Prima di Bram Stoker: la figura del “revenant” nel folclore europeo
e la sua trasposizione nella letteratura inglese del XIX secolo
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Introduzione
La figura del vampiro ha suscitato nei secoli un fascino che ha richiamato attenzione e
interesse. Tale fascino, come sostiene Margot Rauch nell’introduzione del catalogo della
mostra promossa dalla Triennale di Milano, “si spiega con quel complesso di paure e
aspirazioni che sembra condensarsi in queste figure: epidemie, morte, immortalità, sessualità,
aggressività, nutrimento”
1
. Temi che hanno da sempre suscitato interesse sia nel folclore
popolare che in ambito letterario.
In effetti, la figura del “vampiro” è ricorrente sia nella narrativa che nella cinematografia,
e assume caratteristiche tra loro molto diverse e spesso contradditorie. È del tutto evidente il
carattere fantastico e immaginifico che ha prodotto questo “mito letterario”, che, al tempo
stesso, risveglia reconditi pensieri e desideri, timori ancestrali, esercitando così una
fascinazione, spesso oscura e avvincente.
Come sostiene Clive Leatherdale, nei secoli passati il riferimento al vampiro suscitava
terrore, ma oggi, in prevalenza provoca ilarità e commenti ironici
2
, anche perché negli ultimi
tempi questo personaggio è stato utilizzato, stravolto e strumentalizzato eccessivamente per
fini commerciali.
Il cinema e la narrativa, a mio avviso, hanno spesso banalizzato una figura complessa,
che ha attraversato con le sue radici folcloriche la storia dell’uomo e anche la letteratura degli
ultimi due secoli con implicazioni filosofiche, sociali e religiose.
Ho scelto questo argomento perché il romanzo Dracula dello scrittore irlandese Bram
Stoker (1847-1912) è uno dei miei romanzi preferiti, ma anche perché sollecitata dalla
rinnovata attenzione sull’argomento che si è avuto in occasione del centenario della morte di
Stoker, il 20 aprile 1912.
1
AA. VV ., Dracula e il Mito dei Vampiri, Ginevra-Milano, Skira, 2012, p. 15
2
Cfr.: C. Leatherdale, Dracula. Il Romanzo e la Leggenda, Roma, Atanòr, 1989, p. 1
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Mentre lavoravo alla tesi, ho avuto modo anche di visitare la mostra della Triennale di
Milano, che ho apprezzato molto, nella quale erano esposte le pubblicazioni originali di alcuni
autori, tra cui Calmet, Van Swieten, Harenberg, Polidori, Le Fanu e lo stesso Stoker, oltre a
una ricca iconografia, riproducente i manifesti di rappresentazioni teatrali, i due famosi ritratti
di Vlad III Tepes, nonché una sezione dedicata alla cinematografia.
Ho compiuto questa ricerca, perché interessata a riscoprire la figura originaria del
vampiro, non condizionata dalle sue connotazioni commerciali e consumistiche. Mi sono
chiesta da dove fosse nato il mito e se ci fosse stata una produzione letteraria antecedente
all’opera di Stoker. Questa ricerca mi ha permesso di scoprire il vampiro folclorico, figura
assai diversa da quella letteraria, e di conoscere autori e opere, che non avevo mai incontrato
durante i miei studi.
La prima parte della mia tesi descrive il vampiro nel folclore, le sue caratteristiche e
versioni, a seconda della provenienza. È stata questa l’occasione per cercare di rispondere a
una serie di interrogativi sull’origine delle leggende e i vari aspetti del fenomeno; in seguito
ho analizzato le diverse teorie concernenti l’origine del mito, la sua evoluzione storica nelle
diverse culture e paesi, fino al dibattito europeo del Settecento, con riferimento ai trattati degli
studiosi dell’epoca.
La seconda parte esamina il vampiro letterario, metamorfosi della controparte folclorica
attuata dagli scrittori europei, quindi la sua uscita dai trattati e studi settecenteschi e la sua
entrata nell’olimpo dei topos letterari. Questa figura viene confrontata con quella originaria,
analizzando differenze e analogie. La mia analisi, pur concentrandosi sulla letteratura inglese,
considera anche alcune delle opere più significative di altri scrittori europei, per poi approdare
nel panorama letterario di lingua inglese nel verso, nella prosa e nel teatro, prima della sua
consacrazione con il romanzo di Stoker.
