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Introduzione
Nell’ambito di una società che si caratterizza come plurale, complessa e in
continuo cambiamento, è ormai tesi ampiamente condivisa che l’educazione
possa rappresentare un valido antidoto agli eventuali rischi di dispersione,
incertezza e spaesamento.
All’interno dei nuovi scenari di vita quotidiana, non solo lavorativa e di
studio, i media elettronici hanno ormai un ruolo preponderante,
insinuandosi in quasi tutte le intercapedini dei vissuti umani. Se è vero che
“il termine literacy non può più stare a significare semplicemente capacità
di leggere e scrivere, ma deve necessariamente comprendere l’abilità di
districarsi fra le più diverse modalità espressive, […] (allora) si dovrebbe
espandere il concetto tradizionale di literacy partendo dalla considerazione
che il linguaggio visivo e multimediale sta diventando la vera nuova lingua
globale” (Limone, 2007, pp. 146-147). Tuttavia, seppur auspicabile e
necessaria, una media education forte, che possa fornire le giuste
competenze per orientarsi nel vasto mondo mediale, è ancora un work in
progress. Il dibattito in tal senso è ampio, così come i progressi compiuti in
questo campo, ma ciò che in questa sede si tenta di mettere in luce sono le
possibilità offerte, in campo culturale e didattico, da un particolare tipo di
tecnologia: l’ipertesto elettronico.
Il quesito che si impone, a questo punto, è quanto e con quali modalità
questo tipo di scrittura/lettura multisequenziale e attiva possa trasformarsi
in un valido strumento culturale, non solo per progettazioni didattiche
innovative, ma anche per reimpostare l’approccio verso il testo (inteso,
nell’accezione più ampia del termine, come trama, dunque unità di senso).
Per quanto concerne il discorso più strettamente correlato alla didattica e
all’apprendimento in generale, è quasi naturale il richiamo a quella
“didattica problematica e critica […] priva di rigidi vincoli metodologici e
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procedurali”, auspicata da Franco Frabboni (Frabboni, 2006, p. 22). Una
didattica di tal genere deve fare riferimento costante al pervasivo universo
tecnologico e mediale che si è ormai imposto con forza anche nelle pratiche
educative. Si nota un continuo richiamo all’insufficienza di educare alla
padronanza delle sole funzioni monocognitive, ossia quelle capacità atte
esclusivamente a selezionare ed accumulare i saperi (Ibidem). Difatti, in
una realtà che si presenta sempre più reticolare e complessa, l’azione
educativa non può sfuggire al suo dovere di fornire competenze spendibili
quotidianamente per districarsi in tale “rete”.
In tal senso, le indicazioni di Frabboni sottolineano la necessità, per gli
interventi didattici, di puntare sulle competenze di autonomia dei soggetti in
formazione, sull’interconnessione cognitiva e sulla capacità di operare per
nessi logici (Ivi). Il filo rosso che unisce tali abilità può essere rintracciato
nell’utilizzo attivo della creatività, attitudine insita nella natura umana, ma
il cui utilizzo è troppo spesso trascurato nelle più tradizionali pratiche
educativo-didattiche. La creatività trae sviluppo sia da ciò che sollecita le
basi pulsionali dell’ Id (suggestioni, desideri, pulsioni, passioni), sia da ciò
che rinvigorisce la capacità regolativa dell’Io (comportamento, pensiero,
intersoggettività, disciplina) (Calvi, 1966). Un ipertesto può generare
ambedue queste sollecitazioni: il lettore trova in esso una serie di
evocazioni che lo attraggono e stimolano la sua scelta autonoma, ma anche
le regole del percorso, i vincoli e gli schemi (Paparella, 2007). L’ipertesto si
configura, infatti, come una serie di elementi reticolari, collegati tra loro da
link significativi. Pertanto, “la navigazione ipertestuale mette in esercizio,
più di quanto non sia possibile sospettare nella lettura sequenziale, mobilità
di pensiero che vengono solitamente trascurate nel dibattito
sull’apprendimento: mette in esercizio il cosiddetto pensiero abduttivo e,
insieme ad esso, la serendipidità” (Ivi, p. 113).
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Connettere fra loro campi distanti e scoprire l’inaspettato all’interno della
disposizione reticolare di un ipertesto, sono senza dubbio attività stimolanti
per il pensiero creativo e divergente, e ne richiedono un suo utilizzo più o
meno consapevole.
