INTRODUZIONE
Tra i diversi tipi di contatto linguistico, il prestito lessicale è
sempre stato fondamentale per l’innovazione, il cambiamento e
l’incremento del lessico.
Per quanto riguarda il contributo dato dall’inglese all’italiano, si può
dire che il prestito linguistico sia stato soggetto di un’evoluzione: è
mutato col tempo soprattutto con la diffusione dei mezzi di
comunicazione di massa.
Il presente lavoro analizza l’apporto dei termini inglesi all’italiano
scritto di alcuni periodici femminili italiani e ne valuta la dimensione
lessicale, semantica e l’uso che tali anglicismi hanno assunto nel
linguaggio della stampa.
Nel primo capitolo si descrive il prestito linguistico come fenomeno di
contatto tra lingue e si definisce il calco elencando, inoltre, alcune tra
le più diffuse classificazioni tipologiche operate dagli studiosi che si
sono dedicati allo studio dell’interferenza e dei suoi derivati.
Oggi è l’inglese ad esercitare la maggiore influenza sulle altre lingue.
Essa è ormai diventata una lingua “internazionale” in ambito politico,
economico e tecnologico, quindi il secondo capitolo illustra
l’influenza anglo-americana sulla lingua italiana e, in particolare, il
fenomeno del falso anglismo.
Il terzo capitolo è dedicato a una breve analisi delle riviste femminili
in Italia, alla loro affermazione come genere editoriale e alla loro
evoluzione nel tempo. Si evidenziano le caratteristiche peculiari del
linguaggio giornalistico e si presenta il periodico come mezzo che
favorisce il moto innovativo di una lingua.
1
Il corpus delle voci schedate, che costituisce il quarto capitolo del
lavoro, riunisce le formazioni ritenute più significative ed interessanti
del linguaggio della stampa. È stata svolta una ricerca su un campione
di periodici femminili italiani cronologicamente limitato (da gennaio
2006 a aprile 2006):
Anna 11
Gioia 10
Donna Moderna 7
Vanity Fair 8
D-La Repubblica delle donne 14
Tabella 1: Indicazione dei giornali consultati e delle relative copie prese in esame.
Per ogni scheda si è cercato di fornire una definizione del lemma
basata su quelle fornite dai repertori lessicografici italiani e stranieri:
T. De mauro, Grande dizionario italiano dell'uso, 6 voll.,
Torino, UTET,1999.
G. Devoto, G. C. Oli, Il dizionario della lingua italiana,
Firenze, Le Monnier, 2004-2005.
Cambridge Advanced Learner's Dictionary, Cambridge,
Cambridge University Press, 2005.
The American Heritage Dictionary of the English Language,
Fourth Edition, Houghton Mifflin Company, 2000.
Merriam-Webster's Medical Dictionary, Merriam-Webster,
2002.
Terminano il lavoro le conclusioni finali e, in appendice, il glossario
delle voci esaminate corredato da un possible traducente italiano.
2
1. I prestiti linguistici
1.1 Il prestito: definizione
Il prestito è certamente il fenomeno più importante che riguarda
i contatti tra le lingue.
Quello dell’interferenza linguistica è un campo di ricerca che vede
impegnati numerosi linguisti che affrontano questo tema con propositi
diversi tra loro e fornendoci materia per un approfondimento in più
direzioni.
La storia delle comunità, i contatti avuti con genti che parlano altre
lingue hanno fatto sì che parole ed espressioni venissero scambiate,
date e prese in gran numero. Le parole che vengono da altre lingue,
dette comunemente prestiti, hanno viaggiato insieme alle cose, alle
scienze, e alle tecniche: prodotti naturali come il tè, le banane e il
cacao, prodotti culturali come il jazz, il tango o l’informatica.
Oltre alla componente latina, il lessico italiano si è arricchito,
infatti, nel corso dei secoli, di parole tratte da altre lingue con cui la
nostra è venuta in contatto per vicende politiche, economiche o
culturali. Le voci straniere entrate in una lingua vengono dette
comunemente forestierismi o stranierismi.
