo costituzionale, che per sue caratteristiche sarebbe idoneo a
ricomprendere in sé ogni possibile forma di libertà che potrebbe emergere. La
35 Cfr. A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Diritti della persona e Valori costituzionali, Torino,
1997, p. 83, in cui l'autore afferma che se “non c'è dubbio che i diritti inviolabili siano qualificabili
come assoluti nel primo dei due sensi indicati, al contrario “assolutezza” del contenuto e la
(conseguente) generalità dei destinatari, essendo appunto conseguenze della struttura interna del
diritto stesso (cioè l'essere una facoltà o agere licere), sono proprie di alcuni diritti che presentano
quel particolare contenuto...”.
36 A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili (voce), in Enc. Giur. Treccani, cit., p. 29. Sono state
sollevate delle perplessità sulla permanenza di tali caratteri nell'ordinamento vigente, originate
dalla distinzione tra titolarità ed esercizio dei diritti. Vedi in questo senso P.F. GROSSI,
Introduzione ad uno studio sui diritti inviolabili nella Costituzione italiana, Padova, 1972, p. 49 ss.,
il quale ha sostenuto che il riconoscimento dei diritti inviolabili come diritti garantiti
indipendentemente dall'iniziativa e dal consenso dei titolari porterebbe ad una generale
“funzionalizzazione” di tali diritti; A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, Padova,
1985, p. 10 ss., che afferma come il riconoscimento degli stessi diritti appaia come “il frutto di un
imposizione giuridica anziché di una libera scelta e di un consapevole esercizio da parte dei
cittadini”.
21
seconda lettura invece parla dell'art. 2 come di una norma a “fattispecie
aperta”: una sorta di clausola generale in grado di dare tutela costituzionale ai
diritti, non espressamente previsti nella Carta, riconosciuti come inviolabili e
affermatisi nel tempo nella coscienza sociale37.
Per il primo orientamento attribuire alla clausola dei diritti inviolabili di cui
all’articolo 2 della Costituzione un contenuto aperto e indeterminato
equivarrebbe a rendere estremamente incerta l’esatta estensione della norma e
perciò stesso ad aprire la via alle più varie e arbitrarie esegesi soggettive. I
diritti inviolabili dovrebbero essere interpretati, pertanto, come catalogo chiuso
riassuntivo delle altre previsioni costituzionali; la lettura dell'articolo 2 come
“fattispecie chiusa” non condurrebbe perciò solo a pietrificare il contenuto
normativo dei diritti inviolabili ai “diritti che la tradizione ha tramandato”: gli
articoli 13 e seguenti della Costituzione potrebbero, infatti, essere soggetti a
un’interpretazione estensiva ed evolutiva, tale da ricomprendere tutti quelli che
vengono comunemente definiti “nuovi diritti”, purché ricostruibili come aspetti
o sviluppi, impliciti o trasversali, di diritti tipizzati ed enumerati in
costituzione38. Per il secondo orientamento dottrinale invece una lettura chiusa
dell’articolo 2 equivarrebbe ad attribuirgli un significato pleonastico e
tautologico; sicché non dovrebbe escludersi la copertura costituzionale per altre
posizioni inviolabili oltre quelle espressamente disciplinate dalla costituzione,
sia integrando eventuali lacune, sia interpretando per via giurisprudenziale le
evoluzioni e gli sviluppi del sentimento di giustizia e della coscienza sociale
dei cittadini39.
Cercando di superare queste due tesi ritenute da una alcuni autori inadeguate
per motivi diversi è stata prospettata una nuova lettura dell'art. 2: la novità
37 Vedi A. BARBERA, Art. 2., in Comm. Cost. Branca, cit., p. 50 ss..
38 In questo senso A. PACE, Diritti fondamentali al di là della Costituzione?, in Pol. Dir., n. 1, 1993,
p. 3 ss.; P. BARILE, Op. ult. cit., p. 54 ss.; A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili (voce), in Enc.
Giur. Treccani, XI, Roma, 1989, p. 18 ss..
39 Così G. AMATO, Libertà: involucro del tornaconto o della responsabilità individuale?, in Pol.
Dir., n. 1, 1990, p. 47 ss.; A. PIZZORUSSO, Lezioni di diritto costituzionale, Roma, 1978, p. 97;
A. SPADARO, Il problema del “fondamento” dei diritti “fondamentali”, in Dir. e soc., n. 1, 1991,
p. 458 ss..
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della “terza via” interpretativa consiste nel meccanismo di chiusura del
sistema, che renderebbe il catalogo costituzionale onnicomprensivo nella parte
relativa alle libertà. Queste ultime vengono innanzitutto interpretate prima che
come situazioni giuridiche, come valori, da interpretare secondo una logica
loro propria40, ciò che dovrebbe portare a un’interpretazione talmente estensiva
dei diritti fondamentali enumerati in Costituzione che li contengono, da non
lasciare alcuno spazio vuoto.
Nella sua prima giurisprudenza la Corte Costituzionale aveva accolto
un’impostazione restrittiva dell’art. 2, asserendo che il principio espresso dalla
disposizione richiamata “indica chiaramente che la Costituzione eleva a
regola fondamentale dello Stato, per tutto quanto attiene ai rapporti tra la
collettività e i singoli, il riconoscimento di quei diritti che formano il
patrimonio irretrattabile della persona umana: che appartengono all’uomo
inteso come essere libero” e, “alla generica formula di tale principio, fa
seguire una specifica indicazione dei singoli diritti inviolabili”41. La scelta
della Corte di non rimanere ancorata alla sua prima giurisprudenza è dimostrata
dal fatto che proprio attraverso la lettura dell'art. 2 come norma a “fattispecie
aperta” la Corte Costituzionale ha potuto affermare l'esistenza del diritto alla
vita tra i diritti inviolabili tutelati dalla Carta. La Costituzione, se non ha
sancito la supremazia del diritto alla vita, ne ha previsto la precedenza sugli
altri diritti e libertà per la diversa sistemazione degli articoli: l'art. 2 tra i
principi fondamentali e gli artt. 13 e seguenti, dopo, tra i diritti e i doveri dei
cittadini42.
