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e, con riguardo alla definizione delle metodologie punitive, ha
sviluppato compiutamente un istituto – quello del carcere – destinato a
segnare con un tratto peculiare sia la propria giurisdizione che quella
degli stati laici. Verranno così esaminati la funzione del carcere nel
sistema inquisitoriale; la sua collocazione nel diritto penale canonico
ed il suo rapporto con le altre penitenze ecclesiastiche; il problema
sollevato dal ricorso alla violenza in materia di dissenso religioso ed il
legame che si instaura a tal proposito tra Chiesa e Stato; l’unicità e
l’originalità della soluzione adottata dall’Inquisizione nell’uso del
carcere rispetto al diritto penale laico della stessa epoca; il passaggio
di questa prassi al diritto penale degli stati moderni e l’assunzione del
carcere, a partire dal XVIII secolo, a modello stesso della penalità
laica; il riconoscimento da parte di sociologi e criminologi
contemporanei del carcere – pena come metodo ereditato dalla Chiesa.
Scopo di questa introduzione è, in primo luogo, quello di fornire al
lettore una rappresentazione complessiva delle differenti aree
tematiche sviluppate nella nostra ricerca.
È stato innanzi tutto specificato con esattezza il nostro campo
d’indagine, che riguarderà precisamente l’Inquisizione Romana.
Questo ha reso necessaria un’ulteriore duplice contestualizzazione: da
un lato, in relazione ad un’esperienza giuridica storicamente anteriore
(l’Inquisizione Medioevale); dall’altro lato, in relazione ad
un’esperienza sostanzialmente contemporanea (l’Inquisizione
Spagnola), che ha tuttavia costituito qualcosa di diverso, non solo dal
punto di vista delle condizioni ambientali ma anche, e principalmente,
negli aspetti sostanziali.
Una seconda area tematica, poi, ha illustrato lo speciale rapporto che
si era venuto a determinare tra lo Stato della Chiesa e le diverse entità
5
statuali che componevano la penisola italiana. Sono stati qui presi in
considerazione e sviluppati due temi fondamentali: l’uso della
violenza come strumento di controllo politico – sociale, ed il
particolare legame che a questo riguardo si era instaurato tra diritto
penale canonico e diritto penale laico (legame specialmente
rappresentato dalla prassi della “consegna al braccio secolare”); e
l’installazione dei tribunali inquisitoriali nei territori soggetti alle
autorità secolari, mostrando, in particolare, come la storia delle
inquisizioni locali sia stata soprattutto la storia di come quelle autorità
abbiano tentato di limitare e controllare l’opera di quei tribunali.
La nostra riflessione ha messo quindi in evidenza gli aspetti
procedurali dell’Inquisizione Romana, la cui conoscenza abbiamo
giudicata essenziale alla comprensione dello svolgimento storico
dell’istituto carcerario. In particolare, sono stati indicati gli obiettivi di
quell’istituzione giudiziaria, la sua organizzazione ed il suo
funzionamento, al fine di valutare, tra l’altro, come tale struttura abbia
seguìto il divenire della realtà circostante, come vi si sia adattata e con
quali risultati.
Proprio nella considerazione del sistema procedurale emerge il tema
fondamentale della nostra ricerca. L’esperienza inquisitoriale, infatti,
introduce nel diritto penale canonico la pratica della carcerazione:
dapprima con una generica funzione di custodia preventiva;
successivamente come pena accessoria alle tradizionali penitenze
ecclesiastiche; ed infine come pena vera e propria, divenendo un
aspetto irrinunciabile ed un tratto distintivo della procedura stessa.