Secondo quanto asserisce Gusmani, a rigore dovremmo
chiamare prestito “qualsiasi fenomeno di interferenza, connesso cioè
col contatto e col reciproco influsso di lingue diverse, ove per lingue
si dovrebbero intendere non solo quelle letterarie, nazionali e cosi via,
ma anche quelle individuali, proprie di ciascun parlante. Infatti
3
l’arricchimento di una qualsiasi tradizione linguistica sotto l’influsso
di un’altra costituisce un caso di prestito
1
.”
Secondo lo storico della lingua Maurizio Dardano, “si ha
prestito quando la nostra lingua utilizza e finisce per assumere un
tratto linguistico che esisteva precedentemente in un’altra lingua e che
non aveva riscontro nella nostra
2
.”
Esistono vari tipi d’interferenza linguistica, che vanno dalle
forme più occasionali, come il cambio di codice linguistico (il
cosiddetto code–switching o commutazione di codice) ovvero il
passaggio da un codice a un altro all’interno della stessa situazione
comunicativa, o le citazioni di termini stranieri, denominate con
terminologia inglese casuals, dovute al prestigio di una determinata
lingua o ad una reale necessità di poter disporre di lessemi specifici,
che non trovano un adeguato corrispondente nella lingua replica, fino
alla più diffusa interferenza nei tratti soprasegmentali (i principali
sono: l’accento, l’intonazione e alcuni “effetti vocali” ovvero l’uso
della voce per ottenere effetti particolari) e alla pronuncia imperfetta
che caratterizza l’impiego di una lingua secondaria da parte di bilingui
imperfetti. Sono soprattutto i fenomeni riguardanti le diverse tipologie
di prestito e calco a produrre i maggiori cambiamenti nel sistema della
lingua replica
3
.
Quindi il prestito linguistico non è altro che l’imitazione da
parte di una lingua replica sia del significato sia del significante di un
lessema straniero, mentre il calco linguistico è l’imitazione della
1
R. Gusmani, Saggi sull’interferenza linguistica, Firenze, Le lettere, 1993, p. 9.
2
M. Dardano, Il lessico, p. 256 in id., Manualetto di linguistica italiana, Bologna, Zanichelli,
1996.
3
R. Gusmani, R. Lazzeroni (a cura di), Linguistica Storica, Roma, Carocci, 1987, p. 94.
4
forma interna di un termine alloglotto mediante materiale linguistico
indigeno.
Affinché si verifichi un prestito, al parlante che compie l’atto
d’interferenza è richiesto anche un modesto grado di bilinguismo,
mentre perché venga effettuato un calco è necessario possedere una
buona conoscenza della lingua modello per poter analizzare
l’articolazione interna del modello alloglotto. Nella scelta fra calco e
prestito un fattore condizionante è, senza dubbio, l’atteggiamento del
parlante verso l’ambiente collegato alla lingua modello: infatti, quanto
più questo gode di prestigio tanto più frequenti saranno i prestiti.
Per quanto riguarda il prestito si nota in ambito italiano una
sostanziale concordanza nella scelta del tipo terminologico, lo stesso
non si può dire per i calchi, che sono classificati dagli studiosi in
maniera diversa e con una differente terminologia, a causa della
maggiore complessità di questo fenomeno di interferenza.
Una prima distinzione nell’ambito dei prestiti lessicali avviene
differenziando i prestiti integrali, presi direttamente dalla lingua
straniera nella loro forma originaria, dai prestiti non integrali cioè
adattati alla fonologia e alla morfologia dell’italiano, a loro volta
suddivisi in prestiti parziali, in quanto dalla lingua straniera ricevono
soltanto il modello che poi riproducono con mezzi indigeni e prestiti
semantici; in altre parole termini indigeni per i quali l’influsso
alloglotto si manifesta con l’allargamento del significato di un lessema
già esistente.
All’interno della tipologia dei prestiti integrali, bisogna
distinguere, inoltre, i prestiti non adattati da quelli adattati, per mezzo
d’assimilazione fonetica, morfologica, semantica o grafica
4
.