Ogni singolo vissuto umano è sottoposto ad una rielaborazione da parte
dell’individuo che ne fa esperienza, attraverso il suo personale modo di
porsi agli eventi. Queste differenti modalità interpretative che caratterizzano
i singoli, costituiscono la cosiddetta funzione simbolica. Tale funzione
concorre non solo alla rielaborazione, ma anche all’apprendimento di un
determinato “oggetto”. Ecco perché le strategie che vanno a stimolare la
funzione simbolica, come ad esempio la strutturazione ipertestuale,
facilitano di conseguenza i processi di apprendimento. E, infatti, i
costruttori di ipertesti devono essere molto attenti alla funzione simbolica, a
partire dalla scelta dei loghi, delle immagini e delle parole, fino all’uso di
particolari accorgimenti come il whitespace, che è quello spazio lasciato
intenzionalmente bianco per guidare il lettore negli spostamenti (Ibidem).
Facendo poi particolare riferimento agli ipertesti di tipo narrativo, il
problema dell’interpretazione diventa fondamentale: Eco evidenzia che il
principio di cooperazione interpretativa dei testi narrativi risiede sempre
nella dialettica testo/interpretazione del lettore (Eco, 1979); l’ipertesto, nel
lasciare un margine di libertà più ampio al lettore, impone una
responsabilità ancora maggiore da parte dell’autore, una responsabilità che
si configura come responsabilità didattica.
È perciò molto importante sottolineare che in realtà la lettura ipertestuale
non è affatto una deriva anarchica, priva di vincoli e totalmente affidata al
libero arbitrio dei fruitori, bensì vi è la possibilità e la necessità autoriale di
gerarchizzare pagine e contenuti per far valere sempre e comunque il
concetto di testo come trama unitaria e significativa (Paparella, 2007).
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Esistono differenti tipologie di ipertesto, corrispondenti ad innumerevoli
campi di applicazione; Internet stesso può essere definito come un immenso
ipertesto. Tuttavia, in questa sede, si analizzeranno le possibilità di
utilizzare la scrittura e la lettura ipertestuale in ambito educativo-didattico,
facendo cenno in particolare agli ipertesti di tipo narrativo (dei quali si
sottolinea la valenza didattica non solo nella fruizione, ma anche in una
eventuale creazione da parte del discente).
Una trattazione di questo tipo impone di partire dalla stessa definizione di
ipertesto, dalla nascita al nuovo concetto di autorialità, senza trascurare la
teoria che vede la strutturazione ipertestuale in rapporto alle modalità di
funzionamento della mente umana; tutto ciò allo scopo di mostrare il
passaggio quasi naturale dalla linearità testuale alla multilinearità e
multisequenzialità della logica ipertestuale.
Il secondo capitolo tenta invece di individuare le reali valenze educative
dell’applicazione di una logica di questo tipo, al fine di stimolare
l’apprendimento attivo, in una didattica rinnovata che valorizzi l’aspetto
ludico dell’imparare, dando centralità al gioco, alla creatività e al lavoro di
squadra. Si sottolinea, ad esempio, la possibilità che l’ipertesto offre
nell’attivare percorsi interdisciplinari, nella costruzione/decostruzione attiva
dei contenuti disciplinari e delle svariate potenzilità insite nell’utilizzo dei
nuovi media all’interno del curricolo. Si fa inoltre accenno alle possibilità
di utilizzo degli ipertesti didattici nell’alta formazione, soprattutto
all’interno degli insegnamenti universitari, che vedrebbero così una
rinnovata e inedita partecipazione attiva degli studenti alla loro
strutturazione. Imprescindibile infine, una sintesi sui possibili rischi e sulle
intrinseche potenzialità dell’ipertesto stesso.
Il capitolo conclusivo si concentra invece, sulle principali caratteristiche e
sulle potenzialità intrinseche dell’ipertesto di tipo narrativo e, a tal
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proposito, analizza un genere letterario emergente, l’hyperfiction, che va
imponendosi, dando inevitabilmente alla lettura (ma anche alla scrittura)
un’impronta differente rispetto al libro tradizionale: nella fruizione di testi
di tipo ipertestuale, il lettore va a configurarsi come wreader, uno
“scrilettore” che sceglie autonomamente, tra reali alternative di lettura, il
percorso da seguire secondo logiche inedite che stimolano la sua stessa
fantasia e reali alternative. Anche nel caso degli ipertesti narrativi, è
importante sottolineare il fatto che, per quanto il genere in questione sia una
categoria emergente nel panorama letterario, in realtà le logiche ad esso
sottese sono tutt’altro che nuove: la mente umana opera “naturalmente” per
associazioni, creando nessi e collegamenti continui. Difatti, è possibile
trovare in letteratura dei testi che si possono definire delle vere e proprie
prefigurazioni della logica ipertestuale, libri cartacei, tradizionali, strutturati
però come ipertesti. Il dibattito sulla hyperfiction è aperto e sempre in fieri
tra pareri discordanti, e la stessa produzione è varia e difficilmente
definibile in modo univoco. è tuttavia indubbio che siano presenti opere dal
reale valore letterario e creativo; un esempio in tal senso è offerto dall’
hyperfiction Patchwork Girl, or a Modern Monster di Shelley Jackson,
un’opera multiforme e composita, che offre al lettore un’esperienza di
fruizione ipertestuale davvero valida.