1.2.2 Il diritto alla vita: diritto disponibile o indisponibile?
Dobbiamo sottolineare come sia nelle pronunce della Corte Costituzionale sia
nella normativa internazionale non vengono delineate le caratteristiche del
40 Vedi A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Diritti della persona e Valori costituzionali, cit., p.
13 ss..
41 Corte cost., sentenza n.11, del 19 giugno 1956.
42 Vedi D. NANIA, Il testamento biologico, la terza via., Roma, 2009, p. 47.
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diritto in esame. Per la tematica che stiamo affrontando la caratteristica che ci
preme indagare è soprattutto quella della disponibilità o meno della vita. La
dottrina su questo punto è divisa tra coloro che ritengono il diritto alla vita un
diritto indisponibile e coloro che rappresentano l'orientamento opposto.
A chi appartiene la vita? “A noi stessi” risponderebbero i laici. “Solo a Dio”
risponderebbero, ad esempio, i cattolici. Questo evidenzia come le discussioni
riguardanti la vita umana parrebbero sempre rinviare ad opposte visioni: da una
parte la visione laica della vita, dall'altra una visione legata ad una concezione
trascendente della vita che vede l'esistenza dell'uomo come qualcosa che non
gli appartiene. I sostenitori di quest'ultima visione considerano la vita come
inviolabile e indisponibile e la definiscono sacra. L'uomo non deve avere nulla
a che vedere con lo svolgimento della vita e non ci devono essere interferenze
umane né sull'inizio né sul fine vita. La fede porta il credente a ritenere che la
vita e la morte dell'uomo siano solo nelle mani del Creatore. In questa
prospettiva la vita ha una sua dignità intrinseca indipendentemente dalle sue
condizioni. Il discorso sulle condizioni e sulla qualità della vita appartengono
sicuramente a chi ha una visione laica della vita: una vita è degna di essere
vissuta solo se è una buona vita e la qualità della vita non può essere un
concetto imposto dall'esterno, ma può essere determinata solo dal soggetto in
prima persona, sulla base delle sue convinzioni e della sua esperienza.
La dottrina che sostiene l'indisponibilità della vita, afferma la prevalenza del
diritto alla vita quale limite per tutti gli altri diritti anche di affermazione
costituzionale. Alla base della sua tesi richiama in primo luogo l'art. 32 della
Costituzione il quale, caratterizzando il diritto alla salute come interesse della
collettività (“la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell'individuo e interesse della collettività”), stabilirebbe per il singolo soggetto
un “dovere alla salute” che si risolverebbe, sulla base della contestuale lettura
dell'art. 2, in una pretesa sociale a che ogni individuo conservi le qualità
psicofisiche necessarie per adempiere ai doveri di solidarietà gravanti su di
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lui43. In ogni diritto fondamentale v’è una componente di doverosità, in ultima
istanza riportabile alla dignità della persona umana per un verso, alla
solidarietà per un altro; sono diritti fondamentali proprio perché in essi si
realizza il massimo della libertà ma anche il massimo dell’obbligo, etico e
giuridico44. L'articolo 32 Cost. sancirebbe quindi la possibilità di esprimere un
rifiuto a trattamenti sanitari non obbligatori, ma non a trattamenti
indispensabili per il mantenimento della vita. Fin quando dunque ciascuno di
noi è “utile” alla collettività, deve tenersi in vita per sé e, appunto, per gli altri.
Quindi sulla base del principio di solidarietà e di partecipazione è consentito
apporre limiti legittimi ai diritti e alle libertà costituzionalmente garantiti.
In secondo luogo l'indisponibilità del diritto alla vita viene ricavata da alcune
norme dell'ordinamento. Gli articoli del codice penale che vanno dal 575 al
580 disciplinano una serie di fattispecie a tutela del bene della vita e puniscono
gli atti volti a provocare la morte di un uomo. Il fatto che l'ordinamento
punisca le aggressioni alla vita mostra come questo bene sia tutelato e garantito
anche dal legislatore. In particolare gli art. 579 e 580 puniscono l'omicidio del
consenziente e l'aiuto al suicidio e questo determinerebbe, per l'argomento che
stiamo trattando, l'invalidità del rifiuto di terapie da cui dipenda la
sopravvivenza della persona. In questo modo il medico che su richiesta del
paziente non proceda a sottoporlo a terapie salvavita sarebbe penalmente
imputabile. Se il diritto alla vita fosse disponibile queste norme dovrebbero
ritenersi incostituzionali in quanto incriminerebbero condotte invece lecite.
Il terzo argomento a favore dell'indisponibilità della vita sarebbe da ricercare
nell'art. 5 del codice civile45. La norma vietando qualunque atto con cui un
43 P. PERLINGIERI, La personalità umana nell'ordinamento giuridico, Napoli, 1972, p. 201 ss..
44 Cosi sostiene A. RUGGERI, Il testamento biologico e la cornice costituzionale (prime notazioni),
in Quaderni cost., par. 4. Testo rielaborato ed unificato di due interventi agli incontri di studio su
“Il rifiuto dei trattamenti sanitari”, Messina 3 aprile 2009, e “Testamento biologico e rispetto della
persona umana: profili etici, medici e giuridici”, Lipari 6 aprile 2009, consultabile su
www.forumcostituzionale.it.
45 Articolo 5 c.c.: “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una
diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge,
all'ordine pubblico o al buon costume”.
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