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Other works on the evaluation of the local strain have been published [4], mainly
because the Neuber's method gave a large conservatism on the predicted life. Furthermore
the latter does not have a theoretical basic, but is based only on experimental observations
on notched components. With modern computing facilities it is possible to assess the local
strain using a numerical method, mainly Finite Element Analysis, when the load history is
very simple, such as a sinusoid between two fixed values.
Another source of conservatism is the fact that the Local Strain Approach neglects
the remaining life of the component needed to extend the crack up to the real failure, which
for some geometries can be a large part of the total life. The phenomenon of the crack
growth has been studied from the early 1900s, and its analysis is based on the law proposed
by Paris in 1961 [5].
The chief aim of the project is to evaluate the importance of using a combined
approach, to predict the two parts of the life.
The project is based on the standard SAE specimen, which is the most
representative and known component used in the Fatigue tests on notched components.
Moreover, a comparison of the methods (Neuber method, Finite Element Analysis,
and Energy based method) now available to assess the local strain is carried out in order to
find out which of them is more accurate and suitable in different load situations.
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Il problema della verifica a fatica nel campo delle grandi deformazioni (dove
la vita del componente è limitata ad un basso numero di cicli) sta diventando uno
strumento sempre più usato. Questo è dovuto ad una richiesta di prestazioni sempre
più elevate dei componenti meccanici. Inoltre l'introduzione di sofisticate tecniche di
produzione consente al progettista di conferire ad ogni componente forme più
complesse con conseguente aumento del numero e della severità degli effetti di
intaglio. Nei primi anni sessanta fu mostrato [1] (vedi nota 1 pag. 1) che il
comportamento a fatica dei metalli a basso numero di cicli (solitamente indicato come
fatica oligociclica) è dominato dalle deformazioni invece che dalle tensioni, come
assunto precedentemente. Infatti, quando è presente un intaglio severo, l'effetto
prodotto sul campo delle tensioni può essere così forte da indurre uno snervamento
locale del materiale. In tal caso la grandezza da usare nella descrizione del
comportamento del materiale deve essere la deformazione locale (cioè la
deformazione alla radice dell'intaglio), quindi la verifica a fatica va condotta
basandosi su proprietà di resistenza a fatica correlate con il valore della
deformazione. Da queste considerazioni fu proposto un metodo [2] detto "Local
Strain Approach" ("Metodo della Deformazione Locale"). I punti fondamentali di tale
metodo possono essere riassunti come segue:
(i) valutazione della deformazione locale. Il metodo maggiormente diffuso
per la soluzione di tale problema fu proposto da Neuber [3] nel 1961,
ed è tuttora ampiamente usato;
(ii) previsione della vita del componente usando una legge basata sul
valore della deformazione (valutata al punto precedente). Questo
approccio fu proposto da Manson a Coffin in alcune pubblicazioni tra
il 1954 ed il 1961.
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Questa metodologia studia il comportamento del materiale alla radice
dell'intaglio, così che la vita predetta si riferisce solo ad una piccola porzione della
sezione resistente, nelle vicinanze dell'intaglio. Come cedimento viene quindi assunta
la comparsa di una cricca relativamente piccola alla radice dell'intaglio.
Risulta evidente che la valutazione della deformazione locale assume un ruolo
critico. Altri lavori riguardanti tale argomento sono stati pubblicati (ad es. [4]),
utilizzando approcci diversi dal metodo del Neuber, ritenuto troppo cautelativo.
Quest'ultimo infatti conduce ad un valore della deformazione locale più grande di
quella reale. Ne consegue una durata prevista più bassa di quella effettiva. Inoltre
etodo basandosi prevelentemente su osservazioni
sperimentali, ma senza dare un particolare supporto teorico per giustificare la legge
proposta. Un altro mezzo per la valutazione della deformazione locale consiste
nell'usare un metodo numerico, come gli elementi finiti, che fornisce il valore di
tensioni e deformazioni su tutto il modello, e quindi anche nelle zone critiche alla
radice degli intagli. Tali metodi richiedono delle capacità di calcolo elevate, e solo la
recente introduzione di potenti computer ha reso possibile il loro uso. Essi sono
comunque preticamente utili solo nel caso di storie di carico semplici, come una
sinusoide di ampiezza costante, dato l'elevato onere computazionale.
