4 
 
INTRODUZIONE 
 
In questo lavoro si presenta uno studio empirico di tipo cross country 
sull’indice di sviluppo umano e sulla povertà, per esaminare se tra queste due 
variabili esiste una relazione. Prima di entrare nel modello, nella parte iniziale 
del lavoro, si tratterà del tema della povertà, analizzando alcuni aspetti della 
globalizzazione che in un certo modo influiscono su di essa nei paesi in via di 
sviluppo. Dapprima si studiano le varie definizioni di povertà: povertà 
assoluta; relativa; che cos’è il poverty gap. Noteremo che a seconda della 
misura della povertà che si sceglie di utilizzare, potremmo avere delle diverse 
percezioni relativamente alla sua riduzione. In secondo luogo passeremo ad 
analizzare gli effetti dei fenomeni principali che caratterizzano la 
globalizzazione: migrazione, l’apertura commerciale, la liberalizzazione dei 
movimenti di capitali ed altri aspetti ad essi collegati; per studiare se e come 
influiscono sulla povertà.  
Nella parte centrale del lavoro, si esporrà il modello, che mette in relazione 
l’HDI (human development index) con la povertà ed altre variabili che 
incidono su di esso. In prima battuta, vedremo che cos’è l’indice di sviluppo 
umano, da cosa è composto, perché si è deciso di utilizzarlo, il metodo di 
calcolo e analizzeremo l’indice di povertà. In seguito ci soffermeremo sulla 
raccolta dei dati, per passare poi ad una rassegna delle altre variabili inserite 
nel modello. Dopo aver spiegato tutte le variabili, si proporrà un modello 
economico composto da un sistema di equazioni. Infine si testerà 
econometricamente il modello teorico e si analizzeranno i risultati ottenuti. 
Nella parte finale, si faranno le opportune considerazioni e conclusioni.
5 
 
CAPITOLO I 
 
Effetti  dei tre pilastri della globalizzazione sulla povertà:  flussi migratori; 
integrazione commerciale; flussi di capitali. 
 
1.1 Lo stato attuale della sottonutrizione nel mondo 
 
"Nel 2009 circa un miliardo di persone ha sofferto la fame. Questa 
drammatica realtà, aggravata ulteriormente dalla crisi economica e finanziaria, 
non può lasciare indifferenti. E' tempo di un rinnovato impegno da parte della 
comunità internazionale, specie dei paesi più ricchi, per sconfiggere la povertà 
e per porre le basi di uno sviluppo sostenibile e diffuso… lo scopo è 
sconfiggere la fame nel mondo e affermare ovunque i principi universali del 
diritto alla vita, alla dignità, a una condizione ambientale vivibile e a un 
modello di sviluppo che abbia a cuore l'elevamento della condizione umana"
1
. 
Esordisce così il Presidente Giorgio Napolitano all’avvio del vertice mondiale 
FAO  sulla sicurezza alimentare del 16 - 18 Novembre 2009 tenutosi a Roma. 
La povertà deve essere combattuta, perché è la causa principale della fame nel 
mondo. Stando alle stime del rapporto FAO pubblicato a metà ottobre 2009, le 
persone malnutrite sono quelle che vivono in situazioni di povertà estrema e a 
tal riguardo oggi ci sono ben 1,02 miliardi di persone nel mondo che vivono in 
condizioni di denutrizione
2
 e secondo i dati, la stragrande maggioranza degli 
affamati vive nei paesi in via di sviluppo: nella zona Asia e Pacifico la stima è 
                                                 
