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Capitolo I
1.Panorama economico a Prato:
la crisi del distretto tessile
E‟ soprattutto a partire dagli anni ‟70 che avviene la piena affermazione
del distretto pratese
1
. Lo sviluppo del fenomeno moda e la rivoluzione dei
costumi di quegli anni porterà al distretto tessile una domanda costante e
frammentata che lo indurrà ad un forte orientamento al mercato (market
oriented), che contribuirà al riorientamento della propria identità
competitiva. Non solo più “La città degli stracci” come era definita proprio
perché all‟origine del suo successo c‟era il recupero dei ritagli per
realizzare tessuti, ma un distretto che produce un ventaglio sempre più
ampio di prodotti (come filati pettinati, jersey, pelliccette, spalmati, floccati)
per rispondere a richieste di un servizio sempre più complesse. Da questo
momento in poi la validità della filiera industriale pratese si afferma come
una tecnica di successo e di continua innovazione ed è uno dei motori
principali dello straordinario successo della moda italiana di questi anni.
Dopo una lieve crisi a metà degli anni ‟80 dovuta agli ingenti investimenti
degli anni precedenti, il distretto decide di procedere in tre direzioni:
ispessimento delle funzioni terziarie(cioè incremento di settore dei servizi
alle imprese), riposizionamento verso produzioni a maggior valore
aggiunto e differenziazione dell‟offerta. Agli albori degli anni 2000 il tessile
continua ad essere centrale nell‟economia pratese, nel 2001 si contano
50.333 addetti al settore tessile e all‟abbigliamento, l‟area pratese è assai
1
Nel XIII secolo a Prato già si producevano tessuti che grazie allo sviluppo del commercio nel secolo successivo si diffusero in
tutta Europa, e con i tessuti anche il nome della città cominciò ad essere familiare oltre i confini. Il primo lanificio pratese risale
al 1700, mentre la tecnica tradizionale pratese si sviluppa soprattutto nel 1800. La tecnica di produzione pratese è unica e ha un
valore storico e ambientale molto forte, perché permette di rilevare tessuti da ritagli di sartoria, maglie e indumenti usati,
riducendo al minimo lo spreco, avendo costi contenuti e attraverso il riciclo dei materiali di scarto. La produzione di questo
tessuto chiamato “rigenerato”(perché realizzato appunto dalla rigenerazione di altri tessuti) mostra come fin dagli albori
dell‟industria tessile pratese dominasse una forte pragmaticità e lungimiranza e proprio il rigenerato o cardato è stato(ed è) il
prodotto pratese per eccellenza.
Il dopoguerra è il periodo del boom economico, le aziende e il fatturato del sistema industriale crescono a ritmo vertiginoso e la
città raggiunge un benessere mai visto prima. In questo periodo si afferma il modello di produzione del distretto fondato sulla
divisione del lavoro tra piccole imprese, in cui emergono due figure centrali di questo sistema: l‟impresa terzista orientata alla
produzione e l‟impresa finale orientata alla progettazione del prodotto, alla connessioni produttive e la commercializzazione. A
Prato il prodotto finale principale sono il tessuto e i filati, che erano quindi frutto di una filiera frazionata in tante piccole fasi e
composta da migliaia di piccole aziende artigiane che collaborano in maniera complementare garantendo qualità, velocità e
sviluppo. Questo modello distrettuale è innovativo ed efficiente e assolutamente in linea con il nuovo profilo dei mercati
postbellici e corrisponde perfettamente alle sue esigenze. Prato vive il suo momento di gloria soprattutto dagli anni ‟70 in poi.
(Franco Cardini, Storia di Prato dalle origini a Chinatown, Pacini Editore, 2004, pp.124-132).
7
vitale dal punto di vista competitivo, il terziario è in aumento con
significative esperienze di diversificazione dell‟offerta produttiva.
La fine del millennio registra la fine dell‟ “età dell‟oro” del distretto pratese.
Visualizziamo la profondità della crisi del sistema industriale pratese che
nasce nel 2001 e raggiunge il suo culmine ai giorni nostri
2
. Terremo conto
di queste variabili: ridimensionamento del sistema imprenditoriale,
fatturato in calo, situazione occupazionale, valore aggiunto, export.