Un'altro aspetto legato all'eccessiva cautela del Metodo della Deformazione
Locale consiste nella definizione di cedimento. Tale metodo assume che la vita del
componente analizzato sia terminata quando una piccola cricca compare alla radice
dell'intaglio, ma molti componenti possono restare in servizio comunque, finché tale
cricca non abbia raggiunto dimensioni macroscopiche. Questa seconda fase, detta di
propagazione della cricca può costituire una quota consistente della vita totale. Il
fenomeno della propagazione delle cricche (studiato applicando la "Meccanica della
Frattura") è stato analizato nel secondo dopoguerra, e la sua valutazione può essere
fatta sulla base della legge proposta dal Paris nel 1961 [5].
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Lo scopo principale di questo lavoro è valutare l'importanza dell'uso di un
metodo combinato, nella previsione di entrambe le quote della durata totale.
Il lavoro è basato sul provino standard SAE, noto come keyhole, che è quello
più rappresentativo, conosciuto ed usato per prove di fatica su componenti intagliati.
Inoltre viene svolto un confronto dei metodi attualmente disponibili per la
valutazione della deformazione locale (Neuber, FEM, metodo Energetico) al fine di
stabilire la loro accuratezza ed utilità in differenti situazioni di carico.
Avvertenza
La traduzione in Italiano riportata in calce ad ogni paragrafo non è una traduzione
integrale, ma solo una descrizione sintetica del contenuto. Per alcuni dei paragrafi, particolarmente
brevi e di immediata comprensione, o di non fondamentale importanza, la traduzione è stata omessa,
mentre nella parte finale, relativa alla discussione e conclusioni, essa è integrale.
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1. Nature of Fatigue
1.1. Historical review
The problem of components that fail at low nominal stresses but in situations of
variable loading, started to worry engineers over a hundred and fifty years ago. This is
illustrated by the fact that in 1828 W. A. J. Albert tested welded mine hoist chains with
variable loading [6]; between 1850 and 1865, both Hodgkinson and Fairbairn carried out
repeated bending test on beams, Fairbairn using a mechanism actuated by a water wheel to
apply repeatedly a load to the centre of an about 6.5m long wrought iron built-up girder.
The beam broke statically under a central load of 120 kN, but Fairbairn found repeated
loads of only 30 kN would eventually cause failure. In 1840 Rankine noted the
characteristic brittle appearance of material of material that had experienced a repeated
load. Thus, the general feeling was that the continual application of a load had in some way
exhausted the ability of the material to carry the load, therefore the word Fatigue was
adopted to describe such failure.
The work in Germany of August Wöhler [7], starting in the 1850s and motivated by
railway axle failure, began the first developments of design strategies for avoiding fatigue
failure. He tested irons, steels, and other metals under bending, torsion, and axial loads.
More detailed studied following Wöhler's expanded his work: Gerber investigated the
influence of the mean stress, and Goodman proposed a simplified theory concerning mean
stresses. Their names are still associated with diagrams involving alternating and mean stress.
Other important steps in the fatigue design history are the following: in the 1920s Gough and
associates contributed heavily to the understanding of fatigue mechanisms. They also
showed the combined effects of bending and torsion (multiaxial fatigue).In the 1920s Griffith
published the results of his theoretical calculation and experiments on brittle fracture using
glass. In 1929/1930 Haigh presented his rational explanation of the difference in the
response of tensile strength steel and of mild steel to fatigue when notches are present.
Almen correctly explained the good improvements by compressive stresses produced in the
surface layers of peened parts and promoted the use of peening and other processes that
produce beneficial self-stresses. Horger showed that surface rolling can prevent the growth
of cracks. In 1937 Neuber introduced stress gradient effects at notches and the elementary
block concept (average stress over a small volume at the notch root). Many brittle fractures
in welded structures (tankers, ships) motivated substantial efforts concerning pre-existing
defects in the form of cracks and the influence of stress concentration. In 1945 Miner,
following the suggestion of Palmgreen, formulated a linear cumulative fatigue damage
criterion. Irwin (1957) introduced the intensity factor KI, which has been accepted as the
basis of linear elastic fracture mechanics (LEFM) and of fatigue crack growth life prediction.
