5
Introduzione
Oggi non ascoltare gli umori e le opinioni espresse in rete è come guidare un’auto bendati.
(Simone Ceruti)
Fino a circa cinque anni fa, probabilmente, trattare l’argomento “crisi” faceva
pensare ai più a delle grandi e catastrofiche crisi ambientali, come ad una petroliera
riversa nell’oceano che crea un danno ingente alla natura. Ora, complice la situazione
economica, politica e sociale che non risparmia il nostro paese, parlando di crisi tutti
pensano al genere di crisi che stiamo vivendo, quindi alla recessione, all’aumento delle
imposte fiscali, ai fallimenti di molte piccole e grandi imprese, etc etc.
Nessuna organizzazione può ritenersi immune da una crisi, sia essa una piccola
azienda, un grande brand, un ente, un partito politico o un’associazione no profit. Si
parla di “organizzazioni” in generale in quanto, in contesti di crisi, non è necessario fare
una netta distinzione fra ambiti pubblici e privati, poiché molte sono le analogie
riguardo agli obiettivi, gli strumenti e le tecniche di gestione delle crisi.
Una crisi è un cambiamento – improvviso o graduale – che dà luogo a un problema urgente, da
affrontare immediatamente. Per un’azienda, una crisi è qualsiasi cosa potenzialmente suscettibile
di causare un danno improvviso e immediato ai suoi dipendenti, alla sua reputazione o al suo
profitto. […] I manager le cui organizzazioni sono nella morsa di una crisi devono agire
rapidamente per individuarne le cause, contenerla e infine risolverla col minor danno possibile.
1
L’articolo negativo di una firma del giornalismo, piuttosto che il commento
negativo di un follower online possono da soli scatenare una vera e propria crisi. Le
crisi cosiddette “catastrofiche”, con vittime e gravi danni alle strutture o all’ambiente,
rappresentano solo il 14,4% dei casi di crisi
2
, mentre la maggior parte sono costituite da
controversie sindacali, licenziamenti, errori nel management dell’azienda, mancanze nel
rapporto con i clienti. Questioni e rischi legati, dunque, all’attività quotidiana.
Nessuna organizzazione può, quindi, sottovalutare il pericolo di una crisi che
può riguardarla o riguardare il suo settore produttivo e rischiare di farsi trovare
impreparata. Mitroff, fondatore dell’Institute for Crisis Management
3
, sostiene che la
1
Harvard Business Essentials, 2005.
2
Invernizzi, 2002: 205.
3
Vd. http://www.crisisexperts.com/
6
domanda che ogni organizzazione dovrebbe porsi non è se dovrà mai fronteggiare una
crisi, bensì quale tipo di crisi aspettarsi e quando e come essa si verificherà
4
.
Non tutti i problemi o le emergenze, tuttavia, diventano delle vere e proprie crisi:
«sono i fattori “presenza nei media” e “opinione pubblica” che trasformano un evento di
per sé negativo in una crisi»
5
. Il fatto di ottenere una certa copertura mediatica e il fatto
che l’opinione pubblica percepisca la presenza di un problema e muti l’opinione
sull’organizzazione (o, non conoscendola prima, se ne faccia una negativa) creano un
contesto adatto affinché una particolare situazione problematica abbia le caratteristiche
per essere definita una crisi.
Sono quindi i media che decidono – più o meno consciamente – quali problemi diventeranno una
crisi per un’azienda o un’organizzazione. Nel mondo anglosassone si usa dire che un evento
negativo può essere definito una crisi solo se ha generato post al riguardo su almeno trenta siti
internet. È quindi la “percezione” della presenza di un problema che rende reale la crisi stessa:
possiamo dire che in una situazione di crisi la percezione ha il medesimo peso della realtà
6
.
Ogni crisi aziendale è unica e diversa da tutte le altre. Non esiste un prontuario
che spieghi ai manager delle aziende cosa fare dettagliatamente per sanare e risolvere
una situazione problematica che coinvolga l’organizzazione. All’interno della disciplina
del Crisis Management, che verrà approfondita in questo elaborato, esiste, però, molta
letteratura e molti studi che spiegano come deve essere prevenuta e gestita una
situazione di crisi, consigli e linee guida universali che permettono di creare una cultura
della prevenzione nelle aziende e di formare manager e relatori pubblici pronti ad
affrontare situazioni di crisi.
