12
come recepite dalle direttive europee e dalla normativa emanata in materia dall’autorità di vigilanza
nazionale.
Per il rischio di credito, le istituzioni finanziarie che vogliano utilizzare metodi di calcolo dei
requisiti patrimoniali di tipo avanzato (IRB
3
Advanced), debbono dotarsi di efficaci metodologie che
consentano la stima interna dei principali fattori di rischio, fra questi richiamiamo la probabilità di
insolvenza (PD, Probability of Default)
4
, l’esposizione al momento dell’insolvenza (EAD,
Exposure at Default) e il tasso di perdita attesa in caso di insolvenza (LGD, Loss Given Default).
A fronte di questi fattori di base è possibile derivare due componenti fondamentali del
rischio di credito: la perdita attesa (EL, Expected Loss) e la perdita inattesa (UL, Unexpected Loss).
La EL è il valore della perdita che un intermediario finanziario si aspetta a fronte di un credito
specifico o di un portafoglio crediti. Nel risk management, conformemente alla teoria della
probabilità, la EL rappresenta il valore atteso (media) di una variabile aleatoria di perdita L
%
:
L EAD LGD L=××
%
con 1
D
L = , ()PD PD=
[]EL E L EAD LGD PD==××
%
dove D denota l’evento dell’insolvenza in un certo periodo di tempo (in genere un anno), e P(D) la
probabilità dell’evento
5
.
La EL, in quanto attesa, non rappresenta “a rigore” un vero rischio di un’esposizione creditizia,
infatti a fronte della stessa l’istituzione finanziaria dovrebbe procedere ad opportuni accantonamenti
a fondo rischi e a caricare uno spread opportuno sulle condizioni di prezzo applicate. La UL, per
contro, è una misura del grado di variabilità del tasso di perdita intorno al suo valore atteso
6
:
[] [ ]UL VL VEAD LGD L== ××
%
La UL, al contrario della EL è non additiva e diversificabile a livello di portafoglio impieghi. La UL
costituisce il rischio di credito strictu sensu per l’intermediario finanziario, che dovrebbe trovare
adeguata copertura nel patrimonio della banca.
La maggior parte della letteratura, fino ad anni recenti è stata incentrata sulle metodologie di
corretta stima e sugli impatti sul rischio ed utilizzi gestionali della PD all’interno delle istituzioni
finanziarie. Più recente è l’interesse del mondo accademico e delle banche per l’LGD, fattore che
3
Internal Rating Based
4
Il calcolo interno della PD è richiesto anche per l’approccio IRB Fundation. L’orizzonte temporale di previsione per la
PD è, normativamente, un anno.
5
Il modello presuppone uno spazio di probabilità (,,)FPΩ . Gli elementi della σ-algebra F sono eventi misurabili del
modello, ed F può venire identificata come l’informazione disponibile per la previsione dell’insolvenza. EAD e LGD
sono, in questa definizione di base, supposte costanti e la PD è il valore atteso di una variabile bernulliana. EAD e LGD
possono essere intese a loro volta come valori attesi di variabili aleatorie senza che la formula della EL cambi in modo
particolare.
6
Anche in questo caso è supposta la costanza di EAD e LGD.
13
tuttavia, come avremo modo di approfondire, riveste un ruolo altrettanto importante nella gestione
del rischio. Infatti, la perdita in cui incorre un intermediario finanziario non è principalmente
determinata dal semplice manifestarsi dell’insolvenza di una controparte o dal suo importo, quanto
dalla misura dei recuperi sul credito concesso che si renderà possibile.
Qual’è il ruolo dell’LGD nell’attuale modello regolamentare previsto da Basilea II? Come
viene misurata? E soprattutto quali fattori determinano differenze significative nei tassi attesi di
perdita? Quali approcci sono i più opportuni per lo sviluppo di un soddisfacente modello di stima
della LGD? Gli ultimi due interrogativi si pongono come prioritari per gli intermediari bancari che
vogliano sviluppare modelli interni di determinazione dell’LGD, ai fini di rispondere ai requisiti
normativi imposti per l’adozione di un metodo IRB-avanzato, o anche esclusivamente per
l’ottenimento di stime affidabili dei fattori di rischio fondamentali che alimentano i modelli di
portafoglio per la determinazione del Value-at-Risk creditizio e, successivamente, del pricing degli
affidamenti.
