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INTRODUZIONE
Nelle pagine che seguono ci occuperemo di uno dei comportamenti
strategici unilaterali che ha dato luogo a maggior dibattito, tanto in ambito
economico che giuridico e che consiste nel praticare prezzi predatori. Invero, è
alquanto arduo distinguere politiche di prezzi predatori da politiche di prezzi
derivanti da una maggiore efficienza dell’apparato produttivo. I prezzi
predatori, nella loro forma più tradizionale, possono essere descritti come un
comportamento strategico posto in essere attraverso l’applicazione di prezzi di
vendita inferiori ai costi sostenuti e volto all’eliminazione dei concorrenti dal
mercato.* Lo scopo ultimo di tale strategia sarà poi vendere – in seguito
all’uscita dei rivali dal mercato – a prezzi di monopolio. Come reagire al prezzo
predatorio rappresenta un dilemma che ha tradizionalmente sollecitato
l’attenzione del diritto antitrust: da un lato, la storia e la teoria economica
insegna che il predatory pricing può essere una forma di abuso di posizione
dominante, dall’altro le riduzioni di prezzo sono un segno distintivo della
concorrenza ed il beneficio tangibile che i consumatori più desiderano. *
L’elaborato si prefigge lo scopo di analizzare l’archetipo delle pratiche
predatorie, ossia il predatory pricing, tanto sul versante normativo quanto su quello
gius-economico. L’analisi riguarderà sia gli Stati Uniti d’America che il diritto
antitrust dell’Unione Europea, con brevi cenni all’esperienza italiana.
Il lavoro si aprirà con un capitolo volto a fornire una ricostruzione storica
dell’esperienza statunitense. Partendo dalla teorizzazione classica, volta a spiegare
ed elaborare un modello economico della fattispecie di predatory pricing, si
analizzerà poi il pensiero della Scuola di Chicago secondo cui la strategia di prezzo
predatorio è tendenzialmente una pratica irrazionale che difficilmente verrà posta
in essere dalle imprese dotate di potere di mercato. In seguito verranno esposte le
più moderne e opposte teorizzazioni, elaborate in seno alla dottrina gius-economica:
* "Troppo basso per cosa? Prezzo predatorio e norme antitrust", Tesi di Laurea di Flavio Sabato,
relatore Prof. Giocoli Nicola, CdL in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni, Università degli
Studi di Pisa, A.A. 2013/14 - https://etd.adm.unipi.it/t/etd-10162014-124254/
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vagliando i criteri ed i test proposti, nel tentativo di tracciare una linea di
demarcazione nitida tra la concorrenza “on the merits” e strategia predatoria.
Il capitolo si concluderà con un’analisi dei casi giurisprudenziali che hanno portato
all’attuale assetto del diritto antitrust negli Stati Uniti.
Il secondo capitolo volgerà lo sguardo all’Unione Europea. Come per
l’esperienza statunitense, l’analisi muoverà dalla ricostruzione storica del diritto
antitrust comunitario. Successivamente verranno analizzati i casi dinanzi alla Corte
di Giustizia e il modo in cui la giurisprudenza di tale Corte ha assunto un ruolo
trainante nell’esperienza europea. Questo capitolo sarà inoltre la sede per
evidenziare in modo parallelo, analogie e differenze, tra la normativa antitrust
statunitense e dell’Unione Europea, con spunti anche alla situazione Italiana.
Il terzo ed ultimo capitolo si proporrà invece l’obiettivo di analizzare la
figura delle c.d. vendite sottocosto che ha sollevato questioni ancora irrisolte
all’interno dell’Unione Europea e, di riflesso, in Italia.
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CAPITOLO I: IPREZZI PREDATORI NEGLI STATI
UNITI D’AMERICA
SOMMARIO: 1.1 I prezzi predatori in generale; 1.2 Lo Sherman Act e il caso Standard Oil;
1.3 Evoluzione del diritto antitrust: il diritto dei concorrenti; 1.4 La Scuola di Chicago e il passaggio
dal diritto dei concorrenti al diritto della concorrenza; 1.5 Evoluzione giurisprudenziale; 1.5.1 Il caso
Utah Pie; 1.5.2 Il caso Matsushita; 1.5.3 Il leading case: Brooke Group
1.1 I prezzi predatori in generale
“Il processo concorrenziale genera vincitori e vinti”
1
.
Le imprese, come gli animali all’interno del loro ecosistema, combattono
per la propria sopravvivenza all’interno del mercato. Tale sopravvivenza può essere
determinata da vari fattori
2
, ma il più importante rimane certamente la capacità di
interagire con l’ambiente circostante cercando di trovare una posizione di vantaggio
che sia sostenibile nel tempo.
I comportamenti strategici adottati dai concorrenti vengono
tradizionalmente ricompresi nell’ambigua
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categoria dei comportamenti
“unilaterali” che, ove posti in essere dall’impresa dotata di potere di mercato e
contrastanti con le norme di diritto antitrust, sono detti “anticoncorrenziali”.