Tuttavia, il panorama con il quale le aziende si devono sempre più interfacciare
sta mutando in questi anni: online si moltiplicano gli spazi di interazione e le
conversazioni da governare; si moltiplicano gli interlocutori, fatti ora anche di
influencer, blogger, utenti che hanno la possibilità di condividere le proprie esperienze;
cambiano i tempi di fruizione e si abbattono tutte le barriere spazio - temporali di
condivisione dei contenuti. Per quanto riguarda quest’ambito del Crisis Management,
4
Ibidem.
5
Poma e Vecchiato, 2012: 30.
6
Ibidem.
7
non si hanno ancora studi e regole condivise, strutturate e codificate, anche perché il
panorama è in continua evoluzione.
Ogni organizzazione e piccola impresa, in questo periodo, si sta gettando
all’interno di quell’arena che è il web, innescando un fenomeno di isteresi della rete
7
,
ma senza conoscere i rischi che questa presenza comporta.
Su Internet, manco a dirlo, le cose sono diverse. Le crisi possono essere molto più dannose, sono
certamente più veloci, hanno altre fonti, seguono altri paradigmi di diffusione e hanno altre
tipologie, oltre a quelle codificate dalla letteratura di genere
8
.
I manager e i relatori pubblici che si occupano di gestire gli accadimenti negativi
devono sviluppare una consapevolezza del mutato contesto attuale e dei rischi e delle
potenzialità che sono subentrati nel panorama di riferimento. Solo professionisti
competenti e aggiornati possono realizzare queste attività, sempre ponendo il giusto
equilibrio tra metodo, competenze e spirito critico.
L’obiettivo di questo elaborato è quello di analizzare proprio quest’ambito della
prevenzione e gestione delle crisi, fondamentale ma poco codificato, e di realizzare una
guida, un prontuario pratico e spendibile, valido per ogni tipo di organizzazione e
azienda, che sintetizzi le azioni necessarie da compiere per essere pronti e preparati a
gestire una crisi che si scatena online. Delle linee guida condivise, derivanti dall’analisi
della frastagliata e destrutturata letteratura esistente, per rispondere alle esigenze di chi,
per essere al passo con l’evoluzione del mercato, deve adattarsi al cambiamento e
governare processi delicati e mutevoli.
La situazione attuale delle aziende italiane, fotografata dall’Osservatorio
Business Intelligence del centro di ricerca di SDA Bocconi, fa emergere che il 43%
delle aziende intervistate afferma di non monitorare la rete e il 34% lo fa solo con
strumenti manuali. Inoltre, solo il 4% ha dichiarato che le opinioni rilevate tramite il
monitoraggio delle conversazioni in rete ha avuto un impatto strategico sulle decisioni
successive
9
. Si tratta di un terreno ancora tutto da coltivare per il mercato italiano.
Per procedere e perseguire l’obiettivo di ricerca esposto, si è scelto di iniziare
dallo studio approfondito della crisi, delle sue definizioni, del suo verificarsi e del suo
7
Chieffi, 2011: 172.
8
Ibidem.
9
Fonte: http://www.sdabocconi.it/obi
8
ciclo di vita. Successivamente, all’interno del secondo capitolo, si è cercato di indagare
la disciplina del Crisis Management a livello operativo e della Crisis Communication,
per realizzare un sunto delle nozioni esistenti e condivise tra gli esperti del settore, con
particolare attenzione alle fasi di prevenzione, ascolto e monitoraggio, vere determinanti
della risoluzione (o meno) di un momento di crisi esistente.
In seguito, all’interno del terzo capitolo di questo elaborato, si è approfondito il
panorama digitale con il quale attualmente ci interfacciamo: il web, le sue potenzialità,
le caratteristiche e i “nuovi poteri” degli utenti – clienti, le peculiarità dei brand in rete e
della nuova esperienza multicanale con cui abbiamo quotidianamente a che fare.
Successivamente, sono stati affrontati i temi del monitoraggio della rete, delle crisi
digitali e del modo di affrontarle.
Nella seconda parte di questa tesi di laurea, quella più operativa, si è
inizialmente analizzato un esempio di crisi deflagrata in rete e mal gestita, esempio di
quanto sia necessaria, anche per un grande brand come quello protagonista della
vicenda, una guida e una preparazione per la gestione delle crisi online. Si tratta della
vicenda risalente alla primavera del 2011 che ha visto coinvolto il marchio fiorentino di
abbigliamento Patrizia Pepe. In particolare, in seguito alla pubblicazione di una foto
della campagna Where is Patrizia? del marchio, in rete si sono scatenati moltissimi post
e commenti contro il brand: inizialmente a causa dell’eccessiva magrezza della modella
nella foto, che veicolava un modello errato di bellezza femminile, successivamente a
causa della reazione sbagliata e scortese di chi gestiva gli account social del brand. Si
analizzano le conseguenze del caso e gli insegnamenti da cogliere.