Discussione del problema
L’analisi delle crisi finanziarie degli scorsi decenni rileva che, spesso, questi siano stati il
prodotto di politiche economiche inconsistenti e mancanza di una adeguata supervisione delle
banche e di altre istituzioni finanziarie. La crescente interrelazione di un sistema finanziario
internazionale sempre più complesso rende estremamente probabili i trasferimenti di shock avversi,
registrati presso alcune istituzioni rilevanti o paesi, all’intera economia globale. Come già da noi
esaminato dettagliatamente nel corso della precedente tesi di laurea “La nuova architettura
finanziaria internazionale e i paesi in via di sviluppo”
7
, sul finire degli anni novanta la necessità di
procedere ad una “riforma dell’architettura finanziaria internazionale” ha assunto sempre più una
particolare concretezza. Le direttrici proposte e gli attori coinvolti sono stati numerosi, con risultati
concreti, misurabili a distanza di anni, assai diversificati. Il rafforzamento della regolamentazione e
della vigilanza prudenziale, che trova il principale risultato nel Nuovo Accordo di Capitale è
sicuramente un esempio di un concreto e significativo passo avanti verso l’obiettivo proposto,
faticosamente e collegialmente perseguito, nonché caratterizzato da un’inevitabile natura di work-
in-progress.
Basilea II è quindi volta, in ultima istanza a perseguire la stabilità finanziaria globale. La
detenzione di un adeguato capitale economico come “rete di sicurezza” a fronte dei crediti in essere
(e degli altri tipi di rischi) è sicuramente un elemento di costo per un intermediario finanziario
7
Turri(2000)
14
(generalmente una banca) soggetto alla normativa, ma consente di fronteggiare eventuali UL. La EL
è invece fronteggiata mediante accantonamenti specifici.
I livelli delle perdite possono risultare correlati sia a fattori idiosincratici specifici, sia a
fattori esterni più generali quali l’andamento del ciclo economico. In relazione all’LGD, che
costituisce il nostro fondamentale oggetto di indagine, la normativa di vigilanza non fornisce che
generali, e del tutto esemplificative, indicazioni relative alle modalità di calcolo e rispetto alla
natura dei fattori rilevanti che ne determinano i valori attesi:
“Nello stimare la LGD le banche tengono conto delle caratteristiche delle esposizioni (quali dimensione,
forma tecnica, garanzie), ad esempio attraverso modelli multivariati o sulla base della LGD media osservata di lungo
periodo per le diverse tipologie di operazione.”
(Banca d’Italia, 2006b, TITOLO II, Parte Seconda, SEZ. IV, Par.2.3)
Esiste peraltro una diffusa e crescente letteratura volta ad indagare gli elementi che
conducono a differenze significative nei valori osservati di LGD, anche se per lo più basata
sull’analisi dei tassi di recupero relativi a obbligazioni
8
. Al di là degli elementi ricorrenti che in tali
modelli emergono come rilevanti nella previsione della LGD, che costituiscono indubbiamente
elementi interessanti di riflessione, rimane aperto ad ogni singola banca che voglia dotarsi di
modelli interni il problema di condurre analisi puntuali sulla propria realtà interna per cogliere
specificità del proprio portafoglio di esposizioni e caratteristiche peculiari del proprio processo di
recupero dei crediti. I processi di recupero e i loro effetti, infatti, possono essere assai differenziati
da banca a banca e a seconda delle tipologie di esposizioni soggette a insolvenza
9
. Tutto questo si
colloca all’interno di un quadro di specificità nazionale dovuto a prassi comuni e a elementi
normativi peculiari
10
.
Un elemento estremamente rilevante nel recente dibattito accademico intorno all’LGD è il
progressivo superamento dell’assunto classico di indipendenza fra il tasso di recupero (RR,
Recovery Rate) e la PD che ancora caratterizza in larga parte l’impianto normativo di Basilea II. Da
vari studi empirici
11
si è rilevato che in presenza di fasi recessive (downturns), caratterizzate da tassi
più elevati di insolvenze, i valori dei tassi di recupero sono significativamente e diffusamente ridotti
per il contrarsi del valore delle attività delle controparti. Appare quindi manifestarsi una
correlazione inversa fra i tassi di recupero e il rischio sistematico dell’economia. Questa evidenza
ha conseguenze rilevanti in termini di corretta stima dei requisiti di capitale necessari per
fronteggiare il rischio di credito: i modelli che assumono indipendenza fra PD e LGD appaiono non
8
cfr. p.es. Altman, Resti e Sironi (2005a) per una rassegna
9
cfr. p.es. Querci (2005); Dermine e Neto de Carvalho (2005), RMA-CWG (2005b)
10
cfr. Grippa, Iannotti e Leandri (2005) per un’analisi esplorativa generale di alcune caratteristiche del caso italiano.