1
 Clavoni C., 16, 11, 2009, “Vertice Fao, la delusione delle Ong, Solo parole, servono 44 miliardi", 
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/esteri/fao-vertice/16nov/16nov.html 
2
 FAO in collaborazione con WFP, 2009, “The state of food insecurity in the world”
6 
di 642 milioni di individui; nella zona dell’Africa sub-sahariana 265 milioni; 
in America Latina e Carabi 53 milioni; nel Vicino Oriente e Nord Africa 42 
milioni; e nei paesi più ricchi 15 milioni. 
Gli obbiettivi delle istituzioni internazionali (Millenium goals), sono quelli di 
dimezzare il numero degli affamati nel mondo entro il 2015 e di eliminare 
definitivamente il problema della povertà estrema entro il 2025. Tali obbiettivi 
erano stati determinati all’inizio del secolo, quando il numero degli affamati si 
aggirava intorno agli 850 milioni, ma secondo i dati odierni, tali obiettivi 
sembrano irraggiungibili. Un numero così elevato di persone denutrite non si 
rilevava dal 1970
3
 e questa non è una conseguenza solo della crisi. 
L’andamento negativo si registrava già prima dello scoppio della crisi 
economica, ma risulta evidente dal rapporto, il fatto che i più colpiti da essa 
sono stati i paesi in via di sviluppo: l'aumento dello stato di malnutrizione 
mondiale non è un risultato dei raccolti insufficienti, ma dell’elevato livello 
dei prezzi alimentari nazionali, dei redditi più bassi e della disoccupazione in 
aumento, che hanno ridotto la capacità dei poveri di procurarsi gli alimenti. In 
definitiva, tutti i vantaggi derivati dal calo dei prezzi mondiali dei cereali sono 
stati cancellati dagli svantaggi della recessione globale. 
Un aspetto drammatico è quello che per far fronte a questa situazione – oltre 
che ridurre il loro vitto quotidiano – le famiglie povere riducono la spesa per 
l’istruzione, ritirando i propri figli da scuola, e tagliano la spesa per la sanità. 
Così facendo si incorre in un rallentamento dello sviluppo di tali paesi, per il 
quale sono fondamentali sia l’istruzione che la sanità e si creano le trappole 
della povertà, aumentando e prolungando nel tempo lo stato di insicurezza 
alimentare, che causerà tra l’altro, l’aumento della mortalità, soprattutto 
                                                 
3
 FAO in collaborazione con WFP, 2009, “The state of food insecurity in the world”
7 
infantile, peggiorando un dato già drammatico (le stime parlano di circa 6 
milioni di bambini che muoiono per fame all’anno,  o per patologie 
riconducibili ad essa e nel rapporto UNICEF pubblicato l’undici di Novembre 
2009 si parla di 200 milioni di bambini sotto i cinque anni a rischio, perché 
soffrono di ritardi nella crescita come conseguenza della denutrizione cronica 
infantile e materna
4
). 
L’aspetto che differenzia la crisi attuale dalle precedenti è che i PVS, al 
contrario di qualche anno fa, oggi sono molto più integrati sia sul piano 
finanziario che sul piano commerciale e ciò li rende molto più esposti alla 
volatilità del ciclo economico globale. Il calo del ciclo economico ha portato 
con se il calo di investimenti, di flussi finanziari e commerciali, dei flussi 
riguardanti gli aiuti allo sviluppo, il calo delle rimesse degli emigranti (dal 
rapporto si evince che le 17 economie più importanti dell’America Latina nel 
2007 hanno ricevuto entrate finanziarie pari a 184 miliardi di dollari; nel 2008 
hanno ricevuto la metà: 89 miliardi e per quanto riguarda il 2009 si prevede 
che la cifra sia destinata a dimezzarsi con 43 miliardi di dollari). Questo, oltre 
a ridurre il livello di occupazione, riduce anche i fondi a disposizione delle 
amministrazioni pubbliche per i programmi di sostegno (safety – nets) alla 
crescita e di supporto ai più bisognosi. Tali fonti, vitali per i paesi poveri, 
secondo le teorie economiche prevalenti, sono anche gli strumenti principali 
per ridurre la povertà tramite la globalizzazione e il libero mercato. 
 