4
I. Klajn, Influssi inglesi nella lingua italiana, Firenze, Olschki, 1972.
5
Attraverso il meccanismo del prestito si rende in lingua replica
un’unità significativa della lingua modello, che può essere un lessema,
ad esempio l’italiano snob mutuato dall’inglese, oppure un nesso
semanticamente unitario come fair play o una parola-frase, ad
esempio okay, d’origine inglese ma ormai stabilmente acquisita
dall’italiano, oppure, infine, un’intera perifrasi, come l’inglese last but
not least.
In base al genere di contatto tra lingua modello e lingua replica,
si distinguono tre tipologie di prestito:
a) diretto, se cioè deriva da contatti in aree mistilingui;
b) a distanza, quando avviene attraverso rapporti occasionali, al di
fuori d’eventuali aree di contatto;
c) mediato, quando una lingua, per ragioni geografiche o culturali,
funge da mediatrice tra la lingua modello e la lingua replica, come nel
caso del francese, che fino al secondo dopoguerra ha svolto
un’importante funzione mediatrice per l’introduzione degli anglicismi
in italiano
5
.
È facile, pensando al concetto di prestito fra due lingue, ritenere
che l'una ceda e l'altra prenda. In realtà la lingua da cui proviene il
prestito non cede, ma "offre" un modello e ciò significa che il prestito
non va considerato come un "passaggio di ‘materia' linguistica da una
tradizione all'altra"
6
ma come semplice imitazione del modello offerto.
Il modello straniero è "offerto" (e non ceduto) a chi lo imita e dunque
non c'è nessun tipo di atteggiamento passivo da parte di chi offre il
modello; non c'è passività neanche in chi lo imita. Bisogna dire,
5
Romano Lazzeroni (a cura di), Linguistica Storica, cit., p. 95.
6
R. Gusmani, Saggi sull’interferenza linguistica, cit., p. 18.
6
infatti, che, nel processo di assimilazione, la lingua indigena fa sentire
il proprio influsso sul prestito che va quindi visto come una
"manifestazione della ‘attività'’ di una lingua"
7
. Esso rappresenta una
risposta attiva della lingua alle sollecitazioni e agli influssi provenienti
da un'altra lingua.
Un'altra facile ma erronea conclusione è quella di considerare il
prestito come un corpo estraneo. Esso non lo è in nessun modo, poiché
«una volta entrato a far parte del patrimonio di una lingua, un prestito
non si differenzierà più dalle altre componenti dello stesso patrimonio:
esso rivelerà la sua origine solo allo storico della lingua, in grado di
percorrere a ritroso le vicende delle parole, ma sul piano sincronico
funzionerà come qualsiasi altro elemento presente da tempo
immemorabile nella stessa tradizione linguistica
8
.»
Il prestito subisce un processo di graduale adattamento
semantico e formale in quanto, come ci dice anche Gusmani, esso crea
un insieme di relazioni con la struttura linguistica in cui si colloca e
qui si ambienta, ovvero diventa parte integrante del patrimonio
lessicale del sistema linguistico in questione. Tale processo viene
chiamato acclimatamento la cui misura è data "non dagli aspetti
formali, bensì dall'uso che ne fa il parlante: quanto più egli si
familiarizza col neologismo, tanto più quest'ultimo risulterà
acclimatato". Esso, "che è un fatto che riguarda unicamente la sfera
lessicale" e che "può non comportare alcuna sensibile alterazione", va
distinto dalla cosiddetta integrazione che viene definita come
"l'influsso esercitato dalla lingua ricevente nello sforzo di adeguare il
termine di tradizione straniera alle sue strutture fonematiche,
7
Ivi, p. 15.
8
Ivi, p. 16.
7
morfologiche ecc."
9
. Nonostante la distinzione, questi due fenomeni
fanno parte, insieme, del processo di assimilazione, procedendo,
spesso, di pari passo.
Considerato che i rapporti tra le lingue non si sviluppano
necessariamente su di un piano di parità, bisognerà tener conto del
prestigio di una lingua e del popolo che la parla; infatti, quanto più un
termine straniero è "prestigioso" per il parlante, tanto più difficile e
ostacolata sarà la sua assimilazione. Se chi compie il prestito conosce
bene la lingua straniera, tenderà a ricorrere al calco o a riprodurre il
più fedelmente possibile il modello. Se invece a compiere il prestito è
un parlante che non conosce l'altra lingua, la pressione assimilatrice
delle strutture indigene sarà più forte.