Negli ultimi due capitoli di questo elaborato, si è preso in esame la condizione di
due noti brand, per trarne spunti utili sull’attuale situazione italiana in termini di
gestione della crisi e monitoraggio del web. Per quanto riguarda il primo case study, si
tratta di Komatsu Italia, leader nella distribuzione delle macchine movimento terra in
Italia. La particolarità del target di riferimento mi ha permesso di comprendere i
comportamenti specifici di un cluster di utenti ben identificati in rete. Il brand, che
gestisce da pochi mesi dei canali social ufficiali, necessita di strumenti di monitoraggio
e linee guida per la gestione delle crisi online.
Il secondo case study riguarda, invece, un gruppo italiano leader nel settore del
fashion retail. Dagli scambi con il General Internal Auditor del gruppo in questione, si è
9
convenuto di mantenere l’anonimato sull’identità del brand come forma di protezione
aziendale. Questo non ha inficiato l’analisi svolta, la quale ha preso in considerazione
gli scenari di crisi possibili per il marchio, la sua presenza e reputazione online, l’attuale
non esistenza di un piano di Crisis management e di monitoraggio dei segnali deboli.
I due casi, uniti all’analisi della social crisi del brand Patrizia Pepe, hanno fatto
emergere le mancanze più ampie all’interno del panorama delle grandi e piccole aziende
italiane e la necessità di creare tra chi si occupa di management, ma anche di
comunicazione, conoscenze condivise ed una reale cultura dell’ascolto e della gestione
della crisi.
Una cultura dell’ascolto e della prevenzione delle crisi comporta l’elaborazione
di piani d’emergenza e comporta, quindi, che ci si organizzi e si prenda il maggior
numero possibile di decisioni prima che la crisi esploda, quando si ha il tempo di
pensare lucidamente, non si è sottoposti a forti pressioni e si ha la possibilità di
considerare più opzioni da più punti di vista. È importante sottolineare il fatto che «i
piani d’emergenza non sono destinati a prevenire le crisi, ma possono attenuarne i danni
e accelerare il ritorno alla normalità»
10
e per questo sono di vitale importanza per ogni
tipo di organizzazione.
Al termine di queste analisi e della comprensione dello status quo del panorama,
è stato realizzato un vademecum a punti utile per l’implementazione di un piano di
monitoraggio e ascolto del web, nonché per la realizzazione di un piano di Crisis
management online, auspicando che venga compresa da manager, relatori pubblici e
social media manager l’importanza di una fase di prevenzione per prevenire o superare
momenti di crisi futuri. La migliore strategia possibile per evitare che accadimenti
negativi generino gravi conseguenze per la sopravvivenza dell’organizzazione, sia essa
pubblica o privata, di grandi o piccole dimensioni, locale o proiettata al globale, rimane
quella di non farsi trovare impreparati. Sia per quanto riguarda gli ambienti tradizionali,
che per quanto riguarda il web.
10
Harvard Business Essentials, 2005: XIV.
10
Capitolo 1. La crisi e il Crisis Management
We live in an “era of crisis”.
(Otto Lerbinger)
1.1 Definizione e classificazione della crisi
Negli ultimi anni, a causa della crisi economica, politica e sociale che affligge
non solo l’Italia, sentiamo chiunque ripetere continuamente il termine crisi. In tutti i
media, nei discorsi politici, ma anche tra le persone comuni, nessuno riesce a non
parlare di questo argomento. Conosciamo davvero il significato, le dinamiche e le
implicazioni di questo termine usato oramai fin troppo di frequente?
Il concetto di crisi può essere usato con differenti significati e in diversi modi: in
contesto psicologico (es. reazioni cognitive individuali), economico (es. effetti del
sistema finanziario) o sociologico (es. riferito a sistemi sociali, gruppi, istituzioni)
11
.
Il termine stesso deriva dal greco “Krisis”, che in ambiente medico indicava «un
subitaneo cangiamento in bene o in male nel corso di una malattia, da cui si giudica,
si decide la guarigione o la morte»
12
. Ad oggi il termine detiene parte del significato
originario, in quanto viene usato per indicare, esattamente come per una malattia,
dei cambiamenti che, partendo da aree vulnerabili, condizionano le sorti di
un’organizzazione.
