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Premessa
Con questo elaborato si propone l’analisi dell’istituto della prelazione, in
particolar modo quello della prelazione ereditaria e del retratto ex art. 732 c.c.
in funzione della comunione di fonte ereditaria.
Si è voluto porre l’attenzione sull’istituto della prelazione con
l’obiettivo di conferirgli il protagonismo di cui, anche un istituto giuridico
avente un’origine storica ben poco recente, è meritevole. Sebbene la
disciplina delle fattispecie legali sia oggetto di norme positive, questa risente
degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che hanno dato luogo ad
interessanti ma talvolta insolubili divergenze applicative. Ciò ha reso la
prelazione un istituto quantomai attuale sul piano pratico, capace, fra l’altro,
di coinvolgere una moltitudine di soggetti e di tutelarne gli interessi.
Con l’intento di inquadrare al meglio il tema posto ad oggetto di
questo lavoro, si anticipa che per ogni capitolo verrà offerta un’introduzione
storica di quanto sarà trattato al fine di mettere in evidenza il fondamento e
il funzionamento degli istituti in esame.
Nel primo capitolo si fornirà un quadro generale in ordine alla genesi della
prelazione; si riscontrerà, dunque, che questa affonda le sue radici nel diritto
romano e che, talvolta, la sua operatività è stata ricondotta agli strumenti
tributari di cui Roma si serviva per mantenere la produttività dei fondi.
Si fornirà la nozione di prelazione e si tratterà non solo della struttura
prelatizia di fonte legale ma anche di quella convenzionale al fine di operare
un confronto fra le due ipotesi. Si osserverà che la figura che rileva
nell’ambito della prelazione di fonte negoziale è il patto di prelazione, i cui
elementi costitutivi hanno originato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale
(anche e specialmente riguardo alla trascrivibilità dell’accordo) che, come si
vedrà, stenta tutt’oggi a placarsi.
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Si mostrerà poi che anche la prelazione di fonte legale non ha avuto una
evoluzione lineare: sebbene l’età medievale, infatti, abbia dato modo ad alcuni
istituti consuetudinari dell’età romana di consolidarsi (la prelazione ex iure
sanguinis ed ex contiguitatis loci), con l’avvento del periodo liberale, prelazione e
retratto hanno subito lo scetticismo tipico del clima rivoluzionario che si è
manifestato avverso tali istituti, che sono stati annoverati fra quelli limitativi
della circolazione dei beni e delle ricchezze. Tuttavia, come si spiegherà
nell’elaborato, il mutato assetto economico e la rinnovata politica legislativa
del ‘900 hanno contribuito alla nascita di nuove prospettive di osservazione
nei confronti della prelazione e del retratto ed hanno condotto, non solo
all’introduzione della prelazione ereditaria nel codice civile del 1942, ma
anche alla produzione di leggi speciali in tema di prelazione agraria, urbana,
dello Stato sui beni culturali, di cui singolarmente verranno esaminati i tratti
salienti.
Nel secondo capitolo ci si soffermerà sul fenomeno prettamente
comunitario. L’analisi storica verterà principalmente sulle due impostazioni
facenti riferimento all’assetto comunitario che videro la luce in epoca romana
e che si legano inscindibilmente al concetto di proprietà: una concezione
individualista e una collettivistica del fenomeno. Per la prima prevale la
voluntas del singolo, per la seconda, originata dalle riforme giustinianee,
prevale l’utilità collettiva. Da qui le odierne discussioni in merito alla natura
stessa del fenomeno comunitario, laddove per la prima impostazione, la
proprietà è concepita come proprietà per parti giacché risulterebbe
impossibile, stando alla tradizione romanistica classica, essere titolari dello
stesso diritto sull’eadem res; per la seconda, invece, nella comunione ereditaria
sarebbe rinvenibile un’unica situazione giuridica imputabile a più soggetti o
addirittura un’oggettività distinta dai partecipanti. Si profitterà del dibattito
ora esposto per restituire al lettore un quadro che possa definire il concetto
di quota alla luce del mutato concetto proprietario: verrà, infatti, proposta
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una definizione di quota in cui coabitano sia la qualifica di entità astratta, sia
quella di bene autonomo e suscettibile di essere negoziato nel rispetto delle
pars degli altri partecipanti.
Tuttavia, si rileverà il permanere di alcuni dubbi in riferimento all’atto
dispositivo di quota ereditaria, in particolare l’atto di alienazione poiché, se
da un alto la giurisprudenza ha fugato ogni incertezza rispetto alla posizione
del cessionario di quota nella comunione ordinaria (egli ha diritto di
partecipare alla divisione), nella comunione di fonte ereditaria si ritiene
ancora che non abbia luogo un immediato trasferimento perché, pur potendo
la quota essere ceduta ad un terzo, questo non subentrerebbe nella
comunione come erede ed ai sensi dell’art. 713 egli non può chiedere la
divisione ereditaria.