Sistema imprenditoriale
Dal 2001 ad oggi il numero delle aziende a Prato ha continuato a
diminuire. I dati parlano chiaro: in 7 anni, dal 2001 al 2009 la città ha perso
2.500 aziende
3
. Si è passati da 4.862 aziende nel 2001 a 3.362 nel 2008
(nel grafico mancano i dati relativi al 2009, a fine anno si registrano 2.360
aziende).
2
Una crisi economica durissima ha colpito tutti i distretti industriali manifatturieri italiani. La globalizzazione dei mercati ha
messo i distretti sotto l‟attacco della concorrenza dei Paesi in via di sviluppo con cui è quasi impossibile competere. La Cina è in
prima linea in questo “massacro” dell‟industrie manifatturiere. In che modo? La Cina a Prato rappresenta una «doppia sfida
concorrenziale», come la definisce Daniela Toccafondi nel suo saggio “Il distretto industriale pratese e la comunità
cinese”(Pacini Editore, 2008), perché le aziende storiche pratesi hanno risentito non solo dell‟apertura delle frontiere dei
mercati alle merci realizzate in Cina con differenziali di costi di produzione a loro favore, ma anche perché oggi devono
convivere con una comunità cinese in loco molto aggressiva, che ha realizzato un‟ economia vincente distaccata da quella
locale e ha creato un business tutto orientale che non porta alcuna ricchezza alla città che gli ospita e in più alimenta un
mercato illegale da cifre inimmaginabili. Tutto il mondo si chiede come questo sia possibile. Cercheremo di entrare dopo nel
particolare e vedere come il distretto “sommerso”, “parallelo”, “illegale” o come dir si voglia si caratterizza in questa città
toscana. (Daniela Toccafondi, “Il distretto industriale pratese e la comunità cinese”, Pacini Editore, 2008, pp.81-100).
3
Dati rielaborati dall‟Unione Industriale Pratese su dati rilevati da Istat e Infocamere.
8
Lo schema illustra come le aziende pratesi attive nell‟industria e
nell‟artigianato, abbiano subito un calo vertiginoso. Questo aspetto ha
avuto enormi conseguenze nella profittabilità e produttività, i quali valori
sono in forte deficit. I dati ISTAT ci mostrano che la produttività ha un
trand discendente ed è passata da 43.438 migliaia di Euro nel 2001 a
39.965 nel 2006. Le conseguenze principali di questo aspetto sono la
compressione della domanda e l‟inevitabile aumento del costo del lavoro
per unità di prodotto, aspetti che rendono le imprese poco competitive di
fronte alla concorrenza internazionale che ha costi bassissimi di
produzione.
Fatturato
Per capire l‟incremento dell‟attività economica di una città si deve
considerare il valore aggiunto, cioè la differenza tra il valore dei beni e
servizi prodotti e il valore dei beni e servizi acquistati per essere impiegati
nel processo produttivo. Nel caso del valore aggiunto prodotto
dall‟industria pratese, questo valore ci dà l‟idea dell‟incremento di valore
nell‟ambito della produzione e distribuzione dei beni e servizi nella città di
Prato. Prima viene rilevato il valore aggiunto per abitante, cioè il valore
aggiunto diviso per la popolazione residente e viene fatta una
comparazione di questo valore tra tutte le province italiane: nel 2001 Prato
occupava la 14°posizione su 107 province, ma in 5 anni ha perso
ventiquattro posizioni e si è attestata il 38°posto
4
. Prato è l‟unica provincia
italiana nella quale il valore aggiunto per abitante è diminuito, quindi è la
provincia italiana in assoluto che ha perfomato peggio dal 2001 al 2006.
Considerando il valore aggiunto prodotto dall‟industria pratese(in senso
stretto) comparato con le provincie di tutta Italia, risulta che tra il 2001 e il
2006 quello pratese è stato il peggiore a livello nazionale: la 107°
provincia su 107, con una perdita di 446 migliaia di Euro(da 2.133 migliaia
di Euro nel 2001 a 1.687 nel 2006).
Vediamo l‟andamento del fatturato.
4
Dati rielaborati dall‟Unione Industriale Pratese su dati rilevati da Istat e Infocamere.