Per definire ulteriormente il termine nell’ambito particolare della gestione
aziendale e delle relazioni pubbliche, in letteratura sono state individuate alcune
definizioni specifiche di crisi
13
. Se ne riportano alcune fra le più complete ed
esplicative.
Toni Muzi Falconi definisce la crisi come «un avvenimento non atteso interno o
esterno, che coinvolge persone, processi, prodotti, attività finanziarie, commerciali o
comunicative e che determina, o potrebbe determinare, una soluzione di continuità
11
Traduzione da Falkheimer e Heide (2009: 55).
² Dal vocabolario etimologico online reperibile al link http://www.etimo.it/?term=crisi
13
Nel presente elaborato si cercherà di restringere il campo di interesse all’ambito delle crisi all’interno
di aziende ed imprese, per lo più non direttamente correlate alla crisi globale che stiamo vivendo dal
2007.
11
critica alla identità, all’immagine o alla reputazione dell’organizzazione stessa,
andando a incrinare i suoi sistemi di relazione con uno o più pubblici influenti»
14
.
Luigi Norsa definisce di crisi «ogni situazione o evento che richieda una
immediata azione per evitare un potenziale impatto negativo su una organizzazione
o sui suoi interlocutori»
15
.
Per Patrick Lagadec la crisi è «un momento di verità che mette alla prova
capacità e valori [dell’azienda]»
16
.
L’Institute for Crisis Management ha definito il termine accademicamente
declinandolo come «una significativa interruzione degli affari che causa un’ampia
copertura mediatica. Il conseguente interesse pubblico turberà le normali operazioni
dell’organizzazione e potrebbe anche avere un impatto sui suoi affari a livello
politico, legale, finanziario e governativo»
17
.
Infine, Timothy Coombs sostiene che la crisi è «la percezione di un evento non
prevedibile che mette in pericolo le aspettative degli stakeholder e che può
seriamente compromettere la capacità operativa di un’organizzazione con
conseguenze negative sulla stessa»
18
.
Emergono chiaramente, da queste definizioni, che gli aspetti caratteristici di una
crisi possono essere riassunti con alcune parole chiave. Innanzitutto con gli aggettivi
non prevedibile e inattesa. In seconda analisi con i verbi incrinare (le relazioni),
mettere alla prova (o in pericolo), turbare e compromettere. Ed è esattamente questo
che succede quando si riscontra un momento di crisi: improvvisamente e in maniera
più o meno prevedibile si manifestano una serie di eventi che mettono in pericolo le
normali attività dell’organizzazione, turbando i suoi rapporti con clienti, dipendenti,
fornitori, media e istituzioni e incrinando la sua posizione e la sua reputazione
percepita. Necessitando, inoltre, di una risposta pronta e preparata alla situazione.
14
Muzi Falconi, 2003.
15
Norsa, 2002.
16
Lagadec, 2002.
17
Center e Jackson, 2003.
18
Fonte: http://www.instituteforpr.org/
12
Moltissimi possono essere i motivi all’origine di una crisi. Luca Poma e
Giampietro Vecchiato elencano nel loro manuale di Crisis Management
19
i fattori
che più frequentemente possono scatenare una crisi, i cosiddetti episodi scatenanti:
un disastro naturale,
un errore umano,
un guasto meccanico,
una debâcle tecnologica,
un sabotaggio o un’estorsione,
un attacco esterno alla reputazione e all’immagine dell’organizzazione
derivante da concorrenti, associazioni, media o clienti insoddisfatti,
delle pratiche finanziarie discutibili,
dei problemi ai vertici aziendali,
delle riorganizzazioni o licenziamenti,
dei problemi di comunicazione interna,
dei problemi all’interno del settore produttivo o tra concorrenti,
contingenze politiche internazionali,
la diffusione di notizie false.
Come è possibile notare, le cause all’origine di una crisi possono essere
molteplici e difficilmente sintetizzabili. È possibile, però, definire delle aree di sviluppo
di crisi specifiche verificabili all’interno delle organizzazioni: l’azienda (es. trattative
sindacali), il marchio (es. fusioni aziendali), il prodotto (es. manomissioni), i servizi
(es. blocchi della produzione, scioperi) o le relazioni
20
.