All’analisi della particolare utilizzazione del carcere da parte delle
autorità inquisitoriali, segue una più generale ricostruzione storica
dell’istituto: la sua origine nel sistema penitenziale canonico, il
6
graduale perfezionamento nel suo impiego, il suo definitivo
consolidarsi come carcere – pena, il suo passaggio al diritto penale
laico. Con riferimento a quest’ultimo profilo, in particolare, viene
significativamente osservato come l’evoluzione che l’uso del carcere
da parte dell’Inquisizione Romana ha determinato nella destinazione
finale di quella struttura (da carcere – custodia a carcere – pena), ed il
definitivo consolidarsi dell’imprigionamento come pena, non abbiano
esaurito la loro portata innovatrice in quella speciale istituzione
ecclesiastica, ma abbiano invece trovato un riconoscimento solenne
nel diritto penale laico di età moderna. A partire, infatti, dalla fine del
XVI secolo l’istituto carcerario fa la sua comparsa nei sistemi
penitenziari secolari; mentre i due secoli successivi segneranno il
prevalere del carcere su qualunque altro mezzo di punizione ed il suo
assurgere a modello stesso della penalità degli stati moderni.
In questa prospettiva, l’ultima parte della nostra ricerca (La
”sociologia” del carcere), lungi dal costituire un allontanamento dal
tema fondamentale da noi stabilito, è un approfondimento dell’istituto
carcerario da uno speciale punto di vista, ed una singolare conferma
della storia del carcere e delle sue diverse fasi così come da noi
illustrata. Le opere sociologiche che abbiamo preso in considerazione,
infatti, riconoscono come dato pacifico l’avvenuta assunzione del
carcere a modello stesso della penalità nei moderni sistemi
sanzionatori (e di questo modello intendono indagare le implicazioni
problematiche e le aree di crisi, con particolare riguardo alle nozioni
di criminalità e controllo sociale). Ancor più significativamente,
tuttavia, queste opere riconoscono apertamente il ruolo svolto dalla
Chiesa e, specialmente, dall’Inquisizione nella determinazione di
quest’impiego sistematico del carcere; ed attestano esplicitamente
7
l’origine di tale forma di penalità come un carattere tipico
dell’apparato sanzionatorio ecclesiastico, poi mutuato nel diritto laico.
Queste considerazioni introduttive intendono portare alla conoscenza
del lettore due ulteriori profili: il criterio logico che ha costituito il
fondamento della selezione del materiale bibliografico; ed una
sintetica individuazione della direzione interpretativa attraverso la
quale abbiamo dimostrato la nostra tesi.
In relazione agli scritti consultati per la stesura del nostro lavoro, le
fonti a cui ci siamo richiamati per l’analisi dello svolgimento storico
dell’istituto carcerario nell’esperienza dell’Inquisizione Romana, sono
state individuate in maniera tale da riunire un materiale di diverso
genere (fondamentalmente, storico e sociologico) e testimoniare così
della complessità del tema trattato e dell’impossibilità di una sua
reductio ad unum; e proprio allo scopo di ben evidenziare l’approccio
interdisciplinare della nostra ricerca, sono state individuate e
sviluppate differenti aree tematiche.
Con riferimento, poi, allo svolgimento della linea ermeneutica da noi
fatta propria, l’analisi del materiale bibliografico, in considerazione
della sua eterogeneità, ha consentito di condurre il nostro lavoro,
inizialmente, sul piano della ricerca prettamente storica: e si è trattato,
in particolare, della storia dell’Inquisizione Romana (intesa come
storia della sua istituzione e codificazione), e dell’istituto carcerario. È
stata quindi messa in evidenza la singolare contaminazione che ha
finito per coinvolgere potere laico e potere ecclesiastico in un
reciproco scambio di cognizioni: per questa via, il ricorso all’azione
violenta come strumento di controllo sociale e di conservazione del
potere, che trova la sua prima compiuta manifestazione nelle politiche
repressive degli stati laici, passa al diritto penale della Chiesa, laddove
8
viene depurato dei suoi aspetti più aggressivi e reso più funzionale alle
esigenze ecclesiastiche. Il risultato di quest’opera di “decantazione”,
ovvero la definizione di un metodo di internamento a scopo punitivo,
ritornerà poi al diritto penale laico: è in questo ambito giuridico che il
carcere – pena troverà la sua più compiuta realizzazione e diventerà il
simbolo stesso della penalità degli stati moderni.