Ho ripercorso quindi la genesi dell’interesse, che in Europa occidentale nacque nel
Settecento, con la scoperta delle leggende folcloriche provenienti dall’Europa centro-
orientale, diffuse in particolare attraverso i resoconti della burocrazia asburgica.
L’atteggiamento razionale degli scienziati illuministi li portò a indagare fenomeni
estranei fino a quel momento alla cultura europea occidentale e a cercare risposte scientifiche,
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individuando le cause naturali alla base delle interpretazioni leggendarie, con i limiti della
scienza dell’epoca.
Le notizie su queste superstizioni attirarono anche l’attenzione dei letterati che
individuarono nel revenant una risposta al bisogno d’immortalità dell’uomo, che non ha mai
accettato la finitezza della vita.
Gli scrittori attribuirono anche un valore metaforico al vampiro, che diventò il simbolo di
fenomeni sociali. La fobia vampiresca manifestava la paura dell’altro, del diverso, dello
straniero.
Dalla lettura del vasto materiale ho scoperto la ricchezza e la complessità delle tradizioni
folcloriche, che si ricollegano ai diversi aspetti filosofici, religiosi e psicanalitici, alle
questioni irrisolte del rapporto vita-morte.
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Cap. 1 Il Vampiro nel folclore
1.1 Le caratteristiche del vampiro folclorico
Tutti conoscono il vampiro, o revenant (termine francese che designa una creatura
ritornata dalla morte
1
), nella sua forma letteraria, ma in origine questa figura complessa era
presente nel folclore di diversi paesi, con un aspetto e con caratteristiche ben diverse.
Secondo la definizione di John Gordon Melton il vampiro è “un tipo particolare di
revenant, una persona morta che è tornata alla vita e continua una forma di esistenza bevendo
il sangue dei viventi”
2
.
Lo studioso Massimo Introvigne ritiene che molti studi non trattino fedelmente di
vampiri, ma piuttosto di spettri, lupi mannari, criminali necrofili che devastano tombe e
defunti in varie forme, figure che, a suo parere, spesso si sovrappongono, ma non
corrispondono propriamente al vampiro. Egli ritiene quindi necessario dare una definizione
più precisa di vampiro: “una persona umana morta, che appare ai viventi col suo corpo e che
si sostiene con il loro sangue”
3
.
Sul tema sono intervenuti diversi studiosi, con lo scopo di delineare meglio i confini tra il
vampiro e altre figure a lui assimilate dalla tradizione.
La studiosa Roxana Stuart ne riassume così le caratteristiche
4
:
I veri vampiri non sono né cadaveri, né fantasmi, né spettri, né demoni.
Possono essere vittime di epidemie o malattie infettive oppure appartengono a una
1
Cfr.: A. Barger (a cura), The Best Vampire Stories 1800-1849: A Classic Vampire Anthology, Collierville,
Bottletree Books LLC, 2011, p. 83
2
J. Gordon Melton, The vampire Book. The Encyclopedia of the Undead, Detroit, Visible Ink Press, 1994, p. 629
3
M. Introvigne, La stirpe di Dracula: indagine sul vampirismo dall’antichità ai nostri giorni, Milano,
Mondadori, 1997, pp. 13-15
4
Cfr.: R. Stuart, Vampires of the 19th Century Stage, Bowling Green, Bowling Green State University Popular
Press, 1994, pp. 22-23
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e la sua trasposizione nella letteratura inglese del XIX secolo
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specie diversa da quella umana, ma non è necessaria la loro connessione con Satana e
le forze del male.
Possiedono una forza sovrannaturale, soprattutto di notte.
Bevono il sangue dei vivi.
Comandano gli animali inferiori e si trasformano in lupi e pipistrelli.
Vivono nelle tombe e non amano la luce.
Sono immortali ed è difficile eliminarli.
Questo schema, però, a mio avviso non è applicabile a tutti i vampiri e, come vedremo in
seguito, pare influenzato dalla trasposizione letteraria del vampiro folclorico.
Anche il reverendo Joseph-Marie Augustus Montague Summers nella sua descrizione del
vampiro, caratterizzato da viso pallido, labbra piene e rosse e canini appuntiti che mordono il
collo delle vittime, pare chiaramente influenzato dall’immagine del vampiro letterario
5
.
L’autore, a sostegno della sua tesi, riporta anche la definizione contenuta nel dizionario della
lingua inglese Oxford: “A preternatural being of a malignant nature (in the original unusual
form of the belief an animated Corpse), supposed to seek nourishment and do harm by
sucking the blood of sleeping persons; a man or woman abnormally endowed with similar
habits”
6
.