11
cfr. p.es. Altman et al. (2005); Hu e Perraudin (2002)
15
più adeguati, conducendo sistematicamente a sottostimare il capitale necessario in condizioni
macro-economiche avverse. Inoltre, pare che tendano ad accentuarsi gli effetti pro-ciclici già insiti
nei modelli regolamentari
12
Tali riscontri empirici hanno portato, da un punto di vista normativo, a introdurre il concetto
di downturn LGD (DLGD) all’interno dei modelli regolamentari:
“Le banche utilizzano stime della LGD adatte per una fase recessiva (downturn LGD) se queste sono più
prudenti di quelle basate sulla media di lungo periodo. A tal fine le banche adottano un rigoroso e documentato
processo articolato nelle seguenti fasi:
1. definizione di una appropriata fase recessiva per ciascun portafoglio omogeneo di attività
all’interno di ciascuna giurisdizione. […];
2. individuazione di una eventuale relazione inversa tra tassi di default e tassi di recupero;
3. ove tale relazione venga individuata, il calcolo della LGD può essere effettuato in base alla media
ponderata di lungo periodo dei tassi di perdita osservati; nel caso contrario, essa viene incorporata
nelle stime di LGD, ad esempio attraverso un’analisi dei tassi di recupero osservati in fasi avverse del
ciclo ovvero correggendo i fattori di rischio sottostanti alle stime della LGD in misura coerente con le
condizioni avverse del ciclo. […]”
(Banca d’Italia, 2006b, CIRC_263/06, TITOLO II, Parte Seconda, SEZ. IV, Par.2.3)
Tale DLGD è sostituita nelle consuete funzioni di calcolo regolamentari ai fini di ottenere
stime “prudenziali” del capitale a rischio. Si osserva, peraltro, come non sia affatto dato per
scontato dall’autorità di vigilanza italiana, che il rischio sistematico dell’economia debba rientrare
fra i “fattori rilevanti” che incidono sui valori attesi dell’LGD, ma piuttosto vadano condotte analisi
specifiche su dati storici circa la sussistenza di un’eventuale relazione inversa fra tassi di default e
tassi di recupero.
Dall’analisi della letteratura in tema di DLGD, prevalentemente legata al mondo
anglossassone, si osserva soprattutto l’utilizzo di dati storici di LGD di mercato. L’LGD di mercato
è utilizzabile per obbligazioni e prestiti, che sono scambiati su di un mercato (liquido): essa è
ottenibile dai prezzi di mercato in un periodo immediatamente successivo al default e riflettono le
aspettative di valore attuale dei recuperi degli investitori. Purtroppo, in ambito bancario in presenza
di prestiti non scambiati su mercati, l’utilizzo di un LGD di mercato si rileva impraticabile, e va
sostituito mediante l’applicazione di metodologie di tipo attuariale che, osservando nel tempo i
valori di recuperi/aggravi attinenti alle esposizioni insolventi, attualizzate mediante un opportuno
fattore di sconto, giungano a stime di workout LGD. Questo metodo, l’unico concettualmente
percorribile dalle banche italiane ed esplicitamente suggerito dall’autorità di vigilanza, richiede
serie storiche cospicue di dati sui recuperi, spesso di difficile (o impossibile) reperibilità.
12
Altman, Resti e Sironi (2002).
16
Interrogativi di ricerca
Al di là delle difficoltà tecniche legate alla predisposizione di basi dati efficienti per la stima
della workout LGD, nel corso della tesi si vuole evidenziare come concettualmente i valori di LGD
derivanti da una metodologia attuariale possono naturalmente svincolarsi dalle puntuali situazioni
del ciclo economico. Questo è specialmente vero in un contesto, come quello italiano, caratterizzato
da numerose procedure di recupero dalle lunghe tempistiche (cfr. Grippa, Iannotti e Leandri, 2005).
1. E’ possibile, come appare plausibile, che da studi “ad hoc” basati su la workout LGD,
all’interno di realtà bancarie italiane, si possa addivenire a risultati in parte diversi
rispetto a quelli fin qui raggiunti mediante l’impiego di LGD di mercato, nella direzione di
una minore correlazione fra PD e LGD
13
?