È noto che più una lingua è mista e più è una lingua ricca e vitale.
Proprio Leopardi nello Zibaldone esorta ad accogliere gli
«europeismi» perché il bandirli ci isolerebbe dal mondo. L’italiano è
da secoli “misto”: lo hanno invaso, per sua fortuna e in diverse
epoche, gran quantità di parole arabe, germaniche, provenzali,
francesi, spagnole, inglesi e il fenomeno è tuttora produttivo.
9
Ivi, p. 25.
8
1.2 Il prestito di lusso e il prestito di necessità.
Nell’era della globalizzazione, la lingua italiana palesa sintomi
di crisi. In pubblicità, in politica, nel commercio ed in tanti altri
campi, vediamo usare molte parole straniere, entrate a far parte anche
dell’informazione mediatica e persino del parlato quotidiano, a
discapito della chiarezza e della comprensibilità.
Ma “che la lingua italiana prende da altre lingue le parole che le fanno
comodo, non è un male come affermavano i puristi (e come qualcuno
pensa ancora), ritenendo che il forestierismo contamini l’identità
dell’idioma nazionale”
10
. In fondo l’atteggiamento autarchico non si
oppone solo alla parola in sé, ma anche all’idea che accompagna il
termine.
L’uso corrente di parole straniere nella lingua italiana stimola
da tempo un dibattito tra coloro che sono a favore di una rigida difesa
dell’idioma e quelli che viceversa pensano che la lingua sia un corpo
vivo, che si modifica naturalmente con l’evolversi dei parlanti. Del
resto l’italiano di oggi non è quello di Dante; le vicende storiche
influenzano le lingue e basta dare uno sguardo ad un vocabolario della
lingua italiana per rendersi conto di come gli apporti stranieri non
siano pochi. Va però detto che, senza arrivare agli eccessi di un
purismo di stato, la nostra lingua deve essere tutelata evitando gli
inutili usi di parole straniere.
Considerando i prestiti da un punto di vista prettamente
linguistico, è opportuno distinguerli in “prestiti di necessità” e in
“prestiti di lusso”; questi ci forniscono una tipologia riguardante le
molteplici situazioni in cui una lingua ne influenza un’altra.
10
Gianni A. Papini, Parole e cose, Milano, CUSL, 2000, p. 30.
9
I prestiti si definiscono “di necessità” quando la parola viene
introdotta (in forma più o meno imitativa dell’originale)
contestualmente al nuovo referente e si acquisiscono
contemporaneamente significante e significato, perché quest’ultimo
non esiste nella lingua di ricezione. È il caso di molte parole arrivate
con la scoperta dell’America, quali patata, dall’haitiano, per il tramite
dello spagnolo; canoa; caffè dal turco e zero dall’arabo; più di recente,
juke-box dall’inglese e tutta la terminologia informatica (computer,
mouse, display, hardware, software, driver) dall’angloamericano.
Il prestito di necessità ha luogo quando insieme con la parola si
introduce l’oggetto. Pensiamo quando in Francia si diffuse l’uso dei
tram, apparsi per la prima volta in Inghilterra: i francesi acquisirono la
parola inglese che designava tale mezzo (tramway) in forma
abbreviata. Il termine ha radici scozzesi ed in origine significava
“strada fatta di rotaie”, ma in breve finì per indicare semplicemente la
vettura che corre sulle rotaie. Quindi, quando anche in Italia entrarono
in funzione le linee tranviarie, si adottò anche la relativa terminologia.
I prestiti che si definiscono “di lusso” a rigore sono superflui,
perché la lingua già ha in sé le risorse lessicali alternative al termine
esotico, ma assumono una connotazione stilistica – come nel caso di
parole brevi e fonoespressive accettate in particolar modo dal
linguaggio giornalistico, come ad esempio show, boom, click, rispetto
a “traduzioni” come ‘spettacolo’, ‘sviluppo (economico)’, ‘schiacciare
il puntatore’, che poi sarebbe il mouse (divenuto ormai prestito di
necessità) del pc - o di promozione sociale per la quale a volte si
preferiscono anglicismi quali gossip, storer, make-up rispetto a
pettegolezzo, negozio, trucco.