Comportamenti come questi, sintomatici di una situazione patologica dell’impresa
che, quando agisce con intento escludente e/o consolidante, potremmo sicuramente
ricondurre sotto la categoria delle strategie predatorie.
1
P. GIUDICI, I prezzi predatori, Milano, Giuffrè, 2000, p. 1.
2
Secondo la dottrina giuseconomica tradizionale la discesa dei prezzi può essere di tre tipi:
allocativo; produttivo; patologico.
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Ambiguità data dall’incerta linea di demarcazione che esiste tra comportamenti di concorrenza
regolare e comportamenti predatori. Immaginiamo che questi siano gli estremi di un segmento tra i
quali esistono una serie potenzialmente infinita di comportamenti che possono essere ricondotti sotto
l’una o l’altra categoria.
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Invero, secondo la più diffusa e tradizionale definizione, è predatorio quel
comportamento strategico unilaterale che esclude i concorrenti dal mercato per
monopolizzarlo artificialmente o per conservare, sempre artificialmente, la
posizione monopolistica già conquistata.
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Archetipo del comportamento predatorio è da sempre considerato il
“predatory pricing”
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: di fronte alla vendita in perdita da parte dell’impresa dotata
di potere di mercato, è facile assumere di trovarsi dinanzi a comportamenti volti ad
asfissiare economicamente i concorrenti (attuali e potenziali) dotati di minori
capacità economiche costringendoli a lasciare il campo della concorrenza.
Ci si trova quindi dinanzi a un bivio: lasciare che il mercato si autoregoli
ovvero intervenire per correggere quei comportamenti viziati. La risposta ci arriva
dalla regolamentazione del diritto antitrust, la cui nascita può essere collocata negli
Stati Uniti d’America nella seconda metà del XIX secolo con una legge emanata
dal congresso degli Stati Uniti; lo Sherman Antitrust Act
6
.
4
Definizione fondata sul concetto di artificialità che concettualmente contrappone le pratiche
predatorie alla c.d. concorrenza “sui meriti” (“on the merits”). I due contrapposti tipi ideali di
concorrenza non si differenziano però per il loro fine, perché anche la concorrenza sui meriti
potrebbe portare a conclusioni escludenti; bensì la differenza risiede tutta all’interno dei concetti di
“artificialità” e “normalità” con la conseguenza – come già detto in precedenza – di dover riportare,
tutta quella serie di comportamenti, all’interno dell’una o dell’altra categoria.
5
Definendo quell’uso particolare dei prezzi (per l’appunto prezzi predatori) come strumento di
artificiale esclusione dei rivali.
6
Sherman Act, July 2, 1890, Ch. 647, 26 Stat. 209, 15 U.S.C. 1-7.
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1.2 Lo Sherman Act e il caso Standard Oil
In quell’epoca negli Stati Uniti si assiste al fiorire di numerosi accordi tra
imprese, detti trusts.
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Il successo registrato dal sistema del trust determinò in breve
tempo l’impoverimento e lo scontento della classe media americana; da queste
premesse nacque quindi l’espressione “anti-trust”, oggi molto diffusa per indicare
il diritto della concorrenza.
L’emanazione dello Sherman Antitrust Act cercava quindi di armonizzare e
razionalizzare i principi propri della common law prevedendo sanzioni pecuniarie
e penali sull’assunto che il sistema venutosi a creare fosse contrario ai principi
fondamentali degli Stati Uniti. Con la nascita della prima normativa antitrust si
crearono i presupposti ed il terreno giuridico necessario per poter concettualizzare
la pratica del “predatory pricing”, quale pratica abusiva in pregiudizio della
concorrenza in una economia di mercato sulla base di due previsioni: al §1 vengono
sanzionate tutte quelle pratiche (basate su trust) volte a impedire o limitare la
concorrenza; al §2 vengono sanzionati tutti quei comportamenti volti a
monopolizzare il mercato o una parte di esso.
Già prima della creazione da parte del legislatore statunitense di un corpo
normativo avente come principale scopo il divieto di monopolizzazione dei mercati,
la pratica dell’ “irrazionale”
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ribasso dei prezzi escludente o consolidante era già
stata conosciuta dalla dottrina quale pratica di concorrenza sleale, suscettibile di
eliminare dal mercato un concorrente (attuale o potenziale). La nascita dei trusts
nell’economia di libero mercato Statunitense portò ad un notevole incremento delle
pratiche di “predatory pricing”.
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Quell’accordo per unire diverse imprese sotto proprietà unitaria mediante il conferimento di quote
ad un soggetto unico (il trust). Diversamente da quella che è la definizione corrente recepita e
disciplinata all’interno del c.c. all’articolo 627.
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Secondo i più recenti sviluppi dell’analisi economica del diritto, il termine ‘irrazionale’ viene
utilizzato in tal caso come sinonimo di vendita sottocosto, omettendo l’intrinseca razionalità di una
strategia predatoria basata sui prezzi.