9
Dallo schema si deduce chiaramente che il fatturato dal 2001 al 2009 ha
subito un calo relativo a -25 punti e la produzione ha registrato un valore
di -22 punti. Come si può vedere è in particolar modo dal 2008 che
produzione e fatturato hanno avuto una brusca impennata verso il basso,
toccando vertici di negatività molto forti. Considerando i dati relativi al
commercio della banca dati COEWEB-ISTAT si possono rilevare i dati
relativi all‟andamento delle esportazioni tessili, perché è l‟altro aspetto da
tenere in considerazione per capire l‟andamento economico della città. In
numeri il fatturato è passato da 5,3 miliardi di Euro a 2,5 dal 2001 a fine
2009, in pratica si è quasi dimezzato.
Anche l‟export tessile ha una dinamica crescente fino al 2001, ma dal
2002 il livello delle esportazioni inizia una fase discendente: in media dal
2001 al 2007 le esportazioni tessili si sono ridotte del 6,5% all’anno.
L‟aspetto che riguarda i valori dell‟export non è l‟unico aspetto che mette
in crisi il settore del commercio estero tessile pratese. Perché quello che
preoccupa è un altro secondo aspetto gravissimo: la caduta dei prezzi
all‟esportazione. I prezzi medi delle esportazioni (calcolati dividendo il
valore complessivo delle esportazioni tessili per il numero dei chili dei
tessuti esportati) diminuiscono senza interruzione, realizzando un tasso di
crescita medio annuo dal 2001 al 2007 di -5,5 punti di valore a prezzi
10
correnti(partendo dal 2001 con valore simbolico 100), decisamente sotto
la media dei prezzi del mercato nazionale.
Occupazione
La situazione occupazionale è in una condizione di accentuata gravità.
Nel periodo tra il 2001 e il 2007 il numero dei dipendenti si riduce da
20.158 a 13.397 nelle aziende industriali e da 5.007 a 3.086 nelle aziende
artigiane, passando da un totale di 25.165 a 16.483: un saldo negativo
totale di 8.682 posti di lavoro in 6 anni, corrispondente a un terzo
dell’occupazione dipendente
5
. Nel 2008 la crisi subisce
un‟accelerazione e secondo le statistiche ISTAT sulle Forze di lavoro il
numero dei disoccupati nelle imprese industriali a Prato nel 2008 è
aumentato del 30% rispetto all‟anno precedente. Gli ultimi dati forniti
dall‟INPS nel marzo del 2009 ci dice che il numero dei dipendenti nel
settore tessile diminuisce ulteriormente: si parla di 2.801 nelle imprese
artigiane e 11.528 nelle imprese industriali per un totale di 14.329
dipendenti. Purtroppo questi dati sono destinati ad aumentare ancora
perché nel corso del 2009 sono stati più di 15.000 i cittadini interessati
al problema occupazionale (2.770 in cassa integrazione ordinaria, 5.000
in cassa integrazione straordinaria, 3.800 in mobilità, più 4.000
disoccupati), che rappresentano il 15 % dell‟intera popolazione attiva
della città.
Si può in sintesi dire che in 6 anni Prato abbia perso il 45%
dell’occupazione tessile
6
; più di un terzo dell‟occupazione residua è
sostenuta da ammortizzatori sociali (come vedevamo prima) e che una
parte elevata di addetti sta passando da cassaintegrato a licenziato. Ogni
mese 250 persone perdono il lavoro e 100 che, avendolo perso in
precedenza, perdono il sostegno al reddito e la possibilità di trovare un
posto di lavoro perché essendo usciti dalle liste di mobilità subiscono la
precedenza di chi invece vi permane ancora.
5
Dati rielaborati dall‟Unione Industriale Pratese su dati rilevati da Istat e Infocamere.
6
Non è stato possibile trovare fonti che potessero indicarci, all‟interno di questo dato, la lettura di genere della disoccupazione
all‟interno della città di Prato.
