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CAPITOLO 1:
LE ARTI MARZIALI
1.1 DEFINIZIONE
In ogni società da sempre l’uomo ha codificato metodi e tecniche di
lotta che oggi definiamo marziali. In ogni cultura, compresa
ovviamente quella italiana, è possibile ripercorrere a ritroso la storia e
incontrare sistemi marziali codificati che in determinati momenti
storici sono nati e si sono sviluppati andandosi a innestare, fino a
diventarne parte integrante, nella cultura del paese assimilandone
valori e significati. In Italia è sufficiente ricordare alcune tradizionali
attività marziali come la scherma, la lotta greco romana, la boxe e la
scherma medioevale come alcuni lampanti esempi di arti marziali
occidentali sopravvissute fino ai tempi nostri e testimonianza di un
passato nel quale anche il nostro paese, la nostra cultura, hanno
generato, e sviluppato sistemi e pratiche marziali. Nell’osservare come
in ogni cultura siano riscontrabili pratiche marziali, nell’osservare la
loro disposizione sul planisfero si rende necessaria una riflessione in
riferimento alle esigenze che dettarono la loro nascita e il loro
sviluppo. E’ importante al fine della nostra indagine capire perché
nelle culture passate si sia sentita l’esigenza di sviluppare e
organizzare sistemi di difesa della persona. La risposta è facilmente
rintracciabile nei segni che in ogni paese la storia ha lasciato.
L’organizzazione del sistema sociale antico, meno strutturato del
nostro, sicuramente meno tutelante dei diritti dei singoli e più incline a
soprusi e violenze, fu in generale un forte input allo sviluppo di
sistemi di difesa. Va considerato anche il livello tecnologico del
passato in quanto dall’inizio dell’età del ferro, fino allo sviluppo delle
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armi da fuoco e l’utilizzo della polvere da sparo in ambito militare, la
difesa delle istituzioni e degli stati era affidata a quelle che noi
chiamiamo le armi bianche (bastoni, spade, sciabole, scudi, mazze,
lance ecc…). Gli eserciti del passato dovettero sviluppare metodi
marziali per l’apprendimento delle tecniche di difesa e attacco per
garantire la continuità sociale e la sopravvivenza della società del
tempo. E’ interessante infatti constatare come vi sia una diretta
proporzionalità tra il passato di un paese e il peso che le arti marziali
hanno nei giorni nostri nello stesso. Più una nazione ha dovuto
affrontare periodi di guerra e di conflitti, più l’arte marziale è entrata
nel quotidiano dei suoi abitanti acquisendo significati anche lontani e
comunque diversi dal solo e semplice scontro fisico per la
sopravvivenza. Esempio di quello che stiamo dicendo è proprio la
Cina che nel periodo più belligerante e violento della sua storia,
segnato da grandi guerre e sconvolgimenti politici, vide il nascere e il
fiorire di differenti stili e metodi marziali rimasti poi radicati nella
cultura del paese. Dal periodo degli Stati Militari (nei secoli VII e VI
a.C.), continuando nel periodo degli Stati Combattenti (dal 500 al 221
circa a.C.) per arrivare fino alla nascita dell’impero cinese, la Cina fu
percorsa da grandi e piccoli conflitti che modificarono la geografia
politica e naturale, favorendo lo sviluppo di società sempre più
complesse e organizzate anche dal punto di vista militare e marziale ¹.
Ma che cos’è l’arte marziale? cosa intendiamo con il termine “arte
marziale”? Sulla base di cosa è possibile determinare la differenza tra
la pratica marziale e il semplice sport di combattimento?
1 Jacques Gernet, La Cina Antica, dalle origini all’impero, Luni Editrice, Milano, 1994.
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Spesso questo termine è utilizzato a sproposito, intendendolo come
termine generico per individuare e fare riferimento a tutto ciò che
concerne le pratiche sportive in cui è contemplato un certo livello di
scontro fisico e una spiccata spettacolarità delle tecniche utilizzate
unite all’utilizzo del corpo come strumento di difesa e offesa. Esiste
però una macroscopica differenza tra le arti marziali e gli sport di
combattimento che vale la pena di sottolineare e descrivere.
Sicuramente il primo e più importante aspetto che differenzia le due
diverse discipline sono le implicazioni culturali e sociali che le arti
marziali portano insite nel loro dna. L’arte marziale è a tutti gli effetti
un fenomeno sociale frutto della società nella quale nasce e si
sviluppa. Profondamente legata alle tradizioni e alla cultura del luogo
l’arte marziale si differenzia dagli sport di combattimento, più recenti
e non necessariamente radicati nella cultura ospitante, proprio per il
suo radicamento culturale e per il suo elevato livello di complessità e
di problematicità. Da un punto di vista individuale e soggettivo, l’arte
marziale a differenza degli sport di combattimento si presenta come
una pratica che entrando nella vita del praticante, ne diventa una parte
importante per tutta la vita. Cosi come negli individui, attraverso loro,
l’arte marziale è profondamente legata e condizionata dalla cultura
nella quale essa vive e si sviluppa. L’arte marziale si pratica per tutta
la vita, presuppone uno studio lungo, paziente e costante di tutte le
tecniche, le regole e i dettami che essa impone. Percorrere tutto il
lungo iter formativo che l’arte marziale richiede non è cosa semplice.