In the early 1960s low cycle strain controlled fatigue behaviour became prominent with the
Manson-Coffin relationship between plastic strain amplitude and fatigue life These ideas are
the basis for current notch strain fatigue analysis. Paris in the early 1960s showed that fatigue
crack growth rate da dN could be described using the stress intensity factor range DKI.
Il problema del cedimento per fatica di componenti meccanici è stato
evidenziato da più di un secolo e mezzo. Le prime sperimentazioni in tale ambito sono
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attribuite al tedesco W. A. J. Albert, il quale nel 1828 condusse delle prove di trazione,
con carico variabile nel tempo, su catene usate negli ascensori impiegati in miniera.
Successivamente molti altri studiosi si occuparono del problema, portando così alla
presa di coscienza del diverso comportamento dei metalli quando sollecitati non
staticamente. Fu in questi anni che il termine Fatica venne coniato, dal fatto che il
materiale sembrava aver esaurito le sue capacità di sopportare carichi dopo essere
stato ciclato. Il primo vero metodo per la verifica a fatica fu proposto dal Wöhler;
esso si basa sul valore della tensione massima raggiunto nella sezione più sollecitata.
Altri ricercatori migliorarono il metodo, introducendo l'influenza di fattori come il
valore medio della tensione, finitura superficiale, dimensioni della sezione resistente,
effetto di intaglio, ecc.. Contemporaneamente (intorno agli anni trenta) un atro
aspetto del cedimento di componenti sottoposti a carico statico veniva affrontato: la
rottura fragile, cioè non preceduta da grandi deformazioni, e che avviene di schianto
per valori nominali dello sforzo relativamente bassi. Il problema venne identificato
come Meccanica della Frattura; gli studi più importanti vennero condotti
principalmente da Griffith, Irwin, e più tardi dal Paris. Quest'ultimo in particolare
propose una legge (1961) per il calcolo della crescita stabile della frattura sotto
carico ciclico (avanzamento a fatica della cricca). Nello stesso periodo un ulteriore
passo avanti nella comprensione del fenomeno della fatica veniva compiuto ad opera
di due ricercatori inglesi, Manson e Coffin; essi infatti evidenziarono l'importanza di
considerare le deformazioni nel dimensionamento a fatica nel caso di basso numero di
cicli.
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1.2. Fatigue today
During the years the components and structure have been designed with more
efficiency and lower weight , and the number of failures by fatigue has continued to increase
until today. No exact percentage is available but it can roughly say that in 80% of cases,
fracture involves involve cyclic loading and fatigue, at least as contributing factor. A
comprehensive study by the U. S. National Bureau of Standard in 1983 showed that the
total costs per year of fracture are something like $119 thousand million in 1982 dollars,
which is 4% of the GNP. Hence, the annual cost of fatigue of materials to the U. S.
economy is around $100 thousand million [8].
At the present there are three main approaches to analysing and designing against
fatigue failures. The traditional approach, which was the only one used prior to about 1955,
is based on the nominal stresses in the region of the component being analysed. The nominal
stress that the component can bear under cycling loading is adjusted allowing for the effects
of strain raiser (grooves, notches, etc.) and the mean stress. This approach is named stress-
based. Another one is the strain based approach, which involves more detailed analysis of
the localised yielding that may occur at stress raisers during cyclic loading. Finally, there is
the fracture mechanics approach, which specifically treats growing cracks using the
method of fracture mechanics.
Con il passare degli anni e l'affinamento delle tecniche di calcolo, componenti
e strutture sono state progettate con maggiore efficienza, per essere più leggere e
meno ingombranti. Contemporaneamente però anche il numero di cedimenti che
possono essere attribuiti a fenomeni di fatica è aumentato. Attualmente la loro quota
può essere grossolanamente stimata nell'80% del totale dei cedimenti. Uno studio ha
mostrato che il costo di tale fenomeno negli USA è di circa 100,000 milioni di dollari
ualmente gli strumenti di cui si dispone per dominare il
problema sono essenzialmente tre: un approccio basato sul valore della tensione
(stress-based approach), uno basato sul valore della deformazione (strain-based
approach), ed infine un metodo per lo studio della crescita stabile della frattura fino al
valore critico (fracture mechanics approach).