Un ulteriore elemento di complessità dell’indagine relativa allo studio della relazione fra
tassi di recupero e tassi di insolvenza all’interno della attuale realtà italiana è sicuramente costituito
dalla peculiare difformità di definizione del concetto di insolvenza utilizzata nello sviluppo dei
modelli di LGD, per i quali si utilizzano i dati dei discounted cashflows relativi ai recuperi delle
posizioni a sofferenza (tipicamente uno stato “assorbente”). La considerazione delle sofferenze è
sicuramente dettata dalla disponibilità da parte delle banche di più puntuali e profonde serie storiche
dei recuperi, ma non considerando situazioni “meno estreme” e “reversibili” di insolvenza (quali
Incagli, Crediti scaduti, ecc…) conduce inevitabilmente ad alcuni problemi: in primo luogo, ad un
evidente sovrastima dei tassi di LGD, che sono tradizionalmente rettificati al ribasso dalle banche
mediante l’applicazione ai valori stimati di opportuni cure rate, che da un lato esprimono la
probabilità di ricadere in uno stato di sofferenza “non/poco assorbente” e dall’altro la misura della
probabilità di ritorno “in bonis”, da un tale stato.
2. E verificabile, come appare plausibile ipotesi di lavoro, che benché si possa ritenere
improbabile una forte correlazione fra stato dell’economia e tassi di recupero relativi a un
concetto di workout LGD limitato unicamente alle sole sofferenze, questo non sia
probabilmente vero per quanto attiene ai fattori determinanti della stima di un corretto
tasso di cure rate? E’ rilevabile una relazione inversa fra i livelli dei cure rate effettivi di
13
Si evidenzia che già in numerosi casi è stato sottolineato come non necessariamente i picchi nei tassi di perdita
(LGD) e nei default (PD) debbano essere contemporanei e come, a seconda dei prodotti e delle realtà specifiche di
banche diverse, si possano osservare “fasi recessive” diverse nei tassi di recupero, più o meno svincolate fra di loro
(p.es. a seconda della natura delle garanzie implicite o esplicite), rendendo complesso il problema di definizione di una
DLGD (cfr. RMA-CWG, 2005b).
17
una banca e una serie di fattori, alcuni dei quali variabili in relazione all’andamento
dell’economia (a livello generale o settoriale)?
La considerazione degli effetti di correlazione fra PD ed LGD conduce infatti al naturale
perfezionamento di modelli di determinazione del capitale a rischio che consentano di includerne
gli effetti. In tal senso si vanno diffondendo diverse versioni di modifiche ai classici modelli
strutturali “alla Merton” (p.es. Frye, 2000a e 2000b o Jokivuolle e Peura, 2003 e 2005) sia ai
modelli in forma ridotta (p.es. Chabaane, Laurent e Salomon, 2005). Un filone di studi specifico si
occupa invece di metodologie per determinare una stima adeguata di DLGD a partire da dati storici
osservati a disposizione (p.es. Joocheol e KiHyung, 2006 o Miu e Ozdemir, 2005). Miu e Ozdemir
(2005), ad esempio, sviluppano una metodologia per ottenere una stima corretta dell’incremento
medio di LGD necessario per compensare gli effetti dei diversi tipi di correlazione non modellizzati
nel framework normativo di Basilea II. Gli autori individuano 4 tipi rilevanti di correlazioni da
tenere in conto: (1) la correlazione fra i drivers sistematici di rischi comuni a PD ed LGD per un
dato debitore, (2) la correlazione fra i drivers specifici di PD ed LGD del debitore (correlazione fra
fattori idiosincratici), (3) la correlazione fra i drivers di rischio di PD fra i diversi debitori e, (4) la
correlazione fra i drivers di rischio di LGD fra i differenti debitori.
Obiettivi della tesi
Questa tesi si propone cercare una risposta agli interrogativi proposti mediante un duplice
approccio: da un lato con l’analisi generale degli studi rilevanti condotti in materia, dall’altro
attraverso lo studio approfondito dei dati interni di un istituto bancario italiano: Banca Popolare di
Sondrio (BPS).
L’esplorazione del primo interrogativo di ricerca è condotta, in primo luogo, ripercorrendo
la letteratura specifica in materia: si vogliono identificare con chiarezza i presupposti teorici
dell’analisi della correlazione fra l’LGD e le condizioni macro-economiche (fattori sistematici),
evidenziando i presupposti che stanno alla base dei principali studi condotti; a tal fine si procede
anche a illustrare le caratteristiche essenziali del trattamento dell’LGD all’interno dei modelli
regolamentari proposti da Basilea II. In secondo luogo, avvalendosi dei dati storici di recupero
sulle sofferenze di BPS si analizzano i fattori rilevanti impattanti sulla workout LGD dell’istituto.
