2
INTRODUZIONE
Nel presente elaborato si tenta di analizzare alcune memorie di
vita di bambini vissuti all’interno del ghetto di Varsavia, in particolare
attraverso l’analisi di documenti archivistici inediti conservati presso
l’Istituto Storico Ebraico di Varsavia, un ente di ricerca che custodisce
testimonianze storiche nascoste durante la seconda guerra mondiale dallo
storico Emanuel Ringelblum.
Se molto vasta risulta la letteratura nel periodo antecedente alla seconda
guerra mondiale meno corposa risulta la letteratura sul ghetto di
Varsavia, dal recentissimo contributo di Samuel W. Kassow (Chi
scriverà la nostra storia. L’archivio ritrovato del ghetto di Varsavia,
Mondadori 2009) all’ormai decennale, ma insostituibile, lavoro di
Michel Mazor (La città scomparsa. Ricordi del ghetto di Varsavia,
Marsilio 1998), al volume di Israel Gutman (Storia del ghetto di
Varsavia, Firenze, La Giuntina, 1996), uno dei pochi contributi che
espongono in modo limpido e completo le ragioni che portarono alla
realizzazione del ghetto.
Su queste premesse metodologiche si basano i capitoli del presente
lavoro. Nel primo capitolo si è proceduto ad una contestualizzazione
storica delineando le linee essenziali del contesto europeo e ponendo in
3
primo piano le cause che portarono al conflitto e alla strage degli ebrei.
Nel secondo capitolo mediante l’analisi dei documenti inediti conservati
nell’Istituto ebraico di Varsavia – opportunamente analizzati e
contestualizzati -, si è proceduto alla ricostruzione dei processi relative
alle pratiche e alle rappresentazioni di aspetti di vita da parte dei bambini
del ghetto.
Si è dato adito all’analisi dei racconti di bambini ebrei sulle tragedie che
ogni famiglia stava attraversando, dalla morte dei propri cari alla fame
che incombeva. Lettere, dunque, ricche di partecipazione emotiva che
narrano dell’immane strage che colpì una città, pronti ad annotare le
sofferenze, le malattie, la morte che inaspettatamente dovettero subire.
Un’analisi che non si discosta dallo stile designato dall’insegnante, la
quale intendeva riportare clandestinamente con accurata meticolosità le
esperienze personali dei bambini all’interno dell’orfanotrofio. Si è
cercato di non scostare lo stile proposto, ma di esplicare in modo chiaro
lo sterminio di bimbi innocenti che furono sempre fra le prime vittime
imposte dai nazisti, soffrivano più degli altri e morivano prima di tutti,
vittime della fame, delle epidemie di tifo oppure consumati dalla
tubercolosi.
Completa il lavoro una bibliografia ragionata e un’appendice
documentaria con la traduzione dei documenti analizzati.
4
CAPITOLO 1
L’EUROPA NELLA SECONDA METÀ DEL XX SECOLO
1.1 La seconda guerra mondiale
Questo paragrafo è stato impostato con uno scopo ben preciso:
fornire ai lettori uno strumento che permetta di accostarsi al contesto
storico europeo della seconda metà del novecento, presentando una
scelta che documentasse con chiarezza le linee essenziali della
produzione europea di tale secolo, sacrificando personaggi e indirizzi
che avrebbero potuto far perdere di vista quel tratto generale che ritengo
funzionale ai fini del mio discorso.
È di fondamentale importanza come all’inizio del secolo in Europa si
delineò un mutamento nelle alleanze che segnò la crisi del sistema
bismarkiano attraverso l’alleanza tra Francia, Russia e Inghilterra (detta
Triplice intesa) – contrapposta alla Triplice alleanza (Italia, Germania e
Austria).
Allo scoppio della prima guerra mondiale la costituzione di un embrione
di Stato sociale aveva dunque fatto significativi passi avanti in Europa:
tutti i paesi prevedevano qualche forma di risarcimento dei lavoratori,
dieci avevano varato un’assicurazione obbligatoria o volontaria contro le
5
malattie, otto contro la vecchiaia, cinque contro la disoccupazione
1
. Un
modello sociale
che proprio sul terreno delle politiche del Welfare State avrebbe
continuato a distinguersi da quello dei paesi degli altri continenti anche
nei decenni successivi, facendo dell’Europa del Novecento il vero
avamposto del moderno Stato sociale.
L’evento scatenante della prima guerra mondiale fu l’uccisione a
Sarajevo, il 12 giugno del 1914, dell’arciduca Francesco Ferdinando,
erede al trono degli Asburgo. Un mese dopo, l’Austria dichiarò guerra
alla Serbia, ritenuta responsabile dell’attentato. Il conflitto che ne scaturì
vide contrapposti gli imperi centrali (Germania e Austria_Ungheria) alle
potenze dell’intesa (Francia, Russia, Gran Bretagna). I tedeschi
credevano una rapida guerra di movimento, ma già alla fine del 1915, il
conflitto assunse dunque i caratteri di guerra di posizione e di
logoramento
2
.