La disamina relativa all’atto dispositivo condurrà all’analisi della
comunione ereditaria e in particolare alla constatazione che essa si manifesta
come una species del genus comunione dei diritti, alla quale saranno applicabili
le norme in tema di comunione in generale ove esse siano compatibili (il
rinvio esplicito è operato dall’art. 1100 c.c., sebbene alcune disposizioni come
quella che sancisce la presunzione di uguaglianza fra quote si rivela
espressamente incompatibile).
Si preciserà che, a differenza della disciplina applicabile alla
comunione ordinaria, nella comunione ereditaria l’alienazione di quota
soggiace al dettato di cui all’art. 732 c.c. Si tratterà, infatti, del fenomeno
prelatizio, in costanza di comunione ereditaria (essa costituisce il presupposto
per l’applicazione dell’art. 732 c.c.), dei soggetti (i coeredi e, come si dirà, in
generale i soggetti che succedono nella posizione del coerede originario) cui
è attribuito il diritto di prelazione e delle formalità a cui essi debbono attenersi
al fine di rispettare il diritto previsto dalla norma. Si farà cenno alle recenti
pronunce giurisprudenziali in merito alla rinuncia preventiva al diritto di
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prelazione, che, come si vedrà, può intervenire anche prima della ricezione
della denuntiatio da parte del coerede poiché il diritto si acquista
contestualmente alla qualità di erede.
Inoltre, si metterà in evidenza, oltre alla nozione di terzo estraneo alla
vicenda successoria in riferimento alla prelazione, anche la posizione
dell’erede del coerede deceduto in costanza di comunione, cercando di
dimostrare che esso, nonostante la presenza di tesi che negano la possibilità
di un suo ingresso in comunione ereditaria, possa diventare un compartecipe
alla fattispecie ereditaria, alla stregua di un successore per rappresentazione o
designato in sostituzione. A chiusura del secondo capitolo, si cercherà, di far
risaltare la finalità sociale e solidaristica dell’art. 732 c.c., il quale mira alla
protezione dei diritti dei singoli compartecipanti alla comunione attraverso
una più ampia e incisiva tutela dell’intero gruppo dei comunisti.
Il terzo capitolo avrà ad oggetto la prima parte della norma che guiderà
l’intero lavoro: l’art. 732. Verrà esaminato, oltre alla ratio del diritto di
prelazione ereditaria, che si estrinseca nella volontà di escludere terzi
dall’ambito ereditario, anche il percorso storico che ha condotto
all’introduzione della norma nel codice. Sarà, inoltre, discusso l’elemento
fondamentale della prelazione ereditaria: la denuntiatio. Si cercherà di fornire
un quadro che contenga elementi utili al fine di comprendere la sua natura,
la sua struttura e il suo ruolo al fine dell’esercizio del diritto. Si ricostruiranno
i filoni dottrinali che hanno ricondotto l’atto denunciativo, da un lato ad atto
partecipativo di un negozio giuridico con funzione notificativa del percorso
contrattuale instaurato dal coerede alienante con terzi, dall’altro a proposta;
si darà maggiore credito a quest’ultima soluzione, con la conseguenza che
quando si verrà ad esaminare l’atto di esercizio della prelazione, questo verrà
individuato nell’accettazione.
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Inoltre si darà atto della prevalenza della prelazione ereditaria sulle
altre fattispecie legali previste: in particolare si opererà un raffronto con la
prelazione agraria, evidenziando che sussistono orientamenti
giurisprudenziali che prevedono il concorso fra le due fattispecie. A
conclusione del terzo capitolo si farà cenno oltre al particolare caso della
divisione fatta dal testatore in cui la prelazione ereditaria non opera, anche ai
rapporti fra prelazione e collazione, in particolare si darà atto delle due teorie,
una negativa che nega che il diritto a collazione sia trasmissibile mediante
l’alienazione di quota, anche laddove questa sia alienata al coerede prelatizio,
l’altra che ammette la sua trasmissibilità. Si vedrà che sorgono dubbi riguardo
la teoria positiva laddove i soggetti tenuti a collazione siano eredi del coerede
originario ma non suoi discendenti.
Nel quarto capitolo si affronterà l’istituto del retratto successorio a
partire dalla storia dell’istituto che deve la sua origine al retrait francese. Si
prenderà in esame la questione della sua natura giuridica rilevando che esso
è pacificamente configurato come diritto potestativo. Nondimeno, ci si
soffermerà sulla sua qualificazione: talvolta il retratto è dipinto come
sanzione per la mancata denuntiatio, talaltra come strumento che rafforza ed
integra il diritto di prelazione. Inoltre, si metterà in luce il suo attributo
principale, la realità, che consente a colui che lo esercita, il coerede retraente,
di riacquisire il bene alienato a terzi in violazione del suo diritto di prelazione.
Ci si soffermerà sulle modalità con cui il retratto viene esercitato,
generalmente in via stragiudiziale con una dichiarazione unilaterale del
retraente, fermo restando che, come si dirà, non è esclusa la via giudiziale.
Si avrà modo di esaminare un caso particolare in cui il retratto è stato
dichiarato esperibile dalla Suprema corte anche laddove la notificazione della
proposta sia stata tempestiva e sia intervenuta accettazione.