Viene formalizzato lo studio della relazione fra i fattori sistematici dell’economia e i tassi di
recupero osservati, coerentemente con quanto richiesto dall’autorità di vigilanza. Questa fase
presuppone un preliminare approfondimento delle metodologie statistiche più opportune atte a
individuare e modellizzare il ciclo economico generale, i cicli specifici per “portafogli omogenei di
18
attività” e di eventuali altri fattori rilevanti ciclici possibilmente impattanti (in senso causale) sui
tassi di recupero o ad esso correlati. In particolare, per l’individuazione dei cicli e l’estrazione delle
loro caratteristiche il lavoro verte sulla ripresa di metodologie di analisi delle serie storiche
strutturali mediante l’utilizzo di filtri della classe di Butterworth che consentono l’eliminazione di
componenti di disturbo ad alta e bassa frequenza nelle serie storiche esaminate (Harvey e Trimbur,
2003; Pelagatti, 2004)
Sulla base dei risultati ottenuti dallo studio è possibile rispondere, da un punto di vista
pragmatico della banca, all’interrogativo circa la necessità di utilizzo di stime di DLGD, mentre, da
un punto di vista dell’interrogativo teorico, si raccolgono elementi aggiuntivi a supporto o a
confutazione dell’ipotesi di indagine primaria della tesi.
In relazione al secondo interrogativo di ricerca si rileva che alla luce della normativa di
vigilanza, è prevista “a regime” una stima dell’LGD direttamente su dati discounted-cashflows di
posizioni insolventi omogenee con la definizione regolamentare
14
. Tuttavia, pragmaticamente,
fintanto che le serie storiche di dati raccolte dalle banche non saranno sufficientemente cospicue si
osserverà frequentemente la necessità di operare mediante cure rate su modelli stimati basandosi su
dati di recuperi delle posizioni a sofferenza. Attualmente tali fattori correttivi, se utilizzati, sono
spesso determinati in maniera abbastanza generica e indistinta a livello di Istituto o di classi
generali di esposizioni. Sulla base di queste premesse ci è apparso necessario procedere ad
un’analisi dei fattori determinanti impattanti sui cure rate, per giungere alla definizione di veri
propri modelli previsivi dei valori corretti, conducendo anche per tale fattori un’analisi volta a
individuare la necessità della stima di un “downturn Cure Rate”. Sempre sui dati di BPS si è
proceduto all’estensione dell’analisi in questa direzione.
Caratteristiche e limiti principali della tesi
La tesi in oggetto, pur presentando una panoramica generale del contesto di riferimento e dei
principali aspetti normativi collegati è focalizzata primariamente sullo studio della stima del fattore
LGD per i prestiti bancari nel contesto italiano, e, specificatamente, vuole costituire un
approfondimento sulla tematica della DLGD. Gran parte dei risultati sperimentali della tesi sono
frutto di dati proprietari di BPS.
BPS attualmente possiede modelli econometrici di LGD (stimati nel 2004), per i quali è stata
prevista a partire da giugno 2007 una revisione, aggiornamento e ristima, alla luce delle ulteriori
disponibilità informative raccolte e conformemente alla volontà di adeguare i modelli alle
14
Comprensiva di sofferenze, incagli, crediti ristrutturati e crediti scaduti (past due loans).
19
disposizioni regolamentari in materia di Banca d’Italia. Il progetto in oggetto, per i quali è stata
stimata una finestra di elaborazione metodologica di circa un anno, segue il rilascio dei modelli di
rating interno sviluppati per i segmenti gestionali Privati, Small Business, Micro-imprese, PMI,
Grandi Imprese della banca (copertura del 98% del portafoglio clienti), in un’ottica di progressivo
adeguamento interno verso una futura validazione secondo il metodo IRB Avanzato.
La tesi in oggetto si avvale strettamente delle risultanze del lavoro metodologico in oggetto,
al quale in veste di operatore del risk management aziendale sono stato preposto in prima persona,
discostandosene eventualmente per l’approfondimento metodologico generale al problema, e per
eventuali scelte di approfondimenti che si sono ritenuti specificatamente di rilievo da un punto di
visto dell’analisi e della ricerca accademica. Le conclusioni tratte, stante l’approccio utilizzato,
possono costituire ai fini generali unicamente elementi di supporto o di critica alle tesi esposte,
rivestono peraltro una sicura significatività aziendale per l’istituto indagato. La metodologia di
indagine proposta può costituire inoltre uno spunto operativo per ulteriori intermediari finanziari.