10
Spesso ciò si verifica per snobismo, desiderio di appartenenza,
esibizione: oggi non è più il cultismo letterario o la citazione latina o
dantesca, bensì il vocabolo tecnico-scientifico, in specie l’anglismo,
ad esser sentito come potenziale nobilitatore della lingua.
D’altra parte, il fatto che alcune parole rientrino tra i prestiti di lusso
non significa che siano del tutto superflue. Jesek fa notare che “la
presenza di un’opzione che, di fatto, favorisce l’impiego di un termine
(in questo caso di un anglismo) anziché di un altro più familiare o
comune, non è indifferente e conferisce alla parola in questione
specifiche marche stilistiche, pragmatiche e, più ampiamente,
culturali
11
.”
È utile sapere quali siano le lingue con cui l’italiano è stato
maggiormente in relazione. Troveremo, prime fra tutte le altre, le
lingue europee, nell’ordine: francese e provenzale, spagnolo, inglese.
Inoltre l’italiano nel suo passato è stato anche a contatto con lingue
ormai scomparse come il latino. Infatti, oltre alle voci di tradizione
diretta, moltissimi altri termini di origine latina sono stati introdotti
per via dotta, dal Medioevo a oggi, nel lessico italiano. Grazie al
grande prestigio culturale del latino (che del resto continuò per secoli
a essere usato come lingua della Chiesa, del diritto, delle scienze), il
lessico latino ha costituito – assieme al greco – un serbatoio prezioso
per l’italiano.
Attualmente gli anglicismi rappresentano un settore in continuo
sviluppo, infatti è soprattutto a partire dall’Ottocento che questi
forestierismi penetrano nell’italiano. Tale influsso si accresce nel
Novecento, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra quando
l’Italia è invasa da prodotti, da tecniche e da mode provenienti dagli
11
Elisabetta Jezek, L’inglese giovane, in Italiano e Oltre, VIII, 1993, p. 204.
11
Stati Uniti. Si dovrebbe perciò parlare più propriamente di anglo-
americano che è una varietà dell’inglese con proprie caratteristiche di
pronuncia e con alcune particolarità lessicali. Attualmente l’inglese ha
un ruolo di primo piano nel fornire vocaboli, espressioni,
nomenclature, comportamenti linguistici. Per dimostrare l’ampiezza e
la varietà di tale influsso basti pensare a quanto numerosi siano ormai
i prestiti non assimilati presenti attualmente nella nostra lingua.
Se volessimo salvare la regolarità formale della nostra lingua,
potremmo adottare alcune soluzioni. La prima è quella di domandarci
se quel prestito è veramente necessario o è invece superfluo, in quanto
in italiano esistono già termini che coprono quel significato, ad
esempio test può essere sostituito da ‘prova’, cult da ‘culto’, lifting da
‘rimodellamento’, high tech da ‘alta tecnologia’, e così via.
Un altro caso è quello in cui c’è un potenziale, un equivalente diretto
intercambiabile con il forestierismo, una sorta di sinonimo come in
week end (equivalente a ‘fine settimana’) o part time ( tempo parziale)
o videotape (videocassetta).
Le ultime soluzioni prevedono l'assimilazione del forestierismo
alla grammatica e alla fonologia della lingua ospitante e la coniazione
di nuovi termini. È così che abbiamo settare (da set), formattare (da
format) e supportare (da support).
Nello spoglio dei periodici
12
la quantità di prestiti di lusso è
stata notevole: locuzioni come fashion victim, take away, beauty
center, gossip sono facilmente traducibili e contribuiscono a generare
nei parlanti italiani incertezze sia di significato che di pronuncia e
grafia.
12
Cfr. capitolo 4.