Certamente, pur collocandosi in un dibattito aperto tra apologeti e
apologisti, è impossibile non notare le valenze fondamentali della logica
ipertestuale: se è vero che la nostra mente assume le sembianze di una
mappa concettuale più che quelle di un brano lineare, allora è anche vero
che è impossibile ignorare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie
nell'allargare il panorama gutenberghiano radicato in special modo nel
sistema della formazione.
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CAPITOLO I
DAL TESTO ALL’IPERTESTO
1.Origini, definizioni e principali caratteristiche dell’ipertesto
Un testo, per potersi definire tale, deve possedere una caratteristica
fondamentale che lo distingue e lo rende immediatamente distinguibile
dall’elenco o da un insieme di singole parole, ossia una trama. Per trama si
intende sia unità di senso che coerenza logica, perché un testo, orale o
scritto che sia, deve necessariamente essere riconoscibile in quanto tale.
Il discorso si amplia e si articola considerevolmente quando dal testo come
unità statica e facilmente definibile, si passa a circoscrivere il concetto di
“ipertesto”, il quale per sua natura, manca di quella fissità e coesione
tangibili, che appartengono al testo tradizionalmente inteso.
In prima analisi, è possibile affermare che è stato il computer lo strumento
tecnologico che ha veicolato l’estensione della logica testuale verso
qualcosa di più ampio e composito.
I pionieri della tecnologia ipertestuale furono Vannevar Bush e Ted
Nelson.
Molti studiosi sono soliti far risalire una prima precorritrice teorizzazione
dell’ipertesto al 1945, anno in cui Bush pubblicò sulla rivista “Atlantic
Monthly” un articolo davvero avanguardistico, intitolato As we may think:
in esso si auspicava, infatti, la creazione di macchine preposte al
reperimento di dati e informazioni, che potessero fungere da sussidio a
studiosi e ricercatori, in qualsiasi ambito del sapere (Landow, 1998).
Difatti, il problema che si poneva con urgenza era quello della
“selezione”. In tale contesto venne ideato il cosiddetto Memex (memory-
index), un dispositivo elettronico con funzioni di archiviazione di dati, di
estensione della memoria e, soprattutto, di indicizzazione associativa per il
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collegamento dei dati, sul modello della mente umana (Ivi) (il progetto,
tuttavia, rimase incompiuto). Lo stesso Bush scriveva a proposito di
questa analogia vincente tra mente e calcolatore elettronico: “Quando si
immagazzinano dati di qualsiasi genere, li si archivia alfabeticamente o
numericamente e le informazioni vengono reperite procedendo di
sottoclasse in sottoclasse. […] La mente umana non opera in questo modo
ma mediante associazioni. Afferrato un elemento salta immediatamente
verso quello successivo, suggerito dall’associazione di idee, secondo
intricate reti di percorsi, attraverso le cellule cerebrali.” (Bush, 1945,
pp.41-59).
Si deve però a Ted Nelson la creazione del termine ipertesto e l’ideazione
(allora considerata totalmente utopica) del progetto Xanadu, un grande
ipertesto elettronico contenente tutta la letteratura mondiale, con tutti gli
appunti, i commenti e i collegamenti possibili (Perissinotto, 2000).
Sempre a Nelson risale la prima e più nota definizione del concetto stesso
di ipertesto: “Per ipertesto intendo scrittura non sequenziale, testo che si
dirama e consente al lettore varie scelte; qualcosa che si fruisce al meglio
davanti ad uno schermo interattivo. Così com’è comunemente inteso, un
ipertesto è un insieme di frammenti di testo, tra i quali sono definiti legami
che consentono al lettore percorsi letterari differenti.” (Nelson, 1981,
p.0/2).