Struttura
La tesi è divisa in due parti. La prima di carattere più generale, panoramico e metodologico.
La seconda si focalizza più specificatamente sul caso aziendale specifico, cercando di rispondere,
sulla base dei dati disponibili presso BPS, agli interrogativi di ricerca delineati.
Parte Prima
Il primo capitolo introduce il concetto di LGD, le modalità possibili per una sua misura e
stima
15
, il trattamento dello stesso nei principali modelli di gestione del rischio: in forma strutturale,
in forma ridotta, di CreditVaR. Sono approfondite le relazioni fra la realizzazioni osservabili della
variabile LGD e i suoi valori stimati al variare dei concetti di insolvenza utilizzati, introducendo il
concetto di cure rate. Si forniscono inoltre gli elementi fondamentali a riguardo che ci derivano
dalla prospettiva normativa, così come si è venuta a configurare negli ultimi anni sulla base del
Nuovo Accordo di Capitale, le direttive europee n°48/2006 e n°49/2006
16
e le disposizioni di
vigilanza di Banca d’Italia
17
ai fini di cogliere il preciso ruolo e peso della LGD nel “modello
normativo” delineato.
15
Il fattore LGD è infatti configurabile come una variabile stocastica aleatoria.
16
UE(2006a) e UE(2006b)
17
Banca d’Italia (2006b)
20
Il secondo capitolo esplora la tematica delle relazioni fra LGD e fattori sistematici, la
tematica della correlazione fra le PD e i tassi di recupero e dei possibili effetti prociclici emergenti.
Si richiamano evidenze empiriche di correlazioni emerse in studi pregressi e, delineate le basi di
teoria economica a spiegazione di tali effetti, si da evidenza di alcune possibili forme di
modellizzazione della correlazione nelle principali classi di modelli di gestione del rischio. Segue la
definizione dell’approccio normativo al problema mediante l’introduzione del concetto di DLGD.
Infine, sono svolte una serie di considerazioni comparative fra i possibili impatti di stime di LGD
derivanti da dati di mercato rispetto a stime derivanti da attualizzazione di flussi storici effettivi di
recupero, fino a formulare i due interrogativi di ricerca.
Il terzo capitolo, fornisce gli elementi teorici specifici per la comprensione del concetto di
ciclo/i economico/i, fondamentali per il trattamento delle problematiche delineate nel capitolo
precedente e propedeutici allo sviluppo del caso empirico. In particolare, si approfondisce da un
punto di vista statistico la problematica di separazione e di estrazione dei cicli dalle serie storiche
disponibili, secondo l’ottica propria del deviation cycle. Sono, ad esempio, introdotti alcuni
specifici filtri di Butterworth proposti da Harvey e Trimbur (2003) per l’estrazione dei cicli
economici e presentati modelli strutturali univariati e multivariati
18
per l’analisi delle serie storiche
e l’estrazione di componenti “non osservabili”.
Parte seconda
Il quarto capitolo, definisce in primo luogo le caratteristiche del progetto di BPS per la
ristima della LGD (obiettivi, risorse, tempi), le basi dati disponibili per l’analisi e il processo di
recupero del credito proprio dell’istituto. Chiarite alcune scelte metodologiche alla base del progetto
di stima di una workout LGD sulle sole posizioni a sofferenza, si illustrano i “fattori rilevanti”
testati incidenti sui valori osservati di LGD per posizioni a sofferenza. Mediante le metodologie
delineate teoricamente al capitolo precedente si procede all’estrazione dei cicli economici di
riferimento da un’insieme di variabili macroeconomiche di base e a un loro preciso raffronto per la
ricerca di presenza/assenza di correlazioni significative. Segue l’analisi vera e propria della
relazione fra le fasi del/dei ciclo/i individuato/i e i tassi di recupero osservati., L’analisi è estesa,
con metodologie analoghe, all’esame delle relazioni fra le variabili rappresentative del ciclo e i
cure rate propri dell’istituto. Si delineano, fra l’altro, modelli di stima dell’LGD e di stima dei cure
18
Modelli SUTSE
21
rate adottati da BPS con particolare rilievo per gli eventuali elementi specifici atti a rispondere alle
esigenze gestionali e normative di una DLGD.
Conclude il capitolo e la tesi una serie di considerazioni relative alla coerenza dei risultati
ottenuti in relazione agli interrogativi di ricerca formulati in precedenza.