12
Klajn sosteneva che “la maggioranza dei prestiti antichi veniva
adattata appena entrata nella lingua ricevente, mentre quelli moderni
non mostrano nemmeno la tendenza a modificarsi”
13
. La prima parte
dell’affermazione è storicamente condivisibile: si pensi ad una parola
d’uso quotidiano come ‘bistecca’, che ha subito un’assimilazione
tanto profonda da celare ai più la forma originaria inglese da cui
deriva, ovvero beefsteak composto di beef (manzo) e steak (fetta); ma
anche ‘sport’, ‘tunnel’, ‘film’ mostrano un forte grado di
assimilazione, che si manifesta attraverso l’adattamento fonetico e la
perdita del plurale. Per quanto riguarda la seconda parte
dell’asserzione, invece, occorre tenere conto di quanto siano mutate le
consuetudini sociali e culturali nello scenario internazionale. La
sempre più intensa circolazione e diffusione di informazioni ha
prodotto un’attenzione più consapevole e un rispetto maggiore per le
altre espressioni linguistiche, rendendo più lungo e laborioso il
processo di assimilazione.
13
I. Klajn, Influssi inglesi, cit., p. 43.
13
1.3 Il prestito camuffato.
La frontiera tra prestito camuffato e calco semantico è
oltremodo incerta. Il prestito camuffato è dato dall’acquisizione da
parte di un elemento preesistente in lingua replica di un’unità
semantica che in precedenza era esclusiva del modello ispiratore con il
quale si richiama esclusivamente per una marcata corrispondenza
formale.
Gusmani afferma che in questo fenomeno di interferenza linguistica,
un parlante impiega un lessema già esistente al quale viene però
attribuito un nuovo valore, proprio di un termine straniero simile
formalmente sulla base di “un rapporto unicamente esteriore, che
prescinde totalmente dall’eventuale esistenza di tratti semantici in
comune”
14
. Ad esempio il termine italiano suggestione ha acquisito il
significato di suggerimento dall’inglese suggestion.
Generalmente per individuare la tipologia del prestito camuffato
si considerano la discontinuità tra il significato originario del termine
indigeno preesistente e quello del neologismo, l’appartenenza del
termine a circuiti comunicativi tecnici ossia alle cosidette “lingue
speciali”; infine la simultanea adozione della voce sotto forma di
prestito non adattato e la prova che “al momento in cui si è verificata
l’interferenza col sistema straniero, il parlante non ha stabilito alcuna
relazione diretta col termine preesistente”
15
.
Va segnalato come le lingue che presentano il maggior numero
di prestiti camuffati sono quelle che hanno in comune un’eredità
lessicale: idiomi appartenenti alla stessa famiglia, ad esempio il
14
R. Gusmani, Saggi sull’interferenza linguistica, cit., p. 124.
15
Ivi, p. 127.
14
francese e l’italiano o il tedesco e l’inglese, ma anche lingue che, in
conseguenza di rapporti culturali, hanno uniformato vari settori del
loro lessico, spesso d’origine latina, come accade tra italiano e inglese.
Un esempio specifico di prestito camuffato è il termine casuale
adottato in italiano per richiamare ad un tipo di abbigliamento
semplice e a prima vista trascurato; la parola è creata sul modello
angloamericano casual e la sua replica in italiano si considera, dal
punto di vista tipologico, come un prestito camuffato. A
dimostrazione di ciò abbiamo una semantica innovativa che rimanda
immediatamente al modello ispiratore, la sua mutuazione per mezzo
del canale comunicativo tecnico del lessico della moda e la presenza
del prestito fedele casual. È da notare anche che oggi il termine sta
espandendo il suo uso e il suo significato, infatti si utilizza questa
voce per denotare un tipo di comportamento informale e in parte
anticonformista.
Raffaella Bombi individua “una classe di voci definibili prestiti
camuffati esclusivamente in virtù del nuovo significato mutuato dalla
forma alloglotta ispiratrice, in mancanza quindi sia del prestito
integrale sia di un canale specialistico di trasmissione.
16
” Essi sono dei
cosiddetti casi–limite come la parola introdurre, che ormai da tempo è
usato in certe sfere espressive con il valore di “presentare” per
influsso del termine inglese (to) introduce.
16
Cfr. R. Bombi, La linguistica del contatto. Tipologie d'anglicismi nell'italiano contemporaneo e
riflessi metalinguistici, Il Calamo, Roma, 2005.
15