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1.3. Crack Initiation
1.3.1. Fundamentals
Basically , the problem of crack initiation in a ductile metallic material that is
assumed not to have any internal flaws, is related to the presence of a free surface; here the
structure of the metal (grains, or deeper crystals) is subject to a stronger effect from the
external loads (where load is intended in a general meaning). The differences in the working
environment between the internal and surface material can be pointed out in the following list
[6]:
(i) If during a fatigue test a thin layer of metal is removed from the test section
surface stopping the test each some percent of the expected total life, this
later may be exceeded many times. Hence something that causes the crack
initiation was removed from the surface; for this it is understandable that
what occurs on the surface before and during the test is related with the
specimen life.
(ii) A surface grain is not wholly surrounded by others grains that can support it;
hence it is easier for it to deform plastically.
The metallographic analysis of the surface of a component (or specimen) that
undertakes a cyclic stressing test shows bands of slip that became wider and more dense as
the test proceeds, although there are areas between the bands where no slips are present.
This observation was made by Ewing and Humphrey in 1903, testing specimens of Swedish
steel [6]. Fatigue cracks formed eventually in the broadened bands, but it was not possible
to define precisely when this happened. Numerous slip bands were found to contain cracks
at the end of a test, especially when a specimen had a long life. Successive analyses by other
workers, confirmed the sequence of events described by Ewind and Humphrey; for
example, some fifty years later, Thompson, Wadsworth, and Louat found that
electropolishing the specimen surface and removing the roughness associated with a slip
band, most of them became invisible, while a few became accentuated and were termed
persistent slip bands; fatigue cracks grew eventually from these bands. During the last
hundred years a lot of experimentation has been carried out, thanks also to improved
techniques of metallurgical analysis. Actually the latest theories fall into two categories: those
based on repeated slip that lead to some form of damage along a preferred slip plane and
hence to a crack and those based on the repeated work-hardening of a soft element, i.e. a
grain, surrounded by an elastic matrix, i.e. other grains having different elastic limits and
strain-hardening characteristic; the work-hardened grain either reaches a stable state than
does not lead to fracture, or continues its hardening process until it reaches its fracture
stress. Other theories similar to the latter are based on a critical amount of plastic strain
accumulated during the cycling. A brief review of the first theory, which is the widest spread
and used especially for ductile material, follows now.
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Il processo di iniziazione della cricca nei metalli duttili è principalmente legato
alla presenza di superfici libere, dove l'elemento strutturale elementare, cioè il grano,
non è interamente circondato da altri grani che possano "aiutarlo" nel sostenere la
tensione causata da una qualsiasi forma di carico. Inoltre è stato mostrato che se su
un provino sottoposto a carico ciclico, vengono asportati dei sottili strati di materiale,
la vita può essere allungata di molte volte. Nel 1903 fu osservato da Ewing e
Humphrey [6] che la cricca partiva da zone della superficie dove bande di
scorrimento diventavano più ampie e profonde con il procedere della prova.
Successivamente tali bande furono chiamate persistenti; infatti, se dopo alcuni cicli le
bande formatisi vengono rimosse mediante processo di elettro erosione, e quindi la
prova viene ripresa, si possono osservare bande che nascono sempre dagli stessi
punti, da cui il nome. Attualmente le teorie sulla nucleazione della cricca possono
essere classificate in due gruppi: nel primo esse assumono il processo di scorrimento
procedere continuamente conducendo al danneggiamento della matrice metallica
secondo un piano di scorrimento preferenziale, ed infine alla cricca vera e propria;
nell'altro gruppo esse si basano sul progressivo incrudimento di alcuni grani con
limite elastico più basso e diverse caratteristiche di strain-hardening. La deformazione
di tali grani viene dominata da quelli circostanti, che lavorano ancora in campo
elastico; i primi si incrudiscono sempre più così che l'ampiezza della tensione imposta
non raggiunge il limite di rottura. Nel prossimo paragrafo è mostrata una breve
descrizione delle teorie appartenenti al primo gruppo, particolarmente adatte per
metalli duttili.
1.3.2. Crack initiation as a slip process.
Metals are crystalline in nature, which means that if they are regarded in a
microscopic order, the isotropic behaviour that they show at a macroscopic aspect, is lost.