Deve tuttavia osservarsi come nella ricostruzione storica da noi
elaborata vi sia una naturale componente di discrezionalità, almeno
per ciò che concerne l’individuazione delle diverse aree tematiche e la
successiva definizione di un particolare risultato concettuale. In questa
prospettiva, allora, risulta del tutto evidente che la nostra dissertazione
non intende avere una validità assoluta: con essa tentiamo unicamente
di illustrare le ragioni ed i caratteri del profondo rivolgimento della
logica punitiva ecclesiastica (il passaggio dal carcere – custodia al
carcere – pena), ed il significativo rilievo che questa nuova
concezione ha avuto nel determinare la politica penale degli stati
moderni.
Una considerazione generale delle pagine che seguono, poi, evidenzia
come un tema fondamentale della nostra ricerca sia la presenza della
Chiesa cattolica e della sua autonoma organizzazione giudiziaria –
l’Inquisizione appunto – nell’età della Riforma luterana, allorquando
la struttura ecclesiastica si trovò ad affrontare il venir meno dell’unità
religiosa europea; l’autorità cattolica, in particolare, riuscì a
conservare, rafforzandolo decisamente, il proprio dominio sul
variegato tessuto politico – sociale della penisola italiana.
Per questa via, si era così venuta determinando una singolare
solidarietà di potere tra religione e politica: le autorità dominanti
secolari consideravano le manifestazioni ereticali come pericolose
9
forme di sedizione, meritevoli dunque del massimo rigore punitivo in
quanto giudicate come il più grave dei delitti politici. Lo Stato della
Chiesa era in tal modo riuscito ad imporre una speciale forma di
giurisdizione extraterritoriale, ma soltanto negli stati italiani, laddove i
tribunali inquisitoriali esercitarono di fatto un autentico potere, sia
pure con rilevanti limiti operativi.
Proprio la considerazione del legame instauratosi tra lo Stato
pontificio e i diversi poteri politici che componevano la penisola
italiana costituisce, nella nostra ricerca, un aspetto essenziale alla
comprensione dei caratteri strutturali dell’Inquisizione Romana. La
presenza giuridica della Chiesa cattolica nell’età moderna ha
rappresentato un fenomeno estremamente vario e complesso, tale da
rendere arbitraria qualunque semplificazione concettuale; e l’apparato
giudiziario, procedurale (il metodo inquisitorio) e punitivo (il carcere
– pena), da essa elaborato, in particolare, è stato determinante nella
definizione del sistema penalistico di diritto laico.
Accanto alla considerazione per la singolare alleanza che si era
determinata tra gli stati italiani e la Chiesa per la repressione delle
manifestazioni ereticali, deve osservarsi, più in generale, come già
dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel vuoto venutosi a
creare dalla scomparsa dell’ordinamento statale, la Chiesa si era
dimostrata un’efficace organizzazione giuridica; e grazie, in
particolare, alla sua diffusa struttura parrocchiale era così riuscita ad
imporsi in breve tempo sull’intera società civile.
Questa preminenza dell’autorità ecclesiastica era specialmente
evidente sul piano giuridico: la società religiosa, infatti, fondava il
proprio ordinamento su un diritto compiutamente definito, non
derivato, ed assolutamente autonomo rispetto a quello dello Stato in
10
quanto ritenuto derivante direttamente dalla volontà di Dio. A questo
riguardo è significativo osservare come l’elaborazione di un autentico
diritto penale canonico, ritenuto essenziale per la difesa della società
religiosa, era avvenuta in considerazione di particolari situazioni che
avrebbero potuto minacciare il sistema di potere ecclesiastico: tra
queste, in particolare, le manifestazioni ereticali, che potevano
lacerare l’unità religiosa, e le invadenze delle autorità secolari. Proprio
la Riforma del XVI secolo aveva impegnato la Chiesa ed il suo
metodo penale nella difesa dell’ortodossia cattolica contro quelle
minacce che , da allora in poi, avrebbero segnato la sua esistenza: la
protesta religiosa, la nascita dello Stato moderno, la secolarizzazione
dell’ordine sociale e culturale.
Già a partire dall’Alto Medioevo, dunque, il diritto canonico aveva
costituito un inevitabile modello di riferimento per l’ordinamento
giuridico della società civile; quel diritto, in particolare, oltre ad essere
caratterizzato da un notevole livello qualitativo, costituiva uno
straordinario mezzo di controllo della convivenza sociale.