Già questa prima definizione mette in risalto la struttura molteplice e
complessa dell’ipertesto, composta da nodi e lessìe, l’una consultabile
indipendentemente dall’altra. Ecco, allora, che il testo, nel divenire
ipertesto si libera della successione rigida di righe e pagine numerate e
acquista linee di sviluppo infinite, intersecate tra loro, ma autonome.
Occorre specificare che l’ipertesto non è un semplice testo elettronico, in
quanto quest’ultimo si configura in maniera simile al testo stampato, pur
essendo letto sullo schermo di un dispositivo elettronico. Nell’ipertesto,
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invece, trova fondamento una nuova logica basata sul meccanismo del
collegamento e dei nessi di significato. (Squeo, 2002).
Per quanto concerne l’orientamento progettuale, è possibile distinguere
due grandi tipologie di ipertesti.
Una prima interpretazione vede la navigazione ipertestuale come un
percorso, un procedimento di accesso ad un documento già esistente e
compiuto che non può essere oggetto di ulteriori elaborazioni; qui, le
associazioni sono predefinite dall’autore, che dà un senso determinato alla
“circolazione”, perché ciò che conta è solo la navigazione.
Una seconda interpretazione vede l’ipertesto come struttura aperta, che si
costruisce in rapporto collaborativo con il navigante, il quale partecipa alla
costruzione attiva del significato. In tal caso, l’ipertesto si struttura a
seconda degli obiettivi e del modus agendi del fruitore con cui è in un
rappoto di cooperazione dinamica (Léon, 2002).
Può essere utile, a questo punto, fare una breve digressione su tre
caratteristiche intrinseche dell’ipertesto, che lo contraddistinguono in
quanto tale. Esse sono:
a. La “reticolarità”, ossia l’organizzazione delle unità testuali
concepite in modo da configurarsi come microstrutture autonome,
ciascuna delle quali capace di un’esistenza autosufficiente: un insieme di
unità informative che consentono all’utente di effettuare percorsi tra più
testi in modo indipendente ma contemporaneo.
b. L’“interattività”, ovvero la capacità di una testo digitale di
collegarsi ad altre pagine contenenti ulteriori riferimenti e rimandi ad altri
concetti relazionati tra loro. Il mezzo che consente gli spostamenti
significativi è il link.
c. La “multimedialità”: un ipertesto, nella maggior parte dei casi non è
costituito solo da un susseguirsi di testi e parole, bensì da un insieme di
altre forme di linguaggio, come immagini e suoni (in questo caso è
possibile utilizzare il termine “ipermedia”).
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Vale la pena di soffermare l’attenzione sul concetto di link. Esso è infatti
ciò che caratterizza e dà identità propria all’ipertesto: il link è il legame, il
collegamento, tramite cui con un semplice click, il fruitore può
agevolmente spostarsi dal un punto all’altro e scegliere l’andamento del
proprio percorso di ricerca o di lettura.
È dunque possibile asserire che l’ipertesto, con le sue peculiarità generate
dall’autonomia di connessioni multiple, apre un vero e proprio nuovo
spazio dello scrivere, determinando una trasformazione radicale del
tradizionale modo di produrre, trasmettere ed archiviare sapere (Bolter,
1993).
Se si va a ritroso nel tempo, si nota come nell’antichità la lettura fosse
sentita come occasione rara e preziosa e dunque esperienza unica,
sentimento di gran lunga già abbandonato nell’epoca moderna con la
diffusione dei testi stampati. Oggi ci si trova di fronte ad un ulteriore
cambiamento: l’abbandono dell’idea di testo unitario, a favore del testo
“disperso” che supera i margini non solo del libro, ma dell’intera
conoscenza (Nelson, 1992).
In linea con le più recenti direttive pedagogiche, le quali indirizzano la
psicologia e le pratiche didattiche in direzioni plurime e verso il pensiero
divergente e pluridimensionale, l’ipertesto si pone come valido sussidio
dai confini aperti; in esso il testo è “Altro”, è sfida, nonché mezzo
democratico che rifiuta, confutandola, la verità oggettiva e oggettivante.
Landow mostra, ad esempio, la valenza altamente formativa dell’ipertesto
in campo didattico. Invero, l’ipertesto rende più accessibile il materiale di
ricerca, assegna un ruolo davvero attivo al lettore (che in questo caso è lo
studente) e, inoltre, offre la possibilità di acquisire i mezzi per fare propria
l’abitudine alla lettura multisequenziale, che è alla base della costruzione
degli apparati critici e logici (Landow, 1998)