11
Si sta parlando di una città i cui dati economici indicano una situazione di
forte criticità. Le possibilità imprenditoriali si stringono a Prato come il collo
di un imbuto. Il distretto tessile è fortemente provato da una crisi globale
che ha avuto inizio nel 2001 a livello mondiale poco prima dell‟attentato
alle Twin Towers
7
, ma che si è acuita a Prato a partire dal 2008
determinando un forte peggioramento illustrato in questo grafico
considerando alcuni indicatori congiunturali dell‟industria manifatturiera
(fatturato, ordini interni, ordini esterni, export, addetti, utilizzo impianti.)
Dal 2001 il volto del tessile-abbigliamento è cambiato bruscamente a
livello globale per ragioni sia congiunturali che strutturali. Dal punto di vista
congiunturale l‟inizio del nuovo millennio segna una fase molto lunga di
stagnazione della domanda e la brusca caduta del dollaro rispetto all‟euro
che ha bloccato i mercati più dinamici e ha fornito ai competitors non
Europei dei mezzi in più per insabbiare i produttori italiani. Dal punto di
vista strutturale hanno determinato una situazione critica del mercato
europeo: il ruolo sempre più forte delle reti di distribuzione e dei marchi
nello spostare a valle i processi di creazione di valore e aumentare il loro
raggio d‟azione a livello internazionale, integrazione dell‟economie
emergenti con crescenti capacità manifatturiere e costi di produzione
vantaggiosi, delocalizzazione della produzione per contenere i costi e
ricerca di manodopera vicina a luoghi di produzione a basso costo.
7
Giulio Sapelli, La crisi economica mondiale. Dieci Considerazioni, Bollati Boringhieri, 2010, pp. 48-54.
12
Di tutti questi aspetti ha risentito l‟industria tessile pratese che ha subito un
forte dimensionamento delle performance economiche a cui era abituata
nei decenni precedenti. In sintesi: dal 2001 al 2009 la lunga crisi del
tessile ha spazzato via 2.500 aziende, 14.000 addetti hanno perso il
lavoro, 2,5 miliardi di fatturato sono andati perduti e l‟export ha perso più
di 1 miliardo. Se effettivamente questi dati presentano una criticità
straordinaria non è questo l‟unico aspetto per cui si parla di Prato come un
caso unico.
I due volti della crisi economica pratese
La crisi del distretto tessile, le cui dimensioni abbiamo appena inquadrato,
è dovuta alla globalizzazione dei mercati e gli aspetti che li caratterizzano,
che abbiamo appena visionato. In particolar modo l‟ingresso della Cina nel
World Trade Organization ha rappresentato una concorrenza fortissima
per i mercati Europei. I costi gestionali delle aziende locali sono alzati a
dismisura, i prezzi degli export diminuiti, i fatturati in calo e la bilancia
economica ha finito per pendere dalla parte del mercato cinese che
registra fatturati da capogiro e ha costi gestionali bassi.
Il sistema produttivo è cambiato, così come le esigenze del mercato, che
richiede sempre di più un capo finito. Prato non è stato in grado di
rispondere a questa nuova richiesta, perché il distretto storico non
produceva prodotti finiti
8
.
I lavoratori cinesi che si sono stanziati a Prato dalla fine degli anni ‟80,
lavoravano principalmente per gli industriali pratesi, che avevano bisogno
di manodopera per l‟enorme richiesta di lavoro, successivamente, come
imprenditori, hanno creato un business gigantesco. I cinesi producono
capi finiti e fanno ciò che i pratesi non hanno mai fatto. Hanno “allungato
la filiera a valle”, come si dice nel gergo tessile, cioè sono andati incontro
a ciò che il mercato richiedeva realizzando capi finiti, dedicandosi anima e
8
La produzione tessile era diventata eccellente, ma si producevano tessuti e filati per conto d‟imprese di confezione che
cucivano prodotti pronti ad essere inseriti nell‟abbigliamento. La filiera vincente che ha rappresentato il successo storico della
città e stato un po‟ come il cappio che la città si è messa al collo, perché non è stata pronta a rispondere in maniera immediata
ad un mercato che stava cambiando e in cui i concorrenti diventavano sempre più spietati e aggressivi. (Su questo argomento è
interessante il lavoro svolto da Franco Cardini, Storia di Prato dalle origini a Chinatown, Pacini Editore, 2004).