Le crisi possono essere classificate in base al livello di responsabilità
dell’azienda coinvolta, per cui possiamo avere crisi in cui l’azienda è vittima e ha
responsabilità minime o nulle (es. eventi naturali, calunnie, sabotaggi), crisi accidentali
in cui l’azienda ha una bassa responsabilità (es. incidenti in laboratorio) o crisi
prevedibili in cui è possibile attribuire all’azienda un’alta responsabilità derivata da
mancanza di controlli, negligenza o comportamenti scorretti.
19
Luca Poma e Giampietro Vecchiato (2012), Crisis Management. Come comunicare la crisi: strategie e
case history per salvaguardare la business continuità e la reputazione, Gruppo 24 Ore, Milano.
20
De Vincentiis, 2010: 21.
13
Nella figura 1 è possibile visualizzare le diverse cause all’origine di una crisi
rappresentate da Ian Mitroff e Thierry Pauchant in uno schema esplicativo:
Fig.1: Aree di debolezza delle aziende (Lagadec, 2002)
Parlando di crisi ci riferiamo, dunque, a situazioni anche molto diverse fra loro
ma tutte con due aspetti in comune: la pressione dal lato emotivo e dal lato
temporale. È necessario reagire per la sopravvivenza dell’organizzazione in maniera
lucida e tempestiva, anche in un contesto di particolare stress e con un’accelerazione
notevole rispetto ai tempi normalmente usati in azienda per preparare risposte ad
hoc per i propri pubblici.
La parola crisi ha un’etimologia greca, deriva da κρίσις (Krisis), decidere, giudicare e forse
questa è la sfida maggiore che la crisi pone al manager: gli impone di prendere delle decisioni,
che non possono essere rinviate, che devono essere prese anche senza possedere tutti gli
elementi necessari per formulare il giudizio
21
.
Si può effettuare un’ulteriore distinzione fra le cosiddette crisi striscianti e le
crisi improvvise. Le crisi striscianti sono quelle crisi i cui segnali vengono ignorati
o non notati fino a quando la crisi non esplode in tutta la sua drammaticità, mentre le
21
Norsa, 2009: 23.
14
crisi improvvise non permettono di cogliere avvisi di pericolo prima dell’effettivo
momento critico. Scrive Luigi Norsa (2009: 29) che, secondo la maggior parte degli
analisti, più dei due terzi delle crisi avvenute in qualsiasi periodo di tempo, area
geografica o settore sono crisi striscianti, che sarebbero state evitate se fossero state
individuate nel loro più o meno lungo periodo di incubazione. La prima e la più
importante sfida per chi si occupa di management d’impresa è quindi quella di
riuscire ad avvertire e decodificare i segnali di una possibile crisi, anche lontana, per
intervenire prontamente e salvaguardare l’organizzazione.
1.2 Le caratteristiche di una crisi
La crisi si differenzia da un comune problema aziendale poiché è caratterizzata
da un’ampia copertura mediatica e dall’attenzione nei confronti dell’organizzazione
da parte dell’opinione pubblica, la quale muta l’opinione nei suoi confronti o ne
forma una di negativa ex novo.
Oltre che dalla presenza dei media e dell’opinione pubblica, il verificarsi di una
crisi è caratterizzato anche dalla presenza di alcuni fattori specifici: un episodio
scatenante, un contesto amplificante e un ambiente favorevole. Tralasciando
l’episodio scatenante, il quale può essere di varia natura e di cui si è già discusso in
precedenza, è interessante focalizzare l’attenzione sugli ultimi due fattori.
L’ambiente favorevole è influenzato dai valori e dagli aspetti culturali della
nazione che ospita l’impresa o l’organizzazione, per cui un episodio può provocare
una crisi in una nazione e non in altre. Ad esempio, «lo stesso incidente mortale sul
lavoro avrà risalto ben diverso nell’affidabile Germania rispetto all’Italia, afflitta
dalla piaga di tristi bollettini quotidiani sul tema»
22
. Inoltre, un ambiente favorevole
può anche essere costruito da una molteplicità di aspettative sociali date ad esempio
da una particolare sensibilità dell’opinione pubblica verso certe tematiche (rischi
ambientali, sicurezza alimentare) o dal ritenere ormai parte integrante del
management di un’impresa l’attenzione alla responsabilità sociale.
Per quanto riguarda il contesto amplificatore, molto di quanto fa di un semplice
problema aziendale una vera e propria crisi è dato dalla copertura e dall’effetto
22
Eva Jannotti, Come si comunica una crisi, in Relazioni pubbliche – Magazine della Federazione
Relazioni Pubbliche Italiana, anno XII, n. 66/2012.