Each grain has its own properties of orientation, dimension, internal defects as dislocations,
and inside there are plains of easy slip that are oriented in a random manner. If one of these
planes is parallel to a direction of maximum applied shear stress it is likely that a slip starts
from here. The properties of sliding tend to change during the deformation, i.e. the resistance
to sliding increases. When the load is inverted, on that plane the properties of sliding are so
changed that it is unlikely a new slip will start on the same plane; thus a new slip starts from a
plane, that probably is close to the previous; this process causes an increasing of the surface
roughness with creation of little valleys or peaks on the material (intrusions and extrusions).
The valleys are considered the cause of a concentration of stress; in fact they act as very
small notches giving a stress raiser in the neighbourhood. In this area more and deeper slides
can occur increasing the severity of the valley, giving a propagating process, i.e. a damage
intensification process. The fact that in some zones of the material (or even of a grain)
there are not any formation of slip can be explained stating that probably in that area the
plains of easy slip are oriented in a no parallel direction to the maximum shear stress. Some
of the intrusions tend to increase their depth, with an increasing of the slipping process to the
bottom of the valleys themselves. These are the persistent slip bands above mentioned.
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Frost has reported [6] that May [9] proposed a model of growth that is expressed in the
following relationship:
f F e
z w w
b
= �
- + -Ρ
Σ|
Τ|
Υ
ς
|
Ω|
χ η2
e t
where:
• w is the valley width
• f is the fraction of valleys with width w and depth between z and z dz+
• t is the number of cycles
• F a slowly varying function of z, w, and t
• b is the slip vector
• e is the plastic strain range.
The slip vector b and the plastic strain range ε were assumed constant for a given
test. He then assumed that at some large value of z (say Z)a valley was deep enough to be
considered a crack. Thus Z be was regarded as a time constant T, controlling the rate at
which valleys attained the depth Z. From this point the subsequent growth rate was
considered to be rapid so that t could be regarded as the life of he specimen. May assumed
that a valley of depth ten times its width was a true crack (a macro crack), that is Z w= 10 ,
which for w = −10 6 mm , b = × −5 10 6 mm , and ε = −10 3 gave a value for T of 2 106×
cycles; from this he concluded that this model could predict lives of the right order.
The real usefulness of this approach in a practical problem falls down for the
troubles to find so particular material properties, such as the value of b, which requires a
very sharp metallographic analysis.
However it is clear now that the real initiation of a crack is something that happens
at a grain level; after the first stage of slipping there is an intermediate process in which the
crack grows for a length of some grains, in the same direction of the slipping, i.e. as the
maximum shear stress. It remains so until the micro crack is of a sufficient size that the
amount of opening and closing is enough to affect a sufficient volume of material along its
edge for which the influence of the crack is not at a grain level anymore, but as in a
continuum. The growth process is now associated with the magnitude of the tensile strain
range in the volume of material just ahead of the crack edge. The direction of growing is
now that which allow the maximum crack opening during the fatigue cycle. Ideally, this is
approximately perpendicular to the nominal maximum cyclic tensile stress and is independent
of any crystalline slip plane, although in the early stage the crack may follow a
crystallographic plane close to the ideal direction.
L'ipotesi di materiale isotropo che viene generalmente fatta parlando di
metalli, non può sussistere se essi vengono riguardati a livello microscopico. Infatti
ogni grano ha sue proprietà, orientazione, dimensioni, forma, e difetti interni, come
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dislocazioni, ed esistono al suo interno piani di scorrimento preferenziale orientati in
maniera casuale. Se uno di tali piani è orientato secondo una direzione di massima
tensione tangenziale, è possibile che uno scorrimento abbia luogo. Durante il
medesimo, la resistenza allo scorrimento secondo quel piano aumenta, e se il carico
viene invertito, lo scorrimento inverso ha poche probabilità di avvenire, così un
nuovo piano di scorrimento vicino e parallelo al precedente viene attivato. Il processo
prosegue incrementando la rugosità con la formazione di picchi e valli (intrusioni ed
estrusioni). Le valli sono causa di concentrazione di sforzo, così che il fenomeno dello
scorrimento viene ulteriormente amplificato nelle zone gia interessate, dando luogo
ad un processo espansivo. Alcune teorie e leggi sono state proposte per descrivere tale
processo che, si ricorda, avviene a livello microscopico. La loro utilità è comunque
molto limitata in fase di progetto, dove si richiede di poter utilizzare proprietà del
materiale dedotte a livello macroscopico e quindi facili da ricavare. È comunque
importante sottolineare che la nucleazione della cricca avviene a livello di singoli
grani, o comunque di un piccolo gruppo. Essa quindi si propaga ancora secondo la
direzione di massima tensione tangenziale per una profondità che generalmente è di
alcuni grani. Con l'aumentare delle dimensioni della cricca la sua influenza non
riguarda più solo alcuni grani, e si passa così ad un comportamento del materiale più
vicini ad un continuo. A questo punto la crescita della frattura è legata all'ampiezza
della tensione nel volume di materiale in prossimità del fronte della frattura stessa. La
direzione di propagazione diventa a questo punto (approssimativamente) ortogonale
alla massima tensione.