L’Inquisizione Romana era una speciale istituzione ecclesiastica,
ideata per operare su tutta la cristianità ma di fatto limitata al solo
territorio italiano. Si trattava di un tribunale che per tutta la sua
esistenza aveva impiegato, in maniera sistematica, tecniche
procedurali e punitive rispondenti ad un rigoroso metodo di
coercizione, per salvaguardare adeguatamente la purezza della fede
cattolica dagli attacchi portati dalla Riforma luterana.
Al di là dei suoi particolari caratteri strutturali, tuttavia,
l’organizzazione inquisitoriale ha storicamente determinato, nel
sistema di potere ecclesiastico, il passaggio dalle forme medioevali di
governo a quelle moderne ed assolutistiche legate alla centrale figura
11
del papa. L’istituzione dell’Inquisizione Romana, in particolare, ha
impresso al potere papale un deciso orientamento monarchico, in virtù
del quale i differenti poteri giurisdizionali esistenti nella penisola
italiana sono stati ricompresi in un complesso disegno egemonico.
Il riferimento al luteranesimo come obiettivo fondamentale della
reazione inquisitoriale, poi, deve in realtà essere considerato soltanto
come l’orientamento generale di quell’azione repressiva: il tribunale
del Sant’Uffizio, infatti, ha modificato continuamente i propri ordini
operativi nel corso della sua esistenza, parallelamente al mutare della
natura delle devianze ereticali.
La speciale considerazione che abbiamo dedicato all’evoluzione
subita dall’istituto carcerario nell’esperienza storica dell’Inquisizione
Romana, ed alla sua decisiva influenza nell’elaborazione del moderno
sistema penitenziario di diritto laico, intende mettere in evidenza come
la storia dell’imprigionamento penale non abbia avuto uno
svolgimento completamente autonomo e lineare: la definizione del
carcere come misura autenticamente punitiva, al contrario, deve essere
correttamente inquadrata in un più ampio disegno di ricostruzione
storica che illustri la complessità e la diversa provenienza degli
elementi che hanno in concreto determinato quella destinazione finale.
In questa prospettiva, allora, se è indubbio che la pena carceraria abbia
costituito la forma dominante di penalità degli stati moderni, in quanto
ritenuta del tutto adeguata alle loro esigenze di controllo sociale, si
tratta ora di osservare come questo consolidamento sia stato possibile.
La nostra ricerca mira così ad evidenziare quegli elementi di fatto
(l’origine e l’organizzazione dell’internamento carcerario, i suoi
destinatari, le fattispecie criminali per cui era previsto) e di diritto
(l’istituzione e la codificazione dell’Inquisizione Romana, il passaggio
12
dell’istituto carcerario dal diritto penale canonico a quello laico) che
hanno costituito i fondamenti storici dell’istituzione penitenziaria.
La privazione della libertà personale e l’assoggettamento del
prigioniero ad un rigoroso sistema disciplinare sono divenuti i
caratteri essenziali della moderna penalità; in essi si ritrovano tuttavia,
significativamente, gli stessi elementi che hanno segnato lo
svolgimento storico del carcere: per questa via, la moderna detenzione
punitiva costituisce un efficace metodo di prevenzione, speciale e
generale, e di emenda del reo esattamente allo stesso modo di quanto
avveniva nel sistema penitenziario inquisitoriale, laddove, per la prima
volta, le pene restrittive della libertà personale erano state
generalmente ritenute le più idonee a soddisfare le istanze repressive e
preventive della società, più di quanto non avessero fatto le pene
corporali e quelle pecuniarie.
13
I. L’Inquisizione Romana
Una precisazione doverosa
Compito primario, nel nostro tentativo di adeguata e corretta
comprensione della pratica del carcere nell’esperienza
dell’Inquisizione Romana, è un’opera di esatta delimitazione e
fissazione del campo d’indagine.
Un primo avvio alla conoscenza di quell’esperienza passa
necessariamente attraverso un’opportuna e puntuale restrizione del
nostro oggetto storiografico, allo scopo di eliminare ogni possibile
elemento di ambiguità. Quando si parla di Chiesa, infatti, si deve tener
conto della diversità di tempi e di modi in cui si manifestò
storicamente il suo metodo repressivo e persecutorio
1
, di cui il carcere
fu la manifestazione più significativa.
Vogliamo appunto per questo procedere in una ben individuata
direzione, ed ivi mantenere una posizione netta, consapevoli che una
scelta tanto rigorosa ci consentirà di percepire immediatamente e
senza disturbi la tipicità dell’Inquisizione Romana, i tratti essenziali
della sua organizzazione e del suo funzionamento, la peculiarità e
l’originalità del suo apparato sanzionatorio: una cognizione migliore e
più approfondita che ci restituisca la cifra autentica e inconfondibile di
quell’esperienza giuridica.
1
J. Tedeschi, Il giudice e l’eretico, Vita e Pensiero, Milano, 1997, osserva significativamente a
questo proposito (p. 29): “Lungi dal costituire una realtà statica e omogenea, l’Inquisizione
conobbe nella sua lunga storia rimaneggiamenti e sviluppi nell’organizzazione, nelle procedure e
nelle concezioni giuridiche, e le due fasi principali di tale storia – quella medievale e quella
moderna – non possono essere considerate il riflesso di una suddivisione meramente cronologica”.
14
La storia che abbiamo assunto ad oggetto di studio, dunque, è quella
dell’Inquisizione Romana e del suo carcere: un’organizzazione
giudiziaria storicamente individuabile secondo coordinate di spazio e
di tempo ormai pacificamente riconosciute.
Ma termini e concetti storiografici, come quelli di cui ci apprestiamo a
fare uso nella nostra ricerca, costituiscono semplicemente delle
formule convenzionali che sintetizzano tempi e strutture di una certa
epoca o di un certo fenomeno storico.
Il ricorso a queste formule, allora, è utile soltanto se e nella misura in
cui consente di scoprire qualcosa di nuovo, di proporre interpretazioni
inedite di quell’epoca o di quel fenomeno storico. E così, una storia
dell’istituzione dell’Inquisizione Romana e del suo carcere fatta
soltanto di date, luoghi, nomi ed altri formalismi, risulterà
inevitabilmente incompleta ed inappagante; una rappresentazione di
nessun interesse storico e perciò inidonea a cogliere il volto autentico
dell’epoca o del fenomeno studiati.
Gravemente falsante sarebbe infatti quella prospettiva che si limitasse
a considerare il 1517 (affissione delle tesi luterane alla porta del
castello di Wittenberg) come scoppio di una riforma religiosa che in
realtà stava maturando da due secoli nella nuova riflessione
antropocentrica europea; o il 1542 (creazione dell’Inquisizione
Romana) come la fondazione di un sistema che in realtà stava
operando già da tre secoli.
Occorre allora, e questo è il compito primario che qui ci proponiamo
di svolgere, indagare più da vicino l’insieme delle forze storiche,
materiali e spirituali, che hanno determinato le scelte giuridiche
dell’Inquisizione Romana, ed influito sulla determinazione della sua
strategia carceraria.
15
Questa necessaria e preliminare contestualizzazione nel tempo e nello
spazio dell’Inquisizione Romana si realizza, in modo compiuto e
significativo, prendendo e precisando le distanze con due esperienze
storiche che furono, rispettivamente, anteriore e coeva rispetto a
quella: l’Inquisizione Medioevale e l’Inquisizione Spagnola.
L’analisi di questi due sistemi inquisitoriali ci consente, infatti, da un
lato e con riguardo all’Inquisizione Medioevale, di rilevare come
l’Inquisizione Romana, malgrado non abbia rappresentato nel diritto
penale canonico un metodo davvero originale, abbia tuttavia costituito
un considerevole salto di qualità rispetto al suo antecedente storico. E,
dall’altro lato e con riguardo all’Inquisizione Spagnola, questo
confronto ci consente di rilevare come due istituzioni, quella Spagnola
appunto e quella Romana, malgrado abbiano avuto origine dallo stesso
ambito e nella stessa epoca, abbiano ciò nonostante seguìto vie
diametralmente opposte in vista del perseguimento di obiettivi
assolutamente diversi.
L’azione di fissazione di limiti allo spazio del nostro campo di
osservazione acquista, così, il senso di un’operazione logica
indispensabile per la conoscenza dei tratti più caratteristici
dell’Inquisizione Romana (come l’uso del carcere), altrimenti non
facilmente accessibili.
L’osservazione delle inquisizioni Medioevale e Spagnola come due
momenti bensì autonomi e valutabili separatamente ma sempre in
stretto rapporto con l’Inquisizione Romana, ci restituisce l’immagine
autentica di quest’ultima come organizzazione articolatissima e
generalmente diffusa.
16
I.1 L’Inquisizione Medioevale
L’esatta cognizione dell’esperienza inquisitoriale medioevale ed il
rilievo del suo carattere originario rispetto all’Inquisizione Romana,
lungi dall’essere soltanto un’arida sequela di date e nomi, tanto
esaustiva quanto infruttuosa, debbono invece essere inscritti in un
disegno di più ampio respiro ove intende osservarsi, in particolare, la
temperie sociale, politica e culturale di quel periodo storico, e la parte
che in essa ha svolto la Chiesa.
L’ordinamento della società medioevale era stato interamente ideato e
realizzato sul presupposto della fede cattolica.” Lo sviluppo morale ed
intellettuale del mondo cristiano nel Medioevo era stato
principalmente teologico”
2
.
L’ideale religioso della cristianità permeava di sé tutte le
manifestazioni del pensiero umano; non solo il complesso dei rapporti
che regolavano la vita tra gli individui, ma anche tutto ciò che
costituiva la vita interiore delle persone erano ordinati e ricondotti in
un disegno unitario ove l’obbedienza e la soggezione costituivano i
tratti fondamentali.
La stretta simbiosi che venne così a determinarsi tra la Chiesa ed il
sistema di vita degli uomini del Medioevo, portò coerentemente
all’invenzione, logica, di un nemico comune: l’eretico. Chi attentava
alla fede e si opponeva risolutamente ai precetti fondamentali della
Chiesa, insidiava pericolosamente le basi stesse della società. Da ciò
derivava la necessità di apprestare, in vista della difesa dell’ordine
2
C. Della Veneria, L’Inquisizione Medioevale ed il processo inquisitorio, Fratelli Bocca Editori,
Milano, 1939, p. 185.
17
sociale costituito, un’adeguata reazione alla estrema pericolosità
rappresentata da quegli atteggiamenti mentali che rifiutavano di
conformarsi alle dottrine e ai dogmi affermati dalla Chiesa in materia
di fede.
Tanto più energica fu questa reazione quanto più quelle opinioni
eterodosse, dal piano della disputa teologica, raggiunsero il livello di
una contrapposizione frontale alla gerarchia, al potere e
all’organizzazione della Chiesa, “che erano base e garanzia dell’intera
società”
3
.
L’elaborazione di strategie difensive da parte dell’organizzazione
ecclesiastica si è storicamente conformata alla gravità e alla
pericolosità degli attacchi ad essa portati. In questo modo, di fronte
alle manifestazioni iniziali di dissenso religioso, la Chiesa, fedele al
dettame evangelico che ripudiava qualunque punizione che avesse
comportato effusione di sangue, mostrò nei confronti degli eretici il
volto dell’indulgenza e della persuasione al fine di riportare nei
confini della societas christiana coloro che se ne erano
avventatamente allontanati. L’eliminazione del dissenso passò così
attraverso le sole armi spirituali della predicazione e della confessione,
manifestando un generale atteggiamento di moderazione e carità, ed
avversando decisamente qualunque punizione corporale.
All’inizio del XIII secolo, tuttavia, i profondi rivolgimenti dell’ordine
politico europeo venutisi a determinare con la caduta dell’Impero
Romano d’Occidente
4
, resero di vitale importanza procedere ad un
riordinamento del sistema istituzionale dei paesi cristiani.
3
C. Della Veneria, L’Inquisizione Medioevale, cit., p. 186.