13
corpo (è il caso di dire) al settore dell‟abbigliamento. Sono stati
lungimiranti e hanno saputo inserirsi in un settore che a Prato era stato
lasciato al caso e che gli storici industriali, difendendo a spada tratta la
filiera storica e la produzione tradizionale, avevano snobbato un po‟.
Vediamo nello schema il numero delle aziende cinesi presenti sul territorio
pratese e come questo dato sia cresciuto dal 1996 al 2007.
Ad oggi si contano a Prato 4.500 aziende con titolare orientale di cui
3.850 dedite al settore abbigliamento (il 72% del numero totale delle
imprese cinesi). Come si può vedere nello schema dal 2005 ad oggi
si registra un aumento del 64%.
La presenza cinese a Prato ha dimensioni uniche in tutta Italia,
rappresentano il 15% della popolazione pratese
9
. Si contano 18.000 cinesi
regolari, che devono essere sommati ai 30-40.000 clandestini: è la più
grande comunità cinese in Europa seguita dalla città di Parigi. La
situazione non ha uguali, non solo dal punto di vista quantitativo, ma ha un
carattere del tutto peculiare dal punto di vista qualitativo.
L‟impatto che la comunità cinese ha avuto sulla città è stato elevato,
perché hanno realizzato un‟economia illegale parallela a quella locale
9
Prato supera tutte le altre provincie italiane con il 15% di presenza cinese sul territorio. Nelle altre provincie abbiamo una
presenza straniera media sul territorio pari al 5% della popolazione locale. Anche le due regioni italiane che contano il maggior
numero di stranieri, il Veneto e la Lombardia, registrano il 7,3% e il 7,6%. ( Unione Industriale Pratese, dati aggiornati
Settembre 2010).
14
senza valutare alcuna possibilità d‟integrazione. Hanno conquistato il
settore dell‟abbigliamento e hanno realizzato un‟integrazione di tipo
verticale acquisendo servizi di confezione, di fornitura, di consulenza, di
supporto informatico utili per il funzionamento del loro distretto e di
servizio alla loro comunità, ignorando le leggi vigenti sul territorio.
Questo secondo schema ci mostra in maniera chiara qual è l‟andamento
di crescita delle imprese dei cittadini stranieri sul territorio pratese
confrontato con l‟andamento della media provinciale
10
. Si può osservare
che i tassi di crescita sono molto alti e hanno toccato livelli molto elevati
dal 2004 al 2006, con un lieve calo nel 2008, ma comunque di gran lunga
superiori alla media provinciale. Se noi consideriamo altri dati di
INFOCAMERE(2009) rielaborati anch‟essi da C.C.I.A.A. di Prato
osserviamo che l‟incidenza delle imprese cinese sul totale delle imprese a
conduzione straniera a Prato è molto forte: si parte dal 2002 con il 5,3% di
imprese cinesi e il 4,2% di imprese di altre nazionalità per arrivare ad oggi
al 12,5% di imprese cinesi contro l‟8% di imprese di altre nazionalità: una
maggioranza delle imprese a conduzione cinese rispetto alle altre
imprese condotte da cittadini stranieri di altre nazionalità
11
.
10
Questi dati comprendono tutte le imprese condotte dai cittadini stranieri quindi non solo di nazionalità cinese.
11
Tra il 1994 e il 1997 si è assistito a Prato ad una crescita delle ditte individuali nel settore tessile con titolare di nazionalità
cinese. Dalla fine degli anni ‟90 si è stabilizzato il numero delle imprese tessili e cresceva il numero delle attività in altri settori
come: ristoranti, servizi amministrativi, agenzie immobiliari, servizi d‟informatica, Internet point, agenzie di viaggio, parrucchieri,
forniture d‟abbigliamento e alimentari. Dall‟inizio del 2000 al 2005 abbiamo un aumento del 56% dei grossisti, con molte
imprese che importano direttamente dall‟estero e infine lo sviluppo del settore cinese per eccellenza: il pronto moda. Nel 2001 a
Prato si contavano soltanto 50 imprese di questo tipo ad oggi sono 530 i pronto moda di proprietà cinese. In termini di struttura
legale l‟88,3% delle imprese cinesi sono ditte individuali. La forma strutturale che ha registrato dal 2006 un livello di crescita del
22% è la società di capitale. Si tratta della forma societaria preferita perché è a responsabilità limitata e limita la possibilità di
confisca o ipoteca degli immobili. Inoltre c‟è un altro dato: l‟investimento medio in Italia per una società di capitale è 65.000
15
Il dato più importante è vedere come le imprese a conduzione straniera
abbiano condotto una crescita pressoché lineare e di forte intensità,
mentre le imprese provinciali abbiano registrato valori d‟intensità
bassissimi alla soglia quasi 0 e con un andamento decrescente.