Ornella V olta lo definisce un “non morto”, che si nutre del sangue dei vivi, e sottolinea
che la tipologia del vampiro varia a seconda dell’origine, ma vi sono comunque alcune
costanti, come il viso emaciato e pallido-fosforescente, le palme delle mani pelose, gli occhi
azzurri, le labbra gonfie e sensuali, sovente tumefatte, i canini aguzzi, le unghie molto lunghe,
le orecchie appuntite, l’alito fetido e un movimento particolare, a scatti. Il suo morso è
considerato anestetico
7
e nel suggere il sangue emette un suono caratteristico detto poppysma,
parola coniata da Pierre Tyraeus de Neuss nel 1700 nella sua opera De Terrificationibus
Nocturnis
8
. Anche V olta, però, come Summers, nel descrivere l’aspetto fisico del revenant, si
fa influenzare dalla figura letteraria. L’autrice ne cataloga varie specie e sottospecie: il suo
5
Cfr.: M. Summers, The Vampire: His Kith and Kin, New Hyde Park, New York University Books, 1960, p. 179
6
Ivi, p. 22
7
Cfr.: O. V olta, Il Vampiro, Milano, Sugar, 1964, pp. 226-227
8
Cfr.: G. Pilo e S. Fusco (a cura), Storie di vampiri: da Polidori a Stoker, da Maupassant a Conan Doyle, Roma,
Newton Compton, 2005, p. 1022
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e la sua trasposizione nella letteratura inglese del XIX secolo
8
lavoro è assai particolareggiato, poiché include la provenienza, le caratteristiche, il canale di
trasmissione e i metodi per proteggersi ed eliminarlo
9
.
Altri studiosi danno la seguente definizione del revenant: un cadavere, rianimato dal suo
spirito o da un demone, che ritorna per tormentare i vivi, privandoli del sangue o di un organo
essenziale, per aumentare la propria vitalità. Nella tradizione popolare era destinato a divenire
un revenant chi moriva prematuramente, di morte violenta, chi aveva una vita ultraterrena
infelice, chi in vita era stato uno stregone, una strega, un lupo mannaro, un eretico, un reietto,
la progenie illegittima di genitori a loro volta illegittimi, o chi era stato ucciso da altri vampiri.
A parere di Franco Lonati le caratteristiche che ricorrono in tutti sono: la “non morte”,
l’importanza del sangue, la connessione sessuale e l’odore sgradevole
10
.
Richard M. Gottlieb enumera le caratteristiche principali del vampiro, così come
emergono dalla tradizione folclorica europea
11
:
è un defunto, di solito recente, ma non è morto davvero. È quindi un “non morto” (in
rumeno moroi) e continua l’attività e le relazioni con i vivi;
si conserva dal punto di vista corporeo, non presenta i segni di decomposizione;
è triste e infelice, è un emarginato, dannato o scomunicato, quindi non è mai in pace;
è in conflitto con la sua fame e pulsione di distruggere gli altri, specialmente quelli che
amava;
distrugge con la sua bocca, dato che si nutre, quindi prosciuga, morde, divora,
smembra e ingoia;
desidera ardentemente la propria morte, riposo, pace e salvezza.
Il vampiro del folclore, secondo Paul Barber, viene descritto come solitario, infelice della
propria condizione. Non a caso la parola serba ocajnik, che in origine significava “corpo non
decomposto”, oggi vuol dire solo “persona infelice”. I suoi atti erano originati da un impulso
incontrollabile, perché mancava di arbitrio. Quindi, in un certo senso, uccidere un vampiro
equivaleva a dargli pace, consentendogli di liberarsi della sua condizione maledetta
12
.
9
Cfr.: F. Soprani, La figura del vampiro nel teatro tra ‘800 e ‘900, Università di Parma, a.a. 1997-98, p. 11
10
Cfr.: F. Lonati, Tradizione, Traduzione, Tras-fusione: «Dracula» dal Testo allo Schermo, Roma, Aracne, 2007,
p. 18
11
Cfr.: R. M. Gottlieb, The European Vampire: Applied Psychoanalysis and Applied Legend, Folklore Forum
24:2, 1991, p. 46
12
Cfr.: P. Barber, Vampiri Sepoltura e Morte: Folclore e Realtà, Parma, Pratiche, 1994, pp. 93-94