Allo scoppio del conflitto, l’Italia si dichiarò neutrale, ma ciò che
determinò l’entrata in guerra dell’Italia (maggio 1915) fu la convergenza
tra la pressione della piazza e la volontà del sovrano, del capo del
governo e del ministro degli Esteri. Nel 1915-16, la guerra italo_francese
si risolse in un’immane carneficina.
1
Joll J., Le origini della prima guerra mondiale, Roma-Bari, Laterza 1985, p. 31
6
Il conflitto trasformò profondamente la vita dei cittadini europei, infatti
in campo economico si ampliò enormemente l’intervento statale teso a
garantire le risorse necessarie allo sforzo bellico.
Il 1917 fu l’anno più difficile della guerra, molti furono i casi di
manifestazioni popolari contro il conflitto. In Marzo la rivolta degli
operai e dei soldati di Pietrogrado provocò la caduta dello zar e la
formazione di un governo provvisorio dominato dalle forze liberal-
moderate. Di questo governo entrarono tutti i partiti, ad eccezione dei
bolscevichi. Col ritorno di Lenin in Russia, i bolscevichi accentuarono la
loro opposizione al governo provvisorio, chiedendo la pace immediata.
La fulminea presa di potere da parte dei bolscevichi (7 novembre 1917)
incontrò l’opposizione della maggioranza delle forze politiche. In
dicembre i socialisti rivoluzionari riportarono un gran successo nelle
elezioni per l’Assemblea costituente, ma fu sciolta dai bolscevichi
3
.
Il moto rivoluzionario in Europa fu rapidamente sconfitto, e da quel
momento i bolscevichi si concentrarono sul significato statale della
rivoluzione.
L’uscita della Russia dalla guerra (trattato di Brest-Litovsk del 1918)
provocò l’intervento militare dell’intesa. La gravità della situazione
spinse i bolscevichi ad instaurare una vera e propria dittatura. Nel 1918 il
2
Ibidem
7
governo bolscevico attuò una politica economica autoritaria, basata sulla
centralizzazione delle decisioni e sulla statizzazione di gran parte delle
attività produttive. Una politica che ebbe scarsi risultati.
In Aprile gli Stati Uniti entrarono in guerra con l’Intesa. Anche grazie
alla superiorità militare conseguita con l’intervento americano, nel
novembre 1918 la guerra terminava con la loro vittoria.
Alla conferenza della pace, che ti tenne a Versailles, il compito dei
vincitori risultò difficile, nelle dure condizioni imposte alla Germania, la
carta dell’Europa fu profondamente cambiata, soprattutto in seguito al
crollo dell’Impero zarista e della dissoluzione dell’Impero asburgico, che
permisero la nascita di nuovi Stati.
Sia gli Stati Uniti sia l’Unione Sovietica scelsero la strada
dell’isolazionismo (atteggiamento di uno stato, o di un gruppo di stati,
che persegue l’isolamento nei rapporti con gli altri paesi, negando la
propria partecipazione ad alleanze e a organizzazioni internazionali).
Con la fine della guerra si profilava così un’egemonia continentale
franco-inglese, la cui artificiosità si sarebbe presto rivelata essenziale per
le sorti della pace mondiale.
A Versailles il principio di nazionalità fu utilizzato per smembrare gli
imperi sconfitti e realizzare una cintura di Stati cuscinetto intorno ai
3
Giardina A. Sabbatucci G. Vidotto V., Corso di Storia, Roma-Bari, Laterza 1994, pp. 232-238
8
confini della Russia sovietica con lo scopo di sospingerla ai margini del
sistema internazionale. In particolare, i trattati di pace (quello di
Versailles con la Germania, e quelli di Saint Germain con l’Austria, del
Trianon con l’Ungheria, di Neuilly con la Bulgaria e di Sèvres con la
Turchia) presunsero il passaggio dell’Alsazia-Lorena dalla Germania alla
Francia e la nascita dei nuovi stati di Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria,
Jugoslavia, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania. La Germania fu
pesantemente umiliata non solo infliggendole dure perdite territoriali, ma
attribuendole la responsabilità storica di aver scatenato il conflitto
4
.