La città si trova a dover fronteggiare una doppia crisi, la crisi economica
globale che ha messo in ginocchio il distretto storico pratese che si
somma all‟ondata orientale che ha realizzato un distretto parallelo fondato
sull‟illegalità che ha modificato il volto della città, ha inclinato la sua
immagine agli occhi del mondo, registra un fatturato alle stelle e minaccia
concretamente la produzione Made in Italy. Da un lato abbiamo la storica
ditta pratese che deve fronteggiare una crisi economica durissima, ha
costi di gestione altissimi e per rimanere in vita taglia sui costi dei
dipendenti, ha come obiettivo riposizionare il proprio prodotto talvolta
allargando gli orizzonti verso i mercati di tutto il mondo, è alla costante
ricerca della strategia d‟impresa necessaria per rilanciare i propri affari e
riacquisire quote di mercato. Dall‟altro lato il Laoban cinese che gestisce
un pronto moda, si avvale di tessuti comprati dalla Cina a prezzi
bassissimi, fa cucire in capi a manodopera clandestina nel centro della
città, dispone dei capi finiti in meno di 48 ore e li vende con etichetta Made
in Italy a compratori e ambulanti di tutta Europa. Tutto ciò rigorosamente
senza registro o fatturazione.
Le istituzioni sono impegnate a gestire queste due crisi, fortemente
connesse tra di loro, nell‟ottica di riuscire a sanare il distretto tessile,
gestire il rilancio economico delle imprese tessili ancora in vita e auspicare
alla reindustrializzazione della zona pratese; ed anche combattere
l‟illegalità cinese e realizzare un progetto d‟integrazione del distretto
cinese nell‟economia locale.
euro, per una società di capitale cinese è nettamente più basso ed è circa 19.000 euro. Se apparentemente il passaggio alla
società di capitale è positivo, perché è una forma societaria più stabile, nella realtà il turnover continuo delle imprese cinesi ci fa
capire che ci sono chiare debolezze nella struttura del settore (Rapporto sull‟imprenditoria straniera in Provincia di Prato,D.
Caserta,A. Marsden, 2003 in Graeme Johanson, Russel Smyth, Rebecca French(a cura di), Oltre ogni muro. I cinesi di Prato,
Pisa, Pacini Editore 2010, pp.10-20).
16
2.Il “Caso Prato”agli occhi del mondo
Queste peculiarità hanno fatto di Prato un caso unico al punto
che giornalisti provenienti da tutto il mondo vanno a Prato per cercare di
capire le dinamiche che hanno portato alla situazione attuale.
Gli aspetti su cui la stampa nazionale e internazionale si concentra sono
essenzialmente tre: la città come esempio di un fiorente distretto
industriale che sta vivendo una crisi che ha caratteristiche di unicità,
incidenza dell‟irregolarità cinese a Prato sull‟attacco alla qualità del Made
In Italy, il margine possibile d‟infiltrazione della criminalità organizzata
cinese.
Il New York Times ha iniziato ad interessarsi alla piccola realtà pratese nel
2005. L‟inviato a Milano, Robert Galbraith pubblica un articolo dal titolo
«District system facing challenge»
12
riferendosi alla crisi che i distretti
italiani stavano fronteggiando. E scrive all‟interno dell‟articolo: «Prato,
Europe‟s largest industrial district, near Florence, had more than 6,000
textile companies in 1995. By last year nearly a third of them had
disappeared.(…) The Chinese is the biggest threat for Italian districts and
the textile and clothing companies at Prato and Carpi are the most at risk
in Italy»
13
. Il giornalista Americano scriveva cinque anni fa e mostra di
aver analizzato da vicino quelli elementi che hanno portato alla situazione
attuale. Prato viene citata come uno dei distretti europei più fiorenti, che
ha subito l‟ingresso della Cina come concorrente nei mercati europei, al
punto che il suo distretto tessile ne ha risentito particolarmente.