Non è sufficiente l’allenamento fisico e tecnico per poter conoscere
un’arte marziale. Essa è una pratica che in ogni società è
profondamente radicata e legata agli usi e costumi e credenze del
luogo. Nella storia delle arti marziali, che spesso si confonde con
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leggenda acquisendo sfumature fantastiche e irreali, si narra di grandi
maestri che nel corso della loro vita non hanno mai smesso di studiare
e praticare. Nell’arte marziale è necessario uno studio della cultura
dalla quale deriva l’arte studiata .Come una qualsiasi altra forma
d’arte, l’arte marziale è perfettamente incastonata nella cultura
generatrice e da essa trae linfa e giustificazioni sociali. A differenza di
quanto detto gli sport da combattimento hanno una storia
particolarmente recente e una semplicità che ben si addice alle
particolari esigenze del mondo occidentale. Regole tecniche di
allenamento e sopratutto background culturale sono molto differenti e
definiscono una netta separazione tra le arti marziali e gli sport di
combattimento. L’agonismo sportivo non è contemplato nella pratica
marziale in quanto le ragioni che storicamente hanno permesso la
perpetuazione e lo sviluppo delle arti marziali non hanno mai trovato
una giustificazione sociale nel combattimento fine a se stesso. Spesso
la nascita di alcuni sport di combattimento è stata giustificata dalla
volontà di semplificare le arti marziali e rendere più accessibili le
potenzialità di alcune delle sue tecniche. Sport come la kickboxing, il
sandà (boxe cinese), la valetudo, lo street fighting ecc. nascono dalla
sentita necessità in ambito agonistico di portare alla ribalta mondiale
gli sport da combattimento. La sostanziale differenza è quindi da
ricercare nelle ragioni che hanno portato alla nascita di queste tenendo
in considerazione gli elementi che hanno poi permesso la
perpetuazione nel tempo delle arti marziali.
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1.2 ORIGINI E STORIA
In questo elaborato non sarà possibile descrivere le origini di tutte le
arti marziali, un lavoro di questo tipo sarebbe troppo lungo e
articolato, la mole di informazioni da analizzare sarebbero troppe. Per
una scoperta delle arti marziali nel mondo possiamo indirizzare il
lettore al testo “Enciclopedia delle arti marziali” che con un lungo
lavoro ha visto gli autori censire e spiegare nelle linee più generali
tutte o quasi le arti marziali conosciute. Qui ci limiteremo a prendere
in considerazione le arti marziali cinesi che sono quello praticate dallo
scrivente e protagoniste del lavoro svolto nel laboratorio. Le origini
delle arti marziali cinesi si confondono tra mito e storia. Affianco a
testimonianze storiche è possibile infatti incontrare leggende
riguardanti maestri e allievi protagonisti di avventure fantastiche e vite
incredibili. Santi buddhisti e monaci taoisti capaci di imprese
inimmaginabili e dotati di capacità straordinarie popolano le leggende
riguardanti la nascita delle arti marziali. Nonostante ciò esistono prove
storiche dello sviluppo delle pratiche marziali che segnano un
percorso chiaro e preciso della loro nascita e del loro sviluppo.
In Cina le arti marziali vengono generalmente chiamate “KUNG FU”.
Letteralmente la parola “KUNG” significa “meriti”, “servizi”,
“effetti” mentre la parola “FU” è traducibile con il termine “lavoro”.
La parola “KUNG FU” è quindi traducibile come “duro lavoro” o
“meriti ottenuti con duro lavoro”. Questo termine è in uso da dopo la
rivoluzione culturale cinese, momento in cui molti maestri di arti
marziali furono costretti a fuggire dalla Cina e riparare a Hong Kong e
in vari paesi del mondo. Nel corso della storia le arti marziali cinesi
sono state chiamate con nomi differenti anche in base alle situazioni
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politiche e sociali che nel corso dei secoli si sono avvicendate.
Ricordiamo infatti nomi come: “Wu-Shu” o “wu-I” (arti marziali),
“Kuo-Shu” (arte nazionale), “Chung Kuo Chuan” (boxe cinese),
“Chuan Fa” (metodo dei pugni). Questa varietà di nomi diversi,
indicanti però la stessa pratica marziale fu dovuta alle differenti
dinastie e etnie che nei secoli governarono la Cina. Durante la dinastia
Chou (XI-III sec. a.C.) comparvero termini come “Chuan Yung”
(pugno coraggioso), “Whu-Hi” (arte, abilità), “Chi Chi” (colpire con
destrezza); nel corso della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) i nomi
utilizzati furono “Chi Chiao” (abilità, talento), “Shou Bo” (mano che
colpisce a pugno); durante il periodo dei Tre Regni (220-280) fu
utilizzato il termine “Kung Shou” (mano vuota); nel periodo della
dinastia Ming (1368-1644) si utilizzarono i nomi “Chi Yung” (boxe
forte), “Chi Hi” (boxe abile) e infine nella dinastia Manciù (1644-
1911) l’arte marziale fu chiamata “Pai Shou” (mano bianca)².Nella
Cina antica si svilupparono differenti stili di Kung Fu, oggi se ne
conoscono almeno 300. E’ possibile comunque dividere le arti
marziali cinesi in due importanti sottogruppi chiamate arti marziali
interne e arti marziali esterne. Quelle interne come ad esempio il Tai
Chi e il Pa Kua, vengono chiamate in questo modo in quanto
concentrano l’addestramento sullo sviluppo dell’energia interiore,
sull’equilibrio, sulla respirazione e il giusto atteggiamento mentale.
Gli stili esterni, come ad esempio il Tang Lang, Hung Gar e il Chang
Chuan al contrario dei primi enfatizzano la fisicità e le abilità corporee
del praticante come ad esempio la tecnicità, la pulizia dei movimenti e
l’abilità.
2 Giuseppe Giosuè, Viaggio nel Kung fu, storia e metodi, Luni Editrice, Milano, 2003.