La guerra non si risolse in una schiacciante vittoria di una parte
sull’altra. Da un lato, il crollo dell’Impero zarista e le rivoluzioni di
febbraio e di ottobre consentirono agli Imperi centrali di sconfiggere la
Russia ad Est e di imporle nel marzo del 1918 la firma a Brest-Litovsk di
un trattato che decretava la perdita della Polonia, dell’Ucraina, della
Finlandia, dei Paesi Baltici. Dall’altro lato, l’inferiorità della Germania e
dell’Austria logorò la situazione interna ai due paesi a tal punto che, pur
in assenza di una chiara sconfitta sul campo, essi furono costretti alla
resa, che tuttavia non si tradusse in un’occupazione militare né in una
capitolazione incondizionata dei rispettivi eserciti. La guerra ebbe così
4
Ivi, p. 242
9
fine con la firma, a Rethondes, di un armistizio che lasciava intatta alla
Germania la sovranità sull’intero territorio nazionale.
Come si è visto, l’esito della guerra fu deciso dalla superiore potenza
economica dell’Intesa. Gli Stati Uniti furono chiamati a ricostruire
l’ordine mondiale, restituendo stabilità e pace a un sistema
internazionale devastato dal conflitto e da decenni di rivalità imperiali. I
celebri “14 punti” che il presidente americano Wilson annunciò nel
gennaio 1918, con il richiamo alla libertà di navigazione e di commercio,
al principio di nazionalità e così via, rappresentarono la volontà di
svolgere un ruolo guida nella costruzione di un nuovo ordine
internazionale e democratico.
Tuttavia a partire dalle elezione legislative dell’ottobre del 1918, la
sconfitta dei democratici di Wilson indicò che gli Stati Uniti non erano
ancora pronti per assumere la leadership del sistema internazionale.
Il periodo fra le due guerre
Nel 1922 nacque l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche
(URSS), uno stato federale plurinazionale composto da popolazioni di
ceppo euro-asiatico.
La nuova costituzione (1924) comportò di fatto la dittatura del Partito
comunista. Con l’ascesa di Stalin alla segreteria del partito (aprile ’22) e
10
la malattia di Lenin (morì a gennaio ’24), si scatenò una dura lotta
all’interno del gruppo dirigente bolscevico. Stalin riuscì a sbarazzarsi
dell’opposizione di sinistra, affermando il suo potere personale
5
.
Il periodo tra le guerre sia stato considerato dagli studiosi come una vera
e propria età della catastrofe, non solo e non tanto sul piano economico e
sociale quanto innanzi tutto su quello politico e morale.
Tra la fine del 1918 e l’estate del 1920 (il biennio rosso) il movimento
operaio europeo fu protagonista di una grande avanzata politica che
assunse anche tratti di agitazione rivoluzionaria, la quale fallì ovunque,
mentre si accentuò la divisione tra riformisti e rivoluzionari, con la
fondazione del Comintern e la nascita di partiti comunisti.
I problemi del dopoguerra erano aggravati, in Italia, dalla crisi della
classe dirigente liberale. I cattolici organizzarono la politica con il partito
popolare (1919). A sinistra, la crescita del Partito socialista
corrispondeva ad una prevalenza, in esso, delle correnti rivoluzionarie.
Le elezioni del novembre 1919 segnarono la sconfitta delle forze liberali
e il successo di socialisti e popolari. Nel giugno 1920 Giolitti tornò al
potere.
Al congresso socialista di Livorno del gennaio 1921, la corrente di
sinistra si scisse dal PSI e fondò il Partito comunista.
5
Lèon P., Storia economica e sociale del mondo, guerre e crisi 1914-1947, Roma-Bari, Laterza 1979,
11
Tra la fine del ’20 e l’inizio del ’21 i Fasci di combattimento, fondati da
Mussolini nel 1919, si qualificarono in senso antisocialista. Le azioni
squadristiche colpirono sedi ed esponenti del movimento operaio e
contadino del centro-nord.
Giolitti credette di usare il fascismo per ridurre alla ragione socialisti e
popolari. Ma con l’inserimento nei blocchi nazionali, alle elezioni del
maggio 1921, diede al fascismo una completa legittimazione. Profittando
della debolezza dei governi liberali, il fascismo si rese protagonista di
imprese sempre più clamorose. Mussolini lasciò che le milizie fasciste si
preparassero per un colpo di Stato. Il successo della marcia su Roma (28
ottobre 1922) fu reso possibile solo dal rifiuto del re di firmare la stato
d’assedio. Il nuovo governo Mussolini preparava la fine dello Stato
liberale.
I liberali furono indotti a puntare le loro carte sul fascismo nella
speranza, che si sarebbe rivelata vana, di addomesticare il movimento di
Mussolini e di servirsene sia per respingere la minaccia dei partiti di
massa che per affrontare con maggiore tranquillità questioni spinose
quali l’improrogabile riforma fiscale, il taglio delle spese, gli imminenti
salvataggi bancari.
pp. 122-133