In tempi più recenti anche il Financial Times scrive di Prato come “vittima
della globalizzazione”; in questi termini: «Proud of its centuries-old history
in textile but with its industry in decline, Prato sees itself as a victim of
open borders and globalisation gone wild»
14
. Anche in questo caso si
12
«Il sistema dei distretti di fronte ad una sfida» (New York Times, 22 Febbraio 2005, Robert Galbraith).
13
«Prato, il più grande distretto industriale europeo, vicino a Firenze, aveva più di 6.000 industrie tessili nel 1995. Negli ultimi
anni più di un terzo sono scomparse(…). I cinesi sono la più grande minaccia per i distretti italiani e le industrie tessili e
dell‟abbigliamento di Prato e Carpi sono quelle più a rischio in Italia» (New York Times, 22 Febbraio 2005, Robert Galbraith).
14
«Orgogliosa della sua storia secolare nell‟industria tessile ormai in grave declino, Prato vede se stessa come una vittima
dell‟apertura delle frontiere e della globalizzazione selvaggia» (Financial Times, 9 febbraio 2010, Guy Dinmore).
17
accenna alla grandezza che Prato ha rappresentato per l‟industria tessile,
per arrivare alla situazione di crisi odierna; da un passato glorioso
costellato di vittorie imprenditoriali al presente leso e compromesso dalla
globalizzazione dei mercati. Il giornalista del Financial Times, nello stesso
articolo, accenna alla massiva presenza cinese in questa “piccola città
medievale”, come la definiscono i giornali esteri. Traduco direttamente: «A
Prato gli immigrati hanno creato la più grande comunità cinese d‟ Europa
e non solo hanno realizzato il più grande business in mano a una
comunità straniera in Italia». In questo elemento troviamo l‟unicum
pratese, quella caratteristica che lo rende un caso unico al mondo e quindi
meritevole di così tanta attenzione. Non è solo uno dei distretti italiani
che ha vissuto le conseguenze di un globalizzazione mondiale, ma è
anche la città in cui la più grande comunità cinese d’Europa ha
potuto sviluppare un nuovo distretto manifatturiero, che esiste
parallelamente allo storico distretto tessile oggi in grave crisi, senza
aver mai accennato alla volontà di integrarsi con questo
15
.
In Italia sono soprattutto due i giornalisti che hanno seguito da vicino la
vicenda di Prato: Silvia Pieraccini per Il Sole 24 Ore
16
, Dario Di Vico per Il
Corriere della Sera. L‟articolo che abbiamo considerato è stato scritto da
Di Vico, uscito su Style, la rivista del quotidiano, nel Maggio 2010.
Attraverso le parole del giornalista possiamo avere un elemento in più di
analisi. Di Vico in questo articolo da titolo «Quei cinesi politicamente
scorretti», fa un discorso in generale sui rapporti economici tra il nostro
paese e la Cina
17
. Parlando di una possibile integrazione tra comunità
cinesi in Italia e autorità locali che appare ancora molto lontana, cita il
caso toscano, unico nel suo genere, per poter conferire (lui stesso
dichiara) più pragmaticità al discorso: «A Prato non solo c‟è stata una
15
La doppia crisi di Prato è così descritta dai newspaper americani, che si interrogano tutt‟ora sulle possibili cause di una
situazione così straordinariamente critica.
16
La giornalista Silvia Pieraccini è nata e cresciuta a Prato. Scrive per il quotidiano nazionale Il Sole 24 Ore e nel 2008 ha
pubblicato il libro Assedio Cinese, uscito in versione aggiornata a Giugno del 2010.
17
Il giornalista Dario Di Vico (Il Corriere della Sera) in questo articolo porta in rassegna l‟aggressività del modello produttivo
cinese e come questo abbia sbaragliato le piccole imprese e l‟artigianato in molti settori con una concorrenza sleale e
aggressiva.