1.3.3. An engineering definition
For an engineering study of the crack initiation a definition such as that is given
above is likely too expensive. In fact it can give lots of troubles to detect the crack start
itself. Usually, in the material tests carried out on smooth specimens to define the fatigue
properties, the micro crack dimension is assumed tobe visible to naked eye, or sometime it
is not detected at all, and the failure is assumed when the specimen is completely broken in
two halves. Others definitions of crack initiation used in the material tests, assumed the
failure when the stress response of the material to the constant strain cycling decrease of
about 10% of the prior magnitude; rarely sophisticated techniques of crack detecting are
used, such as Potential Drop, but they are quite expensive for the long work required to
have a reliable calibration. However, any crack depth assumed as bound between initiation
and growth is completely arbitrary definition and it becomes a variable depending on the
philosophy of whom is doing the analysis. The situation is even worse when the notched
specimen are used, because the crack detection at the notch root can involve more troubles.
The usual value assumed is 2.5 mm (0.1 inc.) but this is completely arbitrary, and is imposed
from the need to have a crack limit easily detectable, without involve complicated
procedures of surface analysis, etc..
1.3.4. Notches
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Up to now the problem of notched component has not been mentioned. This will be
done in the following chapters. Nevertheless, for some aspect, the notch problem is
irrelevant if one thinks that when the stress strain conditions at the notch root are known, the
life of the material in the neighbourhood of the tip notch can be seen as the life of a smooth
specimen that is undertaken to the same conditions of stress and strain. This statement is not
really true, and other variables must be allow for, such as the dimensions of the component
and material properties (dimension of the grain). At the moment the effect of the notches will
be neglected.
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1.3.5. Crack initiation on high strength material
For material of somewhat limited ductility, such as high strength metals, the micro
structural damage due to the slip process is less widespread, tending to be concentrated at
defects in the material. A small crack develops at a void, inclusion, grain boundary, or
scratch, or there may be a sharp flaw initially present that is essentially a crack. This crack
then grows in a plane generally normal to the tensile stress until it causes failure, sometimes
joining with other cracks in the process. Thus, the process in limited ductility material is
characterised by propagation of a few defects, in contrast to the more widespread damage
intensification that occurs in highly ductile materials [8].
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1.4. Crack growth
The distribution of the stresses at the notch tip becomes very different when a crack
occurs. In fact the changing in the stress field due to a crack is different from that given by a
notch. The notch has a root radius that generally is a finite value, while a crack can have an
ideal zero radius tip. This difference can be seen using the expression of the elastic stress
field for a plate with an elliptical hole, such as in figure 12:
d
c
x
y
r
S
S
Fig. 1 - Elliptical hole in a plate.
If the value of s
y
is examined along the x-axis, it rises sharply near the hole and has
a maximum value at the edge of the hole. With the notation of the figure 1 this value of s
y
is
[8]:
s
ry
S
c
d
S
c
_max = +
ΦΗ ΙΚ= +
Φ
ΗΓ
Ι
Κϑ1 2 1 2
Consider a narrow ellipse where the half-height d approaches zero, so that the tip
radius r also approaches zero, which corresponds to a deal slit-like crack. In this case s
y
from the previous equation becomes infinite. Hence a sharp crack causes a severe
concentration of stress, much more than a relatively blunt notch, and the theoretical value of
KT is infinite.
K
S
c
T
y
= = +
s
r
_ max
1 2
2
Numbers of figure or equation without any other secification refer to figures or equations in
the same paragraph.