 
 
 
                                                 
4
 Rapporto UNICEF 11 Novembre 2009, http://www.unicef.it
8 
 
1.2 Globalizzazione e povertà: definizione e misure 
 
Amartya Sen sostiene che processi di globalizzazione sono in corso da almeno 
un millennio
5
, ma senza andare così a ritroso nel tempo, si può datare l’avvio 
della prima fase della moderna globalizzazione verso la seconda metà dell’ 
ottocento (all’incirca 1870). Una prima fase caratterizzata da elevatissimi 
volumi di scambi commerciali e flussi migratori tra i paesi di vecchia 
industrializzazione e paesi emergenti, che dura fino agli anni venti del 
novecento, cioè fino all’introduzione del protezionismo nei sistemi economici. 
Una seconda fase si avvia verso gli anni cinquanta del secolo scorso, in 
seguito alla ripresa economica del dopoguerra, ma la vera accelerazione del 
fenomeno la si inizia a notare a partire dagli anni ottanta. Nell’1989, con la 
caduta del muro di Berlino, inizia la terza fase della globalizzazione, che 
stiamo ancora vivendo. 
Una definizione di globalizzazione è data ufficialmente dall’OCSE 
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico): “Un 
processo attraverso il quale mercati e produzione nei diversi paesi diventano 
sempre più interdipendenti, in virtù dello scambio di beni e servizi, del 
movimento di capitale e della tecnologia”. Come si può notare, questa 
definizione è prettamente economica. Nella prima fase della globalizzazione 
poteva anche essere accettata, se si aggiunge anche un altro elemento, cioè il 
movimento di persone. In effetti, a quell’epoca i sistemi economici dei paesi 
di più vecchia industrializzazione e quelli degli stati emergenti erano molto 
integrati dal punto di vista commerciale, anche grazie ai flussi migratori. Non 
                                                 
5
 Sen A. K., 2003, “Globalizzazione e libertà”, Mondadori, Milano
9 
che oggi non sia così, anzi le interdipendenze fra uno stato e il resto del 
mondo sono fondamentali per la crescita economica, ma oggi la 
globalizzazione ha portato anche ad una convergenza culturale, sociale e 
politica tra i popoli. Un ruolo fondamentale in questo, lo hanno giocato le 
nuove tecnologie soprattutto nel settore dell’informazione. L’avvento di 
internet ha rivoluzionato il modo di comunicare, accorciando le distanze tra i 
paesi, consentendo la comunicazione in tempo reale. 
Accennando, ma senza sconfinare in ambiti non di competenza – come quello 
politico, culturale o sociologico –  e rimanendo in quello economico, 
possiamo affermare che la globalizzazione, dell’ultimo ventennio, è quel 
processo che mira alla convergenza economica, culturale e politica tra i paesi 
del mondo, basato sullo sviluppo tecnologico a sevizio dei tre pilastri su cui 
essa si basa: commercio; flussi di capitale; flussi migratori. 
L’integrazione commerciale, la liberalizzazione dei movimenti di capitali, 
l’aumento dei flussi migratori, incidono notevolmente sulle economie dei 
paesi del mondo. Ma tornando all’argomento di questo lavoro, come e quanto 
incidono sulla povertà? 
Il fenomeno della povertà può essere esaminato sotto vari punti di vista. 
Istintivamente possiamo definire povera una persona che vive senza un tetto 
sulla testa, chi non ha la  possibilità di avere un’assistenza sanitaria adeguata, 
o chi non ha la possibilità di studiare neanche a livello elementare. Oppure 
possiamo definire povero un individuo in base al reddito che percepisce, o alla 
capacità che ha, di acquisire beni più o meno importanti, come prodotti 
alimentari, vestiti, o beni destinati all’utilizzo domestico. Ovviamente occorre 
anche considerare il contesto sociale in cui una persona vive: se consideriamo 
una persona che vive a New York, dove c’è un